Fateci caso: quando si parla della Milano di un tempo (dove per “un tempo” si intende in questo caso la prima metà del ventesimo secolo…) il discorso inevitabilmente va a toccare sempre gli stessi argomenti…
Questi argomenti hanno in comune delle precise caratteristiche:
1) non esistono più
2) ne è rimasta qualche traccia a testimonianza
3) la sparizione è dovuta ad una scelta e non per cause accidentali
L’impossibilità di “rivivere” la città con questi elementi, oramai scomparsi, accentua poi il desiderio di molti di poter tornare indietro nel tempo, e quindi di poter almeno rivedere ciò che si è perso, probabilmente per sempre.
Nello specifico oggi guarderemo qualche immagine dei bastioni di Porta Volta, sebbene le considerazioni – in effetti – si potrebbero estendere a qualsiasi punto delle mura – principalmente quelle erette durante il dominio spagnolo – che si sviluppavano intorno alla città fino a cingerla quasi completamente.
Lo spianamento dei bastioni fa parte di una storia non eccessivamente “vecchia” e quindi è possibile fortunatamente rivedere (e con un po’ di fantasia “rivivere”) molti luoghi in versione “bastionata” grazie a un discreto numero di fotografie pervenuto in ottimo stato di conservazione.
Quella di apertura, per esempio, ci mostra i due caselli di Porta Volta visti da piazzale Antonio Baiamonti che governano l’accesso agli omonimi bastioni. Oggi nella stessa prospettiva vedremmo via Alessandro Volta di fronte a noi e le due strade di circonvallazione “dei bastioni”, purtroppo perennemente intasate dal traffico.
Sia viale Francesco Crispi che i Bastioni (inteso solo come toponimo) di Porta Volta erano strade che scorrevano “parallele” ai bastioni. Osserviamo in questo ritaglio di una magnifica cartina del 1883, oltre ai toponimi diversi dagli attuali, anche l’armonioso e mai monotono sviluppo dei terraggi (cliccando la cartina si accede a una versione a risoluzione maggiore).
La maggior parte dei bastioni era abbondantemente plantumata lungo il tracciato; lo si evince – oltre che dalle foto – anche dalla cura con cui si indicava, sulla “falsa riga” delle mappe militari dell’I.G.M. la disposizione gli alberi (tipicamente con un cerchietto o un piccolo ovale).
Va notato che questa cartina riportava ancora la presenza di Porta Tenaglia nell’odierna piazza Lega Lombarda. Di Porta Tenaglia è rimasto solo il toponimo della stretta via che dal termine di via Legnano porta in via Moscova.
Le tracce rimanenti a cui si faceva riferimento in apertura sono riferite a quei pochi punti cittadini che ancora ci permettono di osservare parti dei bastioni quasi nella loro interezza, come nel tratto fra piazza della Repubblica e piazza Guglielmo Oberdan, oppure a volte solo qualche residuo fortunatamente salvatosi dall’essere usato per erigere il Monte Stella…
Qualche “pezzo” di bastione infatti pare che stia per “riemergere” dai lavori che si stanno svolgendo tra viale Pasubio e il già citato viale Crispi (a Francesco Crispi era stata intitolata originariamente l’attuale piazza Filippo Meda). Ulteriori resti sono visibili sul lato sinistro di Porta Romana, entrando in città, nello spazio compreso tra il viale Filippetti e il viale Sabotino; è possibile vedere tutt’oggi una parte di un muro perimetrale di contenimento.
Porta Volta ha assunto maggiore importanza quando nel 1866 è stato inaugurato il nuovo Cimitero Monumentale, il museo a cielo aperto, come viene spesso chiamato per l’imponente numero di opere artistiche che contiene, come la stra-famosissima “Ultima cena” di Giannino Castiglioni (opera del 1935) collocata in corrispondenza della tomba della famiglia Campari.
L’entrata in funzione della colossale opera di Carlo Maciachini richiese anche l’apertura del “Viale al Nuovo Cimitero”, che successivamente assunse il toponimo di via Ceresio (non più “viale”, quindi), permettendo quindi di raggiungere agevolmente il Monumentale, il cui celeberrimo Famedio (“il tempio della fama”) accoglie le spoglie mortali dei cittadini più importanti e onorati come Alessandro Manzoni e Carlo Cattaneo.
Prima della costruzione del cimitero, una strada – proseguimento di via Bramante – conduceva fino a Novate, passando naturalmente dalle tante cascine che si incontravano lungo il percorso: Zaffarona, Casati, Lupetta…
La via per Novate si sviluppava lungo il percorso del Fosso Cagadenaro (non è un errore… e onestamente non conosco l’esatta posizione dell’accento tonico) e della Roggia Bovisa.
Navigli coperti, bastioni spianati, chiese demolite… a riflettere sui cambiamenti avvenuti a Milano nel passato e alle modificazioni tuttora in corso (CityLife e Porta Nuova tanto per citarne un paio) viene veramente da chiedersi se quella attuale è un’evoluzione o meno; si devono evitare, ritengo, posizioni estremiste, in quanto – per esempio – la qualità della vita è migliorata notevolmente in termini di salute rispetto solo agli anni ’70 (molti si ricorderanno lo “smog” che c’era in quegli anni…), ma è anche vero che abbiamo perso per sempre angoli unici, come quello che presentiamo in chiusura di questo articolo.
A vantaggio di chi incontra difficoltà a “orientare” la fotografia, dico che il palazzo che si vede frontalmente è quello compreso tra la via Alessandro Volta (a sinistra) e i VERI Bastioni di Porta Volta… ciao.
La foto di chiusura è una meraviglia. Ok per la cartina che si ingrandisce.
Su tutti i lavori di Milano, da City Life a Porta Nuova, meglio tacere. Soprattutto dopo l’ultima (ma non ultima) esondazione del caro Seveso, che ogni tanto ci ricorda della sua sciagurata sepoltura.
Forse negli anni 70 c’era più smog, ma c’era più lavoro. Oggi c’è meno lavoro e abbiamo guadagnato le “polveri sottili”. Sicuro che qualcosa sia migliorata?
sono d’accordo, la foto finale è fantastica.
Roberto,
le polveri sottili purtroppo c’erano anche allora, ci sono sempre state perchè una parte di loro deriva da disgregazione naturale di muri, rocce e, come abbiamo visto di recente, anche da eruzioni vulcaniche. Il fatto è che nessuno le misurava, non c’era la tecnologia per misurarle.
Pensa poi alle strade non asfaltate, quanta polvere potevano far innalzare in aria; e i freni con le pastiglie in amianto…
E’ invece una certezza che dagli anni ’60 e ’70 abbiamo drasticamente ridotto taluni inquinanti come il biossido di zolfo, il monossido di carbonio (impianti a carbone), mentre per altri nuovi inquinanti è adesso il momento di picco (benzene dalla benzina verde, l’ozono anche a causa della riduzione della schermatura nell’alta atmosfera).
Insomma ogni epoca ha i suoi inquinanti. Difficile stilare classifiche, ma vedo che il Duomo non diventa più color fuliggine in 5 anni come 30 anni fa!
Walter
Ho scoperto dir ecente questo sito e sono affascinato dagli articoli che fanno rivivere una Milano che non c’e’ più.
Ho deciso di fare qualche passeggiata andando a rivercare le tracce del passato che cois bene state facendo affiorare con questo lavoro eccellente.
Dove potrei reperire la versione integrale della cartina del 1883?
Grazie
Sandro
Link a un bel pò di mappe storiche di Milano, compresa quella che cerchi…
http://www.skyscrapercity.com/showpost.php?p=53874747&postcount=205
Grazie 1000!
a presto
un piccolo aneddoto. tra i promotori dell’apertura di porta Volta che alcuni ritenevano inutile essendoci le porte Garibaldi e Tenaglia, c’era il signor Feltrinelli proprietario di terreni in via Pasubio e adiacenze che con l’apertura della porta avrebbero acquisito un notevole valore. era il nonno di Gian Giacomo Feltrinelli l’editore morto piuttosto misteriosamente a Segrate.
E’ assodato che Gian Giacomo Feltrinelli stava preparando un attentato a un traliccio quando saltò in aria.
A distanza di tanti anni dall’apertura di Porta Volta, su quei terreni di viale Psasubio citati, la Feltrinelli sta per costruire la sua nuova sede con due nuovi palazzi che cambieranno il volto di Porta Volta. Finalmente, era ora! Qualche anno fa in quelo spiazzo avevano addirittura messo un orribile tendone per una scuola di circo
io visito vecchiamilano non per nostalgia ma per conoscere come era la mia città e quali cambiamenti sono avvenuti nel frattempo, la nostalgia la lascio alla ignoranza
Beh, lo spiazzo con il tendone era abbastanza “caratteristico” e anomalo, di certo più che non un giardinetto spelacchiato o un palazzo anonimo. Almeno così la penso io, provinciale che ci passava spesso in tram, in quella zona
Concordo pienamente con Rob, magari lo si poteva fare meglio ma almeno era vivo! Comunque non è affatto “assodato” come sia morto GGF. Io lo conoscevo e non ho mai creduto a quella ricostruzione, che comunque faceva acqua da tutte le parti e col passare degli anni (molti, ero in viaggio di nozze) ne ha fatto sempre di più. Consiglio di cercare nella Rete prima di parlare…
Alberto Lipparini
Credevo che questo fosse un blog per i nostalgici della vecchia Milano e non per i nostalgici dell’eskimo e delle spranghe (per non parlare delle bombe sotto i tralicci) 🙂