Ca’ Granda è un nome che ha generato sempre un po’ di confusione. Occorre quindi fare un po’ di chiarezza almeno sui termini.
Come afferma il “Dizionario di toponomastica milanese” di Vittore e Claudio Buzzi (vedi i riferimenti alla pagina libri), Ca’ Granda deve intendersi come “casa comune, casa di tutti i sofferenti”. Tutti (almeno penso…) sanno che l’Ospedale Maggiore – detto Ca’ Granda – fino al 1938 era ubicato presso l’edificio sito tra le vie Francesco Sforza e via Festa del Perdono, voluto da Francesco Sforza e progettato dall’architetto fiorentino Filarete.
Quel magnifico complesso divenne col tempo insufficiente per le esigenze sanitarie della città e quindi si decise di trasferirlo in un complesso di nuova realizzazione a Niguarda, in un’area non edificata.
Sebbene l’edificio cinquecentesco sia stato parzialmente distrutto in seguito ai bombardamenti del ’43 e i lavori di ricostruzione non siano stati rapidissimi, oggi ospita uno dei maggiori atenei d’Italia che è anche uno dei più importanti d’Europa: l’Università degli Studi di Milano, detta anche la Statale di Milano.
I lavori intanto a Niguarda proseguivano e la struttura progettata da Giò Ponti venne inaugurata nel 1932. Il nuovo ospedale mantenne il nome di Ca’ Granda (Magna Domus Hospitalis) e per consentire un agevole raggiungimento della struttura venne progettato e realizzato un nuovo viale che attualmente congiunge viale Fulvio Testi a piazza dell’Ospedale Maggiore; la nuova strada assunse il toponimo di viale Ca’ Granda.
Ho voluto specificare attualmente in quanto per quelche tempo il viale non inziava dalla congiunzione con viale Fulvio Testi, bensì da viale Giovanni Suzzani, come indicato nel piccolo ritaglio di cartina pubblicato qui.
Non dimentichiamo inoltre che nel 1923 il comune di Niguarda e le collegate frazioni di Bicocca e Precentenaro (o Pratocentenaro) vennero annesse a Milano, quindi l’ospedale risultava essere a tutti gli effetti sul territorio del Comune di Milano.
Ma Niguarda non è solo Ca’ Granda, perché Niguarda vuol dire anche Seveso… e ben lo sanno gli abitanti che negli anni ’70 subivano le sue frequenti esondazioni, con l’acqua per le strade che arrivava tranquillamente ai fianchi delle persone.
La fotografia riprende un tratto di via Valfurva quasi all’incrocio con la via Val Maira (praticamente di fronte all’ingresso della piscina Franco Scarioni). Ricordo personalmente i disagi che queste esondazioni hanno causato alle persone, alla circolazione e ai negozi della zona, ma inoltre ricordo anche come molti ragazzi trovarono un nuovo modo di divertirsi, impiegando come mezzo di trasporto i classici canotti arancioni da mare… in viale Ca’ Granda!!!
Il Seveso ora scorre – nel tratto cittadino – completamente interrato, ma fino a non moltissimi anni fa aveva parecchi tratti scoperti, come quello appunto tra viale Ca’ Granda e viale Suzzani (dove ora ci sono i due hotel Ibis e Novotel).
Se si osserva attentamente proprio di fianco all’ingresso degli alberghi, sul viale Suzzani in corrispondenza della via Guido Guarini Mattuecci, si noterà la “spalla” tipica in pietrisco e cemento dei ponticelli, che fungeva da protezione.
L’espansione di Milano, in particolare dopo la seconda Guerra Mondiale (negli anni della ripresa economica), ha richiesto la costruzione di un notevole numero di alloggi, e l’area di viale Ca’ Granda (ma anche di Niguarda in generale) ha risentito pesantemente di questa condizione.
Non dimentichiamoci che il picco demografico Milano l’ha raggiunto proprio nel 1973 con circa 1.750.000 abitanti; oggi contiamo circa 400.000 persone in meno grazie anche alla scelta di molti nuclei familiari di andare a vivere in località adiacenti alla città, scelte che ovviamente comportano sia dei vantaggi in termini di ambiente e di spazi, ma anche – purtroppo – delle penalizzazioni causate dal fattore “spostamento” (per esempio se ci si deve recare quotidianamente a Milano per lavoro).
Il rispetto dei piani regolatori, che sono gli strumenti che appunto regolano l’attività edificatoria in un territorio comunale, hanno imposto una generazione delle vie di comunicazione con andamenti pressocché ortogonali rispetto ai grandi viali che già esistevano; abbiamo già visto in un articolo precedente come la via Michele de Angelis (che si intravede nell’angolo inferiore destro della terza immagine) sia stata “raddrizzata” per esigenze di questo tipo.
Appare evidente, guardando questa cartina del 1937, che in origine l’andamento di tutta l’area si sviluppava in appezzamenti ortogonali fra loro e anche con il Seveso, il quale – incurante dei Piani Regolatori – tagliava in modo obliquo tutta l’area.
Ma ormai le direttrici che hanno dato la fisionomia attuale alla zona erano già state tracciate… il nuovo viale per Monza (Fulvio Testi), la ferrovia ed infine il perimetro del complesso ospedaliero hanno imposto questo adattamento, compresa la copertura del Seveso.
Ogni tanto me lo chiedo… saremmo in grado di orientarci ancora se fossimo catapultati indietro nel tempo anche di solo ottant’anni? Non ho questa risposta, ma di certo vorrei fare la prova…
Come al solito siete bravissimi!
Siamo nel 2010 e in questi giorni con tanta,troppa pioggia il Seveso ha colpito ancora!
Per 35 anni sono andata in qualsiasi posto di Milano senza pensare troppo ai nomi delle vie,forse ho fatto male o forse no,non mi sono mai persa anzi era bello scoprire posti nuovi e sono quasi sicura che se potessi tornare indietro nel tempo non mi perderei certamente, peccato che nn è possibile fare questa prova.
Complimenti ancora
Giulia
Ogni volta che scrivo un “articolo” (oggi si chiamano “post”) mi immergo per qualche ora nei libri, nelle foto, nelle cartine…
In quelle ore mi sembra di essere veramente nel “tempo” di cui sto scrivendo e il “fastidio” più grande è “tornare indietro”… pensi che sia grave? 🙂
Grazie e a presto.
il fastidio più grande…è che servano i libri per farlo…
Beh, prima o poi alla realtà bisogna pure tornarci… 🙂