Ei fu. Ma fortunatamente l’arte (e la toponomastica…) fanno spesso rivivere i grandi personaggi, anzi, in verità non li fanno mai morire.
Così come Verdi sembra ancora che passeggi per le strade adiacenti il Teatro, così sembra ancora vedere Manzoni intento a comporre il suo saggio “Storia della colonna infame” o una delle sue più famose odi, “Il cinque maggio”.
Nel saggio “Storia della colonna infame” Manzoni scrive una vicenda accaduta a Milano nel 1630, quando la peste (tema che è affrontato anche ne “I promessi sposi”) fece moltissime vittime tra la popolazione e, a seguito di accuse ingiuste, Gian Giacomo Mora e Guglielmo Piazza furono processati (sommariamente…), torturati e infine giustiziati. A monito, dalle autorità, venne eretta una colonna – che prese il nome di infame – proprio in prossimità dell’abitazione di Mora.
Quella colonna non esiste più, ma al Castello Sforzesco è ancora visibile la lapide che descrive le pene inflitte ai due presunti “untori”. Chi desiderasse leggere il saggio, può scaricarlo gratuitamente in formato PDF, grazie al lavoro di liberliber.it che lo mette a disposizione insieme ad altre opere del Manzoni.
Via Manzoni inizia in piazza della Scala e termina in corrispondenza degli archi di Porta Nuova, quella medievale ovviamente, mentre il monumento, con la statua di Alessandro Francesco Tommaso Manzoni di Francesco Barzaghi, è collocato in piazza san Fedele, proprio in fronte alla chiesa di santa Maria della Scala in san Fedele.
Il monumento venne eretto nel 1883, cioè dieci anni dopo la morte dello scrittore, avvenuta all’età di 88 anni.
Via Manzoni fa parte di quel gruppo di strade che indentificano “da sempre” Milano, se non come nome, almeno come tracciato. In precedenza infatti aveva due toponimi, il primo – contrada del Giardino – andava da piazza della Scala fino all’incrocio con la contrada della Croce Rossa e la contrada del Monte (oggi Monte Napoleone).
Il secondo tratto, dall’incrocio menzionato fino ai portoni di Porta Nuova si chiamava… corso di Porta Nuova, ovviamente! Solo a titolo di informazione, ricordo che la “nuova” via dei Giardini non esisteva, nemmeno come tracciato. Esiste però tutt’oggi il vicolo Giardino , a memoria del vecchio toponimo.
Come spesso accade guardando queste immagini, la prima impressione che si ha è quella di maggior ordine e di uno spazio a disposizione meglio distribuito rispetto ad oggi; in realtà credo che si tratta semplicemente di una illusione ottica dovuta ad un contesto molto differente.
E questa volta non voglio parlare solo del traffico, ma anche di altri elementi la cui presenza oggi è talmente “radicata” che ci accorgeremmo di loro solo se questi elementi sparissero all’improvviso: parlo dei pali e della relativa segnaletica, dei dissuasori di sosta (i “panettoni”), dei cartelli e delle pubblicità. Qui potete osservare la via Manzoni oggi, appena varcati gli archi di Porta Nuova.
Forse questi elementi saranno anche tutti necessari, ma credo che un po’ di ottimizzazione si potrebbe applicare, per esempio eliminando i dissuasori di sosta e facendo in modo che ci sia una migliore disciplina con più attenzione al codice della strada e un più vivido senso civico; ma penso che sarebbe possibile anche ridurre il numero di segnali stradali o aggregarli al fine di diminuire il numero di pali.
Via Manzoni è sempre stata ricca di negozi importanti e fra i numerosi locali pubblici non è possibile dimenticare il Motta Scala o l’Alemagna all’angolo con via Croce Rossa.
Ma il vero fiore all’occhiello della via Manzoni era rappresentato dal Caffè Ristorante Cova, una vera “istituzione” per Milano dal 1817. L’edificio originale venne distrutto dai bombardamenti del ’43 (Cova si trasferì in via Monte Napoleone dove è tuttora). Oggi di quell’angolo possiamo rivedere solo alcune immagini come questa che lo riprende dall’esterno, all’incrocio con la contrada San Giuseppe (divenuta anni dopo via Verdi).
Oppure attraverso qualche rara immagine dell’interno:
Il loro sito include anche una pagina sulla storia del locale fondato da Antonio Cova.
Che meraviglia l’immagine dell’interno di Cova!
Quanti danni ci sono stati nel ’43…
Ma indietro non si può tornare, consoliamoci con le foto. Ciao
Bellissimi gli interni! Qualcuno possiede degli originali dai quali fare una riproduzione digitale per un progetto sui caffé ???
Molto interessante!