E’ di questi giorni la notizia che il Comune di Milano ha ripreso possesso della Darsena e che altrettanto presto verranno avviati i lavori di pulizia e di bonifica dell’area. Senza sarcasmo, ma un “finalmente….” ci sta proprio bene.
La storia della Darsena è lunga e ricca di eventi; questo luogo ha visto passare Re e Imperatori, Signori e invasori, ha permesso il trasporto di centinaia di migliaia di tonnellate di materiale d’ogni tipo, tanto da essere definito uno dei primi porti d’Italia per volume complessivo di merci trasportate nel tempo…
Ma quando è nata la Darsena? Teoricamente la realizzazione della Darsena – così come indicativamente la intendiamo oggi – è datata 1603, basata su un progetto sviluppato durante il dominio spagnolo.
E che sia stata costruita durante il periodo “spagnolo” è evidente da una semplicissima deduzione che nasce osservando la sua forma. Già, proprio la sua configurazione “a banana” indica un inequivocabile adattamento al perimetro di sud-ovest delle mura spagnole, mura che furono completate nel 1560 (almeno nelle loro caratteristiche essenziali) cioè 25 anni dopo l’inizio del governo spagnolo.
Famose sono le mappa del cartografo Baratteri che mostrano la nostra città a cavallo del 1600, con la piazza del Mercato (il toponimo XXIV maggio non esisteva ancora…) che aveva una configurazione decisamente diversa da quella attuale (angolo in basso a sinistra).
Ma effettivamente la storia della Darsena ha origine ben oltre 400 anni prima rispetto al 1603, e cioè nel 1177, qualche anno dopo la distruzione di Milano ad opera di Federico Barbarossa.
In quell’anno infatti si decise di “deviare” parte del fiume Ticino per creare un canale navigabile dal lago Maggiore a Milano (solo molto più tardi si pensò alla tratta da Milano a Pavia e quindi nel Po che fu realizzata con il Naviglio Pavese, l’ultimo a essere costruito).
Il Ticino arrivò a Milano (col nome di Naviglio Grande) solo qualche anno dopo la metà del XIII secolo terminando la sua corsa nel laghetto di Sant’Eustorgio, bacino d’acqua – precursore della Darsena – posto tra la relativa basilica e lo spazio oggi occupato dai caselli daziari di piazza XXIV Maggio (cioè porta Ticinese, che all’epoca non esisteva, essendo stata progettata dal Cagnola solo nel 1801).
Nel frattempo venne realizzato anche il naviglio della Martesana, che comunicava con la cerchia interna, cerchia che ricalcava il perimetro delle mura romane. E sappiamo anche che grazie alla Conca di Viarenna si riuscì a far comunicare i due sistemi idrici.
La storia ci racconta che fu la necessità di trasporto del marmo di Candoglia (sul lago Maggiore) necessario per costruire il Duomo a far sviluppare il progetto della Conca di Viarenna, che avrebbe così consentito al materiale di arrivare fino a soli 500 metri dal cantiere dell’erigendo Duomo.
Di questa parte di cartina del 1883 è disponibile una versione a risoluzione maggiore, ottenibile semplicemente cliccando qui.
Una breve nota “curiosa”: trasportare materiale sull’acqua costava, in quanto si pagava anche una tassa, un dazio; ma, in occasione della costruzione del Duomo, Ludovico il Moro decise di non far pagare tale balzello, poiché il materiale serviva per uno scopo religioso, sacro.
Pertanto i materiali contraddistinti dalla scritta A.U.F. (dal latino ad usum fabricae, cioè per uso del costruttore e manutentore della cattedrale, le fabbricerie o fabbriche) avrebbero evitato di pagare il servizio offerto.
Anche se si discute ancora sull’etimologia della locuzione “a ufo” che sottintende la fruizione di un servizio senza pagarne il relativo prezzo, pare proprio che derivi dal “famoso” A.U.F.
Nella Darsena, alla fine, c’erano complessivamente cinque confluenze d’acqua: il Naviglio Grande, l’Olona (appositamente deviato per mantenere il livello dell’acqua costante e sufficiente per la navigazione), il tombone della Conca di Viarenna che collegava la Darsena con la Cerchia Interna, uno sbocco per il Cavo Vettabbia ed infine (ma solo dal XIX secolo) il Naviglio Pavese.
Se fate caso alla prima fotografia dell’articolo su Porta Ticinese, noterete come sotto la porta scorra il corso d’acqua in direzione Vettabbia…
Quindi dalla Darsena esce il naviglio Pavese, completato solo sotto il dominio degli Austriaci (ma in realtà il progetto fu sviluppato negli anni “napoleonici”, dal 1802 al 1814). Gli spagnoli, invece,tentarono molte volte di realizzarlo, ma fallirono sempre, perché non riuscirono mai a superare la Conca… Fallata. In quel punto critico (da un punto di vista idrico) il naviglio Pavese – che era in costruzione – doveva superare l’incrocio con il Lambro Meridionale, operazione decisamente complessa a causa del “salto”, in particolar modo considerando le tecnologie disponibili 400 anni fa.
Ma gli Spagnoli erano talmente arroganti e convinti di riuscire a realizzare il Naviglio Pavese che addirittura il conte Fuentes fece erigere (nei primi anni del ‘600) sul ponte da cui inizia il Naviglio Pavese un trofeo che, in pratica, lo avrebbe auto-celebrato. Non riuscì a realizzare il naviglio, ma in compenso il trofeo era stato eretto e fu così che al ponte rimase il nome di Ponte del Trofeo.
Il trofeo di cui era dotato il ponte venne rimosso dalla sua posizione verso il 1872 e pare che oggi sia custodito nel museo del Castello Sforzesco.
Per completezza, anche se lo sanno tutti, il ponte invece da cui entra il Naviglio Grande si chiama Ponte dello Scodellino, realizzato praticamente sul prolungamento di viale Gorizia in direzione di Porta Ticinese.
Sembra che questo nome derivi dall’abitudine dei comballi di fermarsi presso un’osteria nelle adiacenze del ponte per consumare una scodella di minestra. I comballi erano i conducenti delle chiatte e dei barconi che trasportavano materiale lungo i navigli, principalmente sabbia.
Da notare come sulla destra dell’ultima fotografia svetti sopra i tetti il campanile della basilica di Sant’Eustorgio.
Il ponte del trofeo… davvero bello il commento sull’arroganza spagnola…. mi chiedo dove siano i resti del monumento al Castello Sforzesco, non mi ricordo di averli visti….. invito i curiosi ad andare alla Stazione Centrale, un vero miracolo marmoreo, e a cercare il trofeo nella veduta milanese di Cascella… davvero merita!
Saluti da Abbiategrasso
Nella ricerca condotta sui particolari del “trofeo” mi sono imbattuto in una pagina web che parlava dei governatori spagnoli.
Riporto il passo con che parla del trofeo, oltre ad indicare – al termine di questa risposta – il link alla pagina.
… 1600, 16 ottobre
don Pietro Enriquez de Acevedo, conte di Fuentes, del consiglio di stato di SM cattolica, capitano generale
Introdusse l’obbligo per gli stampatori di sottoporre ogni libro all’approvazione del governo. Dispose il trasferimento delle bancarelle del mercato ortofrutticolo dalla piazza del Duomo alla vicina zona del Verziere, per rispetto verso la cattedrale. A lui si deve il palazzo del capitano di giustizia. Uniformò i pesi e le misure.
Condusse il naviglio pavese quasi al Ticino, secondo i progetti originari. Non riuscì comunque a portare a termine l’opera di sterramento, benché di ciò si volesse vantare facendo erigere (1605) il famoso monumento, con magniloquente epigrafe latina, posto tra la Darsena e l’imbocco del naviglio pavese (il cui ponte fu poi detto quindi “del trofeo”; poi tale manufatto fu demolito nel 1865, e parzialmente conservato presso i Civici musei d’Arte Antica).
Morì a Milano il 22 luglio 1610.
…
La pagina da cui è stato tratto questo estratto è reperibile all’indirizzo: http://forum.politicainrete.net/tradizione-cattolica/1132-elogio-della-milano-spagnola.html (per trovare il testo è sufficiente fare una ricerca per la parola “trofeo”).
A proposito del fatto che il comune si è finalmente riappropriato dell’area della Darsena. Mi permetto di segnalarvi quest’iniziativa: http://darsenapioniera.wordpress.com/
Un gruppo di cittadini e di architetti che hanno proposto in comune un progetto eco-sostenibile per la riqualificazione dell’area.
Mi piacerebbe sapere cosa ve ne pare.
Iniziative come questa che hai segnalato sono positive: positive in termini di comunicazione, perché un blog oggi è un luogo “virtuale” dove si possono diffondere idee e confrontare opinioni in tempi rapidissimi.
Ma sono iniziative positive anche in termini di sostanza, perché da una prima lettura (in verità un po’ rapida…) è evidente la serietà e la professionalità che c’è dietro al progetto. Nel mio piccolo non posso far altro che apprezzare l’iniziativa e inserire il link del blog da te segnalato nella nostra pagina dedicata ai collegamenti esterni.
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Se questo post ti è piaciuto perché non lo condividi su facebook o magari non mi dici cosa ne pensi mettendo un commento qua sotto?
Nella prima, suggestiva immagine, ho riconosciuto la strada nella quale è vissuto Elio Vittorini fino alla sua morte, avvenuta nel 1966. Mi dedico allo studio della sua figura da molto tempo e mi piacerebbe moltissimo sapere se esistono immagini che lo ritraggono presso la sua abitazione e negli immediati dintorni, da solo o in compagnia dei molti scrittori e intellettuali che frequentavano la sua abitazione sulla darsena, oltre che della compagna Ginetta Varisco o dei suoi figli. Grazie.
http://design-me.it/43052/publifiere/photofestival-2013-percorso-espositivo-di-mostre-fotografiche-d%E2%80%99autore-a-milano-21-marzo-30-aprile-2013/p-32g-n-1
Grazie di cuore, sia per l’immagine sia per la buona notizia.
attenzione, non Ludovico il moro, ma Giuan Galeazzo Visconti diede disposizioni per la sigla AUF – per analogia si può dire il ponte della scodellina, ma a Milano era “el pont de la tazzinetta”