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Archive for gennaio 2010

Esattamente cinquant’anni fa veniva inaugurato il sovrappasso che tutti quanti siamo abituati a vedere e a percorrere quando abbiamo la necessità di oltrepassare la stazione di Porta Garibaldi; in realtà chi dal centro va verso il quartiere Isola può usufruire anche del cavalcavia Eugenio Bussa, che essendo però a senso unico non può essere percorso da chi proviene dal verso opposto.

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Forse si tratta di uno degli scorci di corso Buenos Aires più caratteristici, almeno fin tanto che il suo aspetto era simile a quello dell’immagine qui a lato, tratta da una cartolina dell’epoca.

Oggi purtroppo, sebbene non sia modificata eccessivamente, non regala più la stessa sensazione, principalmente per le troppe vetture in circolazione e anche per quelle parcheggiate (avete mai provato a cercare un posticino in via Ozanam?).

E a proposito della via Antonio Federico Ozanam (critico e storico, 1813 – 1853 – avete mai sentito parlare dell’opera San Vincenzo?) penso che le bancarelle presenti e ormai elementi stabili dell’arredo urbano nella piazza nascondano eccessivamente la via, che sebbene sia stata recentemente arricchita di una aiuola (?) al centro della carreggiata nel punto di inserimento nella piazza, risulta ingiustamente soffocata.

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Il ponte della Ghisolfa c’è, ma certamente vi sarete accorti che il cavalcavia Monte Ceneri nella foto manca ancora… e si vocifera anche che venga demolito e sostituito da una sotterranea. A puro titolo di informazione vi rimando a questo articolo del Corriere della Sera del 10 giungo 2004 che – nel caso fosse rimosso – è stato trascritto su questo PDF scaricabile cliccando qui.

Certamente tutte le abitazioni che si affacciano sul viale Monte Ceneri  ne guadagnerebbero non poco. Sì. anche perché non è solo questione di rumore che comunque produce inquinamento (acustico), ma è anche un problema di luce per i piani bassi e di emissioni tossiche soprattutto in determinate fasce orarie. Avete provato ad essere in coda sul ponte e non poter fare niente se non spegnere il motore, vero?…

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Una suggestiva immagine di viale delle Argonne con lo sguardo rivolto verso la via Pietro da Cortona. La foto risale ad un anno tra il 1930 e il 1934.

Un viale delle Argonne molto diverso da come lo vivamo oggi, spesso congestionato di traffico e con difficoltà di parcheggio non indifferenti. Alle spalle del fotografo c’è piazzale Susa con il capolinea del mitico 38, negli anni successivi spostato fino a raggiungere viale Corsica; l’altro capolinea era in piazzale Segesta o (per metà delle corse) prolungato fino a raggiungere piazza Axum.

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Proseguendo il nostro “tour” dalla vecchia stazione Centrale verso il bivio dell’Acquabella situato nell’odierna via Sidoli – piazzale Susa, incontriamo la linea ferroviaria sopraelevata in punti dove oggi faremmo certamente fatica a immaginarla.

E’ il caso di questo scorcio di via Spallanzani poco prima di incrociare il viale Regina Giovanna. Probabilmente all’epoca della fotografia, purtroppo non datata, il viale Regina Giovanna non aveva ancora questo nome ma il toponimo doveva essere ancora via Ermenegildo Pini (geologo e architetto di Milano, 1739 – 1825). A giudicare dal furgone con il telone “Motta” la foto dovrebbe essere stata scattata tra il 1919 (anno di fondazione della Motta) e il 1931 (anno di inizio smantellamento della sopraelevata).

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Per molto tempo la città di Milano aveva come confine la cinta delle mura spagnole, ossia una fortificazione in muratura (le precedenti furono costruite anche in legno) che racchiudeva la città e solo in alcuni punti controllati, detti porte e pusterle, poteva avvenire il passaggio tra la città e l’esterno.

Durante il periodo del dominio austriaco, Giuseppe II nel 1782 attuò l’unione amministrativa delle cascine e dei borghi agricoli oltre la cinta dei bastioni, come stabilito da un decreto dell’imperatrice Maria Teresa, sua madre, nel 1757.

Tale unione prese il nome di “Corpi Santi”, in quanto una legge impediva la sepoltura dei defunti all’interno delle mura, e considerando che all’esterno venivano sepolti anche i Santi e i Martiri, fu scelto il toponimo “Corpi Santi”, a cui si aggiunse il suffisso “di Milano” in concomitanza con la seconda guerra d’indipendenza che portò  alla costituzione del Regno d’Italia.

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…Cerutti Gino.

A tutti sarà venuto in mente in questo momento Giorgio Gaber e la sua “ballata del cerutti”, proprio perché nelle parole – che tutti dovrebbero conoscere, vista la popolarità della canzone – si dice “…gli amici al bar del Giambellino dicevan che era un mago…!”

Questa canzone del 1960 scritta dal “signor G” e da Umberto Simonetta serve per introdurre la fotografia che vedete qui a lato. Anche se “quasi” irriconoscibile, questa è piazza Napoli nel 1954, proprio all’angolo con la via Giambellino. Il toponimo “Giambellino” deriva dal nome del pittore italiano del rinascimento Giovanni Bellini (Venezia, 1430 – 1516), detto anche Giambellino.

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Nel 1842 a porta Venezia, dove termina viale Piave, c’era una piscina pubblica, la prima piscina pubblica, il “Bagno di Diana”.

Non a caso l’albergo che oggi sorge al suo posto si chiama Diana, prima Kursaal Diana e oggi Diana Majestic, ma sempre di Diana si tratta.

Molte cose sono ovviamente cambiate, a partire dal nome della via che non era all’epoca viale Piave, ma viale Monforte (e prima ancora viale di Porta Monforte) ad indicare il nome delle porta da cui iniziava il viale stesso poco più a sud, nell’attuale piazza del Tricolore.

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Penso che se dovessimo entrare in piazza Missori all’epoca di questa fotografia (primi anni del ‘900 – certamente tra il 1916 e il 1949) potremmo avere qualche momento di “smarrimento”, sebbene subito dopo cercheremmo di riordinare le idee…

Partiamo dalla statua equestre di Giuseppe Missori (patriota, 1829 – 1911) realizzata da Riccardo Ripamonti che tanto ha fatto discutere al momento della sua posa nel 1916 per l’aspetto molto “stanco” del cavallo, in forte contrasto con l’aspetto fiero di Giuseppe Missori.

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…ma non vogliamo parlare della prossima del 2015, bensì di quella del 1906.

Già, perché Milano ospitò l’Esposizione Internazionale anche del 1906. Risale a tale data infatti la fotografia qui riprodotta. E fu una manifestazione non solo importantissima per la relazioni con le 40 nazioni che hanno partecipato, ma anche per i contenuti esibiti e celebrati.

Il tema di quella manifestazione fu quello dei trasporti e l’evento principale da “festeggiare” era l’inaugurazione – avvenuta appunto nel 1906 – del traforo del Sempione che con i suoi 19.800 metri univa l’Italia alla Svizzera, migliorando notevolmente i collegamenti con Brig (canton Vallese), Ginevra e Berna. A quell’epoca si trattava del traforo più lungo al mondo.

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