La ferrovia detta delle Varesine (linea Milano-Varese), con motrici elettriche alimentate da una terza rotaia con corrente ad alta tensione, taglia una fetta della zona nord di Milano creando un quartiere abbastanza isolato dal resto della città: l’Isola Garibaldi.
Giuseppe Garibaldi e i suoi soldati si fermarono in Via Pietro Borsieri al n. 16, dove in seguito partirono per la capitale: una lapide ne è testimone.
Il territorio del rione è racchiuso a nord da Viale Zara e Piazzale Istria, a ovest dal Ponte della Sorgente, Via Carlo Farini, la Dogana e Via Guglielmo Pepe, ad est dal Naviglio della Martesana (ora Via Melchiorre Gioia che copre il Naviglio fino a Greco), a sud, nel cuore mio e dell’Isola, convergono le tre vie Guglielmo Pepe, Pietro Borsieri e Gaetano De Castillia.
Lì avvenne il “misfatto”. C’era un ponte di ferro che scavalcava per ottanta metri i binari e portava in Corso Como e verso il resto della città; il ponte costruito da un’azienda svizzera nel 1870, fu demolito nel 1946 per far posto alla nuova stazione Garibaldi.
La stessa sorte subirono le case di coloro che abitavano sopra quel collegamento sotterraneo che congiungeva la nuova stazione alla stazione Centrale, lasciando isolato quel quartiere che li aveva ospitati per tanto tempo.
Per quale scopo? Perchè creare a soli due chilometri di distanza una nuova stazione e lasciare la vecchia stazione delle linee Varesine, in Via Galileo Galilei, demolendola e destinandola come area per ospitare le giostre o a disposizione del circo Togni? E perchè non sfruttare l’area dopo la Dogana, non più utilizzata, totalmente libera, evitando di smembrare un intero quartiere soprattutto per le ripercussioni umane e sociali che ciò ha comportato (per non parlare del lato economico della vicenda soprattutto in termini di risparmio costi!)?
La popolazione “isolana” era prettamente milanese, parte di una comunità fortemente integrata che trovava una propria espressione anche nelle case di ringhiera che caratterizzavano il quartiere.
Il ponte di ferro venne sostuito da una strada-cavalcavia che sorpassa la stazione da Via Maurizio Quadrio, scende in Via Pietro Borsieri, senza eliminare i disagi di un quartiere “isolato” dal resto della città.
Ma allora l’Isola c’è ancora?
Il cavalcavia così come venne fatto è a tutt’oggi l’opera più brutta, più fredda, più deturpante della città di Milano vale davvero la pena dargli un’occhiata!
E perchè poi dargli il nome di Don Eugenio Bussa, eroe del quartiere Isola… e non invece di un certo assessore al demanio dell’epoca, Attilio Schembari o forse Schemmari, come venne chiamato da un certo momento in poi?
Il fumo delle candele in Chiesa non è che mi faccia molto bene ma Don Eugenio e pochi altri preti hanno conquistato il mio cervello, perciò voglio scrivere quattro righe in sua memoria su questo giornaletto.
E’ nato in Via Confalonieri al civico n. 6. Ha dedicato 49 anni della sua vita ai giovani presso l’oratorio di Sant’Antonio in Via Borsieri al 2 e presso la Chiesa del Sacro Volto, in Via Sebenico, dove è stato sepolto.
Commemorato dallo Stato di Israele con la medaglia dei Giusti, come pochissimi uomini al mondo, per aver salvato durante il periodo fascista decine e decine di giovani in pericolo, molti di loro ebrei, portandoli a Serina a 970 m, sulla strada per il Gavia. Li costruirono una baita con l’aiuto della popolazione e soprattutto del commendator Borghi, fondatore della Ignis, del commendatore Delle Piane e del commendator Michelangelo Virgillito.
Don Eugenio fu arrestato dalle milizie fasciste e liberato dopo qualche settimana grazie all’insorgere della popolazione. Essendo nato nel quartiere penso di poter fare qualche riflessione, sperando che gli amministratori futuri evitino gli errori del passato e siano più coerenti con la reltà e i bisogni della gente.
Penso che questa speranza risulterà vana, addirittura una utopia, visto che gli uomini di adesso non hanno nel cuore nessuna “milanesità”.
Eh si, l’Isola ne ha vista passare di gente, nata o vissuta in questo quartiere Silvio Berlusconi – ex Presidente del Consiglio, mio compagno alle scuole elementari di Via Jacopo dal Verme, Fedele Confalonieri – amministratore delegato Finivest, Giovanni Borghi – fondatore della Ignis, Pierangelo Belloni – primario di chirurgia polmonare all’ospedale di Niguarda, Claudio Peregrini – primario chirurgo all’ospedale Niguarda, Nello Pagani – campione del mondo di motociclismo, Romolo Ferri campione del mondo di motociclismo categoria 125, i pugili Bassano Zanoletti – campione italiano dei medi juniores, Nazareno Giannelli – campione europeo dei pesi mosca, i Brutos – complesso musicale, Gino Bramieri – artista di teatro, Roberto Massari esponente di spicco del PSI, Bosio (del quale non ricordo il nome) – presidente dello IOR e anche Enzo Barbieri e Sandro Bezzi protagonisti nella rivolta nel Carcere di San Vittore.
Chissà quanti altri ancora se ne potrebbero aggiungere più o meno conosciuti, più o meno importanti che hanno ancora nel cuore (forse!!!) il tempo in cui nelle osterie dell’Isola si ordinavano i bianchini lavorati come il “Saragat” e il “Nenni” e si giocava a “Cirulla” con le carte, tempi non molto lontani che sono però già storia!
Sergio Codazzi
Nota: Saragat (il più richiesto) era un calice di bianco secco con una spruzzata di amaro e una fetta di limone, mentre il Nenni era un calice di bianco secco con qualche goccia di rosso antico della Buton, più un goccio di gin, un’oliva, una fetta di limone e una spruzzata si selz.
…sei un mito… 🙂
cara Isola
che bello leggere di te…..me ne sono andata ragazzina ma ancora oggi che sono nonna sei nel mio cuore.
roberta
Anche Beretta, paroliere del Clan di Celentano, era dell’Isola…
anche fFranco Cerri famoso conrabassista jazz di fama mondiale à nato in via Arese 7.
Franco Cerri non è nato in via Arese 7 ma in via Lario39
in via Arese abitava Fernando il ragazzo che vendeva i gelati la sera e la domenica al cinema Zara, era conosciuto per il fatto che sua mamma…in via Are
Ieri sono andata all’isola ed ho acquistato il libro di Lino Lecchi. Da una prima occhiata mi è sembrato molto interessante. La libreria che lo espone è gestita da una bella e simpatica figliola, isolana doc! Che bello trovare tra i giovani chi pensa a mantenere vive le nostre tradizioni e i nostri ricordi.
Buona settimana a tutti. Annamaria.
Auguro a tutti isolani e non un lieto Natale , e un 2016 ricco di cose belle e di fortuna.
Claudia
Grazie CLAUDIA ! Le tue righe rivelano un CUORE grande COSI’. A mia volta a Te un bacione natalizio !
Franco Cerri era un chitarrista, non un contrabbassista!
I complimenti vanno ovviamente a Sergio Codazzi, che ringrazio di cuore per questa sua testimonianza da vero “isolano” d.o.c.
Sergio collabora attivamente con il sito Antica Credenza di Sant’Ambrogio, che ovviamente consiglio di visitare a tutti i lettori di Vecchia Milano.
buongiorno, è possibile essere contattati privatamente dal gestore della pagina? avrei necessità di avere alcune informazioni. grazie
Another great article. Thanks!
bello grazie
Complimenti anche da parte mia al signor Codazzi per il bell’articolo, che trasuda passione e competenza unite tra loro.
Anche il mio ex principale, classe 1936 e milanese doc, sosteneva di aver frequentato le scuole elementari all’Isola e di essere stato compagno del Berlusconi… si chiama Sergio Borella, magari il signor Codazzi se lo ricorderà.
sciòr Codazzi, i Suoi racconti sono musica per le mie orecchie! Adesso, però, per le mie ricerche e i miei studi di Calcio Milanese, mi racconti TUTTO, ma proprio TUTTO del calcio dell’Isola: nomi delle squadre o Società, relativi colori sociali, campi di gioco ( soprattutto!!!) e loro precisa ubicazione….se queste cose non me le svela Lei,,,ahimè…ghe sarà nissun alter che ‘l sarà bòn de còntamel !!! stefano pozzoni
Sig. Codazzi, grazieper la sua testimonianza a favore del Don, come lo chimavamo noi.
Mio padre é nato in Sebenico 28 e io in piazza Archinto 9, dove ho vissuto per cinquant’anni.
Devo dire che i sacerdoti che sono succeduti a Don Eugenio hanno fatto di tutto per oscurare quel caro prete che tanto bene aveva fatto per i bamnbini dell’isola.
Aveva in dotazione due colonie, una marina a Marina di Massa e una montana a passo Gavia, ogni bambino dell’isola, anche il più povero, se le ricorda perché Don Eugenio era sempre presente per aiutare le famiglie che non potevano pagare.
Ogni bambino che volesse andare in colonia era accontentato, con o senza soldi e tutti insieme, poveri, ricchi e figli di carcerati, giocavamo comese fossimo una cosa sola, botte e marmellate di mele cotogne al pomeriggio, era unn po’ la nostra guerra dei bottoni ma, alla fine, ci volevamo tutti un gran bene.
La testimonianza di questo é che ancora oggi, quando incontro quelli del mio periodo giovanile, una lacrima ci solca sempre il viso e ci abbracciamo qualunque passato avessimo.
Grazie ancora per la sua testimonianza.
Oggi leggo,per puro caso, questi bellissimi ricordi con tanta nostalgia, mi chiamo Giorgio e sono nato all’isola garibaldi dove sono vissuto fino all’età di 17 anni, uno dei miei compagni di gioco si chiamava Sergio Codazzi, di qualche anno più giovane di mè, abitavamo appunto all’isola in via De Castiglia 10 (ora la casa non esiste più); chissà se è lo stesso Sergio autore di questi bei ricordi…………….grazie per avermi ricordato momenti della mia infanzia, Giorgio Uggeri.
Non ho dubbi sulla generosità di don Eugenio per quanto ha fatto anche durante la guerra per i bambini! Encomiabile! Ma solo ed esclusivamente maschi…perciò io, femmina, tentando di andare con mio fratello all’oratorio al Sacro Volto, fui con gelida cortesia allontanata, né mi fece sedere per assistere ad una proiezione…che fosse misogino era noto. Ora nessuno crede di ricordarsene. Mi riferisco come periodo alla fine degli anni Cinquanta. So che successivamente, negli anni Settanta inoltrati, finalmente ci fu un’arresa alle bimbe, complici le suore.
isolana
Isa Donelli
Caro GIORGIO spero proprio di risentirti in qualsiasi modo. Non so perchè le mie ricerche sono state vane. Sono un principiante per le nuove tecnologie ed è sicuramente per quello. Il mio 3381273742 è a tua disposizione spero di sentire la tua voce al più presto. Il 26 Aprile faccio gli 80 ……
Ti faccio tantissimi auguri di Buone Feste.
Sergio Codazzi
Scrivi comunque su questo Blog le tue modalità per un eventuale incontro e rinverdire i nostri ricordi d’infanzia che sono le nostre tradizioni bellissime nel rione Isola di Milano .
Ciao Giorgio,se vogliamo fare questo miracolo ,bello sentiamoci il mio n° 3381273742.
sono proprio contenta di andare ad abitare in un quartiere così ricco di storia!
Dopo aver letto questo testo, ogni volta che incontrerò una di quelle signore alternativo-chic che si vantano di abitare all’Isola perché è così “artistico” ed “equosolidale” come potrò trattenermi dall’ululare?
Solo una precisazione sui due personaggi della vecchia isola “Barbieri e Bezzi”:
la rivolta di San Vittore vide solo il Barbieri poichè il Bezzi era stato ucciso
mesi prima in via Morandi. Comunque Ezio Barbieri non divenne famoso per
quel fatto bensì per le audacissime rapine messe in atto senza mai spargimenti
di sangue. Il Bezzi non c’entrava proprio niente con l’Isola al contrario del
Barbieri la cui mamma gestiva l’allora trattoria di via Porro Lambertenghi angolo Pollaiuolo. Io portavo il latte a quella trattoria, avevo 11 anni, e più
volte mi è stato offerto di mangiare al tavolo della famiglia, un paio di volte
anche con a tavola l’Ezio. Stupenda, per bellezza, la sorella che doveva avere
allora 15 o 16 anni.
Io sono del 1934. Nato in via J.dal Verme 4 e poi passato al 2.
Ho frequentato la scuola elementare di Piazzale Archinto dal ’40 al ’44.
Al sito “Skyscrapercity-milano- quartiere isola” potete vedere, tra le foto
che ho pubblicato, anche quella di una mia classe del ’42.
Al sito ” Cinema Patria Milano” un mio articolo attorno al 1938.
Caro Sergio, molto bella le tua ricostruzione per uno come me nato in quella zona. Vorrei solo far presente che il ponticello tra Corso Como e Via Borsieri è stato demolito nel 1958 (documentabile) per far posto al sottopasso provvosorio di Corso Como(1958-1960) durante la costruzione del nuovo cavalcavia di Via Farini. Mi piacerebbe che qualche “Isolano” pubblicasse le foto dei tram che hanno percorso Via G. Pepe, Piazzale Archinto etc. per due anni o della vecchia Via Giuseppe Ferrari, demolita per far posto ai nuovi binari della Stazione Garibaldi. Ciao Massimo
….caro Massimo esattamente dal 59 al 62 facevo le commerciali alla Solferino (cosi’ chiamavamo la Paolo Frisi) da via borsieri era un continuo slalom x ritrovarci in corso Como ovviamente sempre a piedi….come tornerei indietro…ciao Franco
MARILENA CATTANEO
scusa Massimo avei bisogno del tuo aiuto per ricordare alcune date. Sono nata e cresciuta in via De Castillia 2 (dal 1965 mi sono dovuta trasferire con la mia fam. perchè il comune aveva bisogno di iniziare i lavori per il sottopassaggio) e non ricordo se dopo la demolizione del ponte pedonale che arrivava proprio ai piedi di casa mia, per attraversare i binari c’era già il cavalcavia Bussa? Caro vecchio ponte dalla finestra della cucina nei mesi invernali vedevo le persone che sui gradini gelati scomparivano per rialzasi alla fine, dava.nti alla vecchia osteria del Nuto
ciao e grazie. Marilena
Si c’era già il cavalcavia Bussa poichè è stato costruito insieme alla Stazione Garibaldi, inaugurata nel Giugno del
1963
Reblogged this on Videoenciclopedia dell'Architettura, dell'Urbanistica e del Territorio.
Gentile Marilena Cattaneo, intuisco dalle tue richieste, che forse non hai mai letto il libro di Lino Lecchi ( figlio di Nuto ) ” C’era una volta L’Isola,, edito da :
Editrice nuovi editori – e lo consiglio a tutti gli interessati del Q.re Isola.
Essendo testimone degli eventi descritti,vi posso garantire la veridicità di tutti i
testi descritti,senza nessuna fantasia aggiunta da parte dell’autore che invito volentieri alla adunata per la rimpatriata del 09-06-2012 presso L’edicola di Pzza Miniti. Cioa a tucc? Se Vedomm.
…ho letto il libro che emozione,ero bambino e andavo dal barbiere descritto in via borsieri non pagavo dicevo solo e sempre “paga la mia mamma” e lui non segnava mai….franco
Sig Codazzi, questo non è il posto adatto, ma troverò mai un articolo che parli del 42 di viale Bligny e del suo passato burrascoso a tratti leggendario?
Vorrei contattare il signor Giovanni Tedeschi. Abbiamo in progetto la biografia di Ezio Barbieri. http://www.milieuedizioni.it
Ci siamo già sentiti. Ora aspetto il febbraio per l’incontro all’Isola con
Ezio Barbieri. Gli vorrò stringere la mano ed abbracciarlo. Dopo 70 anni !!!
Buongiorno, cosa c’è a Febbraio? Un incontro con Barbieri? Saluti!
a dicembre (un po’di pazienza ancora) uscirà la biografia ufficiale di Ezio Barbieri, con un po’ di sforzo nei primi mesi del 2013 dovremmo riuscire a portarlo a Milano. Ezio è un arzillo 90enne ma è pur sempre un 90enne.
vorrei contattare se possibile il sig. tedeschi. Sto cercando qualche info sul quartiere isola anni 50. grazie molte
Cara Alessandra eccomi a Tua disposizione. Mi puoi chiamare allo
331 104 93 16. Della vecchia Isola racconto sempre volentieri.
Buongiorno a tutti
non sono dell’Isola ma della provincia di Lecce. Ricordo un vecchio signore delle mie parti che tra gli anni venti-trenta, ragazzino, venne a Milano per seguire una formazione di radiotecnico/elettrotecnico presso la “Bremboeri”, credo la Brown Boeri all’Isola. Per l’epoca era un po’ un pioniere.
Qualcuno sa se ci fosse una scuola professionale presso la BB, qualcosa di simile? Qualche ricordo?
Grazie e di nuovo buongiorno a tutti
@Francesco, non ho testimonianze dirette, ma è molto probabile che ci fossero anche dei corsi di formazione. La “Bremboeri” era un fior di azienda. Esattamente al suo posto, in via De Castilla, adesso stanno ultimando due grattacieli, meglio noti come il “bosco verticale”, progettati da un architetto , oggi anche assessore, mio compagno di scuola dalle elementari alla maturità.
Ho dimenticato di aggiungere che l’archittetto in questione di cognome fa Boeri… strano ma vero 🙂
Vi ringrazio per le risposte, ringrazio anche l’ispiratore di questo blog, che è uno spazio dove veramente si condivide la memoria e l’amore per il quartiere.
Anche se sono della provincia di Lecce ho abitato fino al 1996 in via Francesco Arese, non lontano dalle strade che ricordate.
Grazie ancora e a tutti buone feste.
Scusate l’intromissione pignola: Braun Boveri…la ditta declamata ogni giorno dalla voce metallica: TIBB Braun Boveri….ma per i vecchi dipendenti e pe rmia madre che conosceva un tecnico, fratello di una sua amica:
Uehi mi la(v)ori alla Branboeri!!!
Mi scuso ancora….
Pardon…visto a fare i saputelli?:…errata corrige: …voce metallica della metropolitana:……..
Saputello e stupidotto…sapendo che era una ditta di emanazione svizzera io per anni (almeno 40) ho sempre pensato ….Braun….e oggi invece ti vengo a scoprire che è… Brown….meglio così, se finiss mai de imparà…o meglio: vun proeuva semper ad insegnà quel che inveci el dovaria imparà……Scusate ancora…..
Wikipedia è sempre amica
TIBB (Tecnomasio Italiano Brown Boveri)
http://it.wikipedia.org/wiki/Tecnomasio_Italiano_Brown_Boveri
Brown, Boveri & Cie.
http://it.wikipedia.org/wiki/Brown_Boveri
Il signor Brown (inglese) è tal Charles Eugene Lancelot Brown…
Sono contento di conoscere qualcosa del quartiere in cui sono nato e di cui ricordo pochissimo perchè lasciai da bambino. Mi emoziona leggere di cose che non esistono più, ma che sono parte integrante della mia infanzia. grazie ancora
e’ da un bel po che ti scrivo sono giorgio uggeri mi conosci si o no ?
Caro Giorgio, è un po’ di tempo che sono in difficoltà con il computer.Scusam iil ritardo della risposta.Gradirei, date le circostanze una tua telefonata. Sergio Codazzi 338 1273742 Ciao a presto Grazie
Carissimo Giorgio Uggeri, deridero ritrovarti, perche abbiamo già l’eta delle tartarughe e il nostro incontro mi riempirebbe di gioia. Ti mando volentieri il mio recapito. Sergio Codazzi 33812 73742 . Se non ci risciamo per le feste di Natale ti auguro Buone Feste. sarà un vero piacere ricevere la tua telefonata. Grazie Ciao Se vedomm.
vai sul sito “Cinema Patria” e troverai una mia descrizione di cos’era un
cinematografo attorno al 1938 all’Isola.
Poi su “Skyscrapercity- quartiere isola a pag. 16 o 17 troverai delle
foto che ti potrebbero interessare.
Saluti da Isolano 1934.
Buon giorno Sig. Tedeschi, dopo parecchio tempo torno a scriverle.Sono andata a visitare il sito “Cinema Patria”, interessantissimo e mi è venuto un dubbio, all’isola esisteva anche un cinema Vox ? mi sembra di ricordare qualcosa di simile verso P.le Lagosta, mi può dire se ricordo bene?
Ho seguito il suo consiglio di leggere il libro “L’isola” ho ritrovato gli anni vissuti al fianco dell’amico Lino.
Il Cinema VOX era in via Carlo Farini esattamente sull’angolo dove ora c’è
un autoparcheggio a più piani. Era il più bello della zona sia per l’interno, con
la galleria, che per i film di buon livello programmati, Anche lui fu bombardato
nell’agosto del ’43 e venne riaperto solo nel ’46 o ’47. Il Cinema che era vicino
a piazzale Lagosta era il Cinema ZARA di via Garigliano. Lì con un biglietto
si vedevano 2 Film!
…caro Giovanni il Cinema Vox mi riporta all’ottobre 1968 prima di partire x il militare facevano “Beretti Verdi” con il grande”Duke” c’erano piu’ poliziotti che spettatori….che anni…ciao
Quando sento parlare dell’isola provo una grande tristezza, la tristezza di chi all’Isola ha vissuto gli anni più belli della propria vita, dal 1944 anno in cui sono nato,al 1962 anno in cui ho lasciato la mia abitazione dopo la morte di mia madre in via G.Pepe al n°8 . Scrissi un libro (mai pubblicato) qualche anno fa dove si parlava della mia Isola, fatti e personaggi che hanno colorato come ripeto gli anni più belli della mia vita e molte pagine sono dedicate a don Eugenio. Potrei parlare per ore ma preferisco far scorrere questi ricordi tra i miei pensieri anche se a volte sono tristi e dolorosi.e non mi vergogno di di dirle che a volte mi scappa anche qualche lacrima
Grazie Sig. Codazzi
Paolo Laboranti
mi sono appena trasferito in via maroncelli e tutti i giorni per andare al lavoro faccio il cavalcavia della Bussa. L’Isola è un quartiere meraviglioso e meravigliosa è la gente che lo abita
Leggo che il ponte di ferro che collegava l’Isola con Corso Como è stato demolito nel 1946,ma io quel ponte lo attraversavo nel 1956 per recarmi alla scuola Paolo Frisi chiamata Solferino essendo ubicata in via Solferino a fianco del Corriere. Penso quindi ad un errore di trascrizione.Complimenti comunque per l’amore verso la nostra Isola, per i ricordi di una gioventù che se anche trascorsa con pochi soldi mi ha dato tanta gioia, ricordi che quando affiorano mi lasciano tanta nostalgia.
Hai ragione Paolo, il ponte di ferro lo attraversavo nel 1960 per venire al cinema di piazza Archinto.
Hai ragione Paolo io lo attraversavo nel 1960 lavoravo come apprendista in via Milazzo e ilo mio principale mi mandava in banca in piazzale Lagosta per cui andavo apiedi da corso Como e vattraversavo il ponte bei tempi che nostalgia
Hai proprio ragione Giorgio,quanta nostalgia.
Un caro augurio di un Sereno Natale e di un 2017 ricco di cose belle a tutti gli amici isolani e non virtuali e non …………
Buone Feste a tutti !
Ringrazio Claudia e contraccambio i graditissimi auguri
Paolo
Ciao.
mi chiamo Bruno Munari. Ho abitato dalla nascita fino a 23 anni al 28 di via Borsieri.
Ho fatto le elementari alle scuole di via Dal Verme.
Si, quelle con l’entrata delle classi femminili esattamente di pronte alla cartoleria Garolla e quelle femminili di fronte alla cartoleria Gandelli
Ho frequentato anche per anni l’oratorio dell’ormai leggendario Don Eugenio il quale profetizzò per me, ad uso e consumo di mio padre Giuseppe ( persona di una dolcezza e di una bontà infinita) un futuro da delinquente, a meno che cambiassi registro.
Non ho mai cambiato del tutto registro, ma non sono diventato un delinquente e questo potrebbe già essere uno dei tanti quasi miracoli compiuti da Don Eugenio.
Ho tanti ricordi riguardanti l’Isola e di altri ricordi, altrui, ho fame.
Qualcuno di voi ha qualche fotografia dei cinque piani del caseggiato di via Borsieri 28? Esterni e/o interni, ripresi dal cortile. O/e anche dei suoi abitanti
Mi farebbero impazzire
Grazie in anticipo, vecchi ragazzi.
Bruno Munari
Caro MUNARI, io sono nato in via J. dal Verme 4 nel ’34 e poi sono passato al
2 dal ’40 al ’50. Come te scuola di piazzale Archinto e Oratorio di Don Eugenio.
Dopo oltre 60 anni da che ho lascito l’Isola il mio cuore è sempre ed ancora lì.
Ho un po’ di foto dell’epoca che, se mi verrai a trovare, sarò felice di mostrarti.
Io sto ad affori. Telefonami : 331 104 93 16. BUON NATALE !!
Tedeschi Gianni
Io sto a Lecco, figurati! Ma vengo spesso a Milano, per lavoro o per amore.
Uno di questi giorni ti chiamo. Mi farà un piacere enorme incontrare chi ha avuto l’idea meravigliosa di mettere insieme ‘sto posto.
A presto e..
Grazie
Anch’io ho abitato per qualche tempo all’isola. Mio padre è stato il custode della scuola elementare di Piazza Archinto dal 1950 al1960 circa. Ho frequentato l’asilo e poi la scuola elementare femminile in via Dal Verme ( allora non c’erano le classi miste, anzi la scuola aveva due ingressi separati e anche internamente era divisa in due ali non comunicanti, ma non per me che conoscevo tutti i passaggi “segreti” essendo figlia del custode) La mia “maestra”, che ricordo ancora come fosse oggi, si chiamava Irene Tosi, ma ricordo anche il maestro Caimi e tanti altri. Ricordo anche molto bene Don Eugenio, i “fioretti ” del mese di maggio, le recite di fine anno al teatro parrocchiale.. Uno dopo l’altro riaffiorano alla mente volti, nomi, luoghi : la mia compagna di banco Anna Grazia, gli interminabili pomeriggi estivi passati a giocare, coi bambini del quartiere, negli immensi cortili alberati interni alla scuola deserta, il cinema Iris di Piazza Archinto, il bellissimo negozio del cartolaio di fronte alla scuola, il panificio-drogheria dove si vendeva riso, pasta, farina, zucchero sfuso, pesato e avvolto nella carta color paglia o azzurrina, la salumeria con la Signora Bianca alla cassa, la merceria dove si poteva comprare la biancheria e pagare poi un tanto al mese… Anni difficili, ma tutto sommato felici.
Gabriella Gazzola
Lucia Beduzzi
Anch’io ho frequentato la scuola Rosa Govone.Ho fatto le elementari con la Maestra signora Noè e anche suo marito insegnava alle elementari maschili.Ho poi frequentato sempre l’avviamento professionale e ricordo la bidella che si chiamava Gina e nell’intervalli vendeva le michette a 5 lire.Ora abito in altra zona,ma ogni tanto passò dall’isola per ricordare i bei tempi !!!!!!
Signora Gazzola Gabriella sono Agostino Antonaci, ho abitato all’isola in via de castillia 7 fino al 66 e ho frequentato tutto quello che scrive ( scuola e oratorio )in particolare il figlio della proprietaria del panificio di piazzale archinto si chiamava Quatti luigi ? ed era nella mia classe sez A
inoltre la mia maestra fino alla terza elementare si chiamava Virginia Ribaldone. Le lascio un mio recapito telefonico se ha notizie o foto del periodo anche per ripensare ai quei meravigliosi anni, adesso vivo in provincia di Lecce ma il mio cuore è rimasto all’isola e leggendo su questo sito sono tornato indietro di tanto tempo-SALUTI AGOSTINO ANTONACI 338 1401317
Caro Agostino, la Tua maestra RIBALDONE è stata anche la mia maestra sino
alla terza elementare nella scuola di P.le Archinto, negli anni ’40-’43.
Ne ho ancora oggi uno splendido ricordo.
Caro Agostino, mi spiace ma non ho dei ricordi precisi sull’insegnante Ribaldone. Ho chiesto anche a mio fratello se per caso ti conosceva, ma nemmeno lui si ricorda.Mio fratello aveva un sacco di amici della sua età, e durante i mesi estivi faceva entrare nel cortile della scuola ( che era immenso) un bel gruppo di ragazzini con i quali giocava degli interi pomeriggi. Noi siamo stati in Piazzale Archinto fino all’estate del 66, a quell’epoca io avevo 10 anni e mio fratello 9. Non ho molte foto di quel periodo tranne due foto di gruppo scattate una alla scuola materna e una in prima elementare che ho pubblicato sulla mia pagina facebook. Prova a vedere se per caso riconosci qualcuno. Mi piacerebbe molto avere notizie di qualche vecchia compagna di scuola, di molte ricordo perfettamente il nome, di alcune anche il cognome. Se siete incuriositi andate a vedere… e fatemi sapere.
Ciao a tutti
Grazie lo stesso io invece ho una foto di gruppo quando andavamo in gita a Casteggio se sei venuta in quegli anni ci sarai in quanto abbiamo la stessa età saluti Agostino
Accidenti, mi sa che nel mio scritto precedente ho commesso un errore madornale. Quando la mia famiglia ha lasciato Piazzale Archinto avevo sì 10 anni, ma l’anno era il 1956! Giuro che non volevo togliermi gli anni, il problema è che proprio non riesco a capacitarmi che sia passato così tanto tempo. Comunque io sono del 46, quindi credo di essere più “vecchia” di te e penso che sarà difficile che abbiamo dei ricordi in comune. Cordiali saluti e tante cose belle. Gabriella
Scusami volevo chiederti un favore, ricordi quel vecchietto che generalmente si metteva all’angolo di via borsieri e via garigliano che affittava certe biciclette dove il manubrio si trovava sotto la sella e si pedalava con il ruotino piccolo davanti? se hai dei ricordi in proposito mi serve anche perchè se la trovo da qualche amatore la vorrei comprare . grazie
Le biciclette di cui parli erano un’invenzione del Sig Ghibellini che se ben ricordo aveva l’officina in via Pastrego.Purtroppo però non ho altre notizie.
Paolo
Grazie tante Paolo. Saluti
ragazzi la maestra ribaldone è stata la maestra di tutti anche la mia nal 51 e 52 in prima e in seconda poi il maestro maroni
Chiedo ad Agostino Antonaci se si ricorda di una bambina che abitava in via De Castilia non ricordo il numero.Questa bambina era in classe con me e si chiamava Borsetta Camilla.Ciao Lucia
Io ricordo di una ragazzina di nome Camilla Provasi figlia di un tranviere abitava al 7 saluti Agostino
Ciao tutti, chi si ricorda di tre negozi uno fianco all’altro in via volturno , credo al 41 ? Erano un frutta e verdura, una latteria e una macelleria
io mi ricordo di tutti e tre i negozi, però dal 1974 fino al 1978
…cara Gabriella mi ricordo di un bidello della scuola elementare anni 50/60 di nome Strada il figlio mio amico giocava basket all’oratorio ed era molto bravo…hai memoria?ciao
E’ vero! Adesso che me la nomini mi viene in mente questa persona! Credo fosse uno dei bidelli “storici” di piazzale Archinto, era giá lì quando siamo arrivati noi è sicuramente ci è rimasto anche dopo. Pensa che non so neppure il suo nome perchè tutti lo chiamavano Signor Strada e basta ( a quei tempi tutti erano signor…..non come ora che si da del tu a tutti). La sua fisionomia non l’ho molto presente ma non so dire quante volte l’ho sentito nominare da mio padre. Forse erano anche amici oltre che colleghi. Del figlio non sapevo niente, magari si è poi distinto nel suo sport. Quanto vorrei che mio padre e mia madre fossero ancora qui, chissá quante cose potrebbero raccontarmi di quei tempi. Ciao a tutti
Ciao Gabriella, se sei del ’46, l’Anna Grazia di cui parli e’ sicuramente mia sorella (Benelli). Vive ancora all’Isola in via della Pergola Se sei interessata posso darti il recapito intero.
Clemente
Cara Anna Grazia, e’ stata una grande emozione ritrovarti, parlarti e salutarti! Grazie a internet, che veramente non ha confini, alle persone che tengono vive queste pagine, a chi le segue con curiosità e magari un pizzico di nostalgia.
Grazie Cara GABRIELLA per le Tue righe che esprimono quanta parte del
Tuo cuore hai lasciato all’Isola. Tu sei arrivata all’Isola quando io l’ho lasciata,
nel 1950 a 16 anni. La mia famiglia si era trasferita in Viale Corsica, pochi
Chilometri di distanza, ma quando con il camion carico di quelle poche nostre
cose ho lasciato il portone di via J. dal Verme 2, ho provato uno struggimento
non inferiore a quello che i nostri poveri emigranti avranno provato quando
la nave lasciava il porto. I nomi che Tu hai rievocato: Don Eugenio e il maestro
Caimi me ne hanno portati alla memoria moltissimi altri e sono rimasto a
lungo ad accarezzarli.
Buon NATALE Gabriella !!
Caro giovanni Tedeschi, io insisterò in primavera per fare la promessa rimpatriata, sollecitando i tanti Isolani a parteciparvi, e conto anche su di te, perche i messaggini contano, ma io voprrei essere piu concreto. intanto ne aprofitto per farti i mig,iori auguri di buone feste. però non mi piaxce farle
per via telematica e ti telefono subito? Sergio Codazzi Ciao .Se vedomm.
carissima Gabriella , quanti ricordi in quella scuola elementare. La mia maestra si chiamava Rosa il cognome non lo ricordo ma il suo viso è ancora scolpito nella mia mente, sono ricordi che non ci lasceranno mai e ricordo anche la bontà di quella focaccia del panettiere che forse mi ricordo così buona per la malinconia di quegli anni ( nel 56 iniziai l’università dal Verme)
Un caro saluto a tutti gli isolani e Buon Natale
Oggi ho raggiunto l’Isola ed ho passeggiato a lungo nelle sue vie oggi quasi deserte. Come sempre rivedo i miei fantasmi ai quali, grazie alla mia fantasia,
do nuova vita e li vedo muoversi come li vidi allora. In Garigliano, sulla destra
andando verso Lagosta, dopo il cinema Zara ( oggi c’è un palazzo ), c’era
il “Dopolavoro Fascista”, con il gioco delle bocce, che era molto frequentato
dai lavoratori dell’Isola (anche su quell’area c’è ora un palazzo).
Più avanti, con la facciata sul piazzale Lagosta, quel moderno palazzo che
ancora oggi è prestigioso, figuriamoci allora, lì abitava la Zizi Marchetti,
mia bellissima coetanea, poi ballerina della Scala, per la quale feci una cotta
(si dice ancora così ?). Ho poi imboccato la via Perasto (dove l’avranno trovato quel nome) e lì altro ricordo piacevole: in quel palazzo sulla destra,
di un famoso architetto, abitava la Piera Vaccani, altra mia bruciante cotta
dell’epoca, il cui padre aveva in Cola Montano una litografia.
Più avanti, in via Porro Lambertenghi, proprio di fronte alla ex trattoria
della mamma dell’Ezio Barbieri, ecco il portone dove abitava un’altra mia
fiamma, la Liliana Guadagnin. Ecco, ho rievocato la Zizi, la Piera e la Liliana e,
pur a distanza di 60 anni, non potete immaginare a che livello sono salite
le pulsazioni del mio povero vecchio cuore.
Vaccani c’è ancora in via Cola Montano 32. Il padre è morto qualche anno fa e ora la mandano avanti il figlio Andrea e un nipote
Aggiungo che la ditta si chiama APV Vaccani (Andrea e Piera Vaccani)
Grazie caro kalz per l’interesse e la precisazione. Io mi riferivo al 1950 quando
Piera era ancora una ragazzina di non più di quattordici anni e certamente non
c’era ancora la APV. Constato con piacere che il passato, che spesso si ritiene morto e sepolto, è invece ancora collegato al presente.
Scusemm se a vegni foeura con questa rimostranza
Ma a mi me par che a l’Isola ghe se da troppa importanza,
Lo so che con questa mia dichiarazione mi attirerò le maledizioni di un gran numero di milanesi, forse perché mi a sont del Corvett ( ma anche ex Fiera) e non ho mai trovato una comunità così unita nei ricordi nella mia zona (che sia invidia?). Sta cominciando solo adesso una consapevolezza Corvettiana grazie soprattutto alla Parrocchia di S.Michele e S.Rita con una raccolta notevole di foto che purtroppo sono per la maggior parte “ecclesiastiche” anche se a saperle leggere bene si possono cogliere aspetti del quartiere d’antan.
A parte questo….dicevo per quello che ho frequentato io l’Isola, poche volte in via Borsieri…(rimasi colpito dai ca de linghera che si vedevano) …anni fa…e di transito…sempre anni fa….ho sempre avuto l’impressione di un quartiere sempre in via di ricostruzione, trafficoso, con un minimo vitale di verde, sarà per l’aspirazione di un centro direzionale lasciato a metà, della ristrutturazione delle Varesine…e anche oggi, avendola frequentata giocoforza quest’estate…i tram sempre lenti, tutti quei cantieri… ancora…. sempre quell’aria provvisoria…mahhh…sarà per questo che gli abitanti si sentono più legati ai ricordi…. ma è solo una mia impressione…non abbiatevene a male… neanche il Corvetto brilla…. delle varie compagnie che c’erano, oggi ci si incontra in quattro gatti… gli altri sono tutti scappati…e anche di quei quattro gatti, solo in pochi si prova a ricordare i tempi andati….un incoraggiamento a continuare a ricordare…prometto che leggerò di più sull’Isola….
Bravo OTTAVIO !1
Intant gu de dit che per la vera veridà: Isula-Curvet 5 a 0.
Io mi riferisco alla mia Isola e cioè a quella fino al 1950. anno in cui l’ho
lasciata conservandomela però sempre nel cuore. Il Corvetto per noi allora
era il riferimento al “porto di mare”, dove venivamo, raramente, a fare qualche
bagno nelle estati del primissimo dopoguerra. Poi vuoi mettere i balordi
di via Cinquecento con i nostri calibri tipo Ezio Barbieri dell’Isola ?
E i bei tusan de l’Isula due ti a mètet? El cunfrunt cun quei, fin a Ciaraval,
l’è un alter 5 a 0 !
Pensa però che mi me sun fa la murusa a San Dunà e l’u spusada e ghe
sunt ammò insema dopu 60 ann.
Adess però OTTAVIO, ti te se simpatic e, anca se te set dumà del Curvet, te
se semper un milanes e te voerum ben. Quant se truarem tutinsema te
invidarem in cumpagnia cun num.
Ciao OTTAVIO e viva Santa Rita !
Gianni latè
Senza nulla togliere alla milanesita, al cuore e all’amore per la nostra Isola, vorrei ribadire che il dialetto milanese: pochi lo parlano, pochissimi lo sanno leggere e quasi nessuno lo sa scrivere. Non me ne voglia il caro Gianni.
Paolo Lab
E’ verissimo, caro Paolo, diciamo pure che, non essendo una Lingua, il milanese non ha regole nè nella sua pronuncia nè nella sua scrittura.
E chi avrebbe potuto dare delle regole? Forse il Porta o il Mazzarella?
E al giorno d’oggi ? Chi potrebbe essere così presuntuoso ?
Il fatto incontestabile è che ogni porta di Milano aveva un dialetto, che si imparava in strada od in famiglia, se era milanese, che risentiva del
dialetto di quella parte di provincia che vi gravitava. Così a Porta Romana
aveva influito il lodigiano, a Porta Garibaldi il brianzolo e così via.
Io ricordo bene che all’epoca distinguevo da quale parte di Milano uno
proveniva solamente sentendolo parlare in dialetto. E chi lo aveva mai scritto?
Così al caro Ottavio, del Curvèt, che ha osato cimentarsi con lo scritto, ho
risposto, anch’io osando, con qualche riga in dialetto, così, di getto, cercando
di riprodurne il suono con le parole, cosa non facile con tastiere che ignorano
la dieresi, per esempio, che quindi non ti permettono di riprodurre il giusto
suono. Come riprodurre sulla carta il ” va a da via el …,” per esempio.
L’Ottavio scrive “…vegni foeura …..”, per esempio, pensiamo per quanti è
arabo !
E una cosa che non ho capito: chi è la milanesìta, o forse l’accento
mancava per dare il giusto senso ?
Andemm, car Paul, cerchem de vuress ben e
Buona Domenica.
Gianni laté
Cara el me Giovan ciappasela no….a l’è na veggia question…i mee i a parlava in milanes in caa, cont i amis e i parent ma in italian a numm fioeu, cont i vesin se gh’era no confidenza…El me pa quand al lavorava al parlava in dialett cont i vegg colega ma in italian cont i giovin…la mia mama quand se’ndava a troval la se bloccava e la scominsiava a parlà “affettato”…se poeu a eren di cap la se affetava pusee…de segur l’era minga el dialett di me nonni…anca perché a eren romagnoeu e piemontes….No…ona mia nonna l’era de Stradella ma la parlava… paves….(per dire “con” la diseva aveg…..)….
Quand el me fradel l’è tornaa da vess sfollaa dal Varesott quand l’ha vist el me pa l’ha provaa a parla in dialett: “A son mia andà!” El me pa subet: “Se te voret parlà milanes te devet dì – a son minga andà – se no l’è bosin!”
Mi hoo semper parlaa italian a part i “modi di dire” e i scherz…el sarà un tri o quattr an che me son mis a parlà e scriv in dialett, ma al contrari del me pa a pensi che on poo de bosin al parlà al ghe fà ben…se na quai volta al scappa un salumee inveci de cervelee…el sarà forsi vun de Lodi? Va ben istess el vend el salam anca luu…El marì de la mia cusina a cent meter de Ciaraval el dis: “Al cò” per coo…basta savell. El Porta…El Mazzarella…el Comoletti….el Beretta… el Caprotti… ghe tant de legg e imparà…e mi me son faa i me regol, magara a sbagliaroo ma per mi a va ben istess…Magara el dialett del Porta l’è on poo ostich de parlà incoeu, ma a vor vess blasé….Vess segur e anda avanti oramai i regol de ‘na lingua che quasi la moeur hinn abastanza avert….A riscrivess….
me par a mi che ghi tucc un pù del “taparela” a l’è pur vera che milanes ghe nè pù! el gh’ha quasi resun el giuan tuder a di che l’isola la bat el curvet..ma no 5 a zero… a l’isula gh’è mai stà el laghett..a gh’è mai sta i bei praa per la campurela, perchè vardee che i tusann al curvett eren bej.. molto bej… e poeu te vor mett l’aria fina che gh’era chi tempi là… l’udur de stala de nused, del casutel, de la casina granda..e slungum un tocc e andemm a ciaravall, per minga parlà del Vaiano Valle( in italiano) in due se truaven certi person galantom del cabaret..ciau a tucc….
Paolo, Ottavio, Marino, una roba mi gu ammò de dì. L’è brut diventà vecc, ma
pudè ricurdass ammo de cume l’era Milan e cume serum num a l’è bell.
Ve saludi !
Gentile Gianni
IL mio scritto non vorrei lo avessi interpretato come un rimprovero, non era mia intenzione era solo una precisazione.
La nostra lingua o dialetto si pronuncia in un modo ma si scrive in un’altro, come madunina si scrive madonnina per fare un esempio. Con questo non voglio fare il professore, io in milanese non so scrivere. In quanto dicevo, lingua o dialetto? Vi sono a proposito diverse scuole di pensiero, ma mi attengo a quanto sostenuto dal Caprotti, dal Comoletti, dal compianto Merli che io chiamavo Prof. L’Accademia della crusca (nientemeno) definisce la lingua: un guado attraverso i fiumi del tempo. Essa conduce alla dimora dei nostri antenati.Certamente di derivazione neolatina e celtica Ma lasciamo ad altri questo rompicapo. Nel dizionari Hoepli si legge riguardo la Milanesità che essa è il complesso dei caratteri considerati tipici di Milano e dei suoi abitanti e io aggiungo che la milanesità è l’amore per chi ha vissuto nella nostra città in un tempo con meno benessere ma più autentica è l’amore per la nostra storia, la nostra cultura nelle più svariate forme e sfumature, noi abbiamo avuto la fortuna di assaporare e poi vivere nonostante un tremendo dopoguerra, con certi principi oggi sconosciuti come l’amicizia vera, l’altruismo, la collaborazione e non mi dilungo perché mi viene solo un gran magòn.
Un saluto anche a Giovanni Tedeschi
Paolo
Mi informano adesso che in Marzo prossimo dovrebbe venire in visita
all’Isola l’Ezio Barbieri. Questo nome ai giovani non dice niente ma a quelli
come me, che lo hanno conosciuto, fa ritornare alla mente quegli anni in
cui l’Isola era L’ISOLA.
L’Ezio, che non ha mai fatto spargere una sola goccia di sangue, quando in
quegli anni il sangue scorreva a fiumi, ha pagato con una lunghissima detenzione, quanto gli era stato addebitato da quella giustizia imbelle, forse
non peggiore di quella attuale. Pagato il debito imputatogli si è fermato in
Sicilia e lì ha trascorso la sua vita in modo più che onorevole, da buon Isolano.
Ora ha novant’anni. Il libro che è stato scritto su di lui recentemente è ora in
distribuzione e la libreria di via Pollaiuolo dovrebbe già averlo disponibile.
Io andrò ad abbracciarlo. Gli Isolani che vorranno unirsi a me in quella occasione si facciano vivi indicandomi qui di seguito il loro numero di cellulare.
Il mio è : 331 1049316
Ezio BARBIERI sarà allo allo Spazio Mercury (ex Fonderia Napoleonica) alle
ore 17 del 9 Marzo. Io sarò là per salutarlo e festeggiarlo.
Gianni Tedeschi
E’ un vero peccato che questo sito si stia inaridendo. L’amico Sergio Codazzi
lo ha con molta cura avviato e poi, via via, è stato trascurato. Ma alla domanda
del titolo io rispondo con un caloroso ” SI !! “. Se l’Isola è dentro in molti, come
io la sento dentro di me, l’Isola vive ancora, eccome !!
Grazia Gandelli
mi ha fatto piacere vedere la foto con una parte della Cartoleria Gandelli e vorrei sapere se per caso ha altre foto o notizie da pubblicare in merito.
Vorrei poi un chiarimento quando indicate i personaggi che sono nati all’Isola si parla di Roberto Massari ma quello che ho sempre conosciuto io si chiamava Renato. Grazie
Cara Grazia GANDELLI,
non puoi immaginare quali e quanti gradevoli ricordi abbia fatto riaffiorare
alla memoria il Tuo cognome. Penso Tu sia la nipote del “mio” Gandelli.
Mi perdonerai il Tu che mi sono permesso, ma noi vecchi isolani riteniamo
quasi vincoli famigliari, quegli interessi e quei ricordi che comunque ci legano.
Ora quella “nostra” Isola è ormai scomparsa, purtroppo ma inesorabilmente,
ma il “Gandelli” è ancora vivo, eccome!
La cartoleria con le vetrine su Piazzale Archinto e su via Dal Verme, che
compare su di una cartolina che a suo tempo avevo fatto apparire in Internet,
ha accompagnato la vita dell’Isola in modo significativo. Da lì sortivano,
innanzi tutto, per quelli la cui famiglie potevano permetterselo, i primi regali di
“Gesù Bambino”. Dopo la messa della notte di Natale, i genitori che rientravano alle loro case. dove avevano lasciato i piccoli a dormire, passavano dal Gandelli, che quella notte teneva aperto, ed acquistavano
qualche regalo. Lo portavano a casa e svegliavano i piccoli, che per lo più
fingevano di dormire, con ” è arrivato Gesù Bambino !!”.
Poi per tutto il percorso delle elementari il “Gandelli” forniva tutto il necessario,
dalla cartella all’astuccio, dai pennini alle carte assorbenti, dai quaderni al=
l’inchiostro. Poi durante le vacanze le figurine, i soldatini di carta, la carta e le bacchette per fabbricare gli aquiloni, ecc. ecc.
Al banco i Gandelli. Ricordo la Gandelli figlia, la mamma, il Signor Gandelli,
un vero Personaggio. Più volte lo vidi dietro al banco in una bella divisa Fascista, probabilmente reduce da un’adunata o in procinto di andarci.
Non meravigliarti, cara Grazia, tutta L’Isola era fascista in quegli anni, la
camicia nera era un vanto, per i piccoli come per i grandi. Io ho visto le
colonne degli operai della Brown-Boveri, tutti in camicia nera diretti a piazza
del Duomo ad ascoltare i discorsi di Mussolini od altro pezzo grosso del Regime. Ed io, attaccato a mia mamma, operaia della Brown-Boveri, avevo
un paio di volte fatto parte di quelle colonne. Che entusiasmi, che partecipazioni!!
Tutto finito, purtroppo, con l’8. Settembre ’43.
Ma le vetrine del Gandelli, sempre ricche di oggetti del desiderio, ci attiravano
e restavamo lì davanti in adorazione.
Io lasciai l’Isola nel 1950, mia mamma aveva venduto la latteria di via J. dal Verme 2 (che aveva preso nel 1940 lasciando la Brown-Boveri ) per prendere
una importante Gelateria in Viale Corsica. Poi iniziai, con i miei diciott’anni, una
vita avventurosa, di successo che mi vide, nel corso degli anni, a Roma, in Francia, in Germania, in Svezia, in Tunisia. Alla fine eccomi qua ad Affori, a due passi dalla “mia Isola”, che non mi è mai uscita dal cuore, e che vengo spesso a ritrovare a caccia ed alla ricerca dei miei fantasmi.
Scusami, cara Grazia Gandelli, per tutte queste mie lunghe, e forse noiose,
divagazioni, ma come ben saprai, i vegliardi basta svegliarli nei loro ricordi
che non riesci più ad arrestarli.
Ciao, cara Grazia, e, forse, a rileggerci su queste pagine.
Saluti affettuosi.
Gianni Tedeschi
Scusami se ti rispondo solo ora, ma non ho aperto la posta per alcuni giorni e la tua lettera mi è sfuggita. Hai ragione sono la nipote del “tuo” Gandelli figlia di Silvano. Ti ringrazio per i bei ricordi che mi hai condiviso con me su un nonno che non ho mai conosciuto, alcune notizie le avevo avute da Renato Massari che ringraziava ancora il nonno per avergli dato la possibilità di studiare dandogli libri e quaderni. Probabilmente avrai conosciuto anche Luigi Colombo, Nino Canti. Ormai la famiglia Gandelli si è notevolmente ridotta siamo rimaste in due, io e Annalisa la figlia di Bruno e poi le due figlie di Marisa la Gandelli figlia come la chiami tu. All’Isola poi abitava anche una zia della mia mamma e credo sia stata proprio lei a presentarla a papà. Ancora grazie per icari ricordi e un affettuoso abbraccio. Grazia
ma quella era la cartoleria Castoldi,Gandelli era quella di fronte alle femminili
un saluto a tutti
No, caro Maurizio, davanti all’ingresso delle femminili c’era la Castoldi e poi la
Belmuri. Il Gandelli era d’angolo dal Verme – Piazzale Archinto.
Scommettiamo ?
Sabato 9. marzo, alla presentazione del libro “il bandito dell’Isola”, in Tahon de Revel 21, c’era un bel pò di gente. Buon segno. Se il nome di Ezio Barbieri ha
potuto richiamare tanta gente vuol dire che il suo ricordo è ancora vivo come
ancora viva è l’Isola.
Lucia Beduzzi
Oltre alle cartolerie Gandelli e Castoldi ricordo anche la cartoleria in piazza Tito Minniti.Ricordo che il cartolaio si chiamava Andrea e indossava sempre una vestaglia nera nel suo piccolo negozietto ed era sempre pronto ad aiutare i bambini negli acquisti quanti bei ricordi!!!!
la cartoleria di minniti si chiamava garolla,il nome del proprietario sig.villa-
Si ora ricordo che il cartolaio di piazza Minniti si chiamava Villa,ricordo anche che sempre nello stesso stabile,ma con le vetrine verso Dal Verme,c’era un negozio che vendeva pasta e riso sfuso e lo chiamavano in milanese “el rise’ “e aveva un figlio nostro coetaneo chissà’ se qualcuno si ricorda!!!!!!
La cartoleria Castoldi, di fronte all’ingresso delle femminili, si chiamava anche,
non ricordo se prima o dopo, anche Belmuri. Tanto per acutizzare la memoria.
E chi ricorda il nome della gelateria di via Garigliano ?
E di quella di P.za Tito Minniti ?
E il negozio di tessuti a fianco ?
la gelateria di via garigliano si chiamava steffanini,poi venduta a metà degli anni 60 a dei fratelli di origine emiliana ma non ricordo il nome.
Ho appreso da poco che, all’epoca, l’Italo Crema, che abitava in ringhiera al primo piano, cortile interno, di via J. dal Verme .4, era fidanzato con la figlia del gelataio di via Garigliano. Io infatti lo avevo visto servire ai tavolini. Poi
l’Italo Crema aveva aperto il ristorante all’Abbadesse che era divenuto famoso.
la gelateria di minniti era del papà della mia amica silvana ma non ricordo il cognome,era di origine veneta ed amico di mio padre.
…in via garigliano lato n.pari c’era un negozio sviluppo foto,la gelateria,il cinema zara,un neg.di scarpe,uno che vendeva fiori,un furmagiatt sul p,le lagosta e uno che vendeva vini….anche i personaggi erano belli…
Hai dimenticato la sede, con gioco delle bocce del Dopolavoro Fascista dell’Isola, sempre molto frequentato e dove ricordo c’era sempre tanta allegria, almeno sino allo scoppio della guerra.
…caro Gianni sono del 47 i miei ricordi partono dagli anni 50….mi ricordo pochissimo dell’alluvione del 51 con l’isola completamente allagata…ho nel cuore sopratutto gli anni 60,specialmente la via garigliano n.4 x motivi sentimentali….franco
La gelateria di piazza Minniti si chiamava Gottardi….un gelato al cioccolato insuperabile e frappè indimenticabili…
Il negozio di tessuti di piazza Minniti si chiamava Paccanaro io ricordo bene perché’ la portinaia dello stabile era mia zia.
All’epoca io lo ricordo come Terrabusa e la portineria era in mano alla famiglia
Ricaldone che si era trasferita lì proveniendo da via J. dal Verme al n°4.
Il marito faceva il sarto e si chiamava Bigin, il figlio, mio coetaneo, Vincenzino.
Tieni conto cara Lucia che io mi riferisco agli anni ’45-’50.
Maurizio 1947 conoscevo il sig.Italo Crema in quanto amico di giochi del figlio Luigi e sorella. Ho vissuto in via Assereto (quartiere Abbadesse) fino al 1965 . Le strade ,i negozi, i cinema ecc…sopra citati hanno risvegliato tanti ricordi della mia gioventù. Ho frequentato la scuola Paolo Frisi in via Solferino e quel ponte di ferro sopra la ferrovia lo percorrevo 2 o4 volte al giorno nel periodo scolastico
Ora mi chiedo, la zona delle Abbadesse faceva parte del quartiere “ISOLA” ???
confermo paccanaro
Forse il negozio di tessuti che ricordo io era dopo Terrabusa.per quanto riguarda la portineria era di mio zio Bigin che faceva il sarto ed era poliomielitico era il fratello di mia mamma il figlio Vincenzino era mio cugino ora scomparso.
Cara Lucia,
pensa che io abitavo in J. dal Verme al 4 proprio di fianco al Bigin, sul pianerottolo al piano rialzato. Se chiudo gli occhi lo vedo ancora con il suo ferro da stiro a carbonella e il metro giallo in giro al collo, come vedo la
moglie pettinata con lo chignon e il Vincenzino, buono come il pane, al quale
io, minore di un anno ma molto, molto più carogna, le davo. Di questa famiglia
Ricaldone, malgrado siano passati settantanni ( !!! ) conservo il migliore ricordo. Di quella famiglia, che ai pasti metteva in tavola il bottiglione del vino,
ricordo ancora l’allegria del Bigin che riprendendo il suo lavoro dopo pranzo cantava a squarciagola. Mia mamma diceva : ” Sono piemontesi”.
Da noi la tavola era più triste, intanto la sola bottiglia dell’acqua e poi mia mamma doveva subito correre ” in stabilimento” alla Brow-Boveri, papà era
in ferrovia e faceva i turni.
Mi scuserai cara Lucia per la mia prolissità ma quando do la stura ai miei
ricordi non riesco a frenarmi. Un riverente ricordo al buon Vincenzino ed a Te
un Cordiale Saluto da questo vecchio Isolano.
Gianni Tedeschi
Carissimo Giovanni,mi emoziona tantissimo sentire che conoscevi i miei parenti ,mia mamma che era la sorella del Bigin abitava in via Dal Verme 4 con sua mamma e suo papà’,si loro,erano originari del Monferrato,mio nonno,commerciava in vini,e aveva il deposito in via Arese 18.Mia mamma sposandosi si era trasferita in via Arese 7 la casa della Filocantanti.Io sono del 42 mio fratello Francesco e’ del 34 e lavorava alla Brown Boveri con Vincenzino .Ricordo,che mia mamma diceva che mio fratello era entrato in Brown Boveri perché’ il cassiere della ditta era il signor Rossi Benvenuto ,che abitava in via Garigliano.Io quando mi sono sposata andai ad abitare a Niguarda ora abito in zona viale Monza,ma spesso,faccio un giro all’Isola che mi suscita tanta emozione anche a distanza di tanti anni.Con quanto piacere parlo di quei tempi.Cordiali saluti Lucia Beduzzi
…il cartolaio di p.le Minniti si chiamava Villa,un figlio e’ prete all’Hosp.di Monza….cìera un cartolaio anche in via borsieri vicino al14(dove abitavo)….nei primi anni 60 seguivo due gemelle di via garigliano di nascosto di mamma e papa’ che tempi ragazzi che tempi….Franco
Se qualcuno non conoscesse questo blog sull’Isola http://www.milanoisola.it/foto-depoca/#more-547
el risè di via dal verme che era anche salumeria si chiamava colombo,il figlio era il silvietto,chiamato così perchè era grande e grosso ed era un amico.
È’ vero adesso ricordo si chiamava Silvio ed era grande e grosso !!!!!!!
niente foto su De Castillia 9? ora solo un muroooooooooooo
….mi ricordo quando c’erano le elezioni il comizio del pci in Minniti pieno di gente e dopo in oratorio un sospiro di gioia x la vittoria della dc…..
E meno male che quei farabutti con le mani ancora lorde di sangue, malgrado
le loro spudorate menzogne, non abbiano trovato all’Isola i trinariciuti, di
Giovanni Guareschi- Candido memoria, altrimenti poveri Isolani e poveri Italiani. Dal P.le Archinto le ho sentite anch’io quelle urla sguaiate dal balcone
da cui si affacciavano ad arringare. Avvicinarmi di più mi avrebbe fatto vomitare.
Ciao, Giovanni..
è probabile che io non abbia letto attentamente tutti gli interventi su questo sito , ed è altrettanto probabile che mi sia sfuggito qualcosa, o forse molto.
Per questo volevo chiederti se per caso sia mai stata organizzata una rimpatriata, una riunione, una cena, una festa invitando tutti questi innamorati dell’Isola di una volta che poi, in fondo è ancora quella di oggi, fortunatamente.
E se non è mai stato fatto nulla del genere, la domanda potrebbe essere:
Perchè non farlo?
Magari (ma qui esagero) con figli e nipoti, in qualche posto tipo la vecchia Corale Verdi, che ormai credo scomparsa, bocciofila e tutto
Io, come sai, ora sto a Lecco ma se deciderai di organizzare qualcosa del genere ed avrai bisogno di aiuto, conta su di me
Un abbraccio
Bruno
Ciao Bruno,
ci siamo sentiti qualche minuto fa al telefono. Hai perfettamente ragione, ci
dovremmo finalmente trovare tutti noi appassionati dei ricordi della nostra Isola. Anche per contestare le balle che i “trenariciuti, propagano da tempo
sull’Isola. Parlerò anche con Sergio Codazzi altro isolano DOC che è da
molto che fa la stessa proposta. Intanto nelle tue navigazioni in Internet vedi di
approdare anche a questo sito che si è inaridito ma resta pur sempre interessante : “Skyscraperscity quartiere isola “.
Te saludi.
Gianni latè
….penso di essere un isolano doc…mio padre e’ nato nel 1909 in Borsieri 14.sposato con mia madre dal 1934 hanno vissuto all’isola fino al 1970.Tutti i figli sono nati e cresciuti in Borsieri 14 (la prima nel 1935 l’ultimo nel 1947)…..franco
Si, caro Franco, considerati a buon titolo un vero Isolano DOC.
Se pensi che anch’io mi considero tale solamente per essere nato all’Isola,
in via J. dal Verme 4, nel 1934 e di avere poi vissuto al 2 sino al 1950.
Ma basta questo per sentirmi profondamente isolano e dichiararmi tale !
Nella mia vita movimentata e di successo ho abitato a Varese (1958-59) ed
a Roma (1960-61) ed inoltre ho soggiornato, anche per lunghi periodi, in
Francia, Germania, Svezia, Jugoslavia ( ora Croazia in parte), Austria e
Spagna, ma, appena potevo eccomi all’Isola a cercare con la fantasia i
fantasmi del mio passato. Sentivo sempre che lì erano le mie radici,
ed ora, vecchio (79) e stanco, ci torno ancora e mi beo di quei piccoli angoli
rimasti tali e quali che, basta guardarli, mi ridanno un pò di carica.
… chi si ricorda della bocciofila Sassetti ? sede del partito comunista ?? in via Volturno. E pensare che proprio di fronte ci abitava Silvio Berlusconi !!!
Al “Sassetti” andavo a prendere 1/2 litro di vino, pur essendo più distante da
via dal Verme 4, da aggiungere all’acqua sulla tavola, e non tutti i giorni.
In merito alla considerazione di Silvio devo felicemente constatare che mentre
il nostro isolano Silvio Berlusconi è ancora vivo e vegeto e positivamente attivo, quel partito è per fortuna ignomignosamente naufragato.
Che dire allora? W l’Isola e gli Isolani !
….mio fratello portava il pane(il panificio faceva angolo) alla sig,Rosa-averlo saputo allora…..in ogni caso come diceva la mia saggia mamma….lu laura ialter ciciaren…(scusate il mio milanese arioso)…franco
Franco ti riferisci al panificio che faceva ( o fa ) angolo tra la via Volturno e la via Sebenico ?
Io abitavo in via Arese 7 la casa della Filocantanti,ma mi sento isolana perché’ ho frequentato le elementari in via Dal Verme e le mie compagne di scuola erano quasi tutte di via Borsieri.La mia maestra delle elementari si chiamava Noè’.Chi se la ricorda?
Ciao a tutti. Rispondo a Lucia e anche a Silvio. Come ho scritto in un mio precedente post mio padre é stato per sette -otto anni custode nella scuola elementare maschile di Piazza Archinto e la nostra famiglia abitava proprio nella scuola. Per questo motivo mi ricordo bene di molti insegnanti di quell’epoca- dal ’52 in poi- sia della scuola maschile che di quella femminile in via Dal Verme. La Maestra Noè me la ricordo come una Signora alta e magra, molto distinta, seria ma cordiale e gentile. Era sempre vestita con abiti un po’ datati,tipo anni 30 ,ma molto eleganti. Mi ricordo bene? Anche il marito era un insegnante alla scuola maschile,ma me lo ricordo meno. Invece mi ricordo molto bene del Maestro Caimi che era veramente un gran personaggio, fuori dagli schemi e all’avanguardia per l’epoca. Era molto estroso, anche nel vestire e i suoi alunni erano i piú chiassosi della scuola. Chissá se le mie impressioni corrispondono a quelle dei loro alunni! Magari in classe erano tremendi e non hanno lasciato per niente un buon ricordo. All’epoca diversi insegnanti di Piazza Archinto venivano da fuori Milano, specialmente dalla provincia di Varese. Arrivavano col treno dei pendolari a Porta Garibaldi! Al mattino arrivavano sempre di corsa e trafelati. Finite le lezioni invece si fermavano a scuola in attesa di prendere il primo treno del ritorno. Erano un gruppetto ben affiatato e qualche volta mia mamma preparava il caffè per tutti. Tra di loro c’era anche la mia adorata insegnante, la Signorina Tosi che veniva da Busto Arsizio, mentre il Maestro Caimi, se ricordo bene, veniva da Gallarate. Per me quegli anni sono stati molto formativi, sicuramente proprio allora é nata la mia “vocazione” di fare l’insegnante…come poi è stato. Ciao,Gabriella
Grazie cara Gabriella per tutto quanto hai pubblicato. Sono tutte notizie più che preziose, per chi, come il sottoscritto, pone molta attenzione a tutto
quanto, anche ai minuti particolari, del passato che l’ha circondato.
Il -mio- mondo della scuola è uno dei più preziosi da ricordare e, per un ragazzo come me di ottantantanni, è fonte di piacere il ricevere ancora notizie. Dunque ecco la mia storia prima di chiederTi alcune notizie che mi stanno a cuore. Dopo di essere stato affidato ai miei tre anni alle suore di
via Confalonieri ( mia mamma allora era operaia alla Brown-Boveri), i miei
quattro e cinque anni li avevo passati all’asilo comunale di Via Pastrengo.
Finalmente nel 1940, ai miei sei anni, eccomi in prima elementare in
P.le Archinto. Fiero, come tutti i miei compagni, della divisa di “Figlio della Lupa”, che ci facevano indossare in determinate ricorrenze o manifestazioni.
La nostra maestra si chiamava Ribaldone. Ogni sabato il Direttore attraverso
l’altoparlante, istallato in ogni aula, leggeva i nomi di due scolari per ogni classe, il primo segnalato per il profitto ed il secondo per la buona condotta.
Ricordo con piacere che per tutto l’anno scolastico ’40/’41 venni sempre settimanalmente citato per il profitto. Per la buona condotta il nome era quello del mio compagno Angelico. Al termine dell’anno venni premiato.
Nella palestra, affollatissima di genitori dei premiati e di funzionari di ogni
grado, tutti in alta uniforme fascista con camicia nera, io in divisa di Figlio della Lupa, ricevetti l’attestato unitamente ad un bel libro, con gli applausi
dei presenti che accompagnavano tutte le consegne dei premi sul palco.
Esattamente lo stesso avvenne in seconda elementare, erano cambiate solo le nostre divise che da Figlio della Lupa erano passate a Balilla, anzichè le bandoliere bianche, il foulard azzurro fermato con il medaglione del DUCE.
Ho già pubblicato in Internet (Skyscraperscity quartiere Isola pag.16 e 17)
la foto ricordo della classe 2a C tutta in divisa.
L’Italia era in guerra dal giugno del ’40 e si viveva sotto l’incubo dei bombardamenti. In Via J. dal Verme al 4, dove viveva la mia famiglia, prima di
trasferirsi al 2, per noi bambini avevano montato dei lettini per dormire in
cantina durante gli allarmi notturni.
Quando era iniziata la mia terza elementare nel settembre del 1942 il pericolo dei bombardamenti aerei era tale che i miei pensarono bene di
portarmi in Istria, da dove loro provenivano, e frequentai li la scuola sino
al marzo ’43. Poi dopo le prime notizie della presenza in Istria dei partigiani
di tito, rossi assassini per natura, mia mamma pensò bene di venirmi a
riprendere riportandomi a Milano. Per salvarmi dai bombardamenti aerei venni spedito a Trecella, a 20 chilometri da Milano dove erano stati sfollati
i nostri mobili. Lì vivevo solo ed avevo frequentato lì gli ultimi mesi della mia
terza elementare. I bombardamenti su Milano nelle notti dell’agosto 1943 li avevo visti e vissuti proprio da quelle campagne, così come lì avevo vissuto
il luglio del ’43, caduta del DUCE, e poi l’8 Settembre, tutti a casa e morte della Patria. Mi riportarono a Milano e venni iscritto alla quarta elementare
per l’anno scolastico ’43-’44 alla scuola di P.le Archinto. Maestra Origlia,
che abitava in via Civerchio. Probabilmente emergevo nella sua classe,
quanto a profitto, tanto che chiamo mia madre e le propose di prepararmi
gratuitamente durante le vacanze in modo da presentarmi agli esami di stato
ed essere ammesso alla prima media al Parini di via Goito, saltando la quinta
elementare che per me, diceva la maestra Origlia, sarebbe stato tempo perso. Così venni promosso e l’anno seguente, mentre i miei compagni
passavano in quinta, io ero già in prima media. Nel ricordo sono ancora
immensamente grato alla maestra Origlia.
Ed ora, al termine di questo mio barboso racconto, ecco le domande che volevo porre : 1° – Che notizie hai sulla mia maestra Ribaldone ?
2° – Che notizie hai della mia maestra Origlia ?.
Ti ringrazio, cara Gabriella, per la Tua attenzione e, se sarai soppravvissuta
a questa chilometrica storia, Ti concedo uno sganasciante sbadiglio dopodichè attenderò pazientemente un Tuo nuovo cenno.
Caro Gianni, ho letto con grande interesse il racconto sui tuoi primi anni di scuola, sia perchè, in generale, mi piace ascoltare le persone, sia perché sono più che convinta che – per dirla con De Gregori- “La storia siamo noi “. Le nostre piccole storie vanno ben al di là del vissuto personale, sono lo specchio di un’epoca, di un momento storico ben definito. Per questo mi piace seguire il blog di cui sei uno dei più attivi animatori. Se ci pensi negli ultimi tempi, attraverso i vari interventi, le testimonianze su persone, luoghi, attività, cibi… sta emergendo il ritratto di un’epoca: il clima sociale e politico, il commercio, la scuola, il lavoro operaio e quello artigianale, la voglia di ricominciare a vivere e a sperare. Certo questa storia è già stata scritta, non si aggiunge niente di nuovo, ma questa volta i protagonisti, i testimoni siamo noi e i documenti i nostri racconti.
Per tornare al concreto devo dirti che le persone che tu nomini a proposito della scuola io non le ricordo o forse non le ho conosciute. Sono nata nel dopoguerra e ho iniziato le elementari nel ’52. La mia scuola per certi aspetti non era molto diversa da quella che descrivi tu: grande severità e rigore ma, se incontravi la persona giusta, anche generosità, comprensione,umanità. Qualcosa però stava cambiando, pian piano la scuola si stava facendo un po’ più a “misura di bambino”.Avrei davvero molte cose da raccontare su quanto le prime esperienze scolastiche, siano state per me ( penso per tutti noi )le prime difficili prove di vita sociale. La scuola, ma anche l’oratorio e i compagni di giochi nei cortili, ci hanno insegnato a stare al mondi
Di quei momenti ho solo due documenti, due fotografie scattate a scuola, le classiche foto di gruppo di fine anno che a mio parere sono molto belle perché sono anche un documento di vita. Le ho mandate al Corriere.it che sta pubblicando nella pagina di Milano, nella rubrica “La memoria di Milano” delle foto inviate dai lettori, fino ad ora senza esito Avrei voluto mandarle anche a questo blog, anche nella speranza di rintracciare qualche compagna, ma non so come fare a caricarle. Devo cercare l’aiuto di qualche giovane, più esperto con internet.
Saluti carissimi a tutti.
…si SILVIO…..era la zona IN dell’isola….piu’ avanti la Magna,mi ricordo che si fermavano le giostre x la nostra gioia…altro ricordo anni 50 la pasticceria Montalbetti,sopo l’oratorio si correva a vedere i risultati delle partite….franco
Si la maestra Noè’ era proprio come la descritta Gabriella imponente e molto seria si ricordo che anche il marito era maestro anche lui alto e serio si assomigliavano come portamento,abitavano in piazzale Lagosta al 2,mio fratello aveva il maestro Caimi.Forse Gabriella si ricorda anche la bidella che si chiamava Gina era una signora molto affettuosa con i bambini.Ciao a tutti Lucia
franco hai proprio ragione Dal Montalbetti , negozio d’angolo con sopra un orologio rotondo, oltre che a dei magnifici pasticcini, al pomeriggio della domenica verso le ore 18 , quando erano finite le partite di calcio, si andava sotto i tabelloni a vedere i risultati.
…caro Silvio l’orologio c’e’ ancora, qualcosa degli anni 50 e’ rimasto….pero’ quando occasionalmente ritorno mi sembra di essere “uno straniero in patria”….franco
La pasticceria Montalbetti io la ricordo perché’ al mattino andando a scuola mi fermavo per comperare la meranda la famosa “veneziana “con sopra le granell e di zucchero,costava 25 lire.Ricordo il buon odore di dolci entrando nel negozio.Non so dire quanto mi piace leggere questi articoli della “mia” isola.Come ho già’ avuto modo di dire quando posso vado all’isola e mi soffermo incantata per ricordare la mia infanzia!!!!! Ciao Lucia
Cara Lucia, e come si possono dimenticare le ” veneziane ” che a me mettevano nel cestino che mi accompagnava all’asilo, insieme alla mela ed
ad un formaggino. Quando poi aprivo il cestino, dopo aver mangiato, nella
scodella di alluminio, il primo che passava l’asilo, il profumo che si sprigionava era per me più che delizioso, erano il mio secondo, la frutta ed il dolce. Ma Ti scrivo della fine degli anni trenta e le “veneziane” dal prestinaio
di via J.dal Verme 4, el sciur Ugo Salimbeni, costavano ancora 10 centesimi.
Quanto alla pasticceria Montalbetti, e qui scrivo dei primi anni ’50, nella
memoria ho si il profumo di pasticceria che usciva dal forno del laboratorio
che dava sulla via Angelo della Pergola, ed i pasticcini che erano una delizia,
ma soprattutto ricordo le due giovani figlie Montalbetti, che servivano al banco con un grembiulino nero e colletto bianco, molto belle ai miei occhi
e tali da risvegliare prepotentemente l’istinto primordiale del giovane maschio
isolano. Ma che belle che erano !
Chissà chi saranno stati quei fortunati mortali che poi se le sono sposate.
Mi pare che del macellaio di fianco al Montalbetti non se ne sia ancora scritto. Se ricordo bene il suo nome era Stefano, e quello che vendeva era
allora carissimo, addirittura prezioso e non tutti gli isolani potevano permettersi di varcare quella porta. Costate e bistecche erano cose da “ricchi”. E noi li chiamiamo ancora i bei tempi!
Mi scuso e riscuso con le gentili lettrici e gli amici lettori di queste prolisse righe ma dare la stura ai ricordi mi fa sempre questo effetto.
Buona Domenica!
Caro Gianni,il macellaio vicino al Montalbetti si chiamava Fedeli mi ricordo bene perché mia mamma andava lì a fare la spesa,al banco c’era il padre e il figlio e la moglie era alla cassa.Vicino al macellaio c’era anche il negozio di scarpe.Sempre in via Borsieri c’era la farmacia Castoldi.Sempre in via Borsieri c’era il parrucchiere Franco Coppola con suo figlio Aldo che era un ragazzino ,ora diventato famosissimo.Ciao a tutti Lucia
il fratello più piccolo,antonio è stato mio amico negli anni 60/70,frequentavamo il bar segrino.
…complimenti x la memoria…elementari dal 53 al 58 maestra Penna anziana signora abitava in via Volturno al 47..poi Adilardi calabrese menava spesso e volentieri (x lui) a destra e a manca…i miei fratelli maggiori vennero mandati alle scuole di ple Maciachini (non so il xche’)…franco
ma in piazzale maciachini forse sono andati poi a fare l’avviamento professionale,penso.
Oltre alla “veneziana”, deliziosa, c’era anche la “cremonese”, ve la ricordate? Era una specie di panino dolce e soffice che però aveva sulla parte superiore dei “cornetti” di pasta più croccante. La compravo dal prestinaio prima di andare a scuola, ma quando arrivavo in classe i “cornetti” li avevo già mangiati tutti. Era profumatissima, invitante e irresistibile. Ho trovato, non senza fatica, la ricetta su internet ma ancora non mi sono azzardata a provarla. A proposito di merende, che ne dite della cotognata venduta confezionata in piccoli rettangolini? E poi vi ricordate di quei quadratini di un impasto dolce al sapor di cioccolato e nocciole avvolti nella carta stagnola? Li faceva la Ferrero ed erano gli antenati della Nutella.
Ciao a tutti
È vero !!adesso ricordo che c’era tra le merende anche la “cremonese” parlandone riaffiorano alla memoria cose lontane!!!!!anche la focaccia della prestinaia di via Borsieri era buonissima!!!!!E’ bello che ognuno racconti i propri ricordi,si mettono insieme tanti tasselli del passato.Ciao Lucia
…borsieri 11 panificio Picconella cartella di tela ci stava sempre la veneziana…sempre in quella zona c’era il negozio x donne (cosi’ diceva la mia mamma) si chiamava La Babilonia poi spostata verso ple Segrino,c’e’ ancora oggi….e l’edicola di ple Minniti? ve la ricordate?praticamente c’e’ sempre stata….franco
A proposito della “Babilonia” chi si ricorda del figlio della proprietaria negli anni ’45-’50 ? Era un ragazzo di un paio d’anni maggiore di me ma di una
bellezza straordinaria, capelli neri ondulati ecc. Mi pare si chiamasse Umberto o Roberto. Fatto stà che si era perdutamente innamorato di una
ragazza di nome Sabina, giovane e carina, che faceva “il mestiere” in
una baracca lungo il Seveso all’altezza del ponte di Viale Zara. Quel “mestiere” costava caro al povero Umberto o Roberto e ne era sorto un
dramma con la madre che cercava in tutti i modi di ostacolarne il dissanguamento. Non so come sia finita poichè nel ’50 avevo lasciato l’Isola
ed avevo perso il contatto con questi pettegolezzi. Poichè non vorrei venire
denunciato dal povero Umberto o Roberto per diffamazione, aggiungo in chiusura di avere solo riportato quanto avevo sentito raccontare al tempo ma
di non essere testimone di alcun fatto in merito.
Bene, visto che ci siamo addentrati in piccoli dettagli, piccoli per gli altri ma grandi per le nostre memorie, voglio aggiungere il nome di un’altra leccornia
che spesso trovavo nel mio cestino dell’asilo. Si tratta del “mignin” che era un
wafer quadrato, mi sembra della Wamar. Probabilmente nessuno lo ricorderà.
Meglio così, il ricordo sarà solo mio e da solo me lo godrò ancora, ” giò i
mann dal me mignin!
Io mi ricordo del “mignin”prelibato wafer!!!!,
….e i trani dell’isola? il battista e il detoma di ple Minniti.l’aldo e il bianchi di borsieri ed alttri ancora facevano parte integrante dell’Isola….franco
E allora, caro Franco, mettiamoci anche il Tabaccaio di via Carmagnola dove,
con contorno di “bianchini, kummel e doppioKummel (di gran moda), il gioco
delle carte, in particolare “la concia” vuotava le tasche a qualcuno e riempiva quelle a qualche altro.
E ancora l’osteria di fronte al numero 1 di via Dal Verme, dove spillavano un
rosso di 14 gradi. I numerosi imbianchini di cola Montano 6 ed 8, passavano lì alla sera a farsi riempire un bottiglione di quello, poi passavano in latteria al 2 per delle grosse “bistecche” di gorgonzola (doveva essere di quello con
molto verde e piccante) e, con questo corredo, andavano ad imbiancare, tutte le notti, quei negozi, in giro per Milano, che poi di giorno riaprivano con
pareti e soffitti bianchissimi. Rosso e gorgonzola era la loro “benzina”.
….si mi ricordo via Carmagnola ero molto piccolo….mi e’ rimasto in memoria il trani xche’ era l’ufficio di mio padre e quando lo andavo a chiamare mi pagava la spuma e ciondolando ritornava a casa….(in ogni caso ovunque tu sia ti voglio bene)….Franco
risposte un po’ per tutti:la maestra ribaldoni è stata anche la mia insegnante negli anni 51/52 e 52/53;il giornalaio sciur matteo ambrosini era mio vicino di casa in piazza minniti 6 poi trasferitosi al n.1 così come il battista ventura del trani dal cui balcone al primo piano facevano i comizi.Mi ricordo benissimo del maestro caimi simpaticissimo e grande marciatore deve avere fatto qualche 100 km.gara famosa ai tempi e mi sembra abitasse a lodi.Il mio maestro dopo la ribaldoni è stato maroni che abitava in garigliano al 4 e ricordo anche il maestro navarra che incuteva un po’ di timore con il suo fare un po’ austero e per finire un bidello del quale non ricordo il nome ma sò che d’estate faceva il bagnino alla piscina cozzi.Il negozio la babilonia in via borsieri quasi all’angolo del bar di nello pagani era in seguito diventato all’onestà.Un saluto a tutti.
…caro Enzo mi ricordo del maestro Maroni,via garigliano 4..nello stesso stabile era venuta ad abitare una famiglia numerosa da Crema con due figlie vestite sempre uguali alle quali facevamo la corte (come si diceva) hai memoria?
ricordo vagamente forse una delle due era la ragazza di un amico pattinatore che abitava in via arese di nome alfredino?
…si Enzo,piano pianoci scriviamo un libro sui ricordi anni 50/60 …..franco
Eccomi rientrato alla base! Questo Blog sta languendo, ed è un vero peccato
perchè, in fondo, rappresenta la nostra storia di umili Isolani che, tutti insieme,
in varie epoche, abbiamo fatto grande L’Isola ( per noi ed il nostro passato).Lancio un nuovo Tema : “I nostri giochi all’Isola”. Chi non ricorda
“la fopa”, “el carelott”, “la cavalina”, “la Topa”, “la Lipa”, “i Pedrieu”,
“I figurin”, ” I suldarin” al doris ed a l’oli, che valevano il doppio, “la dama e cavaliere”, ” il mondo”, ” I tulin”, la trotula”, “la palla avvelenata”, per non parlare delle corse in bici attorno agli isolati e le partite al pallone ( ma chi aveva un pallone di cuoio? nessuno ) con una spelata nera pallina da tennis o con
una palla di stracci. Ecco, tirate fuori i vostri ricordi, e descrivete i giochi che
ricordate. Buon lavoro.
Giani latè.
…caro Gianni mi risento giovane,ho stampato nella mente i lunghi pomeriggi sulle scale di Borsieri 14 a giocare con i fumetti a 7mezzo e a 31 con i tex willer,pecos bill,grandeblak,nembo kid,capitan Miki e chi piu’ ne ha piu’ ne metta……….
di tutti i giochi di gianni l’unico a cui non ho mai giocato e non ho mai visto nessun altro dei miei anni giocare perchè forse non si usava più è la lippa,per il gioco delle carte aggiungerei anche macao e quanti giornaletti ho vinto ma anche perso.
Ecco i giochi che ricordo io. C’erano giochi da maschi8 quelli che avete ricordato voi) e giochi da femmine..Solo alcuni si giocavano tutti insieme. Tra questi ricordo “prendersi” ,”rialzo”, Napoleone dichiara guerra a…, palla prigioniera e palla tra due fuochi, palla avvelenata, palla chiama colore “bandiera”, corse o evoluzioni con gli schettini, cerchietti, un due tre stella, mondo..
All’ oratorio o alla colonia estiva( al mare o molto più semplicemente alla scuola all’aperto di Niguarda dove si stava dal mattino al pomeriggio), andavano molto i giochi in cerchio che però erano un po’ “da femmina”, tipo ” bella lavanderia”, “pugno”, “fazzoletto”. Noi bambine poi giocavamo moltissimo con la corda che facevamo girare da sole saltellando con un piede, due piedi, a piedi alternati.. oppure la corda era fatta girare da due bambine e le altre a turno passavano sotto e poi facevano un salto, poi due, tre…e cercavano di uscire senza inciampare nella corda. Chi sbagliava andava a far girare la corda.
Altro gioco bellissimo di abilità era “palla muro”che era un susseguirsi di salti, giravolte, battute di mani sempre più complicati da fare nel breve tempo che passa tra far battere la palla contro il muro e riprenderla tra le mani. La successione dei gesti era data da una filastrocca che si cantava” Rinoceronte , che che passa sotto il ponte, che salta, che balla, che gioca alla palla, che sta sull’attenti, che fa i complimenti, che dice buongiorno girandosi intorno, gira e rigira, la testa mi gira e non ne può più e poi cade giù” Poi si ricominciava giocando con una mano sola, stando su un piede, girando le spalle al muro. Molto simile era ” Muoversi, senza muoversi, senza ridere,con un piede, con una mano, battimano, zigzago, bacino, violino,mulinello, tocco terra, la ritocco, orco”
C’erano poi giochi più tranquilli tipo “Difetti” con relative penitenze “Dire, fare, baciare,lettera,testamento”, “Nomi, cose, città”, Dama e cavaliere”, fondamentale per far capire ai “maschi” chi era il tuo preferito e viceversa capire chi era interessato a te. Poi c’erano le favolose bamboline di carta. Il cartolaio di Piazza Archinto vendeva dei fogli di cartoncino con stampate le sagome di una bambolina e di una serie di vestiti, scarpette, borsette, cappellini da sogno. Si ritagliava il tutto con grande cura e si passava il tempo a vestire la bambola combinando vestiti e accessori. I vestiti venivano semplicemente appoggiati sul corpo della bambola e avevano delle piccole linguette che li tenevano più o meno fissi al corpo della bambola che aveva una specie di piedistallo per farla stare in piedi.
Da ultimo vorrei ricordare le ore passate con le amiche ad imparare e a cantare le canzoni di Sanremo; le melodie si imparavano ascoltando la radio, mentre le parole si leggevano sul “Canzoniere”, un libricino che vendevano in edicola che conteneva anche le foto dei cantanti più in voga( naturalmente in bianco e nero).
Bei ricordi! Ciao
adesso che sono stati menzionati li ricordo quasi tutti anche se alcuni non li ho mai praticati,un saluto.
…non ditemi che non ricordate la fionda e i tubi x i bussolotti,e via alla guerra da una parte all’altra del cortile….franco
E il salto alla cavallina: sltare un compagno che aveva la schiena piegata con la faccia quasi a contatto con le ginocchia affrontando diversi gradi di difficoltà.Uno salta la luna, due salta io bue, tre la figlia del re e via di seguito. Le più difficili nel dover saltare chi con la schiena piegata “metteva fuori” prima un gomito poi anche l’altro erano il sette speronette e otto speronotto per poi arrivare se ben ricordo al numero venti con il duomo e infine alla madonnina cioè saltare il compagno che teneva la schiena solo leggermente incurvata al numeo venti mentre al ventuno stava ritto con solo la testa piegata solo un poco, difficilissimo. Ma una volta eravamo elastici, fatti di gomma e la terrazza al primo piano del numero otto della G.Pepe se potesse risorgere e per qualche magia acquistare il dono della parola ne avrebbe da raccontare. Poi la Magna campo di epiche battaglie a fiondate tra le piccole bande Pepe contro Borsieri.
Loro erano sempre in tanti e noi del vott spesso dovevamo scappare perchè finite le munizioni si usavano spade di legno fatte con le cassette della frutta o rami di ailanto d cui la magna era coperta. Andava meglio se incontravamo quelli della De Castillia pochi e disorganizzati a uno di loro fatto prigioniero con della vernice al minio trovata da qualche parte venne verniciato il sedere e il povero Armandino forse si chiamava così la vittima, una volta a casa le prese dai genitori che poi, nel tentativo di sverniciarlo peggiorarono la situazione.Bei tempi!
Paolo
certo i tubi per i bussolotti …..ma anche bussolotti con una punta di spillo !!!
Caro Franco, chiamali con il loro nome : “I pedrieaux ” ed i tubi ” l canet”
che si ricavavano i primi tagliando a strisce i quaderni di scuola più o meno
terminati (ecco perchè pochi hanno ancora di quei vecchi quaderni) le
“canet” invece si ricavavano dai tubi di ferro degli idraulici, ma erano preziose e pesantissime e lasciavano sulle labbra un gusto di ruggine che
ricordo con nostalgìa ancora oggi.
…e quando nevicava?non c’erano santi in paradiso le gambe erano viola..si giocava all’oratorio senza badare alla tosse o altre amenita del genere…..
Oratorio di via Sebenico ??
…si io e i miei fratelli siamo cresciuti a pane,oratorio e don Eugenio.,il Pret de ratana’ha salvato la vita a un mio fratello dopo aver detto parolacce a mia mamma le ha prescritto di usare grandi foglie con del burro e coprirne il corpo del bambino,in parole povere nel giro di un mese la malattia era sparita….
ciao anch’io sono cresciuto con l’oratorio e don Eugenio. Non ho capito se il pret de ratanà è don Eugenio. Grazie
Bravo a ricordare la neve! Nell’inverno del ’43 al centro della piazza Archinto
erano state ammassate parte delle mecerie delle case bomardate dell’Isola.
Ne era nata una bella montagnetta che al cadere della neve, che quell’inverno fu particolarmente abbondante, si trasformò per noi nel “Mottarone” . Chi poteva si costruiva uno slittino, chi usava una qualunque
tavola e via a scendere da quelle “scarlighett”. La neve, che festa!!
Tra i personaggi che hanno abitato all’isola ho letto di recente che “el pret de Ratana’” ritenuto da molti un guaritore e da altri un ciarlatano,la sua famiglia si trasferì’ all’isola quando lui era bambino,sapete altre notizie su questo argomento? Ciao Lucia Beduzzi
Cara Lucia,
posso solo ricordare che molte amiche di mia mamma, sino al ’40 operaia alla
Brown-Boveri andavano dall’Isola a Baggio dal Pret de Ratanà.
Al Monumentale, da bambino, attorno alla sua tomba ( che credo ci sia ancora)
c’erano sempre montagne di fiori e lumini accesi ed anche qualche donna in
lacrime. Quando nell’ottobre del ’44 gli “alleati” colpirono VOLUTAMENTE
la scuola di Gorla, i corpi delle maestre e dei bambini vennero esposti nelle
casse e cassette aperte in un corridoio al piano terra del Monumentale.
Mia mamma volle portare anche me a fare visita a quelle vittime dei “liberatori”.
Le guardammo tutte in viso, uno per uno. Piangendo. Al termine della visita mia
madre mi disse, ancora singhiozzando : ” Ricorda sempre che questo lo hanno
fatto gli Americani ! ” – Non l’ho mai dimenticato.
Subito dopo eravamo andati a trovare l’angolo del Pret de Ratanà e lo ricordo
ancora oggi come più sopra l’ho descritto.
….carissimi sto cercando di inventare la “macchina del tempo”…se tornassimo indietro cosa faremmo o non faremmo? a voi la parola…
Gent. Lucia
Non ho notizie del pret de Ratana all’isola, ma ricordo un’episodio raccontatomi da mio padre: poco prima della guerra,sua madre chiuse il negozio di modista che aveva in via Borsieri, al n°3 o 5 e si recò a baggio dal prete assieme ad una sua amica perchè entrambe avevano un bimbo piccolo (uno era il fratello minore di mio padre) che spesso soffriva di dolori di pancia o forse di stomaco mentre del figlio dell’amica non ricordo. Il prete le accolse con i soliti modi, scortese e scorbutico e apostrofando mia nonna, piccola e rotondetta Pigotta che forse era un complimento sappiamo che pigotta significa bambola. Ascoltate le due donne, a mia nonna diede una poltigia assomigliante a una pappina da applicare sulla pancia del figlio che sarebbe guarito.E così fu, mentre per l’altra sentenziò. Quand te tornet a cà te podet troval mort.E così fu
Io ricordo che mia mamma che abitava in via Dal Verme mi raccontava che dicevano che questo prete era alquanto stravagante.Quando le persone andavano da lui le trattava in malo modo,ma andavano perche’dicevano che guariva con degli intrugli.mia mamma diceva che andavano anche persone importanti a Milano tanto che era venerato anche da morto sepolto al Monumentale.
…Silvio mi sono espresso male,Don Eugenio “e’ il prete dell’isola”con la sua storia-ha salvato tanti bimbi ebrei noscondendoli durante la 2 guerra mondiale-..il Pret de Ratana’ era a Baggio e ha salvato con i suoi metodi particolari tante persone ammalate….
Ti ringrazio del chiarimento. ciao
…mi ricordo (ca 50 anni fa)si andava al cinema “alla Fontana” e si vedevano tutti i famosi “musicarelli”(g.morandi,l.tony,r.pavone etc etc…ma sopratutto c’era l’oratorio femminile…aspetto che in oratorio Sacro Volto era bandito nei primi anni 60….
Si noi che abitavamo in via Arese si andava al cinema Fontana,all’estate invece si andava al Sacro Volto perché’ facevano i films nel cortile all’aperto!!!!!
…si mi ricordo,se non sbaglio all’aperto era il giovedi’ e la domenica,bei tempi…
ragazzi avete raccontato tutto voi,posso solo aggiungere che don eugenio ha tenuto nascosto anche partigiani ,fascisti e soldati tedeschi nei sotterranei del cinema dell’oratorio,un saluto a tutti.
Anche allora …. Le Truffe ! Negli ani trenta, all’Isola c’era una signora che
prometteva interessi altissimi a chi le avesse affidato i propri risparmi da gestire. Non so quanti ci cascarono ma certamente uno dei casi più clamorosi,
che mia mamma poi mi porterà a monito perenne, fu quello che colpì la
proprietaria della salumeria e panetteria di via J. dal Verme 4.
Il negozio prosperava, ubicato al centro di un isolato popolatissimo, unico
del suo genere, i concorrenti lontani.
Non ricordo il nome della proprietaria, signora anziana, la cui nipotina CARLA
BRUNI, era amica di mia sorella Celsia, e da amichette inseparabili, più o meno
dieci anni, erano anche andate al mare a Rimini da certi miei zii Fabbri.
Scrivo questi che sembrano inutili dettagli per far capire che c’era una certa
naturale confidenza tra mia mamma e la nonna dalla Carla.
Un bel giorno quella nonna confidò a mia mamma che avrebbe venduto il
negozio e tutto il ricavato, affidato a quella signora cui ho accennato, con
l’interesse che sarebbe stato applicato avrebbe potuto vivere da gran
signora per tutta la vita. Intanto si era comprata per lei e la famiglia un appartamento nel nuovo fabbricato sorto proprio di fronte alla chiesa del
Sacro Volto, al 1° piano. Non occorre, credo, che scriva che la famosa signora,
dopo avere pagato, per breve tempo, quei lauti interessi, sparì nel nulla
con tutti i risparmi e capitali incettati. La morale : farabutti c’erano e ce ne sono ancora, ATTENZIONE! I fessi creduloni c’erano e ce ne sono ancora, non
entrate nel gruppo !
Perchè non pensiate che ho solo scritto delle fantasie aggiungo alcuni particolari: il negozio di Salumeria- Panetteria di via J. Dal Verme 4, venne
acquistato dal Sig. Ugo Salimbeni che negli anni seguenti restò vedovo della
Signora Agnese. Il loro figlio è ora Architetto, non abita all’Isola ma ogni tanto
la domenica ci bazzica.
La vecchia nonna buggerata il cui genero era un certo BRUNI, impiegato alla
Brown-Boveri, volontario emerito nella guerra di Spagna, impiantò nel
dopo guerra una fabbrica di bottoni. Finirà fallita.
Storie dell’Isola……
E già che ci sono, prima di salire in macchina e puntare verso il mio mare che
mi stà aspettando, eccovene un’altra, con nomi e cognomi. Il solito palcoscenico: l’Isola.
L’ Enzo Barbieri, se ne sono raccontate tante su di lui, e ne è stato scritto anche un bel libro. D’altra parte era un personaggio che se non proprio lustro
almeno notorietà all’Isola l’ha data. Primo attore quindi, e non ignota
comparsa come i più degli isolani incamiciatisi in nero od in rosso secondo la
convenienza di quegli anni.
Dunque l’Ezio che io conoscevo bene perchè portavo il latte alla sua trattoria
di via Pastrengo- Pollaiuolo, era comparso nell’estate del ’45 all’Isola, a parte
la sua Lancia Aprilia nera, anche con un elegante biroccino attaccato ad
un bel cavallino. Si era fermato una volta proprio davanti al 4 di via J. dal Verme. Mi aveva detto di curargli cavallo e calessino ed io, fiero dell’incarico,
me ne restai lì con le redini in mano seduto sul cordolo del marciapiedi.
L’Enzo era salito al primo piano della scala di destra che portava alle ringhiere
del cortile interno. Lì abitava una bidella dell’asilo di via Pastrengo, con figlia,
Wanda, e figlio, Franco, mio coetaneo, amico e “confidente”.
L’Enzo era salito a “scoparsi” la Wanda, con il Franco messo a guardia della
stanza da letto. Il cavallino in strada era in buone mani e l’Enzo, terminato il “galoppo” al primo piano , se ne era ripartito poi al trotto verso ignoti lidi.
Grande ENZO !!
…vi ricordate quei grossi camion brutti e grigi della netezza urbana che entravano nei cortili a portar via i rifiuti dalle cantine e che disturbavano gli ospiti grossi e grassi? e i camioncini con i cubi di ghiaccio? che vitaccia!!!
e i camion che portavano i cestelli delle bottiglie di latte alle latterie ????? al mattino presto !!!!
Sui camion del latte ci ritornerò, sempre che lo riteniate un argomento interessante. Ma quante cose potrei raccontare attorno all’argomento !
I camion del latte. Su questo tema so tutto ma proprio tutto! Del resto perchè
all’Isola ero conosciuto come Gianni Latè? Perchè mia mamma, la Sciura
Albina era la ” latera” di via J. dal Verme al 2. Lì siamo stati dal 1940 sino al
1950 ed io ho vissuto intensamente quel lungo e travagliato periodo.
Arriverò forse ad annoiarvi ma quando do la stura a certi ricordi non riesco,
non solo a fermarmi, ma neppure a rallentare.
Dunque, il latte. Milano nel 1940 era una città bene organizzata per la distribuzione del latte. In via Castelbarco c’era la Centrale del Latte sola
ed unica monopolista del latte per la città. Li confluiva tutto il latte prodotto
negli allevamenti della provincia, li veniva pastorizzato, li veniva imbottigliato
nelle bottiglie di vetro sterilizzate, da un litro e da 1/2 litro, poi incapsulate in alluminio, poste in cestelli metallici, 16 da un litro, 25 da 1/2 litro. Due qualità di latte, il normale ed il latte O. Quest’ultimo, in bottiglia più panciuta era più
ricco di panna e costava però di più, per questo il suo consumo era meno di un ventesimo rispetto al latte normale. Con l’introduzione della tessera annonaria questo latte O, bene di lusso, venne abolito.
In Milano non poteva venire commercializzato nessun latte che non fosse
quello uscito dalla Centrale del Latte. La distribuzione nella città veniva effettuata dalle Latterie e solamente dalle Latterie. Queste erano poste
a distanze accuratamente prestabilite, in funzione anche della densità
di popolazione attigua. All’ Isola ce n’erano circa una decina con una media
di 200/300 litri giornalieri di latte distribuito. All’esterno le latterie, oltre alla
scritta, in alto, “latteria” dovevano essere verniciate in colore celeste, così come il droghiere doveva essere marrone, l’ortolano verde, il macellaio rosso, e così via, e questo per favorire gli analfabeti che allora erano
ancora tanti e dovevano ben capire in che negozio entravano.
La consegna del latte nelle bottiglie poste nei cestelli avveniva, a mezzo di
camion della Centrale del Latte, ciascuno con autista e due fattorini (questo era il loro esatto appellativo), alla mattina prestissimo, a partire dalle 5,
che in inverno voleva dire notte. I fattorini erano abitualmente degli omaccioni che, costretti a quel lavoraccio ed a quegli orari, erano dei
violenti bestemmiatori ad ogni minimo intralcio. Pensino le gentili lettrici e gli
amici lettori, che “per Legge” in ogni esercizio pubblico, tra questi la latteria,
doveva venire fissata al muro, di fianco all’ingresso, una targa metallica,
regolarmente bollata e numerata, che recava la scritta : ” La persona
educata non sputa in terra e non bestemmia “, e sul pavimento, sotto la
targa, doveva trovarsi la “sputacchiera”, apribile a pedale.
Dunque la consegna avveniva con quei camion di cui qualcuno ricorda il
rumore infernale. Era così, prima per l’orario in cui arrivavano, poi per
il casino che facevano a partire dalle grida dei fattorini se per caso la
saracinesca della latteria non fosse già stata tirata su ( già questo un
rumore stridulo che dava la sveglia al casamento), poi i fattorini dovevano
aprire le serrande avvolgibili metalliche sul lato del cassone, manovra
rumorosa, poi scaricare a terra sul marciapiedi i cestelli, sovrapporli e
strascinarli sino al gradino dell’ingresso e poi sino all’interno del negozio.
L’assieme dei rumori, con il sottofondo del motore diesel lasciato sempre in
moto ed accelerato perchè non si spegnesse, con l’intercalare di qualche bestemmia dei fattorini ( discendenti dei monatti di manzoniana memoria )
era veramente tale che procurava il risveglio di tutto il casamento e la
stramaledizione per “el camion del latt”. Ma il latte era importante per ogni
famiglia. Si usciva di casa, per il lavoro, per la scuola, per la spesa, solo
dopo la fatidica scodella di latte caldo, con il pane raffermo del giorno prima,
al latte caldo si aggiungeva del caffè, ma non caffè-caffè, che era caro e
che poi sarebbe stato introvabile con la guerra, bensì fatto con il surrogato:
“miscela leone ” o “Frank”.
Poi con l’avanzare della guerra, via via avvennero delle trasformazioni.
I camion vennero trasformati da Diesel a “Carbonella”. Sul lato della
cabina venne istallato un grande cilindro metallico che, con la carbonella,
produceva il gas per la trazione. Si diceva “van a gasogen”.
Nell’Agosto del 1943, i tre bombardamenti terroristici su Milano effettuati
da Inglesi ed Americani, che Dio li stramaledica tuttora per quello che fecero, colpirono anche la Centrale del Latte di via Castelbarco ed
in particolare venne messa fuori uso la sterilizzazione delle bottiglie
per cui il latte venne da quel momento distribuito in grossi Bidoni
di alluminio. Il concerto mattutino della consegna del latte alle latterie
non si ridusse quanto ad intensità, cambiarono solo alcune note,
dalle più acute e stridenti provocate dai cestelli, si passava a quelle
più basse, simili a grancasse, provocate dai bidoni: Ma oramai le
orecchie degli abitanti dei casamenti, ormai allenati nelle notti alle
sirene di allarme e di cessato allarme, nonchè al frastuono delle esplosioni, erano giuntì quasi ad attendere con piacere i rumori
del camion del latte e loro insieme. Dopotutto era un segnale che
qualcosa di buono stava arrivando per la loro tavola, contrariamente
agli spezzoni incendiari ed alle bombe dirompenti che certo graditi
non erano. Benvenuto quindi al rumoroso camion del latte.
Speravate che avessi finito? E invece no. Devo descrivervi cosa
significava la Tessera Annonaria per quanto riguardava il latte.
Allora, da quando furono adottate, da metà del 1940 sino al 1946,
ogni abitante ne aveva una a lui intestata. Aveva una durata di qualche mese dopodichè veniva rinnovata. La tessera si presentava con tanti
quadratini numerati (bollini) e questi raggruppati secondo il tipo di alimento di riferimento. Per il latte, ad esempio, la latteria doveva staccare
il bollino corrispondente da ogni tessera, poi incollare assieme su carta
di giornale 100 bollini, e quindi consegnare il tutto all’ufficio dell’Annonaria, che era nelle vecchie scuole di Piazza Fratelli Bandiera.
Io ero l’addetto a questa mansione. Dopo aver passato la serata ad
incollare i bollini, con colla fatta con acqua e poca farina, ed avendo
cura di incollare non i 100 bollini previsti per foglio, bensì tre o quattro
in meno, curando opportunamente gli spazi tra un bollino e l’altro.
correvo la mattina dopo a consegnarli. L’addetta allo sportello,
che avrebbe dovuto fare il controllo, mi si era ormai affezionata, tanto
che questa manovra, che faceva uscire qualche litro in più al giorno non
venne mai scoperta. Ecco qui mi fermo perchè ho esaurito lo spazio a disposizione. A richiesta proseguirò, se mi verrà richiesto, cosa che dubito, ed affronterò lo scabroso tema dell’acqua nel latte.
Ciao a tutti dal Giani Latè.
I cubi di ghiaccio si chiamavano all’Isola ” le stanghe del ghiaccio” e per portarle in giro c’ erano carri a cavalli. Si producevano in corso Como al 5, interno, ed io andavo, se c’era urgenza, a prendere una stanga di ghiaccio
caricandola sul portapacchi della bicicletta di papà. E percorrere l’acciottolato di via Giuseppe Ferrari sino alla Carlo Farini e poi risalire la
Guglielmo Pepe sino alla Cola Montano, con quel carico gocciolante, credetemi, era un’impresa. Ma il ghiaccio era la vita della latteria di mia mamma al n* 2 di Via Dal Verme. La grande ghiacciaia, alimentata a stanghe
di ghiaccio giornalmente, permetteva la conservazione dei formaggi, del latte
avanzato la sera, dei latticini in genere. E poi, a guerra finita, via alle granite
d’estate, un lusso per i più consumarle al tavolo della latteria. Però molti,
nelle sere calde, compravano un pezzo di ghiaccio, per un paio di lire, lo
frantumavano a casa con un martello, dopo averlo avvolto in uno strofinaccio
e lo condivano con limone o vino zuccherato. Il problema era avere le due lire da spendere. E per tanti era veramente un problema. Mia mamma, in
quelle sere estive bollenti riusciva a macinare, con una tritaghiaccio a mano,
sino a due stanghe di ghiaccio in una serata. Ma che muscoli ” la Sciura
Albina ” !!
…caro Gianni tutti gli argomenti che coinvolgono l’ISOLA sono superinteressanti (e’ una questione di pelle)..la granita in casa io la facevo sempre con il limone(usato,scarseggiava la lira)…e poi le scarpe da pallone riciclate del fratello maggiore con i famosi “biroli”che facevano un male cane xche’ la punta usciva nell’interno della scarpa e allora si picchiava con un arnese che usavajno i ciabattini….il piu bel regalo dei miei fu la maglia del Milan a Natale 56…fu Nordhal a farmi diventare tifosissimo del MILAN….
Sono uno studente di 24 anni che vive a Milano da poco più di un anno. Grazie dei ricordi che lasciate su questo blog sotto forma di commenti. Le vostre testimonianze sono preziose. Grazie ancora
Ho scoperto per caso questo blog , grazie davvero a tutti !
Vorrei porre un quesito al Sig.Gianni Tedeschi o a chiunque sappia risolvere questo mistero …….
All’angolo tra la via F.Arese e la via Lario ci sono da sempre 2 colonne …..ricordo che quand’ero ragazzina erano state pulite ed era stato posto un cartello giallo (come segnalazione di monumento) .
Ricordo inoltre che tantissimi anni fa dove ci sono le colonne c’era una trattoria/tabaccaio con un pergolato bellissimo – ma dato che andavo ancora all’asilo si parla della metà degli anni 60.
Abito da sempre in questa via …..
Grazie ancora.
Non dare retta a quelle ipotesi che collegano le colonne al cimitero.
Su quei terreni ( intendo quelli sulla via Lario tra p.le Segrino e via Arese )
Il cimitero non aveva avuto nessuna influenza.
Sino a prima che quell’area fosse edificata lì erano tutti orti curati da privati,
dell’Isola e dei dintorni. Ne ricordo uno ampio e ben curato, anche con un piccolo capanno, che era della famiglia Masella di via Pollaiuolo. Era una
famiglia toscana e la signora Masella era amica di mia zia Carolina Gori che
abitava al 27 di via Ugo Bassi. D’estate questo orto diventava il luogo
fresco di ritrovo di un gruppo di amiche, tra le quali mia zia che più di
una volta mi aveva portato là con se. Io potevo avere allora tre o quattro anni. Resta il mistero, non ancora, e forse mai lo sarà, svelato, delle due
colonne.
Le conosco bene. Quando ero bambino (fine anni ’60) dicevano che era un vecchio ingresso al cimitero della Mojazza. Mah?
kalz in effetti le colonne potrebbero essere un vecchio ingresso del cimitero della Mojazza , perchè se non erro il cimitero si trovava in piazzale Lagosta dove ora c’è una casa (se non sbaglio comunale)bianca e rossa…Attualmente della Mojazza è rimasta soltanto una Pietà conservata nella Chiesa di S:M:alla Fontana. Le colonne ora sono ridotte in brutto stato …..e sporche !
Sì, potrebbe essere stato un ingresso sul retro del cimitero, visto che quello principale era appunto dove oggi c’è la casa popolare rossa in piazzale Lagosta. Non so perché le abbiano lasciate quando hanno costrutio i nuovi palazzi in via Arese, visto che non mi sembra questo gran reperto.
…non sarà un gran reperto, ma certamente è un documento storico, visto che si sta spelacchiando, graffiando e trasformando quel che resta dell’ Isola…magari con una piccola targa, perché no?
Mi piacerebbe vedere foto, se qualcuno ne avesse, delle lavanderie pubbliche che si trovavano in via Porro Lambertenghi dove attualmente si trova la Chiesa Protestante…un importante periodo del passaggio dalle immani fatiche fisiche di cui si caricavano soltanto le donne, alle successive primitive macchine lavatrici…
Anch’io conosco bene quelle colonne.da quando sono nata ,in via Arese 7 le ho viste e ricordo bene il bellissimo pergolato di glicine con la sua bellissima fioritura e profumo.Ricordo anche che il tabaccaio si chiamava Franco e aveva due figlie quasi mie coetanee.Si trasferì’ dopo qualche anno di fronte ,in via Lario ,peccato non avere foto di quell’epoca!!!Ora e’ più’ facile avere foto con l’avvento del digitale.Ora non abito più’ in via Arese ,ma mi piace ritornarci per vedere i,posti della mia infanzia in settembre sicuramente farò’ un giro da quelle parti.
@Isa , ecco le foto che ti interessano
http://www.skyscrapercity.com/showthread.php?p=36590860&highlight=lambertenghi#post36590860
grazie, grazie, proprio dove c’è la Chiesa metodista, ci fu il grande lavatoio pubblico e ricordo che si guardava dall’alto… una schiera di vasche e donne chinate a spazzolare, lavare e strizzare poi insaccare il bucato e andarsene. Forse pagavano anche.
Sui camion del latte ho scritto,con la data di oggi, più sopra.
Ciao Gianni…
in un certo senso siamo colleghi.
I miei genitori infatti hanno avuto (dal 1960 al 1992) una latteria in Via Padova 135.
Io sono troppo giovane per ricordare le bottiglie di vetro, però me ne ha parlato mio padre.
Io invece sono cresciuto con il tetrapack prima (quello a forma di piramide triangolare), che veniva distribuito in cestelli di plastica esagonali e con il tetrabrick, poi (quello a mattonella), distribuito in fardelli di plastica da 12 pezzi.
Ai miei tempi il latte fresco era intero (confezione bianca e blu) o parzialmente scremato (confezione bianca e rossa).
Poi c’era quello a lunga conservazione (UHT) in confezione verde (scremato), rossa (parzialmente scremato) e blu (intero).
La Centrale del latte negli anni aggiunse diversi prodotti (panna fresca, budini, creme, yogourth), il late ACCADI (una novità per l’epoca) e negli ultimi tempi il latte alta qualità (nella confezione cilindrica).
Forse perchè erano passati gli anni, i dipendenti della centrale del latte (nel frattempo ridotti a 1 autista+1 fattorino), me li ricotrdo meno propensi a intemperanze verbali.
Curiosità informatica: gli ordini venivano fatti marcando a matita le quantità richieste dei vari prodotti su schede del tutto simili alle schede perforate dei primi calcolatori elettronici, che si consegnavano ai fattorini, che quindi raccoglievano gli ordini per il giorno successivo.
Nelle giornate di scipoero, la Centrale del Latte non consegnava a domicilio, ma era possibile ritirare i prodotti presso la sede.
Io ci sono stato più volte e ricordo, oltre al baccano infernale dei macchinari e dei nastri trasportatori a catena, il forte odore di latte cotto che proveniva dall’impianto di pastorizzazione.
Peccato che sia stato tutto demolito.
Nella sezione storia della granarolo (che ha rilevato la centrale del latte di Milano), ci sono alcune immagini dello stabilimento milanese.
http://www.granarolo.it/Marchi/Centrale-del-latte-di-Milano/La-Storia
E ora un piccolo omaggio per gianni latè…
Caro Gabriele,
grazie infinite per la tua attenzione, e grazie per la bella foto con i camion del latte Alfa Romeo. Questi sono entrati in funzione molti anni dopo quelli del mio racconto, unica cosa in comune sono le saracinesche sui lati del cassone ed i cestelli delle bottiglie.Tu, con il tuo nome non hai avuto bisogno
del soprannome “latè”, ma all’Isola di Gianni ce n’era un esercito e quindi per
distinguerci era necessario farsene appioppare uno. Così per altri nomi, come Renzo, molto comune allora, pensa che il Renzo Fumagalli, via Cola Montano 8, aveva ricevuto quello di “pulina”.
Tu poi, dell’epoca Tetrapac, sei stato immune e neanche tentato di aggiungere acqua nel latte, ti sarebbe stato impossibile. Io invece,
dell’epoca delle bottiglie con il tollino di alluminio e, dopo l’Agosto 1943,
dei grandi bidoni, questa prassi l’ho vissuta. Cosa ci voleva ad allentare
il tollino, prelevare un po’ di latte ( tra l’altro la parte più ricca di panna)
e riportare con l’acqua il livello e rimettere a posto la capsula stringendola
nella sede con una cordicella ? Allora il latte era razionato e tesserato.
Con questo trattamento ne derivavano alcuni litri in più di latte, pensa
quanta gente felice si poteva fare con quei litri in più alla “borsa nera”.
E per noi, la sera, dopo la chiusura, sai che divertimento, dopo aver
incollato i bollini delle tessere a 100 per foglio ( in pratica 96 o 97),
sbattere in una bottiglia il latte raccolto per ricavarne del buon burro,
altro bene più che prezioso all’epoca del tesseramento.
Disonestà? Forse. Sopravvivenza? Certo!
Che Casta i lattai dell’epoca.
Non ne ho bisogno, ma se dovessi mettermi in pace la coscienza mi
basterebbe pensare alla Casta dei nostri politici e mi sentirei una
mammoletta. Se esiste il Paradiso credo sia affollato di lattai, mentre
è l’inferno il meritato luogo dei nostri politici.
Bellissimo il racconto di Giani il latè. Quante fatiche che pesavano, ma non pesavano a quei tempi… un bel pezzetto di storia dei mestieri a Milano come quella del lattaio a Milano!
penso di fare cosa gradita postando uno stralcio di una mappa del 1903 con la precisa delimitazione del cimitero.
…la prima cotta x una ragazza (era una gemella) che frequentava l’oratorio in SM la Fontana…mi ricordo che la seguivo da mesi e mi lanciai alle giostre di ple Spotorno-allora c’era spazio-poi ci si vedeva di nascosto alla domenica pomeriggio da mamma e papa’-mano x mano via Boltraffio,ple Segrino,via Borsieri(la mitica dell’Isola) e via Garigliano di corsa a casa…che tempi(primi anni 60)
Caro Gianni, ho sentito sul palato il gusto del pane raffermo inzuppato nel caffèlatte. gustoso ed evocativo, come i tuoi racconti .
classica colazione prima di andare al lavoro (iniziato a 14 anni!!!)a mezzogiorno piatto di spaghetti(Barilla) col sugo cirio
con sotto la bistecca e la sera al ritorno dalla scuola serale riso bianco e una michetta col taleggio…
ricordo bene le colonne e il bar col giardinetto ma non saprei dire niente sullo loro storia,invece per quanto riguarda il lavatoio posso dire che il custode era il papà di un mio amico renzo scarazzini,ed una delle tante lavandaie era la sciura laura che abitava in sebenico davanti alla chiesa e noi davamo le lenzuola da lavare.
Grazie a Gabriele per la mappa dell’isola ,grazie al sig.GIanni e a tutti quelli che hanno risposto e commentato il mio strano quesito……..
Parlando di latterie io ricordo forse l’ultima latteria dell’isola ,si trovava vicino ad una cartoleria,quasi all’angolo con via Jacopo Dal Verme.
Ricordo che era gestita da una signora molto gentile, al termine del doposcuola andavo con mia sorella a prendere un cono di panna montata con sopra la cannella. Che delizia !
all’angolo con dal verme e vicino ad una cartoleria le latterie erano due una in minniti all’1 e l’altra in piazza archinto
…la latteria di ple Minniti era il ritrovo mio e di alcuni amici quando non andavamo piu’ all’oratorio,ci piaceva fare i grandi,avevamo 15/16 anni e comincevamo a “fa bala’ l’occ”…
Prima di rincoglionirmi del tutto, traguardo che quasi tutti i miei coetanei hanno
già felicemente raggiunto, voglio ricordare un altro tema che interessa l’Isola.
Mi riferisco alle Feste della Fontana, che interessavano la terza domenica di Ottobre. Al termine della guerra, nel 1945, ripresero a comparire, in tale circostanza, le giostre. Venivano installate in P.le Segrino e nel corso degli
anni erano diventate più belle ed interessanti. Alle “barchette” ed alle “gabbie”
si era aggiunta anche “l’autoscontro”, sempre con ricco contorno dei “tiri a segno”, dei “tiri alla foto”, dei “tiro di palle ai barattoli”. Zucchero filato, torrone e Crafen a volontà, con il loro profumo che si propagava sino a P.le Minniti e
che era addirittura afrodisiaco (almeno per me ).
Noi ragazzi ci scatenavamo. In funzione ai soldi in tasca ( ed io grattandoli dal cassetto del banco della latteria ero sempre ben fornito) andavamo su tutte
le giostre, naturalmente la preferita era “l’autoscontro”, ma era anche la più cara. Sulle gabbie ero imbattibile per cui giravo per lo più “a gratis”.
Le giostre richiamavano, specie la domenica, tutte le ragazze ed i ragazzi non
solo dell’isola ma di tutto il circondario. Era per questo un ottimo terreno di caccia per noi ragazzi. Penso in particolare al 1948-49, quando arrivato
ai miei 14-15 anni, l’idea delle ragazze, e delle femmine in generale, occupava
già la parte predominante del cervello. E li alla Festa della Fontana, le occasioni di fare delle buone conoscenze non mancavano. Un vivaio di
particolare ricchezza era il grande casamento di via Paolo Bassi, credo con
il numero 22. Li, probabilmente in occasione della sua costruzione, a metà
degli anni ’30, le coppie, che avevano avuto la fortuna di avere un appartamento in quella moderna costruzione, erano, per la felicità, state
particolarmente prolifiche, per cui, all’epoca cui ora mi riferisco, arrivava
una leva di belle ragazze più o meno nostre coetanee.
Guardandoci da un lato all’altro della pista dell’autoscontro, io ed una certa
Renzina, ci piacemmo. Lei abitava all’indirizzo che ho citato. La invitai
al cinema, con il tram 4 raggiungemmo il cinema Istria, e ben installati in
una delle ultime file lasciammo che nascesse un dolce e tenero rapporto che
proseguì ben dopo la Festa della Fontana. Cara Renzina, chissà dove la
vita ti ha portato.
Solo per inciso ricordo che in quegli anni le giostre vennero installate anche
sul Viale Zara nei mesi estivi. Era un tripudio di luci che, dopo gli anni dell’oscuramento totale notturno del tempo di guerra, ti faceva pensare di
essere arrivati al fulgore del paradiso.
Mi sta finendo lo spazio a disposizione e quindi passo ad inviare il commento al punto in cui si trova ma vado ad iniziarne immediatamente, così, a caldo, un
altro qui di seguito.
A dopo, care amiche ed amici dell’Isola.
ricordo le giostre in quegli anni nel prato tra via lario,piazza segrino e lagosta prima che costruissero,in seguito poi trasferite in fondo a via sebenico alla magna.
Ed eccomi nuovamente proiettato alla Festa della Fontana. Intanto andrò
a pubblicare sulla mia pagina di Facebook quelle poche foto di quel periodo
in modo che i più curiosi possano calarsi meglio in quegli anni.
Alcune foto dell’Isola che ho pubblicato si possono trovare anche a pagina 16 e 17 del sito “Skiscraperciti- quartiere Isola”.
Eravamo usciti, vivi, dalla guerra, sopravvissuti ai bombardamenti e mitragliamenti da parte di quegli stramaledetti Inglesi ed Americani. Questo
spiega la gioia di vivere e l’entusiasmo per tutto quanto la vita offriva di
piacevole. La Festa della Fontana, con le sue giostre e tutto il corollario,
faceva parte delle cose piacevoli, attese ogni anno alla fine di Ottobre.
Nel 1949, ai miei 15 anni, frequentavo al Cattaneo di P.za Vetra, la prima
Geometri. Ero passato dai pantaloni “alla zuava” ai pantaloni da uomo
lunghi e mi ero anche alzato parecchio di statura. Suppongo di essere stato
di aspetto gradevole e abbastanza spigliato con le ragazze, visto la facilità di
impostare dei flirt ( all’acqua di rose, intendiamoci).
Quell’anno, 1949, per la Festa della Fontana vennero installate delle giostre
molto più moderne rispetto agli anni passati, e tutte appartenevano ad una
sola famiglia dall’aspetto zingaresco. Avevo notato tre fratelli, tre omaccioni,
che conducevano e controllavano le giostre. Con me, assiduo cliente pagante, erano però stati sempre gentili, per quanto il loro aspetto glielo permettesse. Tutta la loro famiglia, sia i più anziani che i più giovani erano
impegnati con le giostre, a controllare, a riparare e ad incassare.
Vivevano in diversi Carrozzoni lussuosi per allora e poi seppi che si chiamavano Hensemberger di cognome.
Dopo due settimane le giostre vennero smontate, con nostro sommo dispiacere ed eravamo giunti ai primi di Novembre quando una sera
mentre ero nel retro della latteria di Via Dal Verme 2, a fare i miei compiti di
scuola, viene il mio amico Emilio, a dirmi che in P.le Archinto era venuta
una ragazza delle giostre che lo aveva mandato a chiamarmi perchè voleva salutarmi prima di partire con le loro carovane. Io l’avevo notata come
bella ragazzina che, a volte, incassava i soldi per le “Gabbie”, ma non più di tanto. Evidentemente l’avevo interessata al punto di venirmi a cercare
per salutarmi prima di togliere con tutta la famiglia le tende.
Così in quel piazzale, ormai nebbioso, ci conoscemmo meglio. Mi disse di
chiamarsi Juna, di fare parte della famiglia Hensemberger, proprietaria delle
giostre e che tutta la troup si sarebbe trasferita in via Veglia due settimane.
Le sarebbe piaciuto rivedermi. Mi diede una sua foto, di quelle scattate
nei tirasegni dove figurava assieme ad una sua sorellina più piccola.
Venne poi ad aspettarmi alla fermata del tram 8, davanti al cinema Vox, in
via Farini, dove io scendevo di ritorno dal Cattaneo che frequentavo al
pomeriggio, per tutte le sere in cui la carovana stazionò in via Veglia.
Poi a piedi, tenendoci per mano, io la accompagnavo sino alla sua carovana
facendo bene attenzione a non incappare in uno di quegli omacci suoi fratelli. Baci deliziosi, lungo quelle strade buie, che sto rivivendo ora mentre scrivo. Tanti discorsi teneri, con le nostre storie ed anche con i nostri ingenui
programmi per il futuro. Persi di vista Juna quando la carovana lasciò la
via Veglia e non ebbi più sue notizie.
L’anno seguente, mentre ero al piano superiore a fare i miei soliti compiti di
scuola, mi sento chiamare da mia mamma dalla latteria, scendo e sorpresa,
vedo davanti al banco Juna con un’altra ragazza. Mia mamma mi chiede
“Conosci questa ragazza ? “. Ed io, “ciao Juna”. ” Tu hai una sua fotografia?” “Si” ( l’avevo gelosamente conservata nel mio portafoglio)
E Juna: ” Gianni, in quella foto c’è anche una mia sorellina che è morta e
volevo recuperare la sua unica foto”. Risalii a prendere la foto e gliela
diedi. Ci salutammo e uscì dalla latteria con l’amica che l’aveva accompagnata. A quel punto mia mamma esplose: “con una zingara te la
sei fatta !! Non sai che quelle ti buttano il malocchio ? ” .
Povera cara Juna. Sono certo che non mi hai buttato alcun malocchio
ma che qualche volta mi avrai invece pensato come io ho pensato a te.
Ecco La fine della mia storia della Festa della Fontana, all’Isola.
Gianni, puoi specificare meglio dove venivano montate le giostre in piazzale Segrino e viale Zara così anche noi capiamo meglio come erano allora e come sono cambiate oggi.
Grazie in anticipo
nel periodo che racconta gianni il terreno che stava all’interno del perimetro lario,segrino,trau,lagosta, zara,arese non era costruito ed in parte era costituito da orti più verso via arese,mentre la parte all’inizio di via lario con segrino,trau e lagosta era incolto ed è lì che venivano le giostre negli anni del dopoguerra,chiedo conferma di quello che dico a gianni che ha qualche anno più di me e quel periodo lo ricordo senzaltro meglio poichè lo ha vissuto da adolescente mentre io ero ancora un bambino.
Già nel 1946, estate, le giostre vennero montate proprio lungo il viale Zara,
sull’aiuola di sinistra, a partire da P.le Lagosta sino a Via Arese.
I giostrai erano completamente diversi da quelli che arrivavano per la Festa della Fontana. E’ esatto che l’area indicata fosse occupata da orti, le
vecchie costruzioni erano solo sulla Via Arese, come quella ove aveva sede
la Filocantanti. All’epoca io avevo iniziato a correre in bicicletta ed ero ritenuto un campioncino promettente. Avevo iniziato con la maglia della
“Carmagnola” che poi era confluita nella nuova e meglio sovvenzionata
squadra proprio della Filocantanti. Curiosità : Li alla Filocantanti nel
1948 faceva le prove la compagnia di Wanda Osiris. Così in una corsa che partiva da Viale Zara, all’altezza di Via Stelvio, ed era stata organizzata dalla
stessa Filocantanti, il via venne dato dalla bellissima Wanda Osiris ( ho una
foto del momento).
Scusatemi per l’inciso. Torno al Viale Zara. Durante la guerra sulla aiuola
di sinistra e sino alla via Stelvio. erano stati scavati dei rifugi pubblici antiaerei. Poi nell’estate del 1945 erano stati prontamente interrati ( forse
per recuperare l’abbondante legname impiegato), e così il
Viale Zara, il cui tratto sino a via Stelvio era stato, prima di ogni altro
illuminato,(mentre le vie dell’Isola erano ancora completamente al buio),
le sere estive era il luogo di evasione degli Isolani. Li ci si sedeva sulle aiuole, come su quella centrale di via Stelvio, ed era come essere al fresco in un luogo di villeggiatura. Di macchine non ne passava una!
Caro kjalz,
per la Festa della Fontana, la terza Domenica di Ottobre, le giostre venivano montate tutte sul piazzale Segrino, anche sul tratto verso Piazzale Lagosta ed anche sul terreno, allora libero, d’angolo Borsieri- Segrino.
Invece negli estati venivano montate proprio sul viale Zara, sull’aiuola verde
di sinistra, da Piazzale Lagosta a Via Stevio.
Che bello leggere della Festa della Fontana!!!! Per me che abitavo in via Arese era la nostra festa,certe cose lontane nella memoria riaffiorano con i racconti di Gianni.Le giostre in piazzale Segrino le bancarelle in piazza Santa Maria Alla Fontana,quanti bei ricordi!!!!Io nel lontano 1967 mi sono sposata alla Fontana e poi sono andata ad abitare a Niguarda,ma la Fontana e’ sempre nei miei ricordi più’ belli.Alla domenica sera andavamo a vedere i films al cinema Fontana.Dopo tanti anni per me la Fontana e’ sempre un meraviglioso ricordo della gioventù’.Anche ora a distanza di tanti anni spesso torno a visitare quei posti.Ora sono,in vacanza,ma appena torno a Milano sicuramente farò’ una visita all’Isola e alla Fontana.Caro Gianni continua a scrivere i tuoi ricordi dell’Isola!!!!
…Lucia,ho lasciato il cuore al cinema della Fontana,lo frequentavo la domenica pomeriggio con un amico carissimo e con il quale facevamo una corte serrata a due ragazze dell’oratorio femminile Giuliana e Raffaella sorelle che abitavano in Garigliano….anni meravigliosi i 60….
….avevo 7/8 anni in casa la mia povera mamma quando parlava di Vle Zara si faceva il segno della croce…ho capito piu’ tardi….
A proposito di Wanda Osiris noi bambini di via Arese casa Filocantanti quando arrivava in cortile la macchina e scendeva Wanda Osiris e anche Walter Chiari che facevano la prove nella sala da ballo della Filocantanti eravamo molto incuriositi e a turno da un vetrino rotto delle porte del salone curiosavamo per vedere cosa facevano.Le sere d’estate si andava tutti sul viale Zara e passava il gelataio e i più’ fortunati si comperavano i primi ghiaccioli in commercio,che bei ricordi!!!!!!
Abito dal 1966 proprio nel primo tratto di viale Zara , tra P.le Lagosta e via Arese. Il mio palazzo è stato costruito nel 1960 e sapevo che prima erano tutti campi, ma non avevo mai sentito delle prove di Walter Chiari e della Osiris nella sala della Filocantanti. Grazie
Ho pubblicato nella mia pagina di Facebook una serie di vecchie mie foto che
coprono gli anni dal 1942 al 1958. Tra queste una scattata in P.le Segrino angolo Trau,con alle spalle ancora gli orti. Potrà interessare Enzo.
non riesco a trovarti su facebook sotto gianni tedeschi,ma ho letto su skyscaprers alcuni tuoi commenti e volevo dirti che la storia del brenna la conosco poichè era lo zio di un mio compagno di scuola e poi è avvenuta davanti al mio balcone in piazza minniti e l’ho sentita raccontare anche dai miei.Passando ad una storia più allegra ho visto una foto della squadra cicli carmagnola diventata lowenthal,io ho corso per lowenthal con i pattini a rotelle,sarà lo stesso?Lui era un conte decaduto ed abitava in una villetta in un cortile di viale monza 75.Anzi se non sbaglio erano due fratelli forse gemelli.
Caro Enzo,
il mio nome in Facebook è Giovanni Tedeschi. Forse il tuo compagno di scuola era il Mario Zucchi, nipote del Brenna, che ho incontrato alcuni anni
fa ma ci siamo poi persi di vista. Mi raccontò che quando fucilarono il Brenna lungo il muro dell’oratorio, trascinarono il corpo e lo appesero per i
piedi ad un palo di ferro al centro della piazza, lui con i suoi, la mamma era
la sorella del Brenna, era chiuso nella polleria davanti al palo.
Io assistei a quella fucilazione come a quelle successive, eseguite sulla stessa piazza, del Volpini e del Mandelli. A distanza di quasi 70 anni dai fatti
ti posso assicurare che “gli assassini rossi” erano degli avvinazzati dell’Isola
che ricordo, con lo stesso disprezzo di allora, uno per uno.
Per quanto riguarda il Duca di Lowental è come tu ricordi. Noi della squadra
ciclistica Carmagnola eravamo passati alla Filocantanti e da qui alla
Lowental. Poi la Lowental ciclistica chiuse e passammo tutti alla Domus,
squadra che tutt’ora onorevolmente esiste. Del Duca si diceva fosse un emerito pederasta. Io so solo che era spesso presente durante i massaggi
alle gambe che ci venivano fatti prima delle gare.
il mio compagno di scuola era alessandro brenna figlio del fratello del brenna fucilato,e mi sembra che suo papà facesse il pastaio ma non all’isola.Il duca lowenthal era proprio come dici tu ma io gli stavo sempre a un metro distante.
….caro Gianni non ti dicono nulla due nomi-Guido e Renzo-sembra abitassero all’inizio di Via dal Verme.uscivano con due ragazze che lavoravano in Angelo della Pergola (una era mia sorella maggiore)….
Caro Franco, il Renzo Fumagalli, detto “pulina”, abitava in Cola Montano 8
angolo Dal Verme, non so se ti riferisci a lui. Guido, non mi ricordo.
Ma sai, in quelle corti ed in quegli anni eravamo almeno in un centinaio di
ragazzi e ragazzini. Come nota aggiuntiva ti posso dire che tutti parlavamo
il dialetto milanese.
Qui dormono tutti !! Buone ferie !
Ed io invece che sono ancora sveglio, lucido e pimpante, voglio ricordare e
descrivere qualcosa di questo periodo dell’anno, ma di molti anni indietro.
Mi ritrovo al 1940, la guerra già scoppiata ma, escluse le chiamate o richiamate alle armi, la preparazione dei rifugi antiaerei secondo norme precise, nelle cantine degli edifici, la corsa, per chi ha qualche soldo da parte ( e non sono molti all’Isola), all’accaparramento di pasta, riso, farina, zucchero ed altro se
ancora, già dopo pochi giorni, si trova.
Ma il caldo, anche in quella estate del ’40, è all’Isola atroce. Ma c’è il lavoro
ed i giorni di ferie sono pochi e muoversi richiede soldi che sono ancora meno.
Ma almeno per qualche giorno dal caldo atroce bisogna scappare. Per i
soldi c’è il Monte. Non resta molto da impegnare, le fedi d’oro sono state offerte al Duce, di valore in casa sono rimasti, per molti, solo i materassi.
Ma il Monte accetta anche questi. ( potete non crederci, vi capisco, ma era così). Non faccio nomi ma in Dal Verme 4 e 2 li ho visti io i materassi arrotolati
sulle spalle, destinazione Monte sino al rientro. Ma dove andavano i poveretti ?
I più da parenti in campagna visto che l’isola era stata popolata nei decenni
precedenti da gente proveniente dalla campagna.
Ora devo interrompermi per un appuntamento irrinunciabile ma tornerò su
questo sito nel pomeriggio. A dopo allora!
Per la mia famiglia le cose erano un po’ diverse. Intanto mia mamma, dopo 15
anni di lavoro pesante come operaia alla Brow- Boveri, aveva appena acquistato la latteria
di Via J. dal Verme 2, apertura dalle 7 alle 22, 7 giorni su 7; papà lavorava in ferrovia e mia sorella, allora 16 anni, aveva appena trovato lavoro come impiegata in uno studio di Via Torino. Quindi tutti a Milano, salvo io, 6 anni, che
ero stato mandato a Rimini dai miei zii. ( spiaggia di Rimini allora : quattro capanni e una sola fila di ombrelloni, almeno nell’estate del ’40 ).
Un dettaglio. A Milano, come nelle altre città del nord Italia, era entrato in
vigore l’oscuramento notturno, totale ed assoluto. Di fianco al numero civico
dei fabbricati, in tutta la città, erano stati affissi dei tabelloni con il numero
a cifre grandi, bianche su fondo nero e con la pubblicità dei Biscotti Guglielmone. C’è qualcuno della mia età o più anziano che si ricorda questo particolare? Questi tabelloni resistettero qualche anno dopo la fine della guerra. C’erano cose più importanti da fare che non quella di toglierli.
E quì termina la mia memoria circa il 1940. Faccio ora un salto al 1945.
La guerra è terminata, le fucilazioni in piazza Tito Minniti, le violenze e le
prepotenze, messe in atto da pochi pericolosi farabutti, sono ormai superate
all’arrivo dell’Agosto. Si riaccendono le luci sul Viale Zara, da P.le Lagosta a Via Stelvio. E’ una festa per gli Isolani dopo cinque anni di oscuramento.
Tutti, la sera, sull’erba del Viale Zara. Si riprendono le camporellate, per me
è ancora presto, ma arriveranno, nei prati attorno alla “discesa dell’esse”
che era in viale Marche scendendo in via Vassallo.
E la sera del Ferragosto non si contavano le cene sui prati, bastava una bici,
la moglie o la fidanzata sulla canna e sul portapacchi quelle quattro cose
da mangiare e da bere. Tutti felici. In famiglia eravamo fortunati, di bici con
il portapacchi ne avevamo due, su di una papa’ con mamma sul portapacchi
sull’altra io con i viveri sul portapacchi. Chiusa la latteria, eccezionalmente
dato il Ferragosto, alle 20, avevamo pedalato sino oltre Nova Milanese ed
avevamo steso la tovaglia su di un prato di fianco ad un ruscello.
Uova sode, pollo fritto, pomidori e spuma Nesossi ( chi ricorda il Nesossi
di Cola Montano con le sue gazzose, agrette, aranciate e Spuma Nesossi ? )
e per finire un melone. Nella vita ho fatto centinaia di cene importanti ed
in ambienti lussuosi, in Italia ed all’estero, ma quella cena del’Agosto 1945
mi è rimasta nel cuore come nessun’altra.
Ora vi lascio ai vostri sbadigli, ai vostri condizionatori, ai vostri ventilatori.
Ci ritroveremo in Settembre tutti affannati a sgarbugliare questa difficile esistenza, brontolando, come sempre, ed a ragione, “governo ladro!”.
Buone vacanze.
Giani latè
Io ricordo le bibite Nesossi.
Però negli anni di mia “competenza” (anni 70 circa), il deposito era dalle parti di Greco.
Però onestamente non saprei se si trattasse direttamente del Nesossi o di un rivenditore…
Mi correggo da solo, non era Greco, ma Gorla (credo dalle parti di Piazza Governo Provvisorio)
ricordo i cartelli guglielmone,alla discesa dell’esse andavo in bici e poi dicevo che avevo fatto una salita,di spuma e “gasosa”nesossi ne ho preso di sbronze,e il ruscello di nova che dovrebbe essere un laterale del villoresi ci andavo a fare il bagno,ciao mi ricordi sempre qualche episodio a cui non penso mai,ma sono belli.
E la societa’ Filocantanti di via arese,7. Non la ricorda nessuno? Grazie!
Gentile Fernanda , nel commento del 12/7 della sig.ra Lucia Beduzzi ,si parla proprio della Società dei Filocantanti..
Quando io ero non ero ancora nata – c’era una sala da ballo- mia madre mi ha raccontato che negli anni 60 si é esibito anche un giovane Celentano agli esordi…….
Successivamente nella sala da ballo è stata fatta una palestra di Judo (Busen),
mentre è sempre rimasto attivo il bar/trattoria con la società per lungo tempo.
La bocciofila sul retro è stata abbandonata ma sino agli inizi degli anni 90
è rimasta qualche traccia, infatti nel cortiletto incolto continuavano a fiorire magnifici gigli di S:Giuseppe e a resistere il berso’..
La Società Filocantanti con attività – gite – giochi etc etc si è sciolta intorno alla metà degli anni 70,un vero peccato !!!!
Successivamente l’ambiente e la clientela sono cambiati ……..
Ricordo con nostalgia che il bar aveva anche qualche tavolino fuori,dove si consumava il ‘bianchino’ , e dato che io ero una bambina c’era sempre qualcuno che mi offriva una spuma oppure un’ambito boero !!!!
Scusatemi mi sono lasciata coinvolgere………..
Ho anch’io una domanda che rivolgo direttamente alla sig.ra Beduzzi
A titolo di curiosità ……Lei è per caso la signorina che abitava nella casa di fianco alla Madonnina.,piano rialzato ?????
In caso affermativo io sono la figlia del Sig:Nuto – brumista –
un grazie e un saluto a tutti voi.
CLAUDIA .
.
Il cortiletto sul retro ( ex bocciofila) c’è ancora, seppure abbandonato e incolto. Lo so perché confina con il cortile della casa dove abito 🙂
Si giusto Kalz , il cortiletto c’è ancora…..Io per cortiletto ex bocciofila intendo quello che ora è diventato un parcheggio privato della Banca,e confina con
il parcheggio interno di alcuni condomini di Lario e con l’ingresso palestra di viale Zara..
(che tanto tanto tempo fa era una fabbrica e si chiamava MONTAVOCI)
Correggo pero’ quello che ho scritto in precedenza,vale a dire le ‘traccie’ della bocciofila sono rimaste all’incirca sino al 97.
saluti.
Claudia
@Claudia, confermo tutto 🙂
Ciao rispondo a Claudia,si io sono Lucia Beduzzi che intendi tu Claudia,ho visto solo ora il tuo scritto e con immenso piacere scopro che forse tu sei la figlia di Vailati e non ricordo il nome di tua mamma.Abitavate sulla scala C non ricordo il piano.Io ora abito in zona viale Monza,ma ogni tanto passo da via Arese,proprio la settimana scorsa sono passata e vedendo aperto il portone ho dato una sbirciatina,quanti ricordi!!!tu abiti ancora li? Ciao Lucia
Claudia
Per la Sig.na Lucia Beduzzi , si sono la figlia del Sig.Nuto !.Mia mamma Carla si ricorda di lei e oggi ha compiuto 87 anni .Abito sempre qui e se capita da queste parti chieda di me al portiere la vedo con piacere. La ‘corte’ come avrà
visto è MOLTO cambiata…….
E ora un’argomento che interesserà credo un po tutti ……..
In molte case della vecchia Milano , si trovavano spesso piccoli altarini con la Madonna e sino a qualche anno fa si usava durante il mese di Maggio recitare il Rosario con il parroco .
So che qualche altra casa (oltre alla mia) all’isola aveva o ha ancora Madonnine mi farebbe piacere sapere qualche cosa in più da chi abita o
ha abitato qui in zona.
Un saluto a tutti e grazie per questo bellissimo spazio che ci permette di dialogare e confrontarci.
Cara CLAUDIA,
nella prima corte dello stabile di via J. dal Verme 2, c’è, in una nicchia, una
statua del Cristo benedicente a grandezza naturale. Lo stabile ere stato costruito ed era di proprietà dell’Architetto Mezzanotte, che aveva progettato
anche il palazzo della Borsa di Milano. Nel primissimo dopoguerra, ’45 o ’46,
si riteneva che questo Cristo avesse protetto dai bombardamenti la casa, che
di bombe dirompenti e di spezzoni incendiari era stata ben seminata l’Isola, e
per questo venne organizzata una festa nel cortile invitando il
parroco della Fontana. Erano anche presenti le sorelle Mezzanotte, che
conoscevo bene poichè venivano personalmente a raccogliere i soldi
degli affitti in portineria. Abitavano in via Meda.
Di quella festa ho pubblicato una bella foto alla pagina 16 o 17 del sito
Skyscrapercity quartiere isola. Io che allora avevo 11 o 12 anni ero stato
incaricato di recitare al parroco una poesia, compito che avevo svolto
egregiamente.
Ho trovato delle foto dell’inaugurazione della Madonnina di via Arese 7 credo che siano del ’45.La benedizione era impartita dell’allora Prevosto Monsignor Ennio Bernasconi.Cerchero’ di pubblicarle.Ciao Lucia
Ciao Claudia, che piacere sapere che tua mamma si ricorda di me e sicuramente di tutta la mia famiglia.Ho visto la “corte ” e’ molto cambiata ,ma vedendola,con la fantasia ho rivisto quando ero bambina tanto tempo fa ed era piena di bambini festanti che giocavano.Ormai li non sara’ rimasto nessuno dei miei tempi e mi farebbe veramente piacere vederti anche se io non mi ricordo di te,perché’ io sono andata via da li nel 67 quando mi sono sposata e forse tu non eri ancora nata. Alla Madonnina mio papà’ era molto devoto e custodiva con venerazione ora chi se ne occupa perché’ ho visto che è’ ancora in ordine,chissà’ se anche in altre case dell’Isola c’è’ ancora questo culto.Grazie e ciao a tutti ,ho approfittato di questo spazio per dare spazio ai miei ricordi.Lucia
…carissimi,purtroppo l’unico “altarino” di via Borsieri 14(dove sono nato) era costituito dal busto di G.Garibaldi…sembra che si sia fermato una notte nel cortile vecchio…oggi al suo posto c’e’ una targa….W l’Isola…
Si è vero Franco tutti dicono che Garibaldì ha dormito una notte in Borsieri al 14 !
.
Lucia sarebbe bello vedere le foto dell’inaugurazione della Madonnina in via Arese……….
La casa di via Arese al 7 è in realtà stata costruita vicino ad un palazzo già
esistente,con una sola scala, questo si nota anche guardando la facciata.
Durante la guerra,(questo mi è stato riferito da più vicini di casa che già abitavano lì) una bomba è entrata nella scala ‘vecchia’,(quindi il palazzo
più vecchio ) ma è rimasta fortunatamente inesplosa.
Per riconoscenza è stato fatto un altarino a Maria .
Qualcuno diceva (ma ho qualche dubbio )che la Madonnina proveniva da
una casa bombardata in via De Castillia.
Ciao Claudia, se ti fa piacere manda la tua mail a lucia.beduzzi@faswebnet.it e io ti invio le foto dell’inaugurazione della Madonnina.Ciao Lucia
Ciao Claudia io le foto dell’inaugurazione le ho,ma non so come pubblicarle,le potrei mettere su facebook dove io sono iscritta,o potrei fartele avere in qualche modo.La bomba inesplosa nella scala “vecchia ” che per noi era la scala E non so se ancora adesso si chiama così’.Per quanto riguarda la Mdonnina non proveniva da una casa bombardata.Nelle foto dell’inaugurazione si vede mio papà’ che toglie il drappo alla presenza del Prevosto don Ennio Bernasconi.Ciao Lucia
Oggi sul Corriere ho visto una foto pubblicata da Gabriella Gazzola che ritrae una classe di prima elementare della mitica scuola Rosa Govone ,bellissimo ricordo!!!!!!ciao Lucia
Pensatela come volete ma io vi dico che l’unico che ci può salvare dalla voragine nella quale questi catto-comunisti ci vogliono far precipitare è
il nostro SILVIO, isolano DOC. Sosteniamolo in tutti i modi!!
Gentilissimo signor Tedeschi,
Grazie, mi rincuora sentire di non essere sola a pensar bene del ns isolano Silvio. Grazie, grazie! Fernanda nata all’isola 1934. Papà era nato all’isola 1902 quindi anch’io DOC.
Cara Fernanda, siamo tutti “ISOLANI” chi per poco e chi per molto ,comunque è sempre nei nostri cuori.. Silvio è uno di noi ma se le cerca tutte che a volte (abbastanza ) ci discredita in quanto NOI siamo gente umile senza SHEI. il nostro mito dell’ISOLA rimane DON EUGENIO gli altri stanno e stiamo 2-3-4-5.6-7..8-9…………… gradini sotto. Saluti Agostino
Cara Fernanda, sono anch’io nato come Te nel 1934 all’Isola.
Magari sei sulla foto dell’asilo di via Pastrengo(1938) che ho pubblicato in
Skyscrapercicy quartiere isola a pagina 16.
Comunque cari saluti.
Gianni
Scusate se mi intrometto, anch’io sono dell’isola via volturno a due passi dal circolo Sassetti (sede dei comunisti) e a due passi dove abitava il grande Silvio
Gentile signor Tedeschi,
Grazie! Vedrò di riconoscermi. Grazie siete tutti cari e condivido i vostri ricordi con tanta nostalgia! Fernanda
Parliamo della nostra bella Isola per quello che ci ha dato, per i nostri ricordi di gioventù e quanto ne consegue. Che il Silvio, non certo mio sia nato all’Isola è un fatto, ma in quanto DOC nutro seri dubbi e gradirei che non si utilizzi questo sito per fare politica e propaganda.
Paolo
Bravo PAOLO la penso come TE e ho risposto ad altri isolano il doc dell’ISOLA è DON EUGENIO gli altri stanno tutti sotto. Agostino
Giovanni,,,, Parla solo dell’ISOLA DON EUGENIO E’ un MITO gli altri sono inferiori in tutto.
Certo, certo, Don Eugenio, di cui ricordo ogni dettaglio, mi ha insegnato la dottrina e mi ha mantenuto sulla retta via, cosa che in quegli anni ’40 non
era facile. Lui è ancora nel cuore degli Isolani che lo hanno conosciuto.
Ma non dimentichiamo il Giovanni Borghi, Grande dell’Isola.
Per quanto riguarda il nostro Silvio: “ai posteri l’ardua sentenza”.
Ciao Lucia ,
Non sono riuscita a vedere la foto del Corriere di cui parli , mi permetto di precisare che la scuola elementare si chiama F. Confalonieri ed è in via Jacopo dal Verme, mentre la Rosa Govone (che ora si trova in via G.Pepe)
è media .
Tempo fa la Rosa Govone era in via Pastrengo.
Credo che il complesso scolastico che comprendeva medie – elementari ed
asilo sia stato costruito alla fine ottocento,, sicuramente all’epoca doveva essere all’avanguardia !
Personalmente trovo che quella scuola abbia un suo fascino !!!
(Volevo dirti anche in caso cercassi di contattarmi che io non sono più su
Facebook anche se evidentemente rimane il nome…)
Un saluto a tutti !.
ai miei tempi l’elementare maschile era in dal verme ang.archinto e si chiamava f.confalonieri e la femminile era a metà della via dal verme di fronte alla cartoleria e mi sembra si chiamasse rosa govone o sbaglio?sono del 45 e la memoria comincia a difettare.
Giusto Enzo !
Esisteva un’ingresso maschile in Dal Verme angolo Archinto,e un’ingresso femminile di fronte alla cartoleria;ma il nome dell’ elementare è F.Confalonieri.
Esisteva l’entrata ‘maschi’ e ‘femmine’,e le classi erano o maschili o femminili.
Il complesso scolastico era formato dalla scuola elementare di via dal Verme,
l’asilo con ingresso all’angolo Carmagnola/Pastrengo e la media R.Govone con ingresso in Pastrengo.
Io ho frequentato le medie alla R.Govone, parte del primo anno l’ho fatto in via Pastrengo,poi a causa inagibilità,ci hanno trasferiti presso uno scuola elementare che stavano ultimando in viale Zara .
In terza media siamo ‘tornati’ nella nuova scuola R.Govone di via G.Pepe,prefabbricata.
Io parlo degli anni 70, chissà se qualcuno ricorda questi fatti…….
Un saluto:
,.
Ciao a tutti, sono contenta che il “Corriere” abbia pubblicato la foto del 1953 che avevo inviato qualche mese fa. Se qualcuno non l’ha vista la può trovare sul mio profilo Facebook ( Gabriella Gazzola) insieme ad un’altra scattata l’anno prima alla scuola materna di via Pastrengo, dove è ritratto un piccolo gruppo di bambine e anche qualche maschietto. Quanto ai nomi delle scuole sono andata a riesumare la pagella scolastica di quella prima elementare e devo dire che su quel documento si dice “..ha frequentato la Scuola Elementare “Rosa Govone” (classe prima sezione D) in via Jacopo Dal Verme..” Quindi i miei ricordi erano esatti. La Scuola maschile era invece dedicata a Federico Confalonieri. Poi evidentemente il complesso scolastico è stato diviso diversamente, la scuola elementare è diventata unica e il nome di Rosa Govone è stato dato alla scuola media.
Cara Gabriella,
volevo vedere quelle foto ma in Facebook non l’ho trovata. Peccato.
Non sono praticissima di Facebook, forse il mio profilo non è accessibile a tutti.Se ti fa piacere manda a gardenia46@email.it il tuo indirizzo mail e te le invio.
carissimi e’ difficile parlare dell’Isola senza nominare “volente o nolente”SB,senza dimenticare che “voce di popolo”la famosa “provvidenza”che copriva le esigenze finanziarie dell’oratorio del grande DON EUGENIO sembra fosse la famiglia di SB o lui stesso…w l’isola
vi ricordate il mese mariano alla mattina con i “fioretti”all’oratorio prima di andare a scuola? ciao a tutti
Io mi ricordo che durante il mese mariano aspettavo la mia morosina davanti alla chiesa. Aveva il permesso di uscire solo alla domenica per andare all’oratorio femminile di via Confalonieri e alla sera solo a maggio per recarsi alla funzione serale al Sacro Volto. Arrivava con un’amica che parcheggiava in chiesa e noi proseguivamo sino in fondo alla via addentrandoci alla Magna seconda (ve la ricordate?) in cerca di intimità. Bei tempi!
Ciao a tutti
Paolo
mi ricordo il vestito della domenica…pantaloni a zampa d’elefante,giacca aderente a 4 bottoni,fazzolettino con evidenza penna stilografica Pelikan verde-nera (se non sbaglio),calzini beige chiari,camicia bianca con anonima cravatta,mocassini scuri….la mia mamma ci teneva che facessi bella figura alla domenica.Bei tempi davvero caro Paolo
…. e i pantaloni alla zuava ? i mocassini bicolore bianchi sopra e neri i fianchi e dietro ? si la penna stilografica Pelikan verde e nero … un mito !!!
Sai Franco che io ho ancora la penna stilografica Pelikan verde e nera ce l’ho ancora da quei tempi comperata in una cartoleria di Corso Como.Ciao
caro Silvio i pantaloni alla zuava me li ricordo bene..penso che anche tu ricorderai i”mongomery…allora non capivo questi nomi…Lucia non mi dire che andavi alla Solferino alle commerciali,per arrivare facevo Cso Como e mi ricordo una cartoleria a sinistra andando verso lo Smeraldo(pza XXV Aprile) ciao ciao
Ciao Franco,si la cartoleria di corso Como era proprio a sinistra,no non andavo alla Solferino ,ma ho frequentato l’avviamento professionale Rosa Govone in via Dal Verme,ma sovente dopo la scuola andavo da una mia compagna che abitava di fronte alla cartoleria.Ciao Lucia
Io andavo alla Solferino e spesso acquistavo la cacelleria nella cartoleria sulla sinistra poco prima dello smeraldo. Quella sulla destra la cartoleria Nazari o Nazani era molto più grande e fornita ma più cara.Ciao Paolo
Si la cartoleria Nazari era a destra e nel periodo natalizio aveva tanti giocattoli. Se non la nominavi tu io non la ricordavo e vicino alla cartoleria c’era un colorificio. Quante cose riaffiorano alla memoria.Ciao Lucia
…dai 15 ai 20anni alla Flli Bandiera serale x Ragionieri,dopo 8 ore di lavoro,si tornava alle 22,30/23,00,si mangiava velocemente e ci si addormentava sui libri…mio figlio mi chiede spesso come facevamo…nessun segreto,eravamo dei leoni…ciao a tutti
Credo che ti sbagli Claudia, ha ragione Enzo. La scuola elementare femminile che hai frequentato si chiamava Rosa Govone: Cerca le pagelle e gli darai ragione anche tu: L’asilo era invece in via Toce.
Un saluto a tutti da una emigrata in Sicilia
…ho sottomano le pagelle di 1 e 2 alementare anni 53/54-54/55..colore verde scuro..carta resistente..materie educazione civica,lingua italiana ,religione etc etc..voti in lettere in bella calligrafia..in alto a dx firma del genitore x trimestre…firma del maestro…firma del direttore.-frontespizio dati anagrafici sempre in bella calligrafia..
nato in via farini davanti al cinema wox ho frequentato le elementari alla m. dazzeglio . nel leggere la cronologia della isola, mi si è stretto il cuore, tutto quanto descritto , lo ho vissuto ogni tanto vado a fare un giro, ma non è più come era una volta. ho messo su facebook una foto scolastica della i quarta elementare ma non ho avuto nessun riscontro. a tutti i ragazzi del 1934 come me auguro ogni bene e lunga vita, perché mi appartengono.
Caro mio coetaneo Walter, non sono riuscito ad arrivare alla foto che hai indicato su Facebook. In Carlo Farini, davanti al Vox, c’era anche una
drogheria. Il figlio del droghiere, mi sembra si chiamasse Verona, era in classe
con me in seconda elementare ( 1941- 1942). Lo conoscevi ?
In Jacopo dal Verme al 4, dove sono nato, c’era una famiglia Crema, uno dei figli, Italo, era mio amico ma più grande di me. Li conosci?
Grazie per la lunga vita a noi del ’34 che ci hai augurato, ma siamo proprio pochi ed ignorati. Ciao ed Auguri.
Gianni
caro gianni la casa davanti al cinema wox, era il n.33 dove sono nato, e abitava sergio verona mio amico e compagno di giochi, purtroppo deceduto tempo fa. in Jacopo dal verme al 4 abitavano i miei zii, crema angelo, e mia zia cornelia. italo crema,bruno, olga,e Mariangela , tutti deceduti tranne Mariangela . nel periodo che avevano il ristorante le abbadesse, mia madre e mia zia sfornavano migliaia di ravioli fatti a mano che resero celebre le abbadesse. tantissimi cose potrei raccontare: delle elementari mi ricordo alcuni insegnanti: il maestro navarro la ribaldoni , le corse in cantina per allarme aereo ecc.ecc. molti non ci sono più ma tutti per la loro parte anno contribuito a dare alla nostra società il meglio. w l’isola che non cè più.( grazie per avermi dato l’opportunità di poterti contattare, buon anno walter crema
Bellissimo ristorante Le Abbadesse, ci andavo con i miei genitori…. Il papà era amico di qualcuno, ma non mi ricordo chi fosse.
a me pare di aver conosciuto Alessio, figlio del droghiere di fronte al cinema VOX! Isa Donelli
Cara isa donelli io sono nato al 33 di via farini , ma ti assicuro che il figlio del droghiere si chiamava Sergio Verona. tanti ragazzi e ragazze abitavano al n.33. tutti scolari della M. Dazzeglio purtroppo non so pi niente di loro. Da circa un anno, mi sono cimentato con il computer, e grazie a questo giocattolo meraviglioso, sono riuscito a trovare il sito: ma l’isola esiste ancora. Ho scoperto un periodo della mia vita che mi ha profondamente emozionato. auguro a te una vita serena e tanti Auguri. Walter Crema.
Anche noi andavamo al a ristorante Le Abbadesse,ci sono andata anche per un matrimonio negli anni ’60 poi e’ diventato ristorante Brasiliano e ha perso il suo fascino !!!!!
Che tristezza!
A proposito del ” Le Badesse ” chi ricorda che poco più avanti c’era l’eliporto che collegava Milano con Lugano. Quante valige piene di Lire (che bello ricordarle !) avranno preso il volo da lì. All’epoca io avevo l’ufficio in via Pirelli 19 e passavo di lì ogni giorno.
Io mi ricordo del frastuono che facevano gli elicotteri quando decollavano. Abitavo in via Volturno
certo che ricordo l’eliporto poichè andavo sia alla magna sia nel prato dietro all’eliporto a giocare.
Proprio oggi sono passata da via Pola e ho avuto un ricordo di quando c’era l’eliporto con il suo frastuono quando arrivavano e partivano gli elicotteri.Chi si ricorda sempre in via Pola avevano messo il parcheggio a più’ piani e’ stato per poco tempo poi e’stato smontato.
Dove era esattamente il parcheggio a più piani in via Pola?
Era all’angolo con via Taramelli dicevano che era stato messo come prova ed era poi stato spostato in via Torino
In effetti da quell’angolo, in diagonale rispetto a via Pola, si dipartiva una strada, stretta e sterrata che arrivava sino a “casin Baess” e li’ all’inizio, sulla sinistra venendo da P.le Lagosta c’era la grossa Carpenteria Bonfiglio che,
probabilmente , avrà effettuato la costruzione metallica di cui fate cenno.
Grazie. Ho capito. Dove adesso ci sono i due palazzi ex Montedison.
Esattamente.
Chi è in possesso di notizie circa questi nominativi della vecchia Isola ? :
Dottor Cirla – Via Borsieri.
Agostani, salumiere di via Borsieri.
Alberti , droghiere di via dal Verme 2.
F.lli Rota, via Pollaiuolo.
Angelo Zapparoli, via dal verme 1.
Ferruccio Zapparoli, Cola Montano 8.
Sampaoli , Via dal Verme 4.
Maldefassi,Via J dal Verme 5.
Origlia, via Civerchio.
Qualsiasi notizia in merito sarà molto gradita.
caro Gianni Il 6 gennaio, Mi chiedevi se coscevo il tuo amico verona sergio, e la famiglia Crema che abitava in via Jacopo dal verme, Non ho avuto risposta. Fammi sapere se hai ricevuto. Cari saluti Walter Crema.
Caro WALTER, se chiudo gli occhi vedo, come fosse vivo davanti a me, l’amico di scuola Sergio Verona. Ne ricordo chiaramente i tratti del viso
ed i suoi capelli. Parlavamo spesso insieme, penso ci fosse tra noi una certa affinità. Andrò a vedere nelle foto di classe della scuola di P.le Archinto se riesco ad individuarlo. Ti terrò al corrente.
La famiglia Crema abitava in ringhiera al primo piano nel cortile interno di via
Jacopo dal Verme al 4. Proprio sopra a dove abitava la mia famiglia, al piano
rialzato. Lì io sono nato nel settembre del 1934. L’Italo, che aveva qualche anno più di me, faceva parte del gruppo di ragazzini della casa che avevano nel cortile il loro spazio dei giochi. Più avanti iniziò a lavorare e lo vedo ancora nella mia memoria, andare al lavoro con ancora i pantaloncini corti, il cerchietto a molla in testa per tenere i capelli lunghi a posto.
Anche la Olga la ricordo bene, amica di mia sorella Celsia che doveva essere sua coetanea. Quanti ricordi di quella corte! Tutti lavoratori, e che
vita in quelle ringhiere dopo il ritorno dal lavoro la sera: Ho la fortuna di
possedere una mente talmente lucida da poter rievocare, di quel periodo, ogni più piccolo dettaglio. Io oggi, e da 45 anni, abito in Viale Affori, e se vuoi
che ci incontriamo, dove tu vuoi, per conoscerci e parlare del passato, ne sarò ben lieto. Intanto questo è in numero del mio cellulare:331 104 9316,
poi vedi tu. Buona giornata Walter.
Buonasera, per caso ha qualche ricordo della famiglia Gandelli che aveva il negozio di cartoleria in Piazzale Acchinto? Grazie
io ricordo molto bene la grande cartoleria quasi di fronte all’entrata della mia scuola,cartoleria dove si trovava di tutto ma per il resto non posso dire nulla ero troppo piccolo quando mi fermavo a guardare estasiato le vetrine.
Anche per me la cartoleria di Piazzale Archinto è un ricordo mitico. Le vetrine erano meravigliose, specialmente nel periodo natalizio e soprattutto per i giocattoli: bambole di ogni tipo e grandezza una più bella dell’altra ( a metà degli anni 50 si usavano soprattutto le bambole vestite da “damina” fatte di cartapesta dipinta a mano oppure i bambolotti tipo neonato di celluloide ), scatole di meccano, trenini in movimento, giocattoli di latta con movimento a molla o di legno colorato, insomma una meraviglia. Purtroppo per me erano più da guardare che da comprare, ma i bambini passavano delle ore lì davanti. Anche l’interno del negozio era bellissimo; c’erano degli scaffali altissimi e un paio di banconi, tutto in legno scuro e lucido e si sentiva un profumo particolare, un misto di cera per lucidare i mobili e carta, che non ho più scordato. Mi pare di ricordare un signore alto, vestito con un grembiule scuro, forse il proprietario o un commesso che mi metteva un po’ in soggezione e anche una signora che però non ricordo bene. Io ci entravo a comprare i quaderni e soprattutto i pennini. Ce n’erano molte varianti, tutti ben sistemati in scatole di legno col coperchio di vetro, avevano forme strane e mi veniva voglia di provarli tutti, però i miei preferiti erano quelli a “torretta”
Che ne dite, sono veritieri i miei ricordi o faccio un po’ di confusione?
ciao a tutti
Cara Gabriella anch’io frequentavo quella scuola e quella cartoleria. Ricordo anche i pennini nella cassette di legno con coperchio di vetro. Anche per me i pennini torretta erano i preferiti. Per caso abitavi in via Sebenico ?. Saluti
Erano i proprietari ed erano i miei nonni. Tu di che anno sei? forse hai conosciuto il mio papà o gli zii.
Rispondo a Grazia, ma anche a Silvio- Alice. Io sono del ’46, ho vissuto all’Isola solo dal ’51 al ’56 circa, periodo in cui mio padre era il custode della scuola elementare di Piazzale Archinto, ma di ricordi ne ho tanti e bellissimi. Non è la prima volta che intervengo nel blog dando il via libera ai miei ricordi, se vai indietro nelle pagine del blog trovi certamente i miei scritti. A Silvio poi mi pare di aver inviato anche un paio di foto di quegli anni Di amicizie ne ho fatte parecchie, ma non ricordo bambini con il cognome Gandelli. Magari giocavano con mio fratello che è più giovane di me di un anno. Ciao
Rispondo a Gabriella, i miei erano tutti più vecchi di te l’unica che forse potresti aver conosciuto è mia cugina che è anche lei del 46
Cara Gabriella, i tuoi ricordi sono esatti, per quanto riguarda anche i pennini,
io però preferivo “i gobbetti”, esatti e veritieri i tuoi ricordi. I miei precedono i tuoi di dieci anni. Commovente, per me, anche il tuo ricordo del particolare
gradevole odore di cera e carta che anch’io rivivo ora con la memoria.
E a proposito di cera per mobili e del suo profumo ricordo che, quando ho frequentato lì le elementari, ( maestra Ribaldone e maestra Origlia),
all’inizio di ogni anno scolastico facevano portare ad ognuno un limone ed
un pò di quella cera. Ognuno doveva pulire la superficie della sua parte di banco, normalmente piena di intagli fatti col temperino e di macchie e scritte in inchiostro ( il calamaio rotondo ed aperto era infilato nel banco
davanti ad ognuno ed il bidello provvedeva regolarmente al suo rabbocco),
passando prima un mezzo limone per togliere l’inchiostro essiccato e poi passando la cera e lucidando infine con uno straccetto di lana che ognuno doveva portare con se per l’occasione. Il profumo di cera invadeva l’aula
e persisteva per alcuni giorni. Ma guarda che ricordi mi fate tirare fuori !!
Caro Gianni,racconti con dettagli così minuziosi i periodi della scuola che leggendoli non si può fare a meno di tornare indietro con la memoria e vedere quanto descritto da te.La lucidatura del banco,i vari tipi di pennini,il calamaio nel banco.Tutte questo quasi dimenticato,ma è’ bello che attraversio i tuoi racconti tornino alla memoria.
Cara Lucia, mi lusinga il tuo apprezzamento. In effetti mi meraviglio anch’io
di potere scavare così in profondità nella mia memoria ricavando dei dettagli
che per i più non sono interessanti ma che per me sono preziosi.
Del resto se noi siamo quello che abbiamo vissuto ogni dettaglio perso è una parte di noi che va persa. Quindi, secondo me, la nostra memoria va coltivata,
custodita e, come nel caso di questo blog, messa a disposizione di tutti.
In pratica siamo come dei libri, più o meno interessanti, con più o meno pagine,
che si rallegrano se qualcuno le va a sfogliare e che lasciati lì, solamente ad invecchiare, ingialliscono e si sentono del tutto inutili.
L’acqua, il grigiore e la tristezza di questi giorni invitano a queste riflessioni.
……..ma oggi è uscito il sole a Milano e lo spirito riprende quota !
Ciao a tutti e soprattutto a Gabriella, che grazie ai poteri di Internet posso
ricontattare dopo….non importa quanti anni.
Sono nata in Via Angelo della Pergola, da una mamma nata in Piazza Minniti e che ha lavorato quasi tutta la vita in piazza Minniti, dove i miei avevano una polleria rosticceria: tutti si ricordano di loro e delle sue crocchette calde la domenica mattina.
Ancora oggi (vivo ancora in Via Angelo della Pergola), quando cammino nelle strade del quartiere con la mamma, incontriamo quelli che definisco “gli orfani delle crocchette” : la salutano e ravvivano il ricordo delle crocchette.
Quella polleria di piazza Tito Minniti la ricordo anch’io molto nitidamente.
Il figlio maschio, che conoscevo come Mario Zucchi, era mio coetaneo.
L’ho incontrato molti anni fa con la sua signora ed abbiamo avuto una lunga conversazione qui ad Affori dove ho il mio ufficio. Qualche settimana dopo
ero stato all’Isola ed insieme avevamo fatto un giro nelle vie evocando i ricordi di gioventù. Lui era andato ad abitare in Angelo della Pergola angolo
Archinto, per cui credo che l’Anna Grazia sia proprio sua sorella che, tra
l’altro ricordo molto bene. Non mi tornano i cognomi, Zucchi lui, Benelli lei.
Anche la loro mamma la ricordo molto bene come se me la vedessi viva ora
davanti a me. Lo zio del Mario, di cognome Brenna, era stato fucilato contro
il muro dell’oratorio, lì sulla piazza, alla fine di Aprile 1945, e poi appeso a
testa in giù al palo di ferro al centro della piazza, davanti alla polleria. Io,
che avevo allora 11 anni, ho assistito anche alle altre fucilazioni dei giorni seguenti, quella del Volpini e quella del Mandelli, quest’ultimo fucilato proprio sotto la finestra dello studio di Don Eugenio, dopo di averlo massacrato di botte ed averlo portato in giro per le vie del quartiere su di un motocarro
con in mano una bandiera rossa e percosso continuamente da un branco di
“partigiani” ubriachi. L’avevano scaricato all’angolo Borsieri- Jacopo dal Verme, e, attraversata la strada, l’avevano messo, come ho già scritto,
sotto la finestra di Don Eugenio e li lo avevano fucilato, era una sera dei
primi di maggio, ed a quello spettacolo edificante aveva assistito tutta la
folla uscita di chiesa per la funzione del mese mariano. Io ero lì.
Il Mandelli era il figlio dei portinai di via Garigliano 5.
Onore e Pace alla memoria anche di quei tre isolani: Brenna, Volpini e Mandelli. Chi volesse altri dettagli sui quei fatti che ho citato non ha che da chiedermeli.
Gli Zucchi erano zii da parte di madre di mio padre (la nonna materna era Zucchi) Mio padre è subentrato nel negozio, Mario Zucchi abita ancora in Via Angelo della Pergola. Il negozio di cui ti ricordi non è la rosticceria che poi ha avviato mio padre.
Grazie della precisazione Anna Grazia. Io ho lasciato l’Isola nel ’50 e non conosco i fatti successivi. Ricordo solo la polleria.
Posso confermare il racconto del Sig.Tedeschi, raccontatomi da mio padre, Enzo Benelli, cugino per via di madre della famiglia Brenno.
Mio padre, rilevo’ dalla famiglia Brenno l’attivita’ di Piazza Minniti negli anni ’60 trasformandola in una rosticceria da cui anche le famose crocchette di patate.
Credo di ricordare che Enzo mi racconto’ che il Brenno fosse rimasto fedele al fascismo sino alla fine.
Dopo il settembre ’43, Enzo, scampato miracolosamente dalla campagna di Russia ando’ sulle montagne sopra Chiavenna insieme ai fratelli Nesossi di via Cola Montano la cui famiglia era della zona. Passo li’ l’inverno del 43/44 per poi tornare a Milano come volontario delle squadre di soccorso attivate a seguito dei bombardamenti alleati.
Ciao a tutti !
Ma come dimenticare la rosticceria Benelli ! Io sono del 61, ricordo perfettamente che spesso compravo il pollo li con il mio papà che faceva il
(brumista !!!) taxista al posteggio di piazzale Lagosta.
Ricordo la signora al banco , e ricordo anche che un giorno (facevo le elementari) ero in difficoltà , e dovevo rientrare a casa , così la figlia (a questo punto penso la sig.ra Anna Grazia ) mi ha riaccompagnato, tranquillizzandomi lungo il percorso. (Abito ancora in via Arese !!!!)
Non mi sono mai dimenticata questo episodio.
Grazie .
Finalmente si è riusciti ad organizzare una cena-incontro per Sabato 22 p.v.
da Tomaso in via de Castillia. Alle ore 20.00. In quanti saremo ?
La cucina ha lì buona reputazione ed in menù prevede Ossobuco con risotto e
polenta pasticciata. Già inghiotto saliva !
E’ stata una bella serata, ambiente caldo, gente assortita per ceto, età e provenienza. Il Sergio Codazzi ha tenuto banco con i suoi giochi di prestigio applauditi, la presenza del Gesmundo ( rapina di via Osoppo ,1958, ecc.ecc.) e la telefonata di Ezio Barbieri dal suo eremo di Barcellona p.d G. hanno
dato il gradito tocco della vecchia mala dell’Isola.Osso buco con risotto e poi
polenta pasticciata meritevoli di menzione sulla guida Michelin.
Il Pelè e socio, con la chitarra e l’altro esotico strumento, hanno accompagnato,sino ad ora tarda, la compagnia con il miglior repertorio delle canzoni in dialetto, per tutti i gusti. Insomma una serata da ricordare.
Grande Gianni latè, sempre gentile e puntuale. Sicuramente organizzeremo qualcosa d’altro. Magari un po’ diverso. Mi piacerebbe far parlare di più gli isolani e chi ha da raccontare. Un grazie a tutti. Nicola
E’ triste constatare che questo sito sia stato abbandonato.Allora la risposta al suo titolo sarebbe : . Ma io non lo credo.In me c’è ancora e finchè sarò vivo lo sarà anche lei, con i miei ricordi.
è saltato : L’Isola non c’è più. Lo ho reinserita qua.
Ma no Gianni, l’isola c’è sempre e solo che con il tempo è molto cambiata ed ora è diversa dalla ‘nostra’ Isola.
Sai anch’io in questi giorni passeggiando per le vie del ‘nostro’ quartiere ho provato un po di nostalgia…………
Io sono del 61 se chiudo gli occhi rivedo e risento l’atmosfera,gli odori, i sapori la gente che animavano il quartiere.
Ricordo che nell’andare a scuola mi fermavo in una delle tante panetterie a prendere la focaccia e potevo sentire il profumo di pane , oppure mi capita di ripensare alla cremeria che faceva i coni con la panna montata e la cannella.
Tutto questo non c’è più purtroppo – è diventato un quartiere tutto chic e movida ma per noi solo per noi sarà ed resterà sempre l’ ISOLA , perché è
impossibile scalfire l^affetto e (permettimi il termine) l’orgogliosa appartenenza
che sta in fondo al nostro cuore.
Un caro saluto a tutti :
E’ bello sapere che ci sei anche tu, cara Claudia, che fai rivivere in te la nostra Isola. Almeno non sono solo. Bello sarebbe infine, cosa che anche Sergio Codazzi propugna da tempo, il ritrovarci e conoscerci di persona.
Con questa speranza saluto anch’io tutti gli Isolani caramente.
Non si può dimenticare l’Isola!!!!io non abito più dal lontano 67,ma ci torno spesso per rivedere i posti della mia infanzia,passo davanti a via Arese 7 dove sono nata e guardando l’interno del cortile,che è’ completamente cambiato,mi sembra di rivedere e sentire noi bambini che ci rincorrevamo.Quanti bei ricordi che non si cancelleranno mai!!!!caro gianni noi l’Isola non la dimenticheremo maiiiii😄😄😄 Lucia Beduzzi
Cara Lucia, al 7 credo ci fosse la sede della Filocantanti. La conoscevo bene perchè nel 1947-48 la squadra ciclistica “GS Carmagnola ” era confluita proprio nella squadra della Filocantanti. Ricordo che ad una gara ciclistica,
cui io avevo partecipato e che partiva da Viale Zara angolo Stelvio, il Via lo
aveva dato la Wanda Osiris,allora bellissima e famosa, la cui compagnia usava
la sala della Filocantanti per le prove prima di portare lo spettacolo al teatro Lirico.Ne approfitto per chiederti se conoscevi una ragazza che all’epoca abitava anche lei in via Arese ma vicino all’incrocio con la Taon de Revel e
si chiamava Evelina Landenna. Era stata la prima bruciante cotta della mia vita. Ora sono in partenza per la Croazia ma spero al ritorno di poterci incontrare a Milano od a Sestri.
Lucia le ho già detto che quando passa da via Arese , mi farebbe piacere incontrarla. Si il cortile è MOLTO cambiato,l’altarino di Maria (di fianco alla sua ex-finestra…) è sempre ben tenuto……
E si Gianni al 7 c’è sempre stata la Filocantanti , la coopertiva- bar c’è stata sino agli inizi anni 90 diventando di volta in volta bar-trattoria-pizzeria- pub ,
ora in quei locali c’è una banca.
Il teatro (sala da ballo) invece è stato per lungo tempo una palestra di Judo.
Un caro saluto a tutti voi.
Caro Gianni,si la casa di via Arese 7 era della Filocantanti..Quando noi eravamo bambini nella sala da ballo veniva per le prove la compagnia di Wanda Osiris,la nostra curiosità’ era tanta e attraverso un angolino del vetro rotto a turno sbirciavamo all’interno.La ragazza che dici tu forse abitava in via Arese 18 quella era la casa che faceva angolo con via Taon de Revel,ma io non ricordo nessuna ragazza con quel nome.Come sarebbe bello rincontrare le persone conosciute in passato!!!! Buone vacanze ,e come dici Tu speriamo di incontrarci.Lucia Beduzzi
Carissima Claudia,mi farebbe molto piacere incontrarti,sicuramente dopo le vacanze farò’ un giro dalle parti di via Arese e ci incontreremo.Cari saluti Luciai Beduzzi
gentile signora Anna Maria. a distanza di 1500 km ed una cinquantina di anni anche a me è tornata l’acquolina in bocca pensando a pranzo della domenica; pollo arrosto e crocchette della sua mamma! Non ne ho più mangiati così!
Una ulteriore precisazione. Anche il grande Adirano Celentano ha esordito alla Filocantanti ed ha cantato lì per un po’. Purtroppo quando la sala stava in cattive acque e gli è stato chiesto (ormai era famoso) di tornare per “aiutare” si è negato! Pazienza!
Su internet e consiglio di mia sorella, ho visto una nuova isola supersonica! Sembra un po’ fantascienza, Chissà se mi ci ritroverei! Un caro saluto:
Qualcuno ricorda la latteria in via Pollaiolo e la macelleria equina in via Pastrengo? Grazie. Annamaria.
Marilena
Questa mattina ho avuto notizie dell’ allagamento della nostra isola e mi sono ricordata, se non sbaglio, che già nel 51 era successo un fatto simile. Anc
he allagata è sempre bella forse anche di più come vorrei essere ancora lì in via de Castiglia sotto il ponte della sorgente ciao a tutti
E io in via G.Pepe al n°8 dove nel 51 a 7 anni facevo galleggiare delle zattere in miniatura, fatte con le assicelle delle cassette della frutta, dalla vela di carta sospinte dal vento nel cortile. Come vorrei tornare a quei bei tempi e poterlo rifare! Paolo
ps. da allora il Seveso continua imperterrito a fare danni, complimenti alle amministrazioni e sedi competenti.
Buongiorno a tutti, mi chiamo Andrea.
Mio padre ha vissuto per anni in questo storico quartiere e spesso me ne parla. Si chiama Claudio ed è del 48. Ora viviamo in Brianza, ma il suo ricordo è ancora forte. Vorrei fargli un bel regalo di compleanno con qualcosa che gli ricordi l’ISOLA. Ad esempio libri storici riguardanti il quartiere, o un quadro o delle foto, dei documentari o qualcosa del genere. Anche qualche cimelio storico. Qualsiasi cosa che possa ricordare questo quartiere. Spero che qualcuno di voi possa aiutarmi. Ho letto gran parte dei vostri commenti e sono tutti bellissimi.
GRAZIE
ANDREA
Buon giorno Andrea !
Sono sicura che qualche altro amico/amica isolano risponderà alla tua richiesta,intanto ti do qualche dritta…..
Libri :
IL BANDITO DELL’ISOLA -milieuedizioni – biografia di Ezio Barbieri
C’ERA UNA VOLTA L’ISOLA – autore Lino Lecchi -(questo libro ha tra i vari personaggi Nuto e Carla che COINCIDENZA STRANA ..sono anche i nomi dei mie genitori !!!!!)
Infine ..ma non ultimo …PERCHE’ ERA VERAMENTE GRANDE ,e sarà sempre nei nostri cuori , potresti regalare a tuo padre un libro su DON EUGENIO BUSSA,esiste un’associazione di ex allievi e so che è stato fatto anche un libro ma non so il titolo.
Se tuo padre è del 48, sicuramente frequentava l’oratorio ed era uno dei ”suoi ragazzi’ ……
Un saluto a tutti.!!!
Oggi l’acqua era veramente alta in tutto il quartiere …..
Anch’io come Paolo ricordo un’esondazione del Seveso,(doveva essere il 70 o il 71) non potendo attraversare la via Borsieri per andare a scuola il mio papà mi prese in ‘spagoletta’ con tanto di cartella ……..chiaramente per strada c’erano altre mamme e altri papà nelle stesse condizioni …..ma ovviamente per noi piccoli tutto questo era un gran divertimento !!!
Un saluto a tutti voi !
una cosa come quella accaduta ieri la ricordo solo nel 51,tutti bloccati in casa e niente scuola,poi sino al 75 anno in cui ho cambiato residenza solo qualche centimetro di acqua raramente,ma comunque devo dire che in oltre 60 anni mai nessuno si è interessato del problema e le cose sono peggiorate.
E pensare che all’Isola amavamo il Seveso che allora ( mi riferisco agli anni ’45-’50 ) scorreva a cielo aperto e che noi dell’Isola lo consideravamo, assieme al fosso che costeggiava la via Comasina sino al canale Villoresi, il nostro “mare”. La “spiaggia” era all’altezza del ponte di Viale Zara. Che acque limpide!
Che refrigerio in quelle calde estati del dopoguerra e che belle ragazze in costume da guardare, finalmente!
Ciao caro Seveso, ti hanno voluto imbrigliare, soffocare, sparire. Fagliela vedere tu che nullità sono quegli omuncoli che credono di gestire le cose oggi.
Straripa, scoppia, inonda, bagnali, affogali. Io sono con te!!!
Cazzo ! Che cosa ho combinato ! Il Seveso se li è veramente portati via tutti!
Seveso, siamo rimasti soli !
Rispondo a Gianni Tedeschi: il Seveso, dolce fiume che una volta scorreva nella nostra amata Isola, si è proprio scocciato. Ve bene tutto: imbrigliarlo, coprirlo, non farlo più vedere e assaporare nelle sere estive agli isolani, quando si dava importanza di un grande fiume, quando le sere invernali si copriva con una coltre di nebbia, come un soffice piumotto, eh sì, si è scocciato, vendicato, e ha pensato di farsi ricordare, da chi come noi lo ha conosciuto, da chi ne ha solo sentito parlare, da chi di lui se ne é infischiato, trattandolo da estraneo, come se non facesse parte di noi isolani, del nostro amato quartiere. Ma resterà sempre nel nostro cuore, come un figlio un po’ monello. Annamaria.
Nessun segno di vita da settimane a parte le righe nostalgiche di Annamaria che rivelano un animo buono e romantico. Dall’Isola sono scaturite anche delle splendide persone come lei.
In questa vigilia di Ferragosto, con tanto tempo a disposizione da dedicare ai ricordi, mi fa piacere riportarmi al Ferragosto del 1946, primo anno di pace dopo i cinque di guerra. Io avevo 12 anni. Dopo gli anni dell’oscuramento : nessuna luce nelle strade, nessuno spiraglio di luce doveva vedersi alle finestre, i pochi mezzi in movimento come tram o macchine avevano sui fanali un’apertura di pochi centimetri. La sola luce nella Milano di notte di allora era quella della luna, quando c’era, e quando c’era anzichè portare piacere portava solo la paura di un bombardamento. E poi c’era il “coprifuoco”, dopo una certa ora non si poteva più uscire in istrada. Tutto questo nel 1946 aveva avuto termine. Gradualmente le luci nelle strade erano state riattivate, le prime all’Isola furono quelle del tratto di viale Zara, da Lagosta a Stelvio, e quel luogo
venne subito preso d’assalto. nelle sere estive, dagli Isolani. Che aria di festa! Le giostre lì arrivarono solo negli anni seguenti. Per quel 1946 già la sola illuminazione dava gioia.
Tutta questa premessa per inquadrare il ” mio ” Ferragosto del ’46 di cui desidero scrivere. Come i lettori di questo blog sanno, mia mamma era la lattaia di via J. dal Verme 2. Nelle sere estive di quell’anno la latteria era un punto di forte attrazione, gelato a chili, ghiaccio e granite a quintali ! Ma il
Ferragosto era un rito, già allora, che imponeva la fuga dalla città ad ogni costo, nel vero senso della parola. A piedi, in bicicletta, col furgoncino a pedali, con i tram bianchi ( erano quelli che andavano in provincia ), o col treno, tutte o quasi tutte le famiglie dell’Isola, magari prima con una visita al “Monte di Pietà” per impegnare qualcosa, scappavano via dalla città. Uè, non stò mica esagerando e.
La latteria, sette giorni su sette, restava aperta sino alle 24, ed anche oltre,
ma, vuotatasi la zona, mia mamma volle anche lei festeggiare, a suo modo, il Ferragosto. Quel giorno abbassò la “Cler” alle 19. Mio papà, che lavorava in ferrovia, ma era libero in quel giorno, aveva caricato mia mamma sul portapacchi della sua bicicletta, seduta di traverso, io sulla mia “carampana”, una bici anni ’20 con un robusto portapacchi sul quale mi avevano legato una borsa con la cena di Ferragosto che volevamo gustare ” al sacco nel verde”.
Così ci eravamo avviati per via Murat, eravamo passati davanti all’Ospedale Maggiore, avevamo attraversato Niguarda e poi Bresso, allora il percorso era
in mezzo alla campagna verde, ed avevamo proseguito ancora per qualche chilometro sino a svoltare in un vicolo di campagna e fermandoci in un prato, al lato di un fosso. Lì, giù la tovaglia sull’erba, era uscita la cena : Pollo fritto, uova sode, insalata, la bottiglia di bevanda ( vino annacquato) ed alla fine un melone. Tutto fantastico, per me, allora. Tanto che ora, con alle spalle ricchissimi Ferragosti trascorsi nei migliori luoghi d’Europa, se devo ricordare quello che più tengo custodito nel profondo del cuore ecco che corro a quello del 1946 che ho brevemente più sopra descritto. Ah l’Isola del ’46 !
Buon ferragosto a tutti
Annamaria
Gentile signor Tedeschi, ho letto con piacere la pagina del suo diario dedicata al ferragosto del ’46. Di quei tempi so solo quello che mi hanno raccontato i miei genitori. Sono nata nel 51.
Leggendo il suo racconto ho ricordato quello che la mia mamma, nata e vissuta fino al 39 in J. Dal verme al n. 1 e poi trasferitasi con la famiglia in via Ugo Bassi 23, mi raccontava dell’immediato dopoguerra.
Ricordo che da bambina il ferragosto lo trascorrevo con la famiglia e i miei nonni in portineria, dove nonna Bianca era custode.
Il pranzo veniva regolarmente interrotto da inquilini che abbisognavano di qualcosa. Io mi scocciavo, ma per nonna era dovere!
Il mio papà, operaio alla Siemens in via De Castillia, cantava da tenore, era stato anche a scuola di canto da Beniamino Gigli, ma poi la guerra aveva interrotto i suoi e i sogni di molti.
Il giorno di ferragosto cantava in portineria, alternando romanze napoletane a canzoni di Giovanni D’Anzi, “Nustalgia de Milan” risuona ancora nel mio cuore, a volte mi sorprendo canticchiare “vivere…senza malinconia”…
E si, bei ferragosti trascorsi all’isola, dove avevamo meno di adesso, ma eravamo felici di nulla, felici per una canzone, felici per la torta di mamma, felici
Di conoscerci tutti almeno di vista, felici del caldo afoso, dove ci bastava andare in p.le Minniti per un gelato, felici di ascoltare la Messa da don Eugenio..,felici… Spero di tramettere ai miei nipoti i miei ricordi e che li apprezzino come me.
Buon ferragosto Gianni a lei e a tutti gli isolani rimasti nel mio cuore.
Annamaria.
In questi giorni estivi (si fa per dire visto il tempo), non posso fare a meno di ricordare le estati di tanti, tanti, anni fa, trascorse all’isola.
Ricordo giornate assolate per le strade del quartiere quasi deserto. Oggi gli anziani che non sono in grado di poter andare in vacanza per tanti motivi, rimangono a casa, difficilmente i parenti li portano con loro. Ai miei tempi no, gli anziani che rimanevano erano comunque seguiti da qualche figlio. Ed era bello nelle sere estive vederli seduti davanti ai portoni delle case a ricordare tra loro i bei tempi. Noi bambini giocavamo nelle strade, allora percorse da poche macchine, ma la regiura buttava sempre un occhio. Gli uomini si raccontavano, dopo un bicchiere di Barbacarlo acquistato all’osteria in via Ugo Bassi o da Cibi Cotti, i ricordi, purtroppo non sempre piacevoli.
Dolci serate estive trascorse all’isola, dove il tempo sembrava essersi fermato…. Peccato che i bambini di oggi non possano vivere tutto ciò….
Saluti a tutti.
E siamo giunti nella seconda parte di questo Settembre 2014 e non c’è ancora su questo sito alcun cenno di risveglio. Ho stampato tutto il pubblicato e siamo presto alle 100 pagine. Un libro! Ci mettiamo la parola fine ? Sarebbe un vero peccato ma è inevitabile se nessuno ci scrive più.
Si sarebbe un vero peccato caro Gianni !
In questi giorni ho trovato un vecchio libro di Milano, sono tutte le esperienze di vita raccontate da milanesi doc – e tra i tanti argomenti si parla di antichi mestieri a Milano ……
Qui in via Arese ,di fianco a casa mia c’era una casa molto vecchia, molto brutta e scura (almeno questo nei miei ricordi di bambina piccolissima) li
sulla scala c’era un ANCIUAT – che puliva le acciughe nel buio pesto del pianerottolo………
Ricordo oltre all’odore, (si sentiva a distanza) che aveva intorno tanti secchi.
Questo è l’unico ‘personaggio’ con un antico mestiere del quale ho memoria, probabilmente all’isola ce ne saranno stati anche altri…………..
p.s. Per la cronaca …aggiungo scherzosamente ….a chi potesse essere interessato io non mangio e non ho mai mangiato acciughe,sarde e simili !
Un caro saluto a tutti .
Sarebbe un vero peccato non poter trasmettere in futuro queste nostre esperienze di vita, ricordi di fatti e personaggi che hanno riempito nel bene e nel male la nostra gioventù.
Sono convinto che dopo il ritorno dalle vacanze molti riprenderanno a fornirci notizie con i loro ricordi e a tale proposito per riallacciarmi ai vecchi mestieri come non parlare del Tullio, tornitore in legno che con i suoi due figli lavorava all’inizio della G.Pepe in un locale angusto dal pavimento ricolmo di truccioli e segatura. Del Nin ciabattino al n°8 e sempre sulla G.Pepe al 48 el rottamat.
Il Pompeo Brunetti ciato dal Caprotti in uno dei suoi libri creatore al n°12 di via Borsieri il famoso “Uguent del dodes” e altri preparati “miracolosi” in un bugigattolo dietro ad una pattona avvolto da un mantelloi quasi fosse un mago. Nei cortili venditori itineranti offrivano rane, lumache e vendevano anche ghiaccio per le giassere antenate dei frigoriferi ecc. ecc.
Sempre cari ricordi
Paolo
È vero, sarebbe un vero peccato chiudere. È da poco che ho scoperto “Vecchia Milano” e mi dispiacerebbe…. Probabilmente molte persone erano in vacanza, speriamo nella ripresa.
A Claudia rispondo che abitavo in Ugo Bassi, vicino quindi alla via Arese e ricordo, a proposito di vecchi mestieri, lo “strascee”, con il suo trabiccolo. Ricordo un tipo buffo, certo sciur Mario, marito della sciura Maria, che era sorella di una mia zia. Abitavano in Via Borsieri al n. 9. Casa di ringhiera, acciottolato nel cortile… Tutti si conoscevano e si aiutavano.
Il richiamo dello stracciaio lo ricordo benissimo. A scuola, Rosa Govone, con la maestra, signora Bellotti, durante il silenzio delle lezioni si udiva il richiamo del sciur Mario. Bei tempi!
Ben tornati a tutti. A risentirci. Annamaria.
Non si può chiudere un gruppo così bello….. altrimenti una “isolana” come me da chi apprende tanti ricordi sulla zona? Tanti saluti Gianni e ben tornato
Date: Thu, 18 Sep 2014 08:33:27 +0000 To: honfleur5@msn.com
Non si può chiudere un gruppo così bello….. altrimenti una “isolana” come me da chi apprende tanti ricordi sulla zona? Tanti saluti Gianni e ben tornato
Buona sera Grazia. Anche se non ci conosciamo personalmente, fa sempre piacere leggerci. È molto bello ricordare i bei tempi e il nostro amato rione. Non chiudiamo! A risentirci a tutti. Annamaria.
io ho vissuto x tanti anni in via dei ncastiglia
dagi2006 ||||||| hai vissuto in via de castiglia dimmi per favore il numero , io abitavo al 7 saluti agostino
A proposito di vecchi mestieri… Ricordo in via Thaon de Revel un negozio di pelletterie. Lo chiamavano “l’umbrelat’. Oltre ad aggiustare ombrelli vendevano borse ecc… La mia prima borsetta l’ho acquistata in quel negozietto! Ora gli ombrelli non si riparano più, ma perché non tramandare alcuni mestieri? Annamaria.
Si è vero Annamaria ! L’umbrelat di via Thaon de Revel era vicino alla panetteria, poco dopo l’angolo con via Arese.
Anche a noi è capitato di portare ad aggiustare gli ombrelli, e ricordo aveva anche borsette ,cinture,portafogli eccetera…..
Hai ragione oggi non si ripara più nulla o quasi.!
A memoria il negozio ha chiuso nei primi anni 70.
Un caro saluto a tutti :
Bravissime Annamaria e Claudia nel ricordare quei mestieri ormai scomparsi e che i giovani non hanno mai conosciuto. Io aggiungo questi altri due: “EL CADREGHE’ ” che veniva nei cortili e riparava le sedie impagliate danneggiate, (che confort davano alle nostre parti molli !!!) ed “EL MATERASSE’ ” che, sempre nei cortili rinnovava, cardando la lana e ricucendoli, i materassi. All’epoca questi erano soltanto o di lana o di crine. Oggi c’è di tutto, dalle molle alla gommapiuma ed addirittura all’acqua che dicono sia l’ideale per le accrobazzie amorose notturne.
No purtroppo “EL CADREGHE’ ” non lo ricordo …Ricordo invece abbastanza “EL MATERASSE” perché a volte veniva qui nel cortile della via Arese,e si metteva in un angolo a lavorare..
Un’altro mestiere scomparso e’ il MOLETA ,( l’arrotino) che affilava forbici e coltelli, a tale proposito esiste anche una simpatica canzone in milanese.
signora Annamaria Laronga, mi ha fatto ricordare il grido dello STRASCEE che quando passava col suo triciclo faceva così: STRASCEE! STRASCIAIOO! E noi bambine lo guardavamo di nascosto perché mamma ci diceva sempre che se facevamo i capricci ci vendeva allo stracciaio. potevano essere 50/60 anni fa!! un saluto a tutti
Gentile signora Vailati, la prego, omettiamo “signora…” Io sono Annamaria per tutti… Mi riferisco agli anni ’50, sono del 51! Ricordo il richiamo dello stracciaio durante le lezioni scolastiche. Il sciur Mario, straccivendolo, era un personaggio particolare. Lo ricordo come un uomo buono, amante del Barbera, senza eccedere, ma con un particolare apprezzamento per il buon vino!
Ricordo una famiglia a nome Vailati, che abitava in Ugo Bassi al n. 30. Niente a che vedere con te? Un salutone. Annamaria.
i vailati di ugo bassi 30 li ho conosciuti o almeno i due figli ed in particolare il maggiore che era mio compagno di scuola.Il papà mi sembra facesse l’imbianchino ed anche loro dopo le scuole dell’obbligo facevano lo stesso lavoro,ma è da circa 40 anni che li ho persi di vista.
Buongiorno Enzo, sto pensando che se conoscevi i Vailati probabilmente ricordi anche un certo Luigino, che abitava sempre in Ugo Bassi ma al n. 24. Se non sbaglio era il figlio della custode. Buona giornata. Annamaria.
yes luigi martinelli sua mamma e sua nonna erano le portinaie in ugo bassi in un casa tra piazza fidia e via pollaiuolo.
Anch’io come Annamaria ho acquistato la mia prima borsetta in via Thaon de Revel,ricordo quel negozio molto buio e seduto in un angolo c’era un signore che riparava gli ombrelli,nella stessa via c’era anche una latteria,oltre a tanti altri negozi.In via,Arese 7,dove io ho abitato fino al 67,anno in cui mi sono sposata,passavano gli ambulanti con i loro richiami:l’ombrellaio,l’arrotino,lo stracciaio e alla domenica passava anche un venditore di giornali che urlava l’Unita’ l’Unita !!!!! era lo strillone Tutto questo non c’è più.
Un saluto a tutti.Lucia
Buongiorno Annamaria. Non sono la Vailati di via Ugo Bassi, ma di Via Arese 7. Proprio il palazzo di Lucia Beduzzi; Ricordo abbastanza lei, ma meglio ricordo il suo Papà. Se non erro un po’ claudicante e con bicicletta (poi motorino) al seguito. Teneva sempre pulita e in ordine la Madonnina dell’altarino nel cortile. Nel mese di maggio c’erano sempre fiori freschi e insieme alle donne del palazzo veniva in cortile anche altra gente dai per la recita del S. Rosario insieme.
Sa, Lucia, ricordo bene anche lo strillone de “L’unità”. Poi ha pensato bene di suonare i campanelli, sempre la domenica mattina, meglio se presto,e si è ritrovato, almeno un paio di volte con qualcuno che ha aperto in camicia da notte e gli ha urlato improperi! Erano proprio altri tempi!
Ho conosciuto, era in classe con me, una Patrizia Vailati che abitava nella zona, all’incirca del 53. Forse era di via Ugo Bassi. Ho però perso i contatti subito dopo il diploma
Un caro saluto …….dall’estero(Sicilia)
Buongiorno Mariateresa,come ho già detto a tua sorella Claudia mi fa piacere che vi ricordate della mia famiglia,io non mi ricordo di voi,perché nel 67 quando mi sono sposata sono andata via,ma mi ricordo molto bene di tua mamma e di tuo papà che faceva il tassista.Leggo che ora sei in Sicilia sei lontano dall’isola ma vedo che hai bei ricordi,un caro saluto
Lucia Beduzzi
Buongiorno a tutti gli isolani. 1o ottobre: tanti anni fa all’isola e in tutta Italia significava il primo giorno di scuola. Ricordo le vie attorno alla scuola Rosa Govone. Bambini che si aggrappavano alla mano dei parenti, paurosi per quello che ancora non conoscevano, le cartolerie del rione che straripavano di quaderni, pennini ecc. Bello il calamaio che veniva regolarmente riempito dai bidelli, i grembiulini bianchi con vaporosi fiocchi colorati a secondo della classe. Le merende che uscivano dalle cartelle. Durante l’intervallo ce ne stavamo tutti raggruppati e intimiditi scrutandoci l’un l’altro. La campanella che suonava l’inizio delle lezioni e subito dopo, tutti sull’attenti, si ascoltava l’Ave Maria. Bei tempi. Ricordo che all’uscita mia madre mi portava a comperare un anellino colorato dal cartolaio di fronte al portone della scuola, mi pare si chiamasse Garavaglia. Era una specie di premio per il primo giorno di scuola. Che nostalgia!
E’ vero il 1 ottobre era il primo giorno di scuola !
Anche la mia maestra ,dopo l’attenti ci faceva ascoltare l’Ave Maria , e sino ad oggi cara Annamaria pensavo lo facesse solo lei ……..invece a quanto pare era abbastanza consueto.
Ricordo anch’io che di fronte alla scuola in cartoleria vendevano degli anellini con ‘pietrina’ colorata.
Un caro saluto a tutti.
Buongiorno a tutti. Abito a Linate paese, quindi quasi Milano, stamattina alle 7 eravamo immersi nella nebbia e lo siamo sempre più. Fatico a distinguere la pista degli aerei. E ricordo, con immensa nostalgia, la nebbia della mia isola. Quando mettendo fuori il naso dal portone sentivi non un odoraccio ma quasi un profumo, un odore tutto tipico. Ricordo che da via Ugo Bassi con mia madre percorrevo la Medardo Rosso per andare a UPIM, che all’epoca era a metà della via Farini. Nebbia significava per me UPIM, e ai primi di novembre voleva dire Natale. Perché a UPIM già c’erano in vendita gli addobbi, e tutto quello che era relativo. Dolce nebbia dell’isola, come ti rimpiango! Qui a Linate la nebbia puzza di carburante degli aerei e non ti senti protetto come nel vecchio quartiere. Quando arriverà novembre sarà sempre più sporca e solo un fastidio per gli automobilisti. Annamaria.
Salve a tutti! Mia mamma Gianna e mia nonna Antonietta mi raccontavano sempre con tanta nostalgia della loro vita in via Borsieri … Mia mamma si chiamava Gianna Rosa Colli, figlia di Angelo Colli, operaio, e di Antonietta Dell’Angelo, che faceva la sarta in casa e cuciva a cottimo valigie piene di capi per La Rinascente. La mamma era nata nel 1933 e fino al 1958, anno del suo matrimonio con papà, ha vissuto in una casa di ringhiera di via Pietro Borsieri. Mi hanno sempre raccontato degli anni da incubo della guerra e di vari episodi riguardanti le fughe del nonno che era ricercato dai fascisti perché comunista e sindacalista, le tessere con i bollini per comperare il cibo, il suono degli allarmi per i bombardamenti e le levatacce notturne per fuggire nei rifugi antiaerei, con le ginocchia che tremavano e i denti che sbattevano per il terrore, lo sfollamento in tram verso Niguarda e la Brianza … So che nel loro stesso stabile abitavano tre signore che si chiamavano Irma, Paolina e Onesta, coetanee di mia nonna ossia nate ai primi del 900. Ancora negli anni 70-80 le andavamo a trovare (non abitavano più lì), io ero bambina ma me le ricordo, erano vecchiette molto simpatiche. Mi citavano il nome di un’osteria, da Pompeo, e il ponte della Ferrovia. La mamma e i nonni, in via Borsieri, abitavano nello stesso stabile del dott. Belloni, cardiochirurgo, che li conosceva bene. La mamma, da ragazza, lo prendeva per mano (Pierangelo Belloni era un bimbo) ed andavano insieme a passeggio: ho ancora le foto di loro due in piazza Duomo, a metà anni 50, in uno svolazzare di piccioni. Mamma Gianna è mancata nel 2007 a Carate Brianza, dove ha abitato dal 1959 in poi. Qualcuno l’ha conosciuta o si ricorda la famiglia dei miei nonni? Grazie a tutti per l’attenzione.
di tutta la storia interessante come moltissime altre di vecchi abitanti dell’isola posso dire che il belloni è stato mio compagno all’oratorio anche se io ho 2/3 meno di lui,ma dei tuoi nonni e dei tuoi genitori non ricordo forse ero ancora piccolo sono del 45,comunque un saluto ed è sempre bello sentire le vecchie storie che ti mettono un po’ di nostalgia.
Buongiorno Annamaria, é stato un vero piacere leggere quanto hai scritto.
Il tutto mi ha riportato indietro ai miei anni ’40 e ’50 ed a quelli della mia Isola di quel periodo. Non ho capito se tua mamma Gianna è ancora viva.
Sai se da piccola, anni ’46/’47, faceva la sartina in un negozio di via Borsieri 1 ?
Ricordi se nella vostra portineria abitasse un certo Cesare Nozza ?
Se sarai così gentile da rispondermi ti potrò raccontare altre storie dell’Isola di quegli anni che forse ti potranno interessare. A presto dunque ed un caro saluto. Gianni
Scusa Roberta, mi sono indirizzato a te con il nome di Annamaria ma si tratta di un mio errore. E’ a te, Roberta, che erano indirizzate le mie righe.
…ieri con un amico che non vedevo da 40 anni (siamo cresciuti assieme in via Borsieri 14) abbiamo girato la nostra Isola-Minniti..Garigliano..Lagosta..Volturno..Confalonieri…..Pastrengo..Archinto..Dal verme…quanta nostalgia….
Anch’io appena posso farò un giro all’ISOLA per ricordare !!!!!! Non vedo l’ora Ciao a tutti gli Isolani
Avvisami, che il giretto all’Isola lo faremo, se vuoi, insieme.
Ciao Gianni,si quando farò il giretto all’ISOLA ti avviso a presto Lucia
Ciao a tutti. Una domanda a Franco: ricordi in via Borsieri 14 una, allora bambina, riferito agli anni 50, che si chiamava Marzia? Era molto bellina, aveva una lunga treccia nera.Era mia compagna alle elementari.
Ciao e grazie. Annamaria.
…cara Annamaria la Marzia l’ho conosciuta bene,e’ mia cugina,abitava al secondo piano del secondo cortile del 14 aveva una sorella maggiore Gabriella e un fratello minore di nome Marco se non sbaglio si chiamava Fornoni…in ogni caso erano bei tempi…un abbraccio Franco
…caro Gianni sarebbe un gran piacere,..di solito la domenica mattina la dedico alla mia Isola…ci sentiamo…
Grazie Franco. È vero, si chiamava Fornoni. La ricordo come la bambina più simpatica della classe. Sarebbe bello una rimpatriata all’isola, magari per la festa della Fontana. Nostalgia del vecchio quartiere, ma anche della nostra gioventù. A presto. Un abbraccio a tutti. Annamaria.
Cara Annamaria,raccolgo la tua proposta di incontrarci in occasione della festa della Fontana che sarà il 26 ottobre. Spero che si possa organizzare.Teniamoci in contatto.
A presto ciao a tutti.Lucia
lucia.beduzzi@fastwebnet.it
Ho letto la proposta di Lucia per un incontro in occasione della Festa della Fontana. Vi prego di avvisarmi. Non dimenticatemi !
Ciao a tutti. Chi ricorda le famose “sorprese”? Simpatici sacchettini venduti nelle latterie di p.le Archinto, via Pollaiolo ecc… Contenevano giochini e una caramella Golia. Costavano 10 o 20 lire. Che conquista quando riuscivi a convincere i genitori a regalartela! Annamaria.
Bravissima Annamaria così attiva con i suoi ricordi. Le sue ultime righe mi hanno portato alla mente le figurine “Fidass”. Chi se le ricorda dei miei coetanei ? Ma ce ne sono ancora vaganti in Internet ? O sono solo ? Comunque le Fidass segnarono un’epoca. Erano i primi anni del dopoguerra, 1947 e dintorni.
Le caramelle Fidass erano incartate assieme ad una figurina di calciatore. Il formarne una squadra spedendola poi alla sede della società si riceveva un bel pallone da calcio in cuoio. Tutti i ragazzi impazzivano, ogni soldino dalle tasche finiva in caramella Fidass e tutti succhiavano ed ammucchiavano figurine. Ma le squadre erano difficili da formare, i portieri erano quasi introvabili. Io che allora frequentavo le medie al Parini ero coinvolto sia all’Isola che a scuola negli scambi convulsi di queste figurine. Si stava ripetendo quel fenomeno sociale che qualche decennio prima era stato rappresentato dalle figurine “Liebig”.
Per la raccolta di quelle gli italiani divennero dei bevitori di brodo Liebig!
Io conoscevo bene il sistema Fidass perchè mia mamma nella sua latteria di via dal Verme ne vendeva in quantità industriale. In ogni scatola di cento o duecento caramelle, che si vendevano per unità, c’era solo un portiere. Preziosissimo ! Ma i portieri delle scatole che arrivavano da noi me li prendevo scartando e rincartando di nascosto, con una pazienza certosina, tutte le caramelle. Poi mettevo in giro la voce che da mia mamma si trovavano facilmente i portieri e così le caramelle andavano a ruba assieme alle illusioni di poter formare una squadra. Io intanto i miei portieri che avevo sottratto li barattavo al Parini, dove la febbre Fidass era ai massimi livelli, con le cose più impensabili. Ho confessato solo ora queste mie operazioni che mi sono pesate sulla coscienza per tutta la vita. Ecco, ora me la sono liberato
. Posso morire in pace.
Caro Gianni, non ricordo le figurine di cui parli. Ma una cosa l’ho capita leggendo il tuo scritto: sei troppo simpatico! È questa l’ironia degli isolani.
Un abbraccio. Annamaria.
Grazie del complimento cara Annamaria! Alla mia età sentirsi attribuire un “troppo simpatico” è un complimento grande come una casa.
Ciao Gianni. Ho scritto a Lucia per accordarci circa la festa della Fontana. Figurati se dimentichiamo una bella persona come te! Nessun isolano deve essere scordato. Il tam tam funziona per tutti. Più saremo meglio sarà. Sto cercando di coinvolgere anche mio marito, che non è isolano ma milanes ariuss! Un saluto a tutti. Annamaria.
Ciao Annamaria,ti ho appena inviato un e mail speriamo di organizzare,anch’io coinvolgerò mio marito,non è’ isolano e neanche milanese,ma verrà volentieri anche perché alla Fontana ci siamo sposati tantiiiii anni fa saluti a tutti Lucia
Non dimenticate la Roberta Caccialupi. Ha fatto tanto per l’Isola, vedi Milanoisola.
E domenica 26 Ottobre, Festa della Fontana 2014. L’Isola sarà in festa, malgrado tutto, come sempre. Come lo era anche nei difficili anni del dopoguerra. Allora bastava il profumo dei Krafen, fritti nell’olio bollente, per addirittura inebriare. E le giostre montate in P.le Segrino ci facevano scaricare la voglia di vita che era in tutti noi.E quanti flirt nascevano in quel giorno in cui ci si incontrava tutti liberamente e ci si riscoprivamo tutti più belli !
Caro Gianni mi spiace ma non potrò essere presente alla festa della Fontana. Sono purtroppo bloccata a Cesenatico dove abita mio figlio per gravi problemi famigliari. Ho già avvertito Lucia. Spero di potervi incontrare in una prossima occasione. Un abbraccio a tutti. Annamaria.
Non ti preoccupare, cara Annamaria, non mancheranno occasioni per un altro incontro tra Isolani. L’importante soprattutto è che tutto si risolva bene per te.
La vita ci presenta continuamente nuove situazioni difficili da affrontare. ma poi le superiamo e spesso le dimentichiamo pure. A presto ed auguri!
Cara Annamaria,come già ti ho scritto appena tu avrai risolto i tuoi problemi famigliari cercheremo di organizzare un incontro,anche se non e’ la festa della Fontana sarà per noi Isolani un evento importante.Buone cose.
Lucia
All’incontro della festa della fontana fate delle foto di gruppo e mettetele sul sito Saluti a tutti Agostino Antonaci
….sono stato alla festa della Fontana ca le 10,00 ma sono rimasto deluso…bancarelle quasi solo in Boltraffio praticamente solo frutta e verdura….oh miei cari e amati anni 50/60 dove siete????!!!!….le bancarelle iniziavano da ple Segrino e coinvolgevano tutte le vie attorno con i loro profumi….kraffen…zucchero filato….etc etc….
caro franco parole sante te ghè resun
Mi spiace non aver potuto partecipare alla festa della Fontana. Mi pare di aver capito che nulla è più come una volta. Per forza, noi giocavamo in strada o nei cortili, giochi che coinvolgevano tanti ragazzini, giochi se vuoi anche un po’ banali, ma che ci insegnavano a stare assieme, ad aiutarci l’un l’altro, ci facevano capire che cos’è una comunità, e di conseguenza anche eventi come la Festa della Fontana erano per noi veramente una festa. Dove ci divertivamo solo a sentire il profumo dei krapfen, le prime caldarroste, lo zucchero filato che ti impiastricciava tutta la faccia. Che bello. Le giostre con i ragazzotti che ti sussurravano stupidate e noi ragazzine arrossivamo confuse e a volte sognavamo.
Oggi i ragazzi hanno giochi elettronici, che sono senz’altro più stimolanti per la mente ma non per il cuore e per la fantasia. La ragazzine di oggi sanno ancora arrossire per un complimento, se mai a un giovane venisse in mente di farlo?
Che bello quando raccontavi a casa che andavi a Messa. Vero. Entravi dalla porta principale e uscivi da quelle secondarie per stare magari solo con le amiche a raccontare sciocchezze, a ridacchiare se passava il morosino di una di noi.
Ci hanno tolto la “nostra” Festa della Fontana, ma non potranno mai toglierci i ricordi e i sogni.
Buona giornata a tutti gli amici isolani che spero di incontrare presto. Annamaria.
Brava Annamaria che hai saputo esternare quanto, nel profondo, ognuno di noi custodisce. Spero proprio che un bel giorno ci si possa, su questa terra, nuovamente reincontrare, anche se non tutti, il che sarebbe impossibile, e gioire insieme del fatto di essere, malgrado tutto, ancora vivi e vegeti e con del futuro davanti. Un affettuoso abbraccio!
…Annamaria ti ricordi le giostre in ple Spotorno? li conobbi la mia prima ragazza…ci guardavamo a distanza poi si andava su l’autoscontro e poi…e poi…e poi…la seguivo fino a casa a debita distanza…esattamente 50 anni fa dic,1964…lei in garigliano io borsieri…che tempi…eravamo dei piccoli leoni…io lavoravo e andavo a Ragioneria la sera(avevo 17 anni)…mio figlio 23 anni non resisterebbe neanche un mese….ciao a tutti
Grazie caro Gianni per le tue preziose parole. Spero anch’io con tutto il cuore di riuscire ad incontrarci. Lo desidero molto. Magari prima di Natale, quando anche la nostra isola si vestirà a festa. Potremmo organizzare una pizzata o altro, quello che decidete per me va sempre bene. Nessuno però mi ha scritto se vi siete incontrati, come avete trascorso la giornata ecc…
Un abbraccio a te, a Lucia e a tutti gli isolani che ci leggono. La forza degli isolani di una volta sta che nonostante i grossi quotidiani problemi che ci affliggono,riusciamo comunque a sorridere e a sperare in un futuro più positivo, dove gli altri, anche se quasi sconosciuti, trovano un posticino nei nostri pensieri e nel nostro cuore.
Ciao Annamaria,purtroppo non ci siamo incontrati in occasione della Festa della Fontana,io non ero a Milano visto che non si combinava non sono tornata.Vorrei tanto organizzare prima di Natale come dici tu anche per una pizza io sono disponibile a tutto basta organizzare.A presto un caro saluto a tutti gli ISOLANI
Caro Franco quanti bei ricordi… Una bancarella mi piaceva tanto: dovevi lanciare una pallina in una serie di caselle, in base al punteggio ottenuto ti portavi a casa un prezioso gioco. Divertimenti che oggi i nostri figli e nipoti snobbano senz’altro. Non sanno divertirsi e hanno tutto. Sono sempre annoiati e infastiditi, che stufida!
Ricordo in via Borsieri il negozio di “cibi cotti”, antenato delle moderne rosticcerie. In questa stagione preparavano padellone di castagnaccio, mamma che buono! Poi c’era il catino con il merluzzo a bagno… Oggi: merenda a base di schifezze, hamburger con carne misteriosa… e la noia che li sommerge!
Ciao a tutti e buon fine settimana con un buon Pan di mort….
Oggi da Barcellona Pozzo di Gotto,dove passa in pace questi anni, mi ha chiamato Ezio Barbieri. Si sente che ha l’Isola nel cuore. Mi ha pregato di salutare tutti gli Isolani a nome suo. Pochi sono ancora quelli che l’hanno conosciuto di persona. Io sono uno dei pochi. Ecco, ho trasmesso i suoi saluti.
Ciao caro Gianni, ho letto il tuo messaggio relativo a Ezio Barbieri. Forse tu riuscirai a dipanare una matassa che mi frulla nella mente e non riesco a dipanare.
Ricordo da bambina una trattoria angolo via Porro Lambertenghi con Via Pollaiolo . Mi pare il proprietario si chiamasse proprio Barbieri, ma non sono sicura. Non so perche’ ma questo signore veniva chiamato “Peri”. Un omone grande e grosso, aveva un cane lupo che adoravo e del quale avevo però un po’ timore.
Il mio papà, che era tenore, a volte cantava per passione in questo locale, ho anche una sua vecchia fotografia.
Avevano una delle prime tv e la sera si andava a vedere Lascia o raddoppia?
Che gioia per noi bambini, gassosa o gelato che all’epoca costava 20 lire due gusti.
Non so se si tratta della stessa persona. Un abbraccio e buona domenica. Annamaria.
La latteria all’angolo Lambertenghi/Pollaiuolo era proprio della famiglia di Ezio Barbieri. Il “Peri” di cui parli probabilemnte era il padre, ma certamente Gianni saprà dirti di più.
Credo proprio che quel signore che vedevi con il cane lupo fosse il padre di Enzo che era un ottimo insegnante di piano e forse per questo tuo padre andava li a cantare con il suo accompagnamento. Il padre però non si occupava della trattoria che veniva mandata avanti dalla mamma e dalle tre sorelle. Per quanto riguarda le serate TV è probabile che tu andassi lì, per “lascia o raddoppia”. Ezio, comunque in carcere dal febbraio ’46, era già sparito dall’Isola. Buona domenica anche a te cara Annamaria.
io non intervengo quasi mai poichè quello che di solito viene riportato in queste pagine corrisponde sempre a verità e quindi è inutile ripetersi,confermo tutto quanto detto dal gianni tedeschi che è lo storico num.1 dell’isola e approfitto per mandare un saluto a tutti.
Grazie caro Enzo per la patente di storico n° 1 dell’Isola Quello di cui io posso testimoniare è racchiuso solo nel periodo, ormai si storico, compreso tra il 1934 ed il 1950. Sono solo 16 anni, niente rispetto ad una vita, ma credo che concentrino in se quanto di più vario ed importante si sia verificato negli ultimi ottant’anni. Dagli anni del consenso al fascismo, ai primi anni di guerra con la partecipazione e l’entusiasmo di tutti per le prime vittorie, i bombardamenti, gli sfollamenti, la fame, il freddo, le macerie, l’oscuramento ed i tedeschi. Poi il passaggio dal nero al rosso, le fucilazioni, le prime luci stradali riattivate, la frenesia della ricostruzione, la propaganda politica, le prime arrampicate sociali, la Vespa e la Lambretta, ecc. ecc. Tutto questo un lampo se guardato nella prospettiva del tempo passato ma tremendamente lento se vissuto giorno per giorno. E, ti dirò, caro Enzo, che mi piace raccontare le varie situazioni vissute e viste,anche nei dettagli, senza partigianeria o pregiudizi, contrariamente a qualche trinariciuto ( ce ne sono ancora ) che si ostina a seguire certe ideologìe, che se non fossero tragiche nella loro storia, sarebbero addirittura comiche.
Mi piace molto leggere i racconti di Gianni. È la nostra storia, bella e brutta, fatta di episodi indimenticabili. Spero che i nostri figli e i nostri nipoti debbano solo leggerli e non viverli. Un abbraccio a tutti. Annamaria.
Cara Annamaria, se ti piace leggere le mie storie, intendiamoci, storie di vita vissuta, eccomi qua. Scegli l’argomento e l’anno, io faccio click e parto. Buona serata !!
Caro Gianni, ho qualche fotografia relativa ai bombardamenti all’isola. Riguardano la via pollaiolo angolo Lambertenghi. Mi piacerebbe sapere qualcosa di più di quel periodo. Senz’altro mia madre me ne avrà parlato, ma un po’ non ricordo e un po’ mi fa piacere leggere di quegli anni terribili. Grazie e un abbraccio. Annamaria.
Buona sera cara Annamaria. Ho giusto un pò di tempo a disposizione e come meglio impiegarlo se non raccontandoti di quegli anni che definisci terribili? ” Nel giugno del 1940, subito dopo la dichiarazione di guerra alla Francia ed all’Inghilterra, per Legge in ogni fabbricato dovevano venire costruiti, nelle cantine, i rifugi antiaerei. Io abitavo allora in via j. dal Verme,4,
avevo quasi 6 anni, in ottobre avrei frequentato la 1a elementare, Le cantine della casa vennero subito allestite : travi e tronchi di sostegno, uscite di sicurezza, e per noi piccoli che nella casa eravamo una decina vennero improvvisati dei lettini di legno per poterci dormire nelle notti di “allarme”. I Francesi erano già venuti a bombardare nel Nord Italia ma non ancora su Milano. Ricordo di avere dormito in quel lettino improvvisato un pò di volte quando di notte era suonato l’allarme ma non vi furono bombardamenti su Milano in quelle notti. Ogni casa dell’Isola, e così in tutta Milano, era stato nominato un “capo fabbricato” che aveva il compito di assicurarsi che tutti rispettassero l’oscuramento, nessuna luce doveva trapelare dalle persiane,
che tutti scendessero in rifugio durante gli allarmi e che tutto si svolgesse ordinatamente. Nella casa dove abitava la mia famiglia era stato incaricato mio padre. Nei mesi seguenti ci furono dei bombardamenti su Milano ma io ero stato mandato a Rimini da parenti e quindi non li vissi, però ne ero stato informato. L’Isola non ne venne coinvolta ancora. In quei mesi dal numero 4 della via ci trasferimmo al numero 2 dove mia mamma aveva acquistato il negozio di Latteria. Così venni a conoscere il nuovo rifugio sotto
quel fabbricato. Un pomeriggio si dovette scendere in rifugio per l’allarme, si sentiva già il rumore degli aerei che arrivavano su Milano in formazione.
Tutti pigiati in rifugio sentimmo le esplosioni delle bombe che cadevano ed al cessato allarme, ed era già buio, uscimmo in strada. In via Cola Montano stava bruciando la falegnameria Bovolato che era stata colpita dagli spezzoni incendiari. Non avevo mai visto uno spettacolo del genere. Le fiamme si alzavano all’altezza del tetto dello stabile d’angolo di Via Dal Verme 1. Bruciò per tutta la notte senza nessun intervento per spegnere il fuoco. Al mattino c’erano solo dei tizzoni fumanti. Altri gravi danni non mi risulta ce ne fossero stati all’Isola in quella incursione.
Intanto cominciavano gli sfollamenti da Milano. In ottobre iniziò l’anno scolastico regolarmente. Contrariamente a quanto si è raccontato in malafede, c’era un grande entusiasmo popolare per la guerra nella quale l’Italia era entrata. I ragazzi dell’Isola richiamati alle armi erano ritenuti degli eroi e le loro famiglie ne andavano fiere. Ricordo il Fonti del n° 4 di Via Dal Verme, arruolato nella Folgore e che perse un braccio ad El Alamein ed il Cesare Nozza di Via Borsieri 21 che partì per la Russia con l’ARMIR e durante la ritirata fu ferito e congelato ma se la cavò, ed ancora i fratelli Piatti di via Dal Verme 2, Bersaglieri sui vari fronti. Ribadisco che nei primi anni di guerra, quindi sino alla fine del ’42, l’entusiasmo popolare era alto.
I bollettini di guerra giornalieri che comunicavano le situazioni sui vari fronti erano seguitissimi alle radio. Quando qualche successo veniva conseguito, ad esempio la presa di Giarabub nel Nordafrica, esplodeva l’entusiasmo popolare. Ricordo tutti affacciati alle finestre, dopo l’annuncio, a sbracciarsi ed urlare festosi. I successi dei nostri alleati Tedeschi erano tali da far pensare ad una rapida fine della guerra. Tutti i generi, alimentari e non,sin dall’inizio, erano stati tesserati. Cioè ogni cittadino riceveva una tessera annonaria, con i buoni della stessa poteva acquistare, nel negozio che aveva scelto, le razioni assegnate. Certo la fame imperava e la borsa nera permetteva solo a chi disponeva di denaro di non farsi mancare il necessario. Tutto era tesserato, anche l’abbigliamento e la legna o carbone per il riscaldamento. Dopo i reiterati bombardamenti e l’avanzare della guerra con la piega negativa per le nostre truppe, l’umore nella popolazione cambiò gradualmente. Tre inverni di guerra, con le paure e le privazioni avevano demoralizzato un pò tutti. Passato l’entusiasmo, disastrosi i risultati in Africa ed in Russia, nel 1943 la situazione, anche all’Isola naturalmente, era ben lontana da quella dei primi mesi di guerra. Il fascismo cadde il 25 Luglio del 1943, malgrado questo i “liberatori” vennero a bombardare Milano
nelle tre notti di metà Agosto. E’ in queste occasioni che l’Isola fu gravemente colpita. Le case distrutte e gli stabilimenti colpiti furono molti.
Non stò qui ad elencarli ma li ricordo ad uno ad uno, Tutti. Nell’inverno del 1943 le piante di piazzale Archinto, in una notte ( ed era in vigore il coprifuoco, cioè nessuno poteva uscire di casa dopo le 22 e sino le 6 del mattino, pena gravi conseguenze ) vennero segate e fatte sparire senza che nessuno se ne accorgesse. Come possibile? Senza mezzi per spostare la legna ricavata ? Eppure il combattere il freddo nelle case faceva addirittura rischiare la vita o la galera. A questo riguardo già tutto quello utilizzabile, per far ardere le stufe, del Cinema Patria, Archinto angolo Dal Verme, distrutto nel febbraio del 1943, era stato asportato. Prima i sedili poi il pavimento di legno a listoni. Poi venivano attaccate le case bombardate. Si smontavano le porte in legno per bruciarle così come i mobili rimasti e non sfollati. Insomma eravamo diventati delle cavallette. Io, che ero arrivato ai miei dieci anni, mi feci anche delle brutte ferite alle mani ed alle braccia per asportare delle porte dallo stabile di P.le Fidia centrato dalle bombe. Cosi si entrò nel 1944.
Repubblica Sociale Italiana. Oggi spacciano l’Isola di allora come “rossa”.
Che grande falsità. I giovani si arruolarono volontari nelle varie formazioni che erano state costituite. Nella Muti, nella X Mas, ed anche nelle SS Italiane. Chi vuole qualche nome non ha che da chiedermelo.
Io frequentavo la 1a media al Parini di via Goito e poi vivevo all’Isola praticamente sempre in strada e li ho vissuti profondamente quei giorni sino al 25 Aprile 1945. L’Isola più che tranquilla ! E questo sino a quella data.
Dopo ci fu il Piazzale Loreto e questo diede il via al sangue anche all’Isola.
Venne fucilato per primo il Brenna, fratello della pollivendola di P.zza Minniti.
La sera del 26 era in stazione per raggiungere la famiglia sfollata, era stato preso, portato nelle scuole di p.le Archinto, condannato dal “tribunale del popolo” e poi fucilato il giorno seguente lungo il muro dell’oratorio e poi appeso per i piedi al palo in ferro di fronte al negozio della sorella. Io avevo assistito a qualche metro a quella fucilazione.
Il secondo fucilato nello stesso luogo fu, qualche giorno dopo, il Volpini.
Gran festa di popolo in attesa della sua fucilazione.
Ultima e terza fucilazione fu quella de Mandelli. Era il figlio dei portinai di via Garigliano 5, la casa del Toscanini, quello che scappato in America organizzava concerti per finanziare i bombardamenti sull’Italia,
.Eravamo già ai primi di Maggio. All’uscita dalla chiesa di via Sebenico, dopo la messa serale, all’uscita dalla chiesa si presentò questo spettacolo :
su di un motocarro scoperto, di quelli con il manubrio davanti al cassone, c’era il Mandelli sul cassone, circondato da cinque o sei energumeni che lo picchiavano a sangue girando per tutte le vie dell’Isola. Gli avevano messa in mano una bandiera rossa e lo obbligavano a cantare giovinezza. E intanto giù botte. Poi il motocarro si era fermato proprio sull’angolo Borsieri- Dal Verme. Io ero proprio sui gradini del 18.
Il Mandelli, lordo di sangue e tutto strappato era stato buttato giù dal motocarro e circondato da quegli energumeni che continuavano a picchiarlo e calciarlo era stato spinto contro il muro,proprio sotto la finestra dell’ufficio di Don Eugenio. Io mi ero spostato di qualche metro ma ero ancora lungo quel marciapiedi. Vidi tutti quelli che avevano portato li il Mandelli e, se chiudo gli occhi me li vedo ancora come fosse allora. Erano tutti ubriachi
fradici. Li lo fucilarono in tre, da qualche metro, la larghezza del marciapiedi.
Ecco cara Annamaria. Mi sono un pò dilungato ma spero non ti sarai annoiata. Non mi resta che augurarti una buona serata.
questa storia la conoscevo già non così dettagliata ma mi è stata raccontata dai miei.Per quanto riguarda persone a me vicine che partirono per la guerra devo ricordare un cugino di mia mamma che si è fatto prima l’africa poi la russia in fanteria ed è tornato con un piede congelato abitava in via arese 20,uno zio artigliere di montagna prima in grecia poi arruolato nella folgore e mandato ad el alamein con la promessa che in quella brigata si mangiava bene,altro zio fratello di mia mamma che abitava in via lario in aeronautica a predappio poi a bologna ed infini mio papà richiamato in fanteria a como.
Caro Enzo, tu testimoni di quanti isolani furono coinvolti come militari nella prima fase della guerra. Noi ragazzi, li ritenevamo allora degli eroi, erano stati richiamati ed avevano ubbidito alla Patria, Cosi anche a scuola, dove si viveva questo clima patriottico, venivano rispettati ed ammirati. Poi, nel dopoguerra, avendo fatto parte dei vinti, vennero fatti dimenticare. Avevano fatto la guerra di Mussolini, perchè ricordarli? Anche di caduti ce ne furono tanti, ma passarono anche loro nell’oblio. Quasi per tutti ma, molto sinceramente , non per me. Chiamatemi pure nostalgico, ma se questo vuol dire avere sempre ricordato i vivi ed i morti che in quel periodo in nome della Patria Italia, e non paese come la definirono poi, si impegnarono ed anche morirono, ebbene si, sono un nostalgico.
Caro Gianni, grazie per la tua testimonianza. La mia mamma mi raccontava spesso episodi relativi a quel periodo. Ma del ‘ 45 non mi ha mai detto nulla.
Ricordo che mi raccontò di una terribile notte. Abitava già in via Ugo Bassi con i genitori. In quella via c’era un deposito di cavalli addetti al trasporto, la società mi pare si chiamasse Oriani, durante un bombardamento il deposito fu colpito, tutto si incendiò e le urla delle povere bestie bruciate vive le ricordava a distanza di anni.
Ti ringrazio ancora per la tua disponibilità e gentilezza, è sempre un piacere leggerti. Un abbraccio. Annamaria.
All’inizio della via Ugo Bassi, svoltando dalla Carlo Farini, ed arrivando sino all’angolo Cola Montano, erano tutti depositi della Gondrand e stalle per i loro cavalli. Infatti i trasporti venivano fatti perlopiù con carri a cavalli.
Io li ricordo bene quelli che tornavano scarichi percorrendo la J. dal Verme. Scaricavano spesso la loro pullina che restava sull’asfalto solo pochi minuti, cera subito qualcuno che con secchio e paletta la andava a raccogliere, ancora fumante, per concimare la terra dei vasi di fiori o quella delle cassette in cui si piantava, sulle ringhiere o nei cortili, ogni cosa commestibile, pomodori, ecc.
Pensa che c’era, in tutta Milano, chi sul balcone di casa organizzava un piccolo pollaio, per allevare galline ed avere qualche uovo. La famiglia doveva però farne denuncia all’Annonaria che ne teneva conto nell’assegnazione dei buoni sulla tessera annonaria.E’ una cosa incredibile oggi ma era proprio così. Tornando alla Gondrand ed ai suoi cavalli di via Ugo Bassi, ricordo anch’io benissimo quando le stalle furono colpite dagli spezzoni incendiari e furono distrutte dal fuoco insieme ai poveri cavalloni. Fu nella stessa notte in cui fu distrutto il cinema Vox di via Farini, che venne poi ricostruito solo qualche anno dopo la fine della guerra.
Concludo raccontando qualcosa della borsa nera e dei trucchi per avere qualcosa in più delle razioni della tessera. I controlli delle Autorità erano severissimi e frequenti per cercare di combattere questi fenomeni
ma la fame, quando impera come allora, dava stimoli troppo forti per correre anche dei rischi. Ad esempio il droghiere Alberti, di via dal Verme 2, si era fatto trovare con un sacco di zucchero in cantina. Fece tre mesi a San Vittore. Qualche latteria dell’Isola venne chiusa per un mese per aver trovato, ai controlli, acqua nel latte. Mia mamma, che aveva la latteria di J. dal Verme 2, annacquava anche lei abbondantemente il latte, diceva : ” lo faccio per fare felice un pò di gente che riesce ad avere un pò più di latte rispetto a quello assegnato”. Così tutti lo bevevano annacquato ma non sapendolo ma solamente supponendolo, erano in ogni caso contenti.
Avevamo i controlli dell’Annonaria, ma con qualche pezzo di formaggio grana che spariva nelle borse dei controllori, i campioni venivano prelevati solo da bottiglie o bidoni vergini. ( Forse voi pensate che la corruzione sia una recente invenzione ? ).
Un’altro sistema, messo in atto soprattutto dai commercianti della zona, era quello di fare denuncia dio smarrimento delle carte annonarie e di ottenerne una copia dal personale compiacente, in questo modo, disponendo di doppie tessere, si registravano su diversi negozi, scambiandosele ed il gioco era fatto. In pratica la mia doppia tessera la davo al prestinaio di Pastrengo e lui mi dava la sua doppia per il latte da me. Naturalmente l’intreccio era ben più complicato e coinvolgeva macellai, droghieri, salumieri ecc. Posso dire che era una rete che coinvolgeva tutta l’Isola e, naturalmente, anche tutte le altre zone di Milano. Del resto i commercianti come avevano fatto a conquistarsi il titolo di ” Affamatore del popolo” ? Ma il rispetto dei clienti rimaneva stabile perchè la più parte era indebitata con i negozianti acquistando ” con il libretto”. Cosa raccontarvi di più ? Buona domenica a tutti.
la cacca dei cavalli per concimare i fiori la raccoglieva anche mia nonna,alla gondrand in quel periodo ci lavorava un cugino come conduttore di carro con il cavallo che abitava in via arese e il papà di un mio amico che abitava in lambertenghi di fronte al bar del barbieri.
Ma che bel modo di iniziare la domenica… Pare che la cacca dei cavalli porti fortuna, speriamo. Ne abbiamo tutti un gran bisogno!
Grazie anche ad Enzo per questi ricordi. Abitando vicino al deposito Gondrand ricordo perfettamente i carri, la paglia ma soprattutto il “profumo”. Che però mi piaceva perché mi ricordava la campagna. Da bambina andavo spesso in Valcuvia, allora era già una vacanza lussuosa, mi piacevano i profumi della campagna, le stalle, e tutto quello che faceva parte del contesto. Per cui l’odore dei cavalloni Gondrand mi faceva rivivere le vacanze.
Buona domenica a tutti.
I racconti di Gianni sono così ben descritti che leggendoli vengono alla mente tante cose che erano lontani dalla nostra memoria.Anch’io ricordo che passando da via Ugo Bassi si sentiva un forte odore dei cavalli dei trasporti Gondrand. Chi si ricorda che sempre in via Ugo Bassi c’era la vendita di legno Riccobon? Cari saluti a tutti.
Lucia
Io mi ricordo la signora Riccobon. La mia vicina di casa, la signora Pina, si occupava del bambino dei Riccobon. Una volta mi mostrarono la cameretta del bimbo, mi parve il paese dei balocchi…. La signora la ricordo come una persona molto dolce, bionda, un po’ antica…. Un salutone a tutti Annamaria.
…Annamaria rriccobon mi ricorda un ragazzo dell’oratorio o sbaglio…
Noi andavamo a sciare con le ACLI della Fontana e con noi c’era un ragazzo che si chiamava Tonino Riccobon ed era parente dei Riccobon di via Ugo Bassi non so se e’ quello che dici tu.
Lucia
Franco non ricordo se Riccobon frequentava l’oratorio, anche perché mi pare fosse più giovane di me. Forse si chiamava Alberto….
Quali notizie ci sono del nostro buon vecchio Seveso? Io abito a Linate paese e il Lambro ci ha isolati….
Alle 18 il Seveso è arrivato all’isola e l’ha allagata di nuovo tutta la zona come a luglio..
È veramente vergognoso come in tanti anni non abbiano fatto nulla. Ad ogni esondazione commentano, promettono, si insultano a vicenda, trasmettono programmi idioti condotti da presentatori altrettanto idioti, bla bla bla…. Ma nessuno conclude. La nostra bela isola e la nostra cara Milano tutta è a rischio ma loro si preoccupano di cancellare i vecchi quartieri per costruire grattacieli, fontane e stupidaggini varie che sa Iddio a cosa servono….o.k. al progresso ma che si preoccupino anche del restante. Un abbraccio. Annamaria.
IL DANNO DELLA GENTRIFICAZIONE! isa
Ehi, ehi, nessuno ha notizie del nostro amato, esasperato, Seveso? Un saluto a tutti. Annamaria.
Eh,si dopo l’esondazione di Giovedì13, (qui in Via Arese era tardo pomeriggio)
il Seveso è esondato anche Sabato 15: Io mi trovavo fuori Milano , e al mio
rientro sono andata in Garibaldi…..per andare a prendere mia figlia che era dalla nonna in via Pastrengo.
Non vi racconto con che difficoltà sono rientrata a casa , guadando mentre la corrente era fortissima e l’acqua veramente alta in più (le signore mi capiranno) avevo anche la spesa…..
Sono anch’io convinta che tutto ciò accade perché è stato costruito dove non si doveva ed è inutile rimbalzarsi colpe …..
A questo punto si spera davvero che facciano qualche cosa ,io ho subito un disagio certo,ma penso ai tanti negozianti e alle tante attività che hanno subito seri danni , e questo mi rattrista davvero.
Un saluto a tutti voi .
CLAUDIA
Hai ragione Claudia. Oltre al disagio dei cittadini c’è il grande danno subito dai negozianti ecc…a Linate paese dove io abito il Lambro ha fatto come il Seveso. La natura si sta ribellando un po’ in tutto il mondo. L’abbiamo maltrattata, privata di ogni dignità, pensavamo di fare a meno del suo aiuto, o.k. ci ha permesso ogni scempio, adesso si è stancata e ci sta lanciando avvertimenti. Speriamo che non solo noi ma anche altri capiscano e intervengano. Un caro saluto. Annamaria.
Messaggio per Gianni Tedeschi.
Caro Gianni, tutto o.k.? Non leggo tue notizie da qualche giorno. Stai bene?
Sai che i tuoi racconti personali piacciono a molti, e aspettiamo …… curiosi.
Ti abbraccio. Annamaria.
Cara Annamaria, sono ancora qua ! Ma sono in attesa di entrare in ospedale per un intervento al cuore. Sai, ha anche lui ottantanni come me ed essendo nascosto alla vista, contrariamente alla pelle, non l’ho curato altrettanto bene ed ora mi presenta la fattura. Spero proprio di riuscire a pagarla.
Nella attuale routine quotidiana, unico fatto notevole è stata la presentazione,da parte dell’editore Milieu, dei tre libri su Ezio Barbieri, Gesmundo,e Francis Turatello. L’avvenimento si è svolto nella sala della villa Necchi Campiglio di via Mozart, una splendida cornice, sabato 15 u.s. Io ero stato invitato come vecchio Isolano e come testimone del tempo all’epoca Barbieri. La presentazione è stata molto interessante. Erano presenti il Gesmundo ( Rapina di via Osoppo-1958 ) il figlio di Francis Turatello (Anni ’70 della Milano da bere ) e la platea era tutta occupata e, naturalmente, partecipante ed interessata. Al termine i tre libri si sono venduti molto bene.
Il giorno seguente ho parlato al telefono con Enzo Barbieri ( 92 anni ! ) dalla sua villa di Barcellona. E’ stato naturalmente contento di quanto gli ho riferito e come sempre mi ha pregato di salutare tutti quelli che lo ricordano ancora (che purtroppo, noto, sono sempre meno, come è naturale).
Le riflessioni che ho fatto sull’Isola del tempo continuano a frullarmi nella mente. Sono arrivato alla conclusione che nella Milano di allora ( mi riferisco agli anni ’30-’60 ) l’Isola influenzava il DNA dei suoi abitanti, come i suoi abitanti la influenzavano con tutti i loro DNA. Era uno scambio. Forse non riesco a spiegare bene il mio pensiero ma quello che intendo dire è che quella comunità umana, che viveva in un certo senso più isolata rispetto al resto della città, aveva tratti molto simili dovuti ad una vita piuttosto simile : operai ed operaie, facchini e piccoli artigiani. Ognuno influenzava l’altro ed a sua volta ne era influenzato. E la vita di tutti aveva una limitatissima “privaci”. Non c’era la TV che poi avrebbe raccolto ogni sera le famiglie davanti a lei. Nei mesi estivi, nelle case di ringhiera che erano la maggior parte delle abitazioni, la vita si svolgeva praticamente in comune. Acqua e cesso in particolare. Amori, odi, discussioni, canti e liti, tutto nasceva in quegli spazi limitati. L’evasione era il cinema, quei pochi cinema di zona, che permetteva di provare emozioni non comuni e di evadere con lo spirito da quel mondo ristretto ed affollato. Nei mesi invernali già la disponibilità di pochi metri quadri riscaldati era una conquista. Le stufette a carbone e legna, se alimentate a dovere, divoravano buona parte della paga e quindi andavano usate con parsimonia. Al mattino la sveglia, quasi per tutti, era alle sette, ancora buio al mattino d’inverno, ci si coricava dopo le chiacchiere di famiglia attorno al tavolo, dopo la parca cena,dopo la partitina a carte o, per i più fortunati che disponevano di una radio, dopo l’ascolto di qualsiasi cosa che uscisse da quella scatola. Del resto si era rientrati la sera, già con il buio, stanchi morti dopo una giornata in officina a massacrarsi al tornio o ad altre macchine o in stazione a muovere pesi. Questa era la vita di allora. Ed ecco quindi l’adattamento del DNA di ciascuno ed ecco la generalità del DNA della zona. Tecnicamente sto dicendo una bestemmia, ma non so spiegare meglio il mio pensiero. Questa palude generava però delle eccezioni, di diverso genere naturalmente. Ne cito solo tre ma ve ne sono state altre di minore rilevanza. Una è sicuramente la figura di Ezio Barbieri, un bandito certo, che ne ha fatte di tutti i colori ma mai ha fatto versare del sangue ed è ancora ricordato con simpatia, quasi. L’altro è il Giovanni Borghi, ora non più ricordato, che era in pochi anni divenuto un industriale potente, secondo, in Italia, solo agli Agnelli, ma molto più popolare. Infine, buon ultimo, il Silvio Berlusconi che, pensatela come vi pare, non è passato certo inosservato nel mondo intero.
Io, nato all’Isola, sono rimasto un umile granello di sabbia ma sento che nel mio DNA, oltre a quanto naturalmente mi hanno trasferito papà e mamma, vi è una grossa componente del DNA dell’Isola. Chi me l’ha trasferito ? Quelli che ho citato e le altre centinaia di persone, bambini adulti e vecchi, con le quali mi sono trovato a che fare durante i miei giorni dell’Isola. Chi mi legge, se riflette, noterà in se, credo, quello che sento io.
Dopo questo minestrone che vi ho servito non mi resta che abbracciarvi tutti anche a nome dell’amico Ezio Barbieri ed augurarvi di sopravvivere a lungo e felicemente. Seveso e Renzi permettendo.
Il Vostro Giani- Latè.
Caro Gianni,
(permettimi questa confidenza) vedrai andrà tutto bene,stai sereno!
Grazie per tutte le belle cose che hai scritto sulla nostra amata isola,e sinceramente io non sapevo che Giovanni Borghi (Ignis ???) fosse del nostro quartiere!
Eh si, sono d’accordo con te sullo stretto rapporto tra DNA e ISOLA !
Tanti tanti saluti.
Claudia .
Cara Claudia, si è proprio il Giovanni Borghi “Ignis”. Ora non posso esimermi dal darti su di lui qualche notizia. Il padre dei tre fratelli Borghi, tra i quali Giovanni, aveva il negozio di elettricista ed idraulico sulla piazza Tito Minniti, angolo Borsieri-Garigliano. Il negozio esiste ancora in quel palazzo ma dal 1944 si sono poi alternate diverse gestioni le più disparate.
Il Giovanni Borghi, oltre ad andare a sturare cessi, riparare rubinetti e cambiare lampadine girando l’Isola con in spalla la sua cassetta dei ferri, era anche un discreto pianista, come il padre, e dirigeva la Verdi di via Pastrengo che allora era la sola sala da ballo dell’Isola. Inoltre, mi raccontavano,
che avesse anche strimpellato il pianoforte al cinema Patria al tempo del muto. Questo era il Giovanni Borghi da giovane. Mia mamma, arrivata a Milano con mio padre nel 1927, provenienti dall’Istria, era andata ad abitare in via Pastrengo,5 ; aveva 25 anni e le piaceva molto il ballo. Così, con altre ragazze della ringhiera frequentava la Verdi al Sabato. Una sua amica, una certa Juccia, anche lei buona ballerina, fece innamorare il Giovanni che la volle sposare. Il trantran del negozio proseguì sino ad arrivare al 25 Luglio del 1943 quando, caduto il Fascismo, il negozio venne aggredito e svuotato da quei quattro ubriaconi dell’Isola che avevano così interpretato la libertà alla caduta del Regime. I Borghi che avevano sfollato le famiglie a Comerio nel Varesotto, salutarono l’Isola e si trasferirono, con i loro pochi attrezzi salvati, in quella zona. Descrivere lo sviluppo della loro attività dall’immediato dopoguerra, passando dalla produzione artigianale dei primi fornelli elettrici con la resistenza rotonda e sino a divenire il più grande produttore di elettrodomestici bianchi di Europa, e una cosa non semplice per cui rimando,
per chi volesse approfondire il tema, al recente libro comparso con il titolo: “Il Commendator IGNIS”. Per quanto mi riguarda posso solo dire che il Giovanni Borghi fu alla base del mio successo professionale e, per chi ha voglia di perdere tempo a leggermi, come io lo perdo per scrivere, racconterò come questo avvenne. Dunque nel 1958, esattamente l’8 di Marzo, arrivavo a Varese, con i miei 23 anni, quale Rappresentante della Max Meyer, dove avevo mosso i miei primi seri passi nell’industria ( Scrivo “seri” perchè dai miei 16 anni e sino al mio ingresso nel 1956 alla Max Meyer di passi non seri ne avevo fatti molti, si pensi che ai miei 18 anni, quando i più giravano ancora in Cucciolo o Moschito ed i fortunati andavano in Vespa o Lambretta, io mi ero già fatto una bella macchina, attraverso passi diciamo poco seri. Ma è presto per le confessioni dell’estrema unzione.)
Appena giunto a Varese avevo fatto un esame della clientela attiva. Una miseria. Il Commendator Leopoldo Varasi, che teneva in pugno saldamente la Max Meyer, mi aveva detto ” Se te portet a cà la Ignis, la Bassani Ticino e la Usag, ti te fet i danè e mi te du una medaia d’or ” .
Ma come entrare alla Ignis dove il passo era bloccato sulla strada da un cartello grande come una casa : ” Non si accettano venditori di cancelleria e di vernici !! “. La Ignis era già divenuta una potenza con i sue due stabilimenti nel Varesotto e quello nel Napoletano. Non solo l’Italia ma anche tutta l’Europa era invasa dai suoi prodotti.
Ricordando i racconti di mia mamma circa i suoi primi anni in via Pastrengo
pensai bene di portarla a Varese e di andare con lei a Comerio, dove aveva sede la Ignis, per incontrare la sua vecchia amica Juccia, moglie del Giovanni Borghi. Mi avrebbe potuto aiutare ad entrare in contatto con lui ? Certo dipendeva dal ricordo dell’amicizia con mia mamma, ma l’avrebbe riconosciuta dopo tutti quei tormentati anni della guerra e, soprattutto la scalata sociale della Juccia ? Arrivati senza avviso a Comerio l’accoglienza della Juccia a mia mamma fu per me sconvolgente. Abbracci, baci, lacrime. Juccia aveva avuto dal Giovanni Borghi un figlio ed una figlia. Viveva in una indescrivibile abitazione e disponeva, a pochi metri dall’abitazione, del lussuoso ristorante “Bel Sit”, tutt’ora famoso, di proprietà della famiglia.
Dopo un rapido reciproco racconto dei trascorsi di entrambe, venimmo invitati a pranzo al “Bel Sit” al tavolo di famiglia. I fratelli Borghi al mezzogiorno non perdevano tempo con il pranzo, il panino mangiato in piedi negli stabilimenti era ancora il loro rito. Tra l’altro i fratelli erano rimasti in due, il Giovanni e, mi pare, il Guido. Il terzo si era schiantato con la sua Fiat 1400 all’incrocio Ghisolfa-Mac Mahon pochi anni prima.
A tavola mia mamma molto apertamente e chiaramente disse alla Juccia che io ero arrivato in quei giorni a Varese e mi dovevo fare le ossa e che lei, la Juccia, da buona amica quale si era confermata se poteva doveva aiutarmi a raggiungere suo marito.
Non passarono 24 ore che il Giovanni Borghi mi telefonò al mio ufficio di Varese e mi invitò ad un’incontro. Sapevo che quella circostanza sarebbe stata decisiva per il mio futuro ma non ero particolarmente emozionato e mi presentai molto sicuro del fatto mio. ( Venivo o no dall’Isola? ). Ebbi successo.
Certo non mi promise di passarmi tutto il loro consumo che era appannaggio della Ditta Violini di Milano che forniva il Bianco per gli elettrodomestici Ignis in autocisterne giornaliere, miliardi annui di allora, ma una certa parte, comunque cospicua, la ottenni. Il Comm. Leopoldo Varasi, visto il mio successo, ed era il primo di una serie importante nella mia zona di Varese,
mi fece poi fare una rapidissima carriera. Da Varese passai come Ispettore alla nuova Filiale per la Lombardia, in via Pirelli a Milano e, l’8 Marzo del 1960 (esattamente 24 mesi dopo il mio arrivo a Varese nel ’58 ) giungevo a Roma come Direttore di quella Filiale. Avevo 25 anni ! Già moglie, figlio ed una splendida fiammante Alfa Romeo Giulietta ! La chiave del successo me l’aveva data il Giovanni Borghi senza il quale i miei voli della mia vita sarebbero rimasti raso terra. Ho altri aneddoti divertenti, per me, da raccontare, sempre inerenti al Giovanni, la sua famiglia, Roma, ecc. ma ritenendo i lettori delle mie righe ormai annoiati se non addirittura addormentati, rinvio il seguito ai prossimi giorni quando avranno smaltito questa ubriacatura e saranno pronti per la prossima. Buona serata a tutti ! Giani-Latè
Gianni è davvero interessante la tua storia ! L’ho letta con piacere e non mi sono affatto annoiata !!!
Un saluto
Claudia
Caro Gianni mi spiace molto per l’intervento che dovrai affrontare. Vedrai che riuscirai a saldare la fattura, noi isolani abbiamo sempre pagato quanto la vita ci ha presentato. Da come ti esprimi ho la sensazione che tu sia una persona molto tosta e quindi il tuo cuore se ha qualche problema dovrà stare bene in guardia con te, rigare diritto e battere regolarmente, anche perché vorrei leggerti per molto tempo ancora. In te si legge simpatia, fiducia nella vita e amore per essa. Riesci a trasmettere il tuo buon umore e la tua ironia in modo semplice, schietto, senza giri inutili di parole.
Ho capito perfettamente cosa intendi con il DNA di noi isolani! Sem fa tucc istess!
Sei entrato, purtroppo solo virtualmente, nelle case e nel cuore di molti isolani e sono sicura che tutti sono spiacenti per questo problema di salute.
Facci sapere quando ti tagliuzzeranno. Ti penseremo e faremo il tifo per te.
Un abbraccione. Annamaria.
A proposito del racconto di Gianni relativo al Borghi perché mai ci dovremmo annoiare? Io andavo con il mio papà che allora aveva il Mosquito, a vedere dall’alto lo stabilimento, ci fermavamo sula strada e lui mi raccontava appunto che questo signore proveniva dall’isola. Bei tempi, quando da bambina andavo in vacanza in Valcuvia ed ero sempre in giro con papà sul motorino!
Ciao a tutti.
magari voi non mi conoscete, ho letto le belle storie di ognuno di voi, che dire stupende, auguri a tutti e soprattutto a quel signore che deve subire l intervento al cuore auguri di cuore per una sana guarigione siete persone di altri tempi leggervi e molto emozionante.
Ciao Giuseppe, da come ti esprimi ho capito che sei mooooolto più giovane di noi. Sono contenta che anche i “ragazzi” si interessino alle nostre storie e alla nostra bella Milano. Benvenuto tra gli over. Annamaria.
la storia del sciur borghi in parte la conoscevo già poichè è stato amico di mio papà quando abitava all’isola,il suo negozio è poi passato ai molteni che vendevano materiale elettrico i cui figli erano miei compagni all’oratorio.Quando i molteni si sono trasferiti in angelo della pergola davanti al bar dell’anguilla in quei locali è subentrato ariatti negozio di abbigliamento ed in seguito altri che vendevano gli stessi articoli,ora non sò.Il caso vuole che un mio collega d’ufficio fosse il cugino del borghi poichè sua mamma e il papà del borghi erano fratelli.
Caro Gianni,tu pensi di annoiarci con i tuoi racconti,ma è’ il contrario,tu spieghi così bene quanto successo all’Isola che sembra di viverli al momento e di essere partecipi. E’meraviglioso il racconto del successo della tua vita lavorativa sei fantastico!!!!!.Sono molto dispiaciuta per quanto dovrai affrontare,ma sicuramente niente ti abbatterà,ci vuole ben altro per un ISOLANO DOC.Se ti è possibile facci sapere tue notizie.
Un affettuoso saluto a tutti
Lucia
un cordiale saluto x anna grazia Benelli da aldo, vecchio collega di lavoro. Ciao
Grazie del ricordo di gioventù: questo sito è incredibile e sorprendente. Io sono Isolana verace, ma tu? come sei capitato qui? Vero è che ora l’Isola è “l’ombelico del mondo”. Un caro saluto.
Anna Grazia
Ultime ore prima del mio ricovero che avverrà domani. Ho ricevuto ieri una lettera dell’amico Ezio Barbieri da Barcellona PdG. Ha unito una foto della sorella Wanda scattata negli anni ’40, che definire bella sarebbe poco. E’ come io la ricordavo da allora. Me l’ha inviata per l’articolo, comparso nel suo libro, che avevo scritto, a firma Giani-latè, e nel quale avevo citato la sorella. L’articolo era stato pubblicato in appendice. Chiederò a Ezio il permesso di pubblicarla in FB nel gruppo ” sei dell’isola se” e vedrete, in questo caso, cosa intendevo per bellezza femminile dell’Isola.
Auguri, aspettiamo tue notizie appena sarai di nuovo in pista, sicuramente molto presto1
Un pensiero affettuoso a Gianni Tedeschi. Farò il tifo per te come per la mia amata Juventus! Il che non è poco. Prega qualcuno della tua famiglia perchè ci dia tue notizie sul sito. Gli isolani veraci come noi non si lasciano certamente abbattere. Forza Gianni! Sei tutti noi! Un bacione e un abbraccione. Annamaria.
Eccomi di nuovo solidamente in piedi ! Per prima cosa ringrazio tutti per le espressioni di affettuosa amicizia che mi hanno fatto immenso piacere e, lo riconosco, mi hanno anche commosso, cosa cui non sono abituato. Mi ha nuovamente chiamato questa mattina Ezio Barbieri dalla Sicilia. Voleva sentirsi vicino all’Isola dove dice di avere lasciato la parte più importante del suo cuore. Mi ha chiesto se avevo messo sulla mia scrivania, come gli avevo promesso, la foto di Wanda che mi ha mandato. Mi ha detto che lui voleva molto bene a sua sorella Wanda. Mi ha detto che aveva fatto del cinema ed aveva lavorato anche con Walter Chiari. Pubblicherò la foto su FB chi è interessato a vederla potrà visitare la mia pagina “Giovanni Tedeschi” in FB.
Del passato ora volevo ricordare i tempi dell’oscuramento all’Isola durante la guerra.
Quegli inverni erano stati particolarmente rigidi. La nebbia calava a volte anche per più giorni e notti consecutive e stringeva tutto e tutti nella sua morsa. A volte la visibilità si riduceva a pochissimi metri.Quando calava la sera si riduceva ulteriormente. I bordi dei marciapiedi, sulle curve degli angoli, erano stati pitturati di bianco per aumentarne la visibilità, in bianco anche i parafanghi posteriori della biciclette e tutti i parafanghi delle poche macchine che circolavano allora. Era in vigore l’oscuramento : nessuna illuminazione stradale, nessun filo di luce doveva trapelare dalle persiane chiuse, Avevano sostituito i vetri delle carrozze tranviarie con della masonite alfine di bloccare ogni filo di luce. I fari anteriori avevano solo un spiraglio di pochi centimetri che lasciava appena scorgere il mezzo ma certo non davano la visibilità al conducente. Era anche in vigore la severissima Legge del “coprifuoco”, ad una certa ora che variava con le stagioni, era vietato uscire in istrada. Negli inverni era in vigore dalle 9 alle 7 del mattino. Anche i cinematografi chiudevano in conseguenza mezz’ora prima per permettere agli spettatori di rientrare nelle loro abitazioni. Per muoversi, per lavoro od altro, era necessario essere muniti del permesso delle Autorità. Circolavano molte pattuglie militari armate che facevano i controlli. E quando c’era la nebbia o nelle notti senza luna si diceva ” questa notte non verranno i bombardieri! ” e si dormiva più tranquilli.
Bisogna avere vissuto, come me, quei tempi, altrimenti è impossibile immaginarseli. Compiacetevi di sentirli solo raccontare !
Bentornato Gianni !
Molto interessante il racconto che hai fatto del tempo di guerra durante l’oscuramento. I miei genitori mi hanno raccontato parecchie cose avendole vissute in prima persona.Ricollegandomi al discorso nebbia , la vera NEBBIA
la ricordo anch’io ed è vero ha qualche cosa di magico.
Ho parlato con mia madre (siete abbastanza vicini come età) che si ricorda bene la storia del Sig. Borghi, mi ha raccontato che all’isola viveva anche un farmacista che lavorava, in una vietta dietro a Mercanti e che un giorno sarebbe diventato un imprenditore farmaceutico : Carlo Erba.
Un altro isolano famoso !
Un caro saluto a tutti e buona domenica.
Claudia
Buongiorno Gianni! È un pacere saperti già in piedi. Ovvio. Non essendo un pappa molle come molti giovani d’oggi non potevamo aspettarci un risultato diverso. Ho letto con avidità il tuo racconto sull’oscuramento. La nebbia era senz’altro affascinante, questa schifezza che oggi raramente vediamo non è altro che smog puzzolente.
Che gioia nelle sere d’inverno guardare dalla finestra e vedere tutto ovattato, dava il senso del calore e della famiglia. Le poche persone che uscivano perché costrette si affrettavano a rientrare, quasi avessero timore delle folate di nebbia, ricordava che se fuori eri solo, a casa avresti trovato la sicurezza, gli affetti e anche la stagione sembrava più piacevole.
Io amo l’inverno e non mi capacito di questa mancanza. Ora è tutto cambiato, va bene, il progresso, gli affetti, la trascuratezza verso la natura, i nuovi orripilanti edifici che hanno sostituito le nostre amate case di ringhiera, ma non toglieteci la scighera, che almeno lei ci dia l’illusione dl passato….
Auguri caro Gianni e un forte abbraccio a te e a tutti gli isolani. Annamaria.
Messaggio per Gianni Tedeschi.
Come stai? Quando non ti leggo mi preoccupo…. Spero il tuo cuore non faccia bizze… Un abbraccio. Annamaria.
Eccomi qua cara e gentile Annamaria Laronga, gia da qualche giorno sono ancora sulla breccia ( così si diceva un tempo ), naturalmente sto facendo ogni cosa con grande prudenza ma, tutto sommato, c’è chi sta peggio di me a questo mondo. Un fatto divertente che mi è successo proprio ieri : sono andato in un ufficio comunale per il rinnovo della Carta di Identità. Mi hanno consegnato un numero, prima di me c’era una trentina di persone. Chiamavano agli sportelli un numero ogni 5-10 minuti. Mi sono detto ” qui faccio mezzogiorno ” ed erano solo le 9.30.
Entra un mio amico con la moglie, lui un tempo usciva con me in bici da corsa la domenica e sapevo che era più giovane di dieci anni rispetto a me. Si fanno dare i numeri e immediatamente vengono chiamati allo sportello. Allora chiedo all’addetta il perchè di questa precedenza e mi risponde ” Ovvio, perchè sono persone anziane “. Rispondo . ” Se loro sono anziani io, che ho dieci anni più di loro sono allora vecchio e decrepito!” : Allora l’addetta mi risponde :” Scusi ma lei doveva dirmi la sua età e le avrei dato un numero con la precedenza, io la ritenuta molto ma molto più giovane della sua età”. – Che rispondere ad un simile complimento ?
Era stata colpa mia dopo tutto. Poi in dieci minuti mi hanno fatto uscire con la mia nuova Carta d’Identità in tasca.
A proposito della nostra Isola, se ti può interessare vedere qualche foto d’epoca, vai su – Skycraperscity-quartiere Isola, alle pagine 16 e 17. Poi su – Cinema Patria- Milano, e leggi la descrizione che ho fatto di quell’ambiente
alla fine degli anni ’30. Da ultiimo se vai in Facebook visita i gruppi: Sei dell’Isola se…. e Scuola di Piazzale Archinto. Se hai problemi contattami pure al mio cellulare 331 104 93 16.
Ti auguro una buona serata.
Scusa Annamaria ,
ma ‘arriven i noster’ – arrivano i nostri- sta a significare che il cinema Zara era preso d’assalto perché c’era tanta gente , lo hai scritto in quel senso ???
Il cinema Zara lo ricordo era in via Garigliano e mi ricordo in Farini il cinema Vox .
A Gianni : ‘sempre sulla breccia’ era la mitica risposta di Don Eugenio, che anch’io come te e come altri isolani ….abbiamo ‘rubato’ …..
Caspita ti hanno fatto un gran complimento ! Vuole dire che non dimostri proprio la tua età e sopratutto che sei già in forma.
Andrò a curiosare su Skycraperscity.
Grazie a tutti ! Un saluto e buon Sant Ambroeus !
Grazie Gianni per la tua gentilezza. Non sono su Facebook e quindi non sono riuscita a leggere quanto mi hai suggerito. Ho letteralmente “gustato” il tuo racconto relativo al cinema Patria. Ricordo di essere andata con i miei genitori al cinema Iris… Bei tempi.
Una mia lontana parente che non aveva molte possibilità economiche, quando i suoi 3 figli volevano andare al cinema li accompagnava a fare il giro dei vari locali, Iris, Zara, Vox ecc…, mostrava loro le varie locandine, le foto appese all’interno, dopo di che li riaccompagnava a casa dicendo: “ecco ragazzi, anche voi oggi siete stati al cinema come i bambini ricchi!”.
Oggi, nonostante la crisi, se vuoi andare al cinema è consigliabile acquistare i biglietti per tempo, bizzarro.
“Arriven i noster” lo ricordo allo Zara. Ma perché oggi abbiamo tanto e non siamo felici come un volta?
Sei stato molto gentile a comunicarmi il tuo cellulare. Nei prossimi giorni cercherò di contattarti, mi farà senz’altro piacere chiacchierare un po’ con te che ritengo una persona eccezionale per tanti motivi.
Buona serata anche a te. Annamaria.
Ciao cara Claudia. È bello sapere che ci sono persone che amano la nostra isola e come noi ricordano tanti episodi! No, il “arriven i noster” riferito al cinema Zara non era perché perché preso d’assalto per la troppa gente, si urlava quella frase picchiando sul pavimento di legno e sui braccioli dei sedili anch’essi di legno, durante la proiezione dei film western.
I poveri cow boy erano sempre inseguiti dagli indiani, che avevano tutte le ragioni per essere arrabbiati, tutto sembrava dare per spacciati i pionieri, quando….. suono di tromba….ecco: “arriven i noster” …. la buona vecchia impolverata cavalleria al comando di John Wayne risolveva il problema e i noster erano salvi…adoro i western, ma quelli vecchi… Dove la violenza era solo immaginabile, dove gli indiani amavano torturare gli uomini bianchi ma non si vedeva nulla, veniva solo raccontata, a mo’ di gossip, tra soldati e cow boy…. Un salutone e buon fine settimana. Annamaria.
Poche righe solo per segnalare che i due cinema dell’Isola al loro esordio avevano nomi diversi rispetto a quelli finali. Il Cinema Iris, prima di essere bombardato nel febbraio del 1943, aveva nome Cinema Patria e prima ancora, alla sua apertura con i film muti, si chiamava Cinema Dal Verme. Lo Zara aveva all’apertura il nome di Garigliano.
ed infatti ricordo che mio papà quando dicevo che andavo al cinema mi chiedeva:vai al dal verme o al garigliano,e questo già negli anni 50 quando ormai i due locali avevano da tempo i nomi nuovi,ma per lui nato nel 1911 i due cinema erano rimasti coi nomi della sua giovinezza.
Bene !! E’ arrivato anche questo Natale 2014 !! Tra pochi giorni ci lasceremo alle spalle un’altro anno di vita e ne andremo ad affrontare uno nuovo, il 2015!! Io, con i miei 80 anni compiuti, e che posso contare sulla punta delle dita il numero dei
miei coetanei dell’Isola, mi sento in dovere di augurare a tutti gli Isolani un cordiale BUON NATALE ed un FELICE ANNO NUOVO !!!
Agli Isolani che ci hanno lasciato dedichiamo il nostro riverente ricordo,
lungo ogni marciapiedi, ad ogni angolo, in ogni via dell’Isola è rimasta una parte di loro, invisibile agli occhi ma viva nella memoria. Riposate in Pace.
Gianni ma leggi nel pensiero forse ?
Oggi pomeriggio mi sono detta devo assolutamente fare gli auguri a Gianni ma anche a tutti i cari amici Isolani di Vecchia Milano ……..
AUGURI DI UN SERENO NATALE E DI UN FELICE ANNO NUOVO!!!
Auguri a tutti gli isolani. Annamaria.
Un augurio particolare a Gianni Tedeschi per avermi rallegrato con i suoi racconti e le sue spiegazioni accurate.
Pensavo ai vecchi natali trascorsi all’isola. Le vetrine delle cartolerie si riempivano di giocattoli e noi bambini stavamo con il naso appiccicato ai vetri a sognare. Alcuni sogni si avveravano, altri rimanevano tali. Era un quartiere abitato da persone modeste, il lavoro non mancava ma non esisteva il lusso. Su ogni tavola natalizia comparivano timidi antipasti a base di affettati e sottaceti, ravioli confezionati rigorosamente in casa, il pollo oggi da molti snobbato, era il re della festa assieme al cappone, frutta secca, agrumi e alla fine… El panetun! Non quello di oggi, glassato, mandorlato, farcito ecc., no, panetun, semplice con l’ugheta, i canditi ecc. Nelle salumerie la colorata, pizzicata mostarda faceva bella mostra dai catini di legno. La pasticceria Montalbetti, in via Borsieri, esponeva le sue rinomate veneziane e il panificio Meregaglia in via Ugo Bassi proponeva una vetrina tutta Motta, con poche lire si poteva acquistare un biglietto della “riffa” e magari vincere un bel cesto natalizio.
Non si usava lo scambio dei regali, ma gli auguri si, sinceri, fatti con il cuore, non come oggi con il cellulare, freddi e tutti uguali.
I commercianti di alimentari omaggiavano i clienti affezionati con un semplice presente, gradito ed atteso.
Bella la S. Messa di mezzanotte, le chiese non erano riscaldate, ma si percepiva comunque calore, affetto, e si pregava veramente, con il cuore.
Dolce isola, che tanto mi hai insegnato e regalato, buon Natale anche a te!
Annamaria.
Chissà perchè, ma mi sono scese due lacrime sulla tastiera. Grazie Annamaria! Mi hai fatto rituffare con la memoria in quelli che erano i “nostri” Natali. Anche quello che sta arrivando è un Natale, e sia benvenuto, ma non regge al paragone con i “nostri”. Ma questo vale per noi soli, noi vecchi Isolani.
Un abbraccio a Te, particolare, nell’attesa di sentirti al cellulare.
…caro Gianni raccontare i “ns” Natali e’ emozionante…ricordo che alcuni negozi alimentari (cervele,drughe,prestine–scusate il mio milanese arioso)segnavano su dei libretti durante l’anno delle somme e a Natale la mia mamma ririrava dei cesti con relativi prodotti…ero bambino e posso sbagliarmi….auguri a tutti da uno nato e cresciuto in Borsieri 14…
Non ti sbagli, era proprio così. Per fare fronte alla spesa del Natale, tenuto conto che per i più “la paga” era appena sufficiente per chiudere i debiti accumulati, nella settimana trascorsa, con i negozianti, si cominciava già dal Gennaio a versare delle piccole quote ogni settimana per raggiungere al Natale seguente una somma che permettesse di portarsi a casa il “pacco di Natale”. E questo, come tu ricordi, presso i vari negozianti. E così l’abbondanza, in quei giorni, portava la felicità nelle famiglie! Naturalmente sto scrivendo dei Natali del dopoguerra, dal ’45 al ’50, perchè quelli di guerra erano stati veramente di magra, che tutto era tesserato ed acquistare alla borsa nera per festeggiare il Natale era un’impresa per pochi. Però il Natale arrivava comunque e tutti si sentivano, anche se a pancia vuota, più buoni. All’Isola i richiamati alle armi erano stati numerosi, qualcuno era già caduto in Africa o in Russia e tutti ascoltavamo alla radio i giornalieri “bollettini di guerra” per sapere se, finalmente, i nostri avessero cominciato a vincere. Chi ricorda che nei primi anni di guerra era invalso il saluto: “Vincere!” con risposta “E vinceremo” ! . Sono solo io a ricordarlo ? Ed i manifesti , chi li ricorda ? Ma questo con il Natale non c’entra, sono scivolato dentro, scusatemi. Ma provate ad immaginare, se ci riuscite, un’Isola senza una sola luce (c’era l’oscuramento), senza nessuno per le strade (c’era il coprifuoco) con le case fredde, che legna e carbone andavano centellinati, e con le tavole misere di calorie. Ma così erano i Natali ! Essere ancora qui e poterli ricordare e raccontare non è cosa da poco. Buon Natale Isolani di ieri ed Isolani di oggi, godete finchè potete !!
…mia madre mi raccontava che era tanto il freddo che le tubature ghiacciavano e x lavarsi dovevano rompere il ghiaccio che si formava nelle bacinelle….devo dire che i miei non avevano tanta nostalgia di quei Natali……
L’amico Ezio Barbieri mi ha telefonato ieri, Natale, da Barcellona P.di G. per gli Auguri di Natale e mi ha pregato di trasmetterli a tutti gli Isolani ed alla sua Isola che, mi ha detto di avere ancora nel cuore. Ecco, ora li ho trasmessi.
Sono in ritardo per gli auguri di Natale,ma ho letto con immenso piacere quanto scritto da Claudia che abita ancora in via Arese ,la mia “casa” di gioventù ,da Annamaria che condividiamo molte cose della nostra Isola,da Franco che racconta di via Borsieri 14 e da Gianni che non ci sono parole per descrivere quanto Lui racconta con minuziosi particolari gli eventi dell’Isola.
Anche mia mamma durante l’anno pagava delle somme nei negozi del mercato rionale di Piazzale Lagosta per il cesto natalizio se ricordo bene la somma finale corrispondeva a 5000 Lire!!!
Auguri a tutti gli Isolani per un felice anno nuovo
Lucia Beduzzi
A tutti gli amici isolani l’augurio di un nuovo anno ricco di salute. Ai “vecchietti” come me gli auguri di poter ricordare insieme i bei tempi trascorsi e un pensiero positivo per il 2015. Alle nuove leve un grosso in bocca al lupo, possa il nuovo anno portarvi tanta serenità, salute e soprattutto tanto lavoro. Auguri a tutti. Annamaria.
Chiedo scusa a tutti gli isolani. Mi è sfuggito un “h”…. Sono sempre Annamaria Laronga. Auguri ancora.
Buongiorno a tutti gli isolani. Come avete trascorso le feste nel nostro quartiere? Si respira ancora aria di felicità o purtroppo come tutta la vecchia Milano è diventato tutto molto triste e scontato? Girando la nostra città ho la sensazione di un grande luna park, luci, colori, voci alterate ecc. ma con tanto grigio nell’anima, tristezza infinita e purtroppo indifferenza nel cuore di tanti. Spero che almeno la nostra isola si sia salvata, sia proprio così, un’ “isola”.
Auguri a tutti. Annamaria.
Memento per Gianni Tedeschi.
Come stai? Non ho più tue notizie…. Sei in vacanza o in tutt’altre faccende affaccendato? Ho tentato di contattarti con il cellulare, risponde sempre libero ma niente di più. Aspettavo di leggere una pagina del tuo diario riguardante l’ultimo giorno dell’anno di tanti anni fa…
Ti abbraccio e ti auguro 100 capo d’anni ancora.
Annamaria.
Cara Annamaria, mi ha fatto immenso piacere ricevere la tua telefonata quando ancora ero in Croazia. Senza PC per tre settimane ed abituato ormai a condividere ricordi, sensazioni e quanto altro con gli amici ed amiche milanesi, mi sentivo solo. La tua voce al telefono mi ha pertanto riportato ai miei pensieri sull’Isola, che tra tutti prediligo, anche perchè mi riportano agli anni in cui, avendo poco, si puntava a raggiungere il di più e questo dava una ebrezza di vita incomparabile. La competizione nella vita, specie a quelle età, la rende degna di venire vissuta. Mi spiace per le nuove generazioni che quei piaceri, quelle emozioni e quegli stimoli, non li provano, non li hanno provati ne li proveranno mai. Vite grigie li attendono, ma non è colpa loro.
Carissima Annamaria ,mi fa piacere sentirti,io ho trascorso bene le vacanze spero che presto ci si possa organizzare per un incontro.
Un grandissimo augurio a tutti gli Isolani.
Con affetto Lucia Beduzzi
O.k. Lucia, grazie, commento ricevuto. annamaria
…i miei facevano i portinai in borsieri 14——–115 famiglie praticamente un paese…in certi periodi come sotto natale essendo il piu’ piccolo portavo la posta agli inquilini persino negli abbaini piu’ scuri senza paura x rsccogliere le famose “mance” da spendere all’oratorio x cinema e caramelle….che anni ragazzi che anni…..
Buongiorno a tutti gli isolani. Caro Franco mia nonna faceva anche lei la custode in via Ugo Bassi e durante il periodo natalizio io ero in prima linea a consegnare la posta, 50 lire di mancia erano un piccolo capitale….
Chi ricorda un negozio di elettrodomestici in via Garigliano? Mi pare i proprietari si chiamassero Zoboli… I primi dischi 45 giri li ho acquistati in quel negozio. Ricordo il titolo del primo acquisto: “non arrossire” di Giorgio Gaber. Mia madre comperò la prima lavatrice, enorme, una Candy. Si caricava dall’alto, aveva due cestelli, in uno si lavava e risciacquava la biancheria che successivamente veniva messa bagnata nel secondo cestello che la centrifugava. Ci voleva un’intera mattinata per il bucato! Ogni lunedì era come assistere ad uno spettacolo, una delle più belle invenzioni! Buona domenica a tutti. Annamaria.
via garigliano 12 quasi in piazzale lagosta è quello che ricordo io e il proprietario mi sembra si chiamasse pozzoni era il papà di un mio compagno di oratorio che giocava a pallacanestro nell’opsa.
Niente arricchisce di più la vita dei nuovi contatti personali che si possono attivare. Questo è vero a tutte le età ma è particolarmente importante e gratificante in età avanzata quando questi contatti danno ancora un particolare sapore alla vita stessa. Filosofie e considerazioni di un lunedì mattina di Gennaio che spero mi verranno perdonate dalle mie pazienti amiche ed amici isolani. Scrivo quanto sopra a seguito di due avvenimenti importanti. Il primo: finalmente ci si incontrerà davanti ad una pizza serale con Lucia, Annamaria e lo scrivente, naturalmente con mariti e moglie. Ovviamente all’Isola. Il secondo: Ho avuto una conversazione telefonica piacevole e densa di ricordi con una gentile signora, mia coetanea, che ha abitato a lungo, già dal ’36, in via Volturno 41 ed ha frequentato le scuole di via dal Verme. La signora, di nome Luisa, ha scoperto da poco questo blog e si è iscritta per cui leggeremo anche i suoi ricordi che ho sentito vivissimi. Benvenuta Luisa !
Nulla mi piace di più…. iniziare la settimana sapendo che durante la stessa un avvenimento piacevole la rallegrerà. La vita è già impegnativa, a volte pesante, ricca di problemi, se una sera trascorsa in compagnia puó agevolarcela… Perché no? Hai ragione, caro Gianni, è proprio ad una non più verde età che si sente il bisogno di chiacchierare ed arricchire la nostra agenda di nuove amicizie. Sono molto contenta di questa nostra uscita, sarà senz’altro una serata simpatica.
Alla signora Luisa, che da poco ci ha scoperti, auguro di trovare in queste letture un po’ di serenità, di riscoprire alcuni sapori del nostro amato quartiere e aspetto di leggere i suoi ricordi. Benvenuta cara signora!
Annamaria.
Grazie a questo blog ognuno racconta i propri ricordi lontani ,ma appena si leggono tornano alla memoria,anch’io come Annamaria ho comperato i miei primi 45 giri da Zoboli,il negozio di Pozzoni vendeva scarpe,c’era anche un negozio di formaggi che si chiamava Fattoria.La cosa bella e’ che mercoledì sera ci incontriamo all’Isola con Annamaria e Gianni sarà sicuramente una bella serata, ne faranno seguito altre.Aspettiamo i commenti della nuova iscritta Luisa.Benvenuta!!!! Cari saluti a tutti gli Isolani
Lucia
Buonasera care Amiche! Mi fa piacere leggere le vostre righe. Luisa mi ha mandato ora un sms per dirmi che ha dei problemi con il suo pc ma che a breve saranno risolti. Nel contempo mi racconta che in via Volturno al39 c’era lo Stabilimento Crimella specializzato in foto e con grande sala di ripresa. Le tre sorelle Rizzi, la più piccola era sua coetanea, avevano organizzato uno spettacolino “Cenerentola” per raccogliere fondi per i pacchi da spedire al fronte ai nostri soldati dei quali erano “madrine di guerra” . ( quanti ricordi! anche mia sorella Celsia, con 10 anni più di me, era madrina di guerra ). La piccola Rizzi, sul palco, aveva cantato : “Ahi Limon Limonero…” Ve la ricordate ? Era il 1941. Ora aspettiamo Luisa che sicuramente ci offrirà tanti altri succosi ricordi. Intanto buona serata a Lucia ed a Annamaria.
Buonasera , io abitavo in via Volturno al n 37 quindi proprio accanto al Crimella. Ho dei vaghi ricordi perchè sono nato nel 1941.
Buongiorno, amici “isolani”, avrei piacere se qualcuno di voi avesse conosiuto mio padre, che all’Isola abitò fino all’inizio degli anni ’60. Si chiamava Giorgio Canzi, detto Elmer ed abitava all’inizio di via Borsieri. Mia nonna, Maria Corso, continuò ad abitare lì fino alla fine di quel decennio, per trasferirsi poi a Bresso. Io ho ricordi vaghi del posto perché ero, all’epoca, molto piccolo. Mio padre, che ora non c’è più, era nato nel 1937.
Bella e divertente serata trascorsa con Gianni, Lucia e suo marito Pino. Anche mio marito che non è isolano si è sentito a casa propria. Sono belli i ricordi, e rammentare con amici tanti episodi riguardanti la vecchia Isola ci ha fatto fare un tuffo nel passato, piacevolissimo, come quando in un assolato pomeriggio estivo ci si può tuffare in acqua fresca. Gianni è un pozzo di racconti piacevolissimi, episodi descritti con tale precisione che pare di viverli. Spero di ripetere la serata, grazie agli amici e un caro saluto alla moglie di Gianni.
Annamaria.
Grazie Annamaria per l’apprezzamento. Sto mandando, allegate ad una mail, sia la foto della serata che alcune foto con il soggetto “bici” che piaceranno sicuramente a Silvano. E’ stato anche per me un vero piacere trascorrere con voi quelle ore. Ciao, a presto e buona serata!
Per Stefano Canzi
Buona sera Stefano !
Mia mamma (classe 1926- non usa molto il p:c.) questa sera parlando appunto del tuo messaggio mi ha detto che ricorda un dottor Canzi – dentista –
che ha curato mia sorella e poi me. (Io sono del 61.)
Il dentista aveva uno studio in via P.Lambertenghi.
Si tratta di tuo padre o è un caso di omonimia ?
Intanto un caro saluto a tutti.!
Buongiorno, Claudia,
no, il dentista in questione non era mio padre che, quando lasciò la casa materna, si trasferì prima a Torino e poi in Emilia Romagna, dove ha vissuto il resto della sua vita.
Ricambio comunque il caro saluto.
Sempre per Claudia,
puoi chedere alla mamma, però, se conosceva mia nonna, Maria Corso. Oltre mio padre, aveva anche un’altra figlia, Grazia, nata nel 1944. Lei è rimasta lì, in via Borsieri, più a lungo di mio padre, direi fino alla fine degli anni ’60. Si sposò con un altro Isolano, Aldo Borelli, più o meno coetaneo, per poi separarsi in seguito. Aldo, putroppo, è scomparso nel 2004, nello tsunami in Thailandia e nessuno ha mai più avuto sue notizie o tracce. Mia zia, invece, è ancora viva e vegeta. Vive a Nerviano da una decina d’anni.
Ricordo anch’io i fratelli Canzi ,figli del droghiere di via Lario,uno aveva lo studio in viale Zara e l’altro in viale Monza.Probabilmente la mamma di Claudia si riferisce a questi dentisti.
Ricordo anch’io un dentista di nome Canzi, però in via Lario 8, era un omone grande e grosso, molto gentile e bravo. È stato il mio primo dentista. Annamaria.
Purtroppo Stefano,mia mamma non ha conosciuto ne tua nonna e neppure
tua zia Grazia mi dispiace !
Riguardo a quanto scrive Lucia,si mia mamma mi ha confermato che erano figli del droghiere.
Io la drogheria in Lario me la ricordo appena appena,ricordo solo il banco (che mi sembrava altissimo) pieno di vasi di vetro contenenti caramelle …….
Saluti a tutti e buon fine settimana !
Ho pubblicato ora su FB su “sei dell’Isola se….” due foto. Una è dei primi anni ’20 e riprende mia zia Carolina Gori, che era venuta ad abitare in via Pastrengo 5. La ricordavano molto bella, elegante ed ottima ballerina. Frequentava, con l’amica Juccia, la sala da ballo Verdi e li Il Giovanni Borghi, che ne era il Presidente, le aveva conosciute li e poi aveva sposato la Juccia. Chi poteva allora prevedere che sarebbe diventato uno dei più grandi industriali italiani del dopoguerra? Mia zia era poi andata ad abitare nel palazzo signorile che era stato costruito in quegli anni in via Ugo bassi 27, con fronte in P.le Segrino, e che sarebbe stato distrutto con i bombardamenti dell’Agosto 1943. La seconda foto è stata scattata per il “centro” fatto da mio zio Celestino Gori in occasione della Fiera della Fontana del 1946. Li mi rivedo dodicenne ma mi sembra di rivivere quell’attimo del flash in questo momento……e sono passati quasi 70 anni !!
Per Gianni Tedeschi.
Grazie Gianni per le belle foto. Complimenti! La tua mamma era veramente una bella signora. Che dire del tuo ciuffo? Un anticipo di Little Tony anche se ora, come per Silvano, è un lontano ricordo. I ricordi nessuno ce li porterà mai via, la nostra vita è fatta di loro, alcuni purtroppo non piacevoli ma altri dolcissimi sono radicati nel nostro cuore. Come dimenticare episodi dell’infanzia, della ormai lontana gioventù, del primo amore, ovviamente isolano anche se di origini discutibili…Tutto è legato al vecchio quartiere, rimasto per sempre in noi.
Un abbraccio e un saluto a tua moglie che speriamo di conoscere presto.
Annamaria e Silvano.
…a contatto di portone soprattutto in via Borsieri non si diceva osteriie ma trani e tranatt gli avventori quando entravo x bere la Spuma che mio padre mi pagava vedevo gente che discorrevono,confabulavano,spettegolavano.giuocavano a carte alla morra alla sberla..osservavano a bocca aperta le mosche volare e negli intervalli trincavano naturalmente….e’ bellissimo rincorrere il passato…
Che bello la spuma è vero !!!! Adesso se chiedi una spuma non sanno che cosa sia. Ricordo a volte il mio papà mi prendeva la spuma alla Filocantanti di via Arese !
Si ordinava il ‘bianchino’ o il ‘bianchino’ spruzzato.(non ho mai capito cosa ci spruzzassero dentro …….credo aperitivo BO)
Io dell’Isola ricordo il De Toma, in piazza Minniti , lo gestivano i genitori di una mia compagna di classe alle elementari,(fine anni 60) e poi ricordo un bar-trattoria in via Garigliano (inizi verso Lagosta) dove c’era una Sig.ra che si chiamava Maria.
Riguardo le canzoni citate da Annamaria si sono cansun di ciuch,davvero !Ma
”Marina” se non sbaglio è successiva a Vola Colomba,credo forse inizi 60.
Mia mamma aveva un 45 giri COLORATO !!!! con questa canzone.
un carissimo saluto a tutti .
Claudia
nel bianchino spruzzato c’era o il campari o il bitter e per chi lo voleva leggero l’aperol
Di fronte al n. 23 di via Ugo Bassi c’era un trani. Nel periodo estivo i clienti sedevano all’esterno, urlavano, schiamazzavano e finivano la serata regolarmente cantando “Vola colomba” o “Marina”, cansun di ciuch, bei tempi caro Franco, non esistevano le paninoteche, i pub, la movida….ma tutto era più sano, in tutti i sensi. A proposito di trani….. Un brindisi a tutti gli isolani.
Annamaria.
MI avete provocato con i vostri ricordi dei trani dell’Isola e devo a mia volta intervenire con qualche succoso ricordo. Intanto inizio con il raccontare che dalle bocche di numerosi Isolani uscivano più le frasi : ” andem a fass un quartin” o ” andem a fass un mes liter” piu dei “buon giorno” o “buona sera”.
Il Barbera ed il Manduria erano la droga dell’epoca. Mia mamma, che nella sua latteria di via dal Verme 2, aveva un ricco banco di formaggi aveva clienti di quel tipo che da lei compravano ” el gurgunsola,quel bel vert “, piccante al punto da facilitare e richiedere delle belle sorsate di vino. C’era un gruppo di tre imbianchini che abitavano in via cola Montano 8 e che lavoravano solo di notte per l’imbiancatura di negozi. Prima di partire la sera per la loro destinazione passavano dal trani in fondo alla via dal Verme per un paio di bottiglioni di Barbera e poi da mia mamma per delle belle fette di Gorgonzola, “me racumandi, sciura Albina quel bel vert ! ” E via, tutto sul loro furgoncino a pedali insieme alle “tolle” della calce. Gli aspettava una notte di lavoro in allegria.
Noi sbarbati sdegnavamo il Barbera od il Manduria ma non è che stessimo lontani dall’alcool, al contrario. Certo non eravamo abitudinari come i “ciucatè”,
dei quali avete scritto, e neppure entravamo nei trani dove si mesceva solo vino, ma, in modo particolare prima di andare in una sala da ballo ( al Branca di via Lancetti o al “Polverone”,del dopolavoro ferraviario, sotto il tunnel di via Tonale, questo ben frequentato dalle”donne di servizio venete” ) entravamo nel bar ( tabaccaio di via Carmagnola, bar di via Dal Verme, davanti alle femminili, bar di via Garigliano ) e ordinavamo un paio, ed anche tre, di “Doppio Kummel” ( Era quello che allora tra di noi andava di moda per la sua efficacia, rapida e prolungata ) . E via, eravamo pronti a sbaragliare in sala da ballo.
A pensarci bene eravamo delle mammolette al confronto dei giovani di oggi che hanno a disposizione, e ne fanno abbondantemente uso, porcherie eccitanti di ogni tipo. Intendiamoci : mammolette dell’Isola, però !
Rifletto ancora : a 15-16 anni ora i ragazzi sono ancora dei bambini e chiamiamo ragazzi anche i quarantenni. Al tempo la guerra ci aveva fatto
prepotentemente maturare. Quel nostro comportamento era solo uno dei risultati. Se non vi ho tediato con questo racconto e non spegnete sbadigliando il vostro pc, proseguo, e poi termino, Recentemente sono stato invitato ad una serata di gala con cena alla Porschehaus di via Lancetti.
La Porsche aveva invitato dei potenziali clienti della loro Cayenne ed io ero la , immeritatamente , in mezzo a loro. Nello splendido salone, con un servizio di Catering superlativo, tavoli rotondi da 8, tovaglie ricamate e cristallerie sopraffine e con orchestra sudamericana venne servita la cena. Questa si componeva di tre portate sapete quali ? La prima di Gorgonzola italiano accompagnato da vino Porto Sandeman, la seconda da Rockefort francese sempre accompagnato dal vino Porto e la terza da un formaggio inglese del tipo come i primi due ma ancora più verde e piccante, accompagnato sempre dal Porto. Ad ogni portata, aumentando il piccante aumentava la quantità del Porto bevuto alle tavole per cui l’atmosfera finale era quella di un festeggiamento di mezzanotte di un 31. Dicembre. Mi venne in mente il Gorgonzola ed il Barbera dei tre imbianchini di via Cola Montano 8 e mi sono detto che, in fondo, certi piaceri dell’uomo non sono molto cambiati. Io non ho comprato la Cayenne ma il successo della serata era stato grande. Come le imbiancature notturne con la calce dei negozi.
Incredibile questo episodio. Una è convinto che in una serata così ci sia minimo caviale e champagne !!!! E invece il gorgonzola ! Ma per curiosità cosa C’era nel doppio Kummel ???
Io ricordo anche a proposito di alcol , che c’erano persone che al banco ordinavano un ‘pastiss’. Era giallo presumo un liquore.
Grazie Gianni , per i sempre simpatici e interessanti episodi che ci racconti !
un saluto a tutti.
Claudia
il doppio kummel era un liquore di colore dell’acqua e all’interno della bottiglia c’era una spece di massa cristallizzata,lo faceva la stock e la buton da noi ma penso che sia nato all’estero.Il pastiss invece era un aperitivo all’anice simile al pernod.
Grazie Enzo.
Per Giovanni :
anche se in RITARDO , auguri di Buon Onomastico !
Per tutti gli altri lettori , vi siete ricordati di conservare una fettina di panettone per martedì S.BiAGIO…..?????
Buona Domenica a tutti !
Claudia
Cara Claudia, grazie!! Li prendo con anticipo sul mio onomastico del 2015, il 24. Giugno. E’ quella la data giusta del mio San Giovanni.
Bravo Enzo che ha saputo dare qualche notizia sul Doppio Kummel. Io ne ricordavo solo il nome per averne ordinati a centinaia di bicchierini di quella “bomba”. L’ultimo, credo all’inizio degli anni ’60. Poi era cominciato il periodo del Wiscky (?) con o senza ghiaccio e selz e poi via via i vari alcoolici e superalcolici con i quali si è condita la vita ed alimentato lo spirito. Per quanto riguarda il Pastiss ed il Pernod, cui aggiungerei anche il Richard, preciso che ,tutti al gusto di Anice, hanno una larga diffusione in Francia, dove io lo ho apprezzato e abbondantemente tracannato quando ero là. Poca fortuna da noi, hanno avuto, per due ragioni. La prima è che per gustarli bisogna seguire un rito, seduti al tavolino. Viene servita la dose in un grande bicchiere assieme ad una caraffa di acqua gelata, si versa un pò d’acqua nel bicchiere, si produce così una miscela bianco latte, e si beve un primo sorso, poi si aggiunge di nuovo dell’acqua e si beve un secondo sorso e così via sino a che il bicchiere sia pulito. Naturalmente ad ogni sorso si riduce l’effetto alcool ma già le prime due sorsate avevano ottenuto l’effetto ricercato. Tutto il rito, come si può immaginare, richiede un pò di tempo. Gli Italiani in cerca dello stimolo alcolico non sprecano tempo ( dovrei scrivere “non sprecavano” perche oggi il mondo è cambiato e quello stimolo gli Italiani lo cercano molto meno ) entravano al bar, ordinavano ed in piedi,al banco, bevevano e via.
In più il gusto Anice, gradito ai Francesi, non è particolarmente gradito agli Italiani che prediligono quello delle Grappe. Ed anche quì c’è una leggenda che riporto: Nella prima guerra mondiale, guerra di trincea, ai soldati francesi veniva fornita e regolarmente riempita, una borraccia di Anice, serviva per poter rendere bevibile qualsiasi acqua anche ristagnante, aggiungendovi dell’Anice. Inoltre, l’uscire dalle trincee all’assalto ed a morte quasi sicura, richiedeva un grosso apporto di alcool che favoriva il coraggio o l’incoscienza.
Ai soldati francesi serviva l’Anice molto alcolico. Ai soldati Italiani veniva invece fornita la Grappa, agli stessi fini. Così, terminata la guerra, chi era sopravvissuto, se era Francese si era abituato all’Anice, se Italiano alla Grappa. I gusti si erano ormai affermati. Infatti se si leggono sulle bottiglie dei tre prodotti francesi si noterà che le Case sono state fondate negli anni subito seguenti alla Grande Guerra. Tutto questo non ha niente a che fare con l’Isola. Considerate quindi queste righe di oggi come un giretto domenicale “fuori Porta”. Io vado a gustarmi un Pastiss al tavolino ed a voi auguro una. Buona Domenica .
altro liquore all’anice che si beve allo stesso modo del pastiss e del pernod è l’uzo greco ma da noi non è mai arrivato.
Ieri avevo fatto un elenco dei ragazzi con i quali ho condiviso l’infanzia e l’adolescenza e te lo riscrivo:
Infanzia: Giannina Villa, Mirella Capella, Bruno Casiraghi, Stefano ?, Marilina e Gianni Marzocchi ( tutti abitanti nella mia casa in Via Volturno 41 ), Marisa Sanvito ( Via Volturno 38 ), Nanda Rizzi ( Via Volturno 39 ), Giorgio Viazzo ( Via Volturno 37 ), i bellissimi gemelli biondi Beppe e Giuliana Peri, purtroppo scomparsi anni fa ( Via Volturno 44 ), Gino Maiocchi e Rosanna Senesi ( abitanti in due caseggiati diversi di Via Spalato ), tutti compagni di scorribande nei vicini prati in fondo a Via Spalato, di giochi ( a proposito non ho trovato indicato il gioco delle belle statuine ) e di birichinate ; Alba ? e Liliana Pasetto ( compagne di classe alle elementari di Via dal Verme ).
Adolescenza e gioventù: la suddetta Giuliana Peri, mia compagna di classe alle medie dalle Suore di Maria Consolatrice. Giorgio Viazzo, Gianna Guerra ( Via Volturno 36 ), Carla Olanié ( Via Farini , numero pari, a metà strada tra cinema Vox e Via Boltraffio, in uno stabile con un grande ingresso, mi sembra di ricordare; si è sposata poi con Giorgio Viazzo ), Franca Pasquinelli ( che abitava dalle parti di Piazzale Fidia prima di trasferirsi durante la scuola a Cernusco sul Naviglio ), erano come me tutti iscritti allo Schiaparelli e ci si ritrovava sul tram 4 all’andata e al ritorno.
C’erano poi i ragazzi per i quali mi batteva il cuore, ma che mi ignoravano completamente! Un certo Franco Mannone (Via Volturno 44 ), era sempre con gli amici dai lattai di Via Volturno a discutere di calcio e quanti giri ho fatto con le mie amiche tra Via Volturno, Garigliano e Sebenico per farmi notare, ma invano. Lo avevamo soprannominato ” dolcissimo ideal”. Il ricciolino Fulvio Molteni, un certo Tito dagli occhi azzurri… sogni di gioventù.
Salutami tanto Annamaria e Lucia, che ringrazio per la disponibilità ad accettarmi nel vostro gruppo.
A te un grazie di cuore per la grande pazienza nel leggere questa lunga mail e un cordiale saluto
Luisa Buonvino
Per Luisa,
il gioco delle belle statuine,strano ma vero ….è ancora giocato e conosciuto !!!
Io da piccola ci giocavo spesso,ma anche mia figlia che ora è signorinetta (12 anni) amava giocarci sino a qualche tempo fa.
Intanto mando un caro saluto a tutti quanti !
(Sarò assente per qualche giorno).
Claudia
Eccoti finalmente tra noi cara Luisa. Da parte mia un più che cordiale benvenuto ! Ogni cosa che dell’Isola puoi ricordare sarà per tutti molto prezioso.
Per Claudia.
Buongiorno cara Claudia, mi sono proprio dimenticata la fetta di panetun e infatti, vedi caso, ho un mal di gola stinco! Coincidenza? Rimedierò martedì sera in parrocchia ci sarà la benedizione della gola e non mancherò.
Buona settimana a te e a tutti gli isolani.
Annamaria.
A proposito di via Volturno… Ricordo una drogheria, fornitissima. Il proprietario era un uomo magrolino con i baffetti, la moglie sedeva alla cassa e mi pare fosse una bella signora mora, molto cordiale. Il sabato era un rito: mercato la mattina presto per evitare la folla, poi la drogheria,dove la mia pazienza veniva ricompensata con una tavoletta di cioccolato al latte. Il mercato però mi piaceva particolarmente nel periodo invernale, con il buio, intorno alle 17. Le bancarelle si illuminavano, la gente infreddolita si affrettava agli ultimi acquisti e poi…. Tutti a casa! L’isola negli inverni di quando ero bambina era spettacolare, affascinante, riservata, si svelava a poco a poco attraverso la nebbia. La si poteva apprezzare anche con la pioggia, pioggia pulita, non inquinata come oggi. Ciao caro quartiere a noi tanto caro, spero che le innovazioni che ti stanno trasformando non sciupino i nostri ricordi.
Annamaria
i ricordi non si sciupano mai è il quartiere che ormai è sciupato
Ciao Annamaria il titolare della drogheria di via Volturno si chiamava Battista
Buongiorno, Annamaria, e grazie per avermi accolto nel vostro sito..
I titolari della drogheria di Via Volturno, ai miei tempi (quindi dal 1936 al 1960), erano i signori Maiocchi. La moglie stava anche nella loro drogheria del mercato comunale. Abitavano in Via Spalato e avevano due figli: la Ciucci, più grande di me di qualche anno, e Gino, della mia età e compagno di giochi. Ricordo che fu la signora Maiocchi a consigliare a mia madre di iscrivermi alla Bocconi come suo figlio, invece che alla Cattolica dove io volevo frequentare i corsi serali insieme alla mia compagna di banco dello Schiaparelli, per non pesare sulle finanze familiari. Fui iscritta alla Bocconi, con l’intesa che avrei dovuto laurearmi nei quattro anni e mantenni la promessa.
Un caro saluto!
Luisa
Buonasera sig.ra Luisa in quella drogheria dopo i Maiocchi subentrò un’altra famiglia di cui ricordo solo il nome del titolare, si chiamava Battista . Cordiali saluti
dei maiocchi mi ricordo poichè essendo nato nel 45 qualche volta mia mamma mi mandava a comperare qualcosa di urgente che lei aveva dimenticato,del sciur batista no perchè essendo un po’ più grandicello forse mi vergognavo a fare spesa ed andare per negozi.
Buongiorno Luisa, grazie per arricchire di ricordi questo sito. No, non credo si tratti delle stesse persone. Io mi riferisco agli ultimi titolari. C’erano ancora quando nacque mio figlio, nel 78. Mio padre esibì il nipote in tutto il quartiere e ricordo la signora della drogheria che lo spupazzava e scherzava sul fatto che papà non voleva assolutamente nipoti…
Caro papà, piombato all’isola negli anni ’30 dalla Puglia con la sola ricchezza di tanti fratelli, di una madre coraggiosa e di tanta speranza. Mi raccontava che all’epoca viveva con la famiglia, in tutto 10 persone, nel retro di un negozio in via Pollaiuolo. Trovó lavoro in una tintoria in via Ugo Bassi. Poi la guerra annullò i sogni di tanti e ricominciò la miseria, quella più brutta, che toglie ogni speranza.
Raccontaci qualche episodio di quei tempi, cara Luisa. È bene che anche i nostri figli e nipoti ne siano a conoscenza, non solo dai testi scolastici.
Un affettuoso saluto. Annamaria.
Hai visto cara Annamaria che alfine anche Luisa è entrata con noi per portarci i suoi ricordi della nostra vecchia Isola. Sarà bello reincontrarci tutti assieme una volta. Ho visto che oggi Milanoisola ha ripreso un mio vecchio scritto sulla Festa della Fontana che io ho condiviso in Facebook. Se puoi vai a leggerlo. A me è piaciuto rileggerlo dopo averlo dimenticato.
Ciao Gianni, ho letto il tuo articolo su Milanoisola. Come sempre riesci a far partecipe il lettore, sembra di vivere quei momenti. Molto belle le foto, guardando quella dei “bauscia” ho ricordato che anche mio padre aveva un cappottone simile. La sera quando rientrava passava a raccattarmi in portineria dalla nonna, apriva il cappotto e io mi ci tuffavo, poi abbracciata a lui attraversavamo il cortile per andare a casa. Bel cappotto ampio, pesante, che forse non scaldava nemmeno tanto, ma che mi dava sicurezza.
Il freddo era senz’altro più intenso di quello attuale. Avevo canottiera di lana, maglia di lana con maniche lunghe, sottoveste pure di lana, gonna, maglione, calzettoni che lasciavano scoperte le ginocchia le quali per il freddo diventavano viola, il tutto sotto il grembiulino bianco. Sopra,cappotto quinquennale, acquistato o confezionato in casa, doveva durare per gli anni delle elementari, ogni anno allungavano l’orlo! Cuffiotto,sciarpa, guanti, scarponcini. E come mi stimavo! Oggi che fa meno freddo di allora i bimbi hanno piumottini soffici, stivaletti chic, zaini che richiamano l’ultimo personaggio televisivo. Io avevo una severa cartella di cuoio che pesava più dei libri, ed ero una bambina fortunata. Ciao a tutti.
Annamaria.
E’ bello leggere anche te, cara Annamaria. Anche le tue descrizioni sono tali da vedere con la fantasia ciò che descrivi. Con le tue parole sai provocare nuove emozioni. Ripenso spesso alla nostra piacevole serata davanti ad una buona pizza e, soprattutto all’Isola. Indimenticabile la tua testolina bionda, perfetta con quella acconciatura. Cordiali saluti a tuo marito.
Oggi, San Valentino, sento di dover fare gli auguri a tutti gli isolani. Perché non c’è niente da fare…. siamo innamorati del nostro vecchio quartiere.
Vecchio quartiere che hai seguito la mia gioventù. Il mio primo morosino che abitava in via De Castillia , di lui ricordo solo che si chiamava Luigi e che per lui avevo dato una gran crapada. Dolce ricordo dei miei 15 anni. Come si fa a cancellare tanti bei ricordi?
Auguri vecchia sempre giovane isola! Buon S. Valentino a tutti.
Annamaria
“Milanoisola” ha ripreso un mio blog di qualche mese fa per pubblicarlo nel suo sito. E’ quello in cui avevo scritto del DNA dell’Isola. Oltre a farmi molto piacere ciò mi fa riflettere: forse viene condiviso il mio pensiero al riguardo. Ora vorrei aggiungere: Perchè siamo così numerosi, particolarmente noi anziani, nella ricerca, nella nostra memoria, della nostra vecchia Isola?
Ricerchiamo le case, i cortili, le vie, i marciapiedi, insomma tutte quegli angoli che ci hanno accompagnato negli anni di gioventù ? No, perchè tutto, o quasi, è ancora li, nel medesimo posto dove noi li abbiamo collocati nella nostra memoria. Basta fare un salto là e ritroviamo tutto quanto come lo avevamo lasciato. Quindi non è questo che inseguiamo con i nostri ricordi . Quello che cerchiamo è la vita e l’umanità che ci ha allora circondato e di cui abbiamo fatto parte. Mi chiedo allora quali sono i fattori che hanno così profondamente trasformato quel mondo del quale noi siamo ora del tutto estranei.
Riesco a darmi una sola risposta : la causa sta nella perdita dei Valori che ci hanno accompagnato durante la nostra crescita. Ma quali sono quei Valori ?
Il primo credo sia quello della “Famiglia”. Non c’era il divorzio, la famiglia consisteva in un “Capo famiglia”, che era il padre, in un “Coniuge”, che era la moglie, e nei figli, più o meno numerosi. A questo nucleo si aggiungevano i nonni, perlopiù non più autosufficienti. Questa era la classica tradizionale famiglia, certificata da un documento che il Comune rilasciava dal nome ” Stato di famiglia. Il Capo famiglia aveva degli obblighi e dei diritti che lo
differenziavano dal coniuge.
L’Isola era allora abitata da questi nuclei famigliari che occupavano per lo più abitazioni di ringhiera di due locali, con acqua e servizi igienici in comune.
L’idea che due coniugi si potessero separare non sfiorava neppure la mente degli Isolani. Forse, anzi certamente, l’armonia completa e costante non sarà regnata in tutte le coppie ma in ogni caso l’unità era indiscussa.
Il Valore della famiglia era stato trasmesso dai genitori, sia del maschio che della femmina, ed era stato profondamente inculcato in ognuno.
La ” Patria”, altro Valore condiviso da tutti gli Isolani di allora. Per Lei quanti si sono immolati su tutti i fronti di guerra? Obbligatoriamente, si obbietterà, è vero, salvo eccezioni che di volontari ce ne furono molti anche prima dell’otto settembre ’43, ma anche dopo tale data i giovani dell’Isola accorsero volontariamente nei corpi della R,S.I. che rappresentava, pur trasformata, la loro Patria. Questo Valore derivava dall’insegnamento che ricevevamo sin dai primi anni della scuola elementare, anzi addirittura dall’asilo.
L’ “Onestà”, nei riguardi di noi stessi e nei riguardi del prossimo. Era anche un Valore condiviso. Ce lo insegnavano la famiglia, l’insegnamento religioso allora molto seguito e rispettato ( vedasi ancora oggi il culto del Don Eugenio ),
la scuola stessa in ogni sua manifestazione. Le rare eccezioni facevano rumore. A San Vittore non c’erano Isolani. L’Enzo Barbieri, un mito della malavita Isolana, è un frutto successivo all’otto settembre ’43, data che ormai viene definita ” La morte della Patria ” .
La ” Libertà” era un Valore allora come è un Valore oggi. Ma non era necessario esaltarla. Per gli onesti c’era, nessuno la poneva in discussione, nessuno si sentiva privato di questo Valore. La Legge proteggeva gli onesti e perseguiva i disonesti, cosa chiedere di più ? L’obbiettivo era il bene comune.
Il “Lavoro” era l’altro Valore quasi sacrale. Allora, per quasi la totalità degli Isolani, si trattava di duro e pesante lavoro. Disoccupazione ? parola sconosciuta. Dello sciopero della fine secolo precedente, quello sedato dal Bava Beccaris, tanto per intenderci, si parlava allo stesso modo delle cinque giornate del ’48. Storia e nient’altro. Io con madre operaia alla Browboveri” e padre operaio in ferrovia, assimilavo il loro rispetto per il lavoro e per i loro capi. La parola “sciopero” era sconosciuta. Se siete convinti che questa sia stata una conquista sociale vi lascio nella vostra convinzione. Tanto il lavoro non è più un Valore. E’ ” Un posto” quello che conta !
Ecco, cari amici, ho elencato quei Valori che guidavano gli Isolani dell’epoca, quei Valori, oggi, non solo dimenticati ma addirittura derisi e negati.
Noi cerchiamo, con i nostri ricordi, quell’Isola che si basava, nella sua umanità, proprio su quei valori accettati e condivisi.
Cosa volete che abbiano a che fare i nuovi Isolani con i vecchi ?
Contenti loro…….
Giovanni come dicevo sarò assente qualche giorno ,per cui non vedrete miei commenti. SONO PIENAMENTE D’ACCORDO CON TUTTO CIO ‘ che hai appena scritto,anche se sono un’isolana credo di qualche generazione
dopo.
Penso che questi Valori,non fossero patrimonio solo degli isolani dell’epoca,ma anche di tanta altra gente.
Certa i nuovi isolani nulla hanno a che fare con i vecchi e poi a mio personale avviso attualmente c’è troppa ‘ Movida ‘…..
Io nel mio piccolo cerco di trasmettere certi Valori a mia figlia dodicenne,che ogni tanto mi guarda in modo strano….. ma forse un giorno capirà tanti discorsi e tante ‘fissazioni’ della mamma.
Di nuovo un caro saluto a tutti e grazie per questo bello spazio,dove possiamo scambiarci idee,opinioni e belle storie isolane !
Hai ragione Claudia, quei Valori non erano appannaggio solo degli Isolani, tutti gli Italiani li condividevano. Ma allora l’Italia come il suo popolo erano un’altra cosa rispetto a quella e quelli di oggi. C’è a chi va bene così. A me no! Ma a chi interessa ?
È vero non esistono più i valori, o forse sono diversi.I nostri genitori, perlomeno i miei, ci hanno insegnato quale primo Valore la Famiglia. Mia mamma diceva sempre si a tutto quello che mio padre proponeva,giusto o sbagliato. Diceva che era il marito che sosteneva la famiglia e quindi era giusta la sua parola. Mi ha cresciuto con l’esempio del loro amore, durato 56 anni. Io ci ho provato per 8 anni, poi ho divorziato. Mi sono risposata e la nostra unione dura da 33 anni, 7 di convivenza e 31 di matrimonio. Mi chiedo se dicendo sempre si avrei evitato il fallimento. Forse si. Ma saremmo stati infelici in 3, io, lui e mio figlio.
La Patria credo sia un Valore ormai sconosciuto. Come si fa a credere in qualcuno quando in Parlamento, onorevoli che noi manteniamo con le nostre tasse, di qualsiasi partito siano, si scambiano insulti e botte da Far West?
É vero, forse questo Valore non viene più menzionato nemmeno dai testi scolastici. Se sfoglio un libro delle mie classi elementari riscontro più volte questa stupenda parola “Patria”, veniva paragonata alla Mamma, perché come tale doveva infondere sicurezza, dare amore e quindi venire rispettata.
Onestà, altro Valore perso nel tempo. Non esiste più. Oggi ognuno pensa solo a se stesso anche a discapito di altri. Non esiste nelle scuole, negli ambienti di lavoro, nelle famiglie stesse. Che tristezza!
Libertà, non si sa a cosa e a chi attribuirla. Ho paura che sia stata interpretata male. Oggi pensano di essere liberi solo perché ognuno fa e dice quello che vuole. Perchè? Perché ci riteniamo liberi solo perché non siamo sorvegliati?
Il Valore Lavoro purtroppo è una chimera. I nostri figli non lo ritengono tale solo perché per poterlo avere devono attendere il colpo di fortuna, oppure migrare all’estero dove magari fanno di tutto tranne quello per cui si sono preparati.
Tanti, è vero, cercano il posto, non il lavoro. Quello duro, al quale eravamo stati abituati, non lo vogliono.
Gli Isolani veraci, quelli della nostra epoca, hanno cercato di inculcarli alle nuove generazioni ma.. è vero , queste non hanno nulla in comune con noi.
Ciao Gianni e un caro saluto a tutti gli isolani.
cari gianni,annamaria,claudia e tutti quei pochi altri che seguono i vostri racconti devo solo essere d’accordo con voi su tutto quello che scrivete,io dal canto mio sono poco incline a raccontare e solo alcune volte rispondo a delle vostre interrogazioni e devo dire che i nuovi abitanti dell’isola da circa 20 anni a questa parte sono a mio parere dei fighetti radical chic intellettualodi alternativi che hanno contribuito a rovinare il quartiere insieme ai palazzinari e a quasi tutti quelli che hanno aperto i locali,noi eravamo dei ruspanti.
Oggi Luisa mi ha trasmesso una serie di foto d’epoca che vado immediatamente a pubblicare, con la sua autorizzazione, su Facebook.
Mi spiace per Annamaria che non potrà vederle non essendo su fb, ma le stamperò per dargliele al prossimo incontro.
Grazie a te e a tutti i nostri amici “isolani”.
Oggi mi tornano alla mente i medici che ci hanno seguito nella nostra infanzia e adolescenza, dottori che quando ci visitavano ci guardavano le orecchie, la lingua, la gola con il cucchiaio, la parte interna della palpebra, ci facevano dire 33 per vedere lo stato dei polmoni, ci ascoltavano il cuore, ci palpavano la pancia, ci battevano con il martelletto sulle ginocchia, ci guardavano le mani e le unghie, misuravano la nostra altezza, e avevano tanta pazienza…
In particolare ricordo, se la memoria non mi tradisce, il Dott.Enrico Scotti in Via Porro Lambertenghi 8, il Dott. Alberto Andreoli e, nel dopoguerra, il Dott. De Renzio in Via Confalonieri ( medico della mutua ).
Come venivamo curati?
Prima di tutto “l’amato olio di ricino” ( la mia mamma mi metteva a letto e dopo un po’ mi svegliava dicendo ” ciccina hai la tosse, prendi questo per farla passare ” e mi faceva ingurgitare una tazzina di latte caldo e olio di ricino..), poi le pappe di senape bollente applicate sul petto, gli infusi di aglio da bere per eliminare i vermi ( allora era molto facile prenderli anche perché giocavamo tutto il giorno sulla terra e mangiavamo cibi mal conservati ), l’alcool, la buccia di cipolla e l’ittiolo per le ferite e le infezioni, il fegato e la carne di cavallo contro l’anemia, il famigerato olio di fegato di merluzzo che drammatizzava le nostre giornate di adolescenti. Per non parlare della lotta all’infestazione di pidocchi riscontrata al ritorno dalla mia prima felice vacanza in colonia a Gressoney La Trinité ( sempre in agguato anche se oggi si chiama pediculosi ).
Qualcuno se ne ricorda ancora?
Un caro saluto a tutti
Luisa
Grazie cara Luisa dei tuoi ricordi così succosi che ci offri.
Ricordo i nomi dei tuoi dottori ma il mio era il Dott. Cirla di via Borsieri. Anche lui : olio di fegato di merluzzo, olio di ricino, “unguento del 12” che era simile all’asfalto e con il quale mi ungevano la gola ed il sottomento per le ghiandole che, dicevano, erano ingrossate. Poi le polentine di semi di lino superbollenti
sul petto per le bronchiti di ogni inverno. E poi tubi di “Piantopiogeno” rimarginante di tutte le ferite che mi facevo giocando. E così via…..
Ma grazie alle mamme ed ai dottori che ci curavano siamo cresciuti ed ora eccoci qua a raccontarcele.
Anc’io mando un caro saluto a tutti, a te particolare ed a presto.
PS .: Dimenticavo, i pidocchi, mai presi ma sia all’asilo Pastrengo che poi alle elementari Federico Confalonieri avevo una particolare abilità a tenere lontani ” i piugiatt”, che ne erano i portatori. E nelle foto della classe 2 C li vedo ancora e ricordo i loro cognomi : il Calò ed il Dolci, si grattavano continuamente la testa! E la Vigilatrice li faceva sempre rapare a zero, da cui il coro ” Crapa pelada l’ha fa i turtei ………..
Quanto e’ vero quello che dice Luisa,i dottori una volta “visitavano”i pazienti con cura non come adesso che prescrivono i medicinale anche per telefono,tra i dottori citati ricordo anche il dottor Cirla di via Borsieri.
Tutte le mattine olio di fegato di merluzzo sostituito più avanti con il Proton che era di sapore più gradevole.
Quante cose dimenticate che tornano alla mente sentite da Luisa!!!Anche lontano dalla nostra “Isola”aspetto con ansia di leggere ricordi raccontati da ognuno di noi.
Un caro saluto a tutti gli Isolani
Lucia Beduzzi
I pidocchi, ahimè, quando frequentavo la prima media lipresi pure io. Ricordo che durante una visita medica scolastica, dove eravamo setacciate dai capelli ai piedi, trovarono questi ospiti non graditi a me e ad altre compagne. Il bidello ci accompagnò a casa, dove piansi per l’umiliazione. Dopo di che inizió il divertimento: mi tagliarono i capelli cortissimi, tutte le sere mia madre ci passava la “pettinina” e li strofinava con il petrolio. Altro che shampoo per la pediculosi!
Per non parlare dei vermi. Al ritorno delle vacanze trascorse in colonia a Pesaro, eccoli! Collane di aglio al collo, “spremute” sempre di aglio, una bellezza.
Cara Annamaria tutto vero quanto dici !!!!che tempi,forse meglio adesso che abbiamo tutto ,ma siamo sempre alla ricerca di altre cose!!
Ciao Annamaria a presto
i vermi ricordo di averli avuti anch’io, i pidocchi no,però ricordo mia nonna che giornalmente mi passava la famosa pettinina, menzionata da annamaria,per precauzione.Il mio dottore è stato prima confalonieri che era in ugo bassi ang.pollaiuolo e poi piva in ugo bassi quasi in piazza fidia.Scusate se ogni tanto mi intrometto ma spesso mi fate riaffiorare i ricordi ed allora dico la mia,saluti a tutti.
Caro Enzo, certo che DEVI “intrometterti” , se no a che serve il blog? Questo sito ha l’opportunità di risvegliare in noi tanti ricordi, belli o brutti, ma sempre positivi in quanto ci avvicina tutti. Ciao, a risentirci.
Annamaria
Nei giorni scorsi sono affiorati due temi, quello dei nostri giochi e quello dei Dottori dell’Isola. Si è fatto notare che nei giochi elencati era stato omesso quello delle ” Belle statuine ” e per i Dottori ne è uscito un buon numero dal quale risulta che la salute degli abitanti dell’Isola veniva bene assistita.
Ho associato i due temi, giochi e dottore, e mi sono ricordato del “gioco del dottore”. Era l’unico gioco da fare con la massima complicità ed all’oscuro dei genitori. Per me era il migliore e più interessante e coinvolgente di tutti gli altri.
Chi non lo ha fatto non sa cosa ha perduto!
In Jacopo dal verme 4, quindi prima dei miei sei anni, le visite del dottore erano frequenti, non mancavano certo le pazienti, anzi!
Io facevo il dottore ed al mio fianco non mancava mai l’Arrigo Paoli e il Vincenzino Ricaldone ( Lucia, era tuo cugino mi pare ).
Ripeto, chi non ha giocato a quel gioco non sa cosa ha perduto.
La curiosità, la trasgressione, la sconosciuta eccitazione, tutto concorreva a rendere quei momenti del gioco sconvolgenti. La Clara, figlia della portinaia, che era una delle pazienti che più si prestava alle nostre visite, era anche la più invidiata dalle sue amichette. Il gioco del dottore veniva abbandonato dopo aver raggiunto i sette od otto anni, non mi ero mai chiesto il perchè, ma qualche motivo doveva sicuramente esserci. Forse coincideva con l’inizio della dottrina per la preparazione alla prima comunione, forse la curiosità era scemata, forse il desiderio di farsi visitare era scaduto nelle bambine cresciute, forse altri interessi e giochi della vita avevano soppiantato il gioco del dottore, chissà ? Sta di fatto che poi tutti noi con il passare degli anni siamo diventati dei dottori alla caccia di pazienti sempre più difficili e rare, sino a scomparire del tutto. Forse è il caso di tornare al Monopoli.
Certo che sparivano le pazienti! Ad un certo punto sono subentrate le dottoresse! Probabilmente le bambine che allora voi maschietti relegavate al ruolo di pazienti si saranno chieste perché dovevano essere tali e non diventare medici al vostro posto… Ecco quindi gli ex medici diventare pazienti e le bambine diventare dottoresse! Se no a cosa è servito il femminismo?
Annamaria
E’ cosi ?? Allora sto molto male in continuazione, A I U T O ! Visitatemi Dottoresse!
Cara Annamaria, ti invio la mia testimonianza sui bombardamenti all’Isola. In Via Volturno 41 gli edifici erano due: uno esterno su strada, con ascensore, e l’altro, costruito successivamente nel 1936, nel cortile interno. Io abitavo nello stabile interno al primo piano; mi sembra fosse di quattro piani, era senza ascensore e le scale separavano i due appartamenti di ogni piano. Nella cantina di questo stabile interno era stato costruito un rifugio antiaereo, che serviva entrambi gli edifici. Per noi numerosi bambini incoscienti, quando suonava l’allarme notturno era divertente, anche se assonnati, scendere nel rifugio perché avevamo lì seggioline ( io addirittura avevo una bellissima seggiolina a dondolo di vimini ) e portavamo giochi ( carte, giornalini, biglie, bambole, ecc.).
Una notte del 1943 ( per fortuna io e i miei genitori eravamo sfollati a Canneto sull’Oglio (Mn), durante un’incursione aerea, una bomba dirompente cadde sulla parte dell’edificio di fronte alla mia e sulle scale, facendole crollare sul rifugio, che per fortuna resistette. Ci fu un’unica vittima: il giovane papà dei miei amichetti Casiraghi che era uscito dal rifugio per vedere i numerosi bengala che illuminavano il cielo, sepolto dalle macerie. Nel 1945 riuscimmo a rientrare nell’appartamento grazie a una scala provvisoria di legno che arrivava al primo piano,fatta costruire dal proprietario dei due edifici, Oreste Vago Oldani, che aveva intenzione di mettere nel nostro appartamento un laboratorio. Dalla parete della nostra ala penzolavano ancora alcuni scalini ed era piuttosto pericoloso averli sulla testa. Quando io passavo davanti alla scala che portava in cantina avevo sempre davanti agli occhi l’immagine del papà dei miei amichetti! Nel 1946 furono ricostruite le scale e l’ala crollata …e la vita riprese come se niente fosse avvenuto.
Scusatemi per la lunga e noiosa ricostruzione di quegli anni. Luisa
Cara Luisa, grazie per la testimonianza relativa a quel periodo. Immagino come deve essere stato terribile vivere quei momenti. Vedere la casa amata distrutta, gli affetti cancellati, il mondo capovolto. Prego e spero che i nostri figli e nipoti non debbano mai assistere ad un orrore simile.
Grazie ancora e un abbraccio.
Annamaria.
Buongiorno a tutti da Luisa!
In particolare un grande grazie a Gianni e a Annamaria per l’affettuoso contatto.
Propongo a tutti coloro che seguono questo sito, familiari compresi, di ritrovarci
giovedì, 5 marzo 2015, alle ore 12.30, dopo il mercato comunale coperto, al ristorante La Baia dei Pescatori, in Via Pietro Crespi 16, per una pizza a scelta ( 9 € compresa bevanda e caffé ) oppure scelta tra 3 primi, tre secondi, tre contorni, acqua e caffé ( 10 € ). La zona è ormai prevalentemente extracomunitaria, e come potete immaginare non è un locale elegante, che richiede un abbigliamento chic, però a mio avviso è confortevole. Si può raggiungere con la linea 1 ( fermata Pasteur ) e, se viene preferita l’auto, si può trovare abbastanza agevolmente da posteggiare nelle strisce blu nella Via Termopili, gratuite dalle ore 13.00.
D’accordo che non ci ritroveremmo all’Isola, ma l’Isola in definitiva siamo noi!
Non credo che ci sia bisogno di prenotazione se saremo una decina, perché sono attrezzati con parecchi tavoli , però mi farebbe piacere sapere se siete disponibili!
Un caro saluto a tutti dalla più vecchia ( escluso Ezio Barbieri ) del gruppo
Luisa
Negli anni ’50 mio padre lavorava in via De Castillia all’Isaria, diventata poi Siemens. Mi raccontava che spesso accadeva che lavorando alle “trance” ,che non ho mai capito che macchine fossero, le donne perdessero l’uso delle dita.
D’estate svenivano per il caldo nei capannoni e nei mesi invernali rabbrividivano. Povere donne! Eppure anche loro oltre il lavoro avevano la famiglia da seguire, non si lamentavano ed erano sempre allegre.
Buona settimana a tutti. Annamaria.
annamaria la trancia per spiegarla in parole povere è come se fosse una grossa forbice che taglia i pezzi da lavorare con una forza pazzesca poichè di solito il materiale è metallo.Quindi se ci si mette sotto una mano….e questo perchè ai tempi non esisteva la sicurezza che c’è adesso,infatti ora queste macchine sono dotate di cellula fotoelettrica che capta tutto quello che è estraneo al materiale da lavorare e blocca la macchina.
Mia mamma ha lavorato dal 1927 al 1940 come operaia alla Bromboveri.
Lavorava in capannoni simili a quelli che tu hai citato ed era addetta agli avvolgimenti motori. Le sue mani sembravano di legno tanto erano piene di calli. Il rumore nel suo reparto era tale da farla impazzire dal mal di testa. Io alla sera al suo ritorno avevo sempre l’incarico di correre dal farmacista di via Borsieri angolo Pastrengo ad acquistare un “calmino”. Uno solo, mai più di uno, ogni sera! Quando sono nato, nel ’34, mia sorella Celsia aveva 10 anni e fu lei la mia mammina per i primi due anni, poi passai un’anno all’ospedale di Derganino, facendo una dietro l’altra tutte le malattie infettive possibili e poi finii all’asilo delle suore di via Confalonieri. Li mi portava mia mamma al mattino prima delle otto, quando passava per andare allo stabilimento e mi riprendeva dopo le cinque al termine del lavoro. Poi a 4 ed ai 5 anni andavo all’asilo di via Pastrengo. E mia mamma oltre al suo lavoro aveva la casa da mandare avanti e la cucina da fare. Ma io la ricordo, come tu scrivi delle operaie in genere, sempre allegra e disponibile. Altri tempi !
Buona serata a tutti gli amici dell’Isola!
Continuo con i miei ricordi, innanzitutto di due bocconiani la cui biografia si può trovare su Internet:
Il primo, il Professor Verzì Gabriele, assistente del Professor Lenti Libero all’università Bocconi, con cui ho discusso la tesi di laurea nel 1956, che abitava in Via della Pergola, all’angolo con Via Cola Montano, nella casa a destra venendo da Piazzale Archinto. Mi ha aiutato nella preparazione della tesi e ho frequentato sia casa sua,aveva una madre molto burbera, sia l’abbaino della Edisonvolta, azienda in cui era dirigente, dove c’era una fornitissima biblioteca. L’ho incontrato molti anni dopo al Moreschi, dove insegnavo, e mi raccomandò di fare una ramanzina a uno dei suoi numerosi figli, iscritto in un altro corso del Moreschi, molto svogliato nello studio. Verzì era una persona dolcissima e paziente, ma molto testarda e quando ci interrogava scavava a fondo nella nostra preparazione.E’ morto nel 2004 a 83 anni.
Il secondo è un mio coetaneo, Manca Gavino, che abitava in Via A. Paoli ed era iscritto come me alla Bocconi. Perse il padre per un infarto al primo anno d’università, ma si laureò e fu assunto dalla Pirelli dove fece una brillante carriera ( purtroppo quando era capo del personale fu gambizzato dalle BR ). Credo sia ancora vivo perché leggo sempre sulla rivista della Banca Popolare di Sondrio degli articoli a sua firma su filosofi ed economisti.
Potete trovare, sempre su Internet, Gianni Marzocchi, che fu lanciato da Nunzio Filogamo al festival di Sanremo, vinto da Tonina Torrielli, nello stesso anno di Marisa Del Frate. Abitava sul mio pianerottolo in Via Volturno 41 e poi si trasferì con i genitori e la sorella Marilina in Piazzale Lagosta, nella grande casa bianca, mi sembra al numero 2. E’ diventato dopo un apprezzato doppiatore, ma purtroppo è scomparso prematuramente.
Un’altra persona che ricordo con affetto è una mia compagna dello Schiaparelli, Dinuccia Ferrari, che abitava in Via Borsieri in una casa di ringhiera tra Via Dal Verme e Via Pastrengo ( forse al secondo piano del numero 16? ). Ricordo che negli anni cinquanta andavo da lei e preparavamo insieme le lezioni, mentre controllava i fratellini, affidatigli dalla mamma che lavorava. Mi raccontava con una punta di orgoglio che erano tutti ” cesarini”, cioé nati con il taglio cesareo, che allora non era in voga come ora. Chissà che ne è di lei. Ricordo di averla incontrata anni dopo. Si era fidanzata con un fotografo che lavorava in Piazza Duomo. Spero che abbia avuto una vita felice, perché allora faceva tanti sacrifici per mandare avanti la casa e contemporaneamente studiare!
Un caro saluto a tutti
Luisa
Che bello leggere tutti quei ricordi della “nostra Isola”!!! Ricordo benissimo quando raccontavano che Gianni Marzocchi era dell’Isola, era un orgoglio per tutti noi isolani!!!
Altri isolani famosi hanno dato lustro al nostro quartiere e fortunatamente ci sono persone come Luisa,Gianni ,Annamaria e altri che raccontano il passato e ci fanno rivivere quei ricordi meravigliosi.
Un saluto a tutti gli Isolani
Lucia
Buonasera Lucia. Luisa ha proposto più sopra un incontro in un localino sul Viale Monza per il 5 Marzo p.v. al mezzogiorno. Personalmente sono d’accordo, in alternativa io proponevo Road Haus a Segrate che forse è più comodo per Annamaria e li fanno dei filetti che rialzano pressione e morale.
Ma decidete voi, a me va bene tutto, basta stare assieme a voi.
PS .: Luisa la andrei a prendere io per accompagnarla a Segrate.
Buongiorno a tutti! Sto cucinando la trippa, o meglio “busecca”, e un ricordo affiora. In via Lambertenghi, angolo via Borsieri, rivedo un negozio di tripperia. Una grande vasca con acqua corrente conteneva questa parte bovina, ahimè da molti ritenuta poco nobile, da me no. Non ho mai capito perché le cose che mi piacciono fanno male, ma! L’acqua che traboccava dalla vasca finiva attraverso le grate situate sotto di essa. Poi sono arrivati i supermercati e.,, ciao Pepp. Addio trippa.
Pare che oggi sia considerata un piatto povero, così come il minestrone e la tanto amata cassoeula.
Buona serata agli amici isolani.
Si, si la Trippa !!! Buona, buonissima !! Mi ha fatto venire l’acquolina in bocca !! Mia mamma la faceva al sugo ed io ci mangiavo assieme un sacco di pane. La servivano anche calda e fumante, come piatto unico sulle navi che facevano servizio sulla costa Istriana, allora Italia, dove ogni anno mi portavano. La devo avere mangiata quindi già ai miei due anni!
Ora, purtroppo, non fa più parte della mia dieta. Ma anni indietro ero amante, in mancanza di meglio, della Trippa Simmenthal. Calda con un bel pò di grana sopra era, per me, una delizia.
Ne approfitto, cara Annamaria, per pregarti di leggere l’invito a trovarci il 5.
Marzo p.v. da parte di Luisa, che non conosco ancora di persona ma trovo sia una persona squisita. Vedi anche come ho risposto a Lucia. Eventualmente passo a prendere anche te se avessi dei problemi a raggiungere Road Haus di Segrate.
Beato Silvano che farà festa alla tua trippa!
la tripperia menzionata appena sopra dovrebbe essere quella di via borsieri 30 o 32 quasi ang.lambertenghi
Buona serata a tutti gli amici!
Vorrei rispondere a Silvio Alice che chiedeva tempo fa notizie sui tre negozi di Via Volturno 41.
Dal 1936 al 1960, anno in cui ho cambiato casa e quartiere, il primo negozio, di fianco al portone era del fruttivendolo Capella, padre della mia amica d’infanzia Mirella. La latteria era della madre di Ettore e Giuliano (quest’ultimo aveva problemi di salute, mentre il fratello era biondo e rubicondo). Entrambi gestivano la latteria ed erano grandi tifosi, per cui da loro si raggruppavano tutti i ragazzi della via per discutere di calcio. Ho saputo in seguito che la figlia di Ettore, bionda e di carnagione chiara come il padre, aveva sposato un ragazzo di carnagione scura e aveva continuato a gestire il negozio. Immagino, scherzando, che abbiano avuto dei meravigliosi bimbi color caffelatte. La famiglia Capella e i lattai abitavano nello stesso edificio. Di chi gestiva la macelleria non ho ricordo, forse perché allora la carne non mi piaceva proprio. Poi c’era la drogheria dei Maiocchi e, girando l’angolo, in Piazzale Lagosta, il negozio di vini e liquori di Sisti. Di Via Garigliano ricordo il negozio di scarpe dei Marinoni, di cui mia madre era assidua cliente perché i miei piedi si allungavano in continuazione,( ho ritrovato negli anni ottanta la moglie e uno dei due figli nel negozio che avevano aperto in Via Porpora). Infine mi ricordo del salumiere, vicino al negozio di scarpe, che quando mia mamma in tempo di guerra mi mandava a fare la spesa, invece di lasciarmi in fila mi metteva in piedi in un angolo e serviva tutte le signore che erano arrivate dopo di me. Mi era proprio antipatico!!!
Se ben ricordo, in Via Volturno,all’angolo con la Via Spalato, c’era una tabaccheria, poi dalla stessa parte una merceria e quindi un ciabattino,( forse Mandelli?), il cui figlio era mio compagno di giochi quando avevo 4 anni.
Un caro saluto a tutti
Luisa
Cara Luisa all’angolo via Spalato c’era, o c’ è, una tabaccheria e a fianco c’era anche un Barbiere per uomo, ho ancora la foto. Chi gestiva la drogheria dei Maiocchi si chiamava Battista,, poi all’angolo di via Volturno con Sebenico c’era la prestinaia Gianna e di fronte l’ingresso al trani del PCI con annesso balera e campi da bocce. Ancora in via Sebenico c’era la sede dell’autotrasporti F.lli Piccin. Il resto dei ricordi alla prossima. Ciao
Buongiorno, giovane amico Silvio, e grazie per le precisazioni.
Ricordo anch’io la panettiera d’angolo con Via Sebenico, di cui eravamo clienti, e il circolo Sassetti, dove andavo a comprare il vino. Qualche anno fa ci sono ritornata per la mostra di sculture di una mia insegnante dell’UNITRE, ma non ho ritrovato nulla che ricordassi: era tutto cambiatoi. Non mi ricordo del barbiere di Via Volturno. Mio padre andava alla fine degli anni trenta, mi sembra, in Via Sebenico davanti alla chiesa del Sacro Volto e mi portava per Natale il calendarietto tutto profumato, legato con un cordoncino che terminava con una nappina. Per me era bellissimo ( forse era osée per quei tempi, in quanto c’erano delle donnine, ma castigatissimo rispetto a quelli del dopoguerra). Ricordo anche il muro e l’ingresso del corriere Piccin, subito dopo l’angolo. Della casa in cui abitavi vedevo da casa mia la parte verso verso Via Sebenico, oltre il tetto dei Crimella. Al numero 43 di Via Volturno abitava la famiglia Balconi.
Al prossimo ricordo… e un cordiale saluto
Luisa
Per Gianni a Tedeschi.
Buongiorno! So che hai già contattato Lucia… Ci vediamo martedì sera. Buon fine settimana.
Per Luisa B.
Buongiorno cara, ho letto i tuoi appunti, sempre piacevolissimi! È bello che in diversi rammentiamo la nostra giovinezza, oggi sembrano tutti annoiati, scocciati e anche inviperiti. Cosa vogliono dalla vita non si sa. Caspita, hanno mezzi di comunicazione incredibili, noi dovevamo comunicare con gli scritti se si era lontani, nei cortili ci si chiamava ad alta voce… il telefono, chi aveva la fortuna di averlo installato, si usava solo per bisogni effettivi. Hanno la possibilità di conoscere il mondo tramite la tv, i miei genitori l’acquistarono nel 62, quando avevo già 11 anni. Per non parlare di gite, vacanze, viaggi. Quando mai? Le mie vacanze, ed ero fortunata, le trascorrevo a Senigallia, dove è nata la mia mamma, o in Valcuvia nel varesotto, o sommo lusso a…. Cesenatico, che ancora oggi adoro. I miei nipoti, ancora in carozzina, passeggiavano per l’Italia e all’estero. Per me l’estero erano S. Marino e la Svizzera. Il mondo finiva.
Per non parlare del PC. Stupendo mezzo da noi isolani utilizzato anche per comunicare tra noi! Per conoscerci e rivivere il passato. Bello o brutto, con ricordi allegri o meno. È per noi la possibilità di un tuffo nel “fu”.
E se a volte penso Evviva la Tenologia! ho sempre comunque nostalgia delle comunicazioni strillate nel cortile, tra un balcone e l’altro. Ho nostalgia dei fischi con i quali i ragazzotti ci davano appuntamento nei sottoscala per un bacio furtivo. Mi mancano le letterine e i bigliettini pervenuti a…mano.
Forse mi manca la gioventù, e non capisco i miei figli e nipoti che non la sanno apprezzare!
Buona domenica Luisa, anche a tutti gli isolani.
E’ bello leggerti, cara Annamaria, e bello seguire il tuo spirito che riesce a riportarti agli stati d’animo di allora ed è emozionante per noi seguirti.
I tuoi ricordi, come quelli di Luisa e Lucia sono un vero toccasana per l’anima.
Il sentire dentro un passato così lontano, e soprattutto condividerlo con altri, addolcisce la vita allontanando, anche se solo per il breve spazio della lettura, tutte quelle negatività che il presente ci elargisce. Infatti il passato lo si ricorda solo con gli aspetti buoni e piacevoli, poichè quelli cattivi e spiacevoli ci pensa la nostra mente a rimuoverli.
Cara giovane Annamaria,
è vero che a noi ( e in particolare a chi, come me, ha vissuto i terribili anni della guerra ) bastava ben poco per essere felici. Ai miei tempi avevamo modi ingegnosi per comunicarci i piccoli segreti da un balcone all’altro. Si andava dall’alfabeto muto, alle consonanti intercalate con delle sillabe concordate ( codice che, secondo noi, nessuno doveva comprendere ), fino alla tecnologia più “avanzata” che consisteva nel far passare uno spago dalla ringhiera di un balcone, farlo scendere doppio fino al cortile, con l’amichetta che calava uno spago dal proprio balcone, lo legava al doppio spago e lo tirava su, poi lo girava intorno alla propria ringhiera legandone i capi. Era così pronta una piccola teleferica, con la quale si facevano scorrere messaggi e piccoli oggetti.Naturalmente questo era possibile se c’erano le ringhiere e dei balconi con i quali si poteva comunicare. Per non parlare poi dello spago con attaccato un cestello che si calava dal balcone fino al cortile, dove venivano messi oggetti e bigliettini. In strada si giocava anche con i “tollini “( le capsule di metallo delle bottiglie ), che sostituivano le biglie difficili da gestire su un terreno non sabbioso. Si disegnava con il gesso ( rubato a scuola ) un circuito sull’asfalto e ci si divertiva un mondo a gareggiare. I marciapiedi di allora erano costantemente invasi da disegni: Qualche mese fa mi è capitato, nella Piazzetta di Via dei Transiti di veder disegnato in modo molto approssimativo sul marciapiedi un mondo. Mi sono ricordata di come tiravamo bene le righe noi, ma mi sono commossa pensando che è un gioco, forse per piccoli extracomunitari, che esiste ancora.
Ciao, Annamaria, ai prossimi ricordi.
Luisa
P.S. -A proposito, io sono stata in villeggiatura nella bellissima Senigallia per tantissimi anni, e a Cabiaglio nel dopoguerra. Magari eravamo negli stessi bagni. A Cabiaglio penso che non ci siamo incontrate perché io avevo 14 anni e tu non eri ancora nata.
Carissima Luisa, concordo, Senigallia è bellissima! I miei zii abitavano nell’allora Viale Adriatico, in una bella antica villa. Da bambina mi lasciavano in giardino a razzolare con le galline. Ricordo che attraversavamo la strada ed eravamo in spiaggia. Lo zio Lello, fratello del babbo di mia mamma, arrotolava i pantaloni, mi dava la mano e alè… lunghe passeggiate sul bagnasciuga, ovviamente la mattina presto intorno alle 6 e mezza. Silenzio totale, lo zio da buon marchigiano non era molto loquace, ma a me piaceva.
Rientravamo con un buon appetito pronti per la colazione: pane e olio, quello denso, che sembra crema. Altro che Nutella!
Cabiaglio la conosco di sfuggita. Con la famiglia sono sempre andata a Brenta, vicino a Cittiglio dove i miei avevano un appartamentino.
Buona serata.
Annamaria.
Avete evocato Senigallia e mi sono affiorati alla mente dei bei ricordi che, anche se non riguardano l’Isola, non posso fare a meno di descriverli. Penso che mi scuserete.
Agosto 1952, ai miei 18 anni. Abitavo allora nei pressi di Viale Argonne. Non mi ero ancora diplomato e lavoravo con un mio camion Doodge ribaltabile, residuato bellico, trasportando terra e macerie perlopiù su quella che poi sarebbe diventata la montagnetta di San Siro. Facevo rifornimento presso un distributore di V.le Argonne che era gestito da un bel ragazzo, di 3 o 4 anni maggiore di me. Aveva iniziato quel lavoro dopo aver terminato a Milano il servizio militare, che allora era obbligatorio. Proveniva da un paesino dell’interno a qualche chilometro da Senigallia. Tra noi era nata una buona amicizia per cui mi invitò a casa sua, al suo paese, a passare qualche giorno di vacanza. Dopo aver passato una settimana a Rimini, da una mia zia, raggiunsi in treno Senigallia e li alla Stazione c’era Giorgio che mi aspettava con un Motom (era una motoretta molto prestigiosa in quegli anni)
che aveva noleggiato e con quella raggiungemmo il suo paese.
La sua era una famiglia modesta ma stupenda, mamma, sorella, fratello, tutti bellissimi, di una bellezza unita ad una semplicità che non conoscevo a Milano, Il padre, muratore, lavorava in un cantiere di Latina, ma si era preso qualche giorno di ferie per rivedere Giorgio che era da lungo tempo via da casa, a Milano L’ospitalità che mi avevano offerto, la loro gentilezza, la straordinaria pulizia dell’ambiente, la posizione della casetta in mezzo ad una natura incontaminata, mi fanno ancora pensare con struggente nostalgia a quelle giornate passate da loro.
Poi la spiaggia di Senigallia con quella sabbia finissima, sotto il sole di Agosto che arrostiva la pelle e l’acqua del mare che la rendeva incredibilmente liscia e bella. Passavamo la giornata sulla spiaggia poi cena a casa di Giorgio quindi camicia pulita e con il Motom si tornava a passare la serata a Senigallia.
All’epoca, non so se ci sia ancora, sulla spiaggia c’era una rotonda sul mare e la la sera con un’orchestra si ballava. Io, abituè del Branca di via Lancetti,
avevo trovato li un’atmosfera che mi inebriava. Mare, luna, ragazze profumate, la più parte romane, che allora Senigallia era la spiaggia dei romani, Anche la loro parlata era inebriante. E poi le pelli abbronzate e quell’allegria diffusa che solo chi l’ha assaporata può pensarla.
Io e Giorgio, modestia a parte, eravamo due bei tipi ( è facile esserlo a quelle età ) e ci accoppiammo con due sorelle romane, lui con la più grande io con l’altra, mia coetanea, Wanda ( a distanza di anni ricordo anche il cognome: Bracardi, ed anche l’indirizzo di Roma: Via Po n.1). In quei pochi giorni trascorsi in loro compagnia era nato il classico amore da spiaggia.
Sabbia bollente, mare, sole e sapore di sale sulla pelle ( quante canzoni sul tema !!) unite a delle escursioni che facemmo insieme ( anch’io avevo noleggiato un Motom) a San marino e Gradara, tutto aveva concorso a fare di quelle giornate con le due sorelle, il più bel periodo della mia vita sino ad allora vissuto. Cara Wanda, spero che la vita sia stata generosa con te come lo è stata con me, forse ricorderai anche tu, a distanza di tanti anni, giunta nella fase della vita in cui i ricordi di gioventù sono la migliore medicina dello spirito, quelle giornate a Senigallia. Non importa se il tuo viso, che oggi lo specchio riflette, rimarca il tempo inesorabilmente trascorso da allora, nella mia mente io ti ho conservata come ti conobbi: bellissima, abbronzata, profumata di Zagara, con i capelli ed denti bellissimi nel tuo perenne sorriso.
Grazie care amiche ed amici ad avermi permesso di occupare tanto spazio in questo blog. Non sono solo un centinaio di righe per me, sono una vita più un centinaio di righe !
Per Gianni e Annamaria,
avete involontariamente evocato anche i miei ricordi adolescenziali ……io ho trascorso per un paio d’anni le vacanze a Marzocca di Senigallia,che ora credo sia stata ‘inglobata’ in Senigallia e non sia più la piccola frazione che ricordo.
La rotonda credo che ci sia sempre,e durante l’estate la musica è sempre garantita !
Tornando invece alla nostra amata IsoIa,qualche settimana fa hanno tolto il grosso albero di Piazzale Lagosta,dove c’è la casa rossa,all’angolo con via Perasto.
Non so dirvi perché la cosa mi abbia così colpito….forse perché quell’albero rappresentava il luogo dei ‘puntelli’ con le amiche,nei caldi pomeriggi estivi
oppure perché il piazzale ora mi sembra sguarnito…..
Un saluto a tutti …..e grazie a te Gianni !!!
Indimenticabile serata con Lucia, cuoca provetta e perfetta padrona di casa, suo marito Pino che anche se non isolano è una persona stupenda, Luisa Buonvino, dolcissima e simpaticissima, GianniTedeschi con la sua eccezionale memoria, il suo spirito e la sua allegria, mio marito Silvano che si è divertito tantissimo. Serate come quella di ieri sono da segnare sull’album dei ricordi. Non resta augurarsi che altri isolani si uniscano al gruppo….
Buona serata a tutti.
Annamaria.
Indimenticabile anche per noi,Cara Annamaria,siamo noi onorati della vostra partecipazione alla cena e’ stata una serata stupenda e ne seguiranno altre,abbiamo rinverdito i nostri ricordi dell’Isola e come dici tu speriamo che altri isolani si uniscano a noi per raccontare i loro ricordi.
Cari saluti a tutti
Lucia Beduzzi
Cara Lucia,
anch’io desidero ringraziarti tanto per la bellissima serata ( per me è stata un’eccezione uscire di sera, perché sono abituata ad andare a dormire con le galline, ed ero molto preoccupata per l’incontro con persone che conoscevo solo via internet ). Temevo di essere un pesce fuor d’acqua e invece mi sono ritrovata in un ambiente cordiale, con cinque persone simpaticissime con le quali si è creata subito una grande sintonia! Mi dispiace solo che tu, Lucia, ti sei data troppo da fare e ti sei stancata per preparare tutti quei manicaretti squisiti.
So che sei di partenza e auguro a te e a tuo marito un buon fine settimana.
Luisa
P.S. – Ti ho inviato ieri un sms, ma temo che non ti sia arrivato.
Cara Luisa,grazie per le belle parole, per me e’ stato un immenso piacere conoscere una persona come te e passare la serata con Annamaria,Gianni e Silvano,non riesco inviarti e mail ti do il mio indirizzo
lucia.beduzzi@fastwebnet.it
Affettuosi saluti
Lucia
Che forte l’Isola !! Atmosfera unica e magica a casa di Lucia per la cena di martedì. Anche Pino e Silvano ormai sono dei nostri, contagiati dal “virus dell’Isola” che noi Isolani ci portiamo dentro. Stupende le Signore Isolane: Lucia, ammirevole padrona di casa e cuoca sopraffina, Luisa, classe innata e piacevole commensale ed Annamaria, ritratto di femminilità e gentilezza, che hanno reso una serata degna di venire ricordata nel futuro. Nei nostri ricordi, nelle nostre sensazioni affiorate, è rivissuta la nostra Isola, quell’isola che ognuno di noi si porta dentro da sempre e che in parte appartiene ancora a tutti noi.
ragazzi quando leggo i vostri scritti di vario genere rimango un po’ di stucco, poichè non essendo mai stato forte in italiano scritto, pur avendo un diploma di scuola superiore,ammiro chi nei sui racconti infonde nostalgia dei bei tempi.Io forse saprei farlo a voce poichè di solito un ricordo tira l’altro e quindi prendo sempre spunto da un discorso iniziato,questo ai tempi a scuola lo chiamavano mancanza di fantasia quando c’erano da svolgere i temi.Un saluto a tutti.
Ciao a tutti !
Oggi mi è venuto in mente un personaggio che ha abitato all’isola,(non è nato a Milano) ma che è ancora molto conosciuto e famoso a distanza di tantissimi anni……Sto parlando del pret de Ratanà . Non ricordo e non so se in questo spazio ne abbiamo mai parlato.
Di lui si è scritto tanto : internet,libri,articoli di giornale.
Da ragazzino abitava in fondo a via De Castillia,dove i suoi genitori gestivano un’osteria.
Una breve parentesi…..negli anni 70 proprio lì c’era una discoteca Kursal,di fianco ,la casa di una mia amica :suo padre infatti faceva il guardiano ad magazzino adiacente,diventato ora il ristorante chic Ratanà.
Tornando a Don Gervasini,quando ero piccola avevo una vicina di casa anziana che si chiamava Maria detta Angelina la quale mi raccontava spesso aneddoti e curiosità su questo strano uomo.
Voglio raccontarvene uno; ma non spaventavi perché è risaputo che il pret de Ratanà aveva un carattere ‘particolare’ ed era un po brusco.
Una donna,che non conosceva il prete ma avendolo sentito nominare essendo indisposta da tempo si recò da lui per chiedere consiglio e aiuto.
Il pret de Ratanà ,dopo aver ascoltato le disse :
– Prima vai a casa tua a lavare i piatti che hai lasciato sporchi nel lavello,e pulisci casa ,poi vai alla roggia a fare pipi,e smettila di tradire tuo marito …… –
Infatti la donna tradiva il marito e non puliva casa…..
Senza dubbio era un personaggio singolare !
Un saluto a tutti.
Ciao Claudia,in data 6 giugno 2013 su questo blog Gianni e altri raccontavano le stranezze del pret de Ratana’.
L’altro giorno su facebook c’era un commento di Luciana Rivera la quale scriveva che anche lei abitava in via Arese 7 e che da piccole giocavate assieme,io non la ricordo perché sono andata via nel 67 e come dicevo a te ero molto più grande di voi.
Ciao a tutti
Lucia Beduzzi
agganciandomi alla storia del del pret de ratanà devo precisare che la sua opera era svolta nella zona di baggio mi sembra in un vecchio casello del dazio e un mio zio che ora ha 89 anni è stato guarito da don gervasini dopo che in ospedale l’avevano dato per spacciato,questo quando aveva circa 8/10 anni.
Quindi Enzo tuo zio lo ricorderà !
Per Lucia :
Non sapevo che ne avessimo già parlato del Pret de Ratanà….,
Riguardo Luciana, si era una mia amichetta e abitava all’ultimo piano della scala A.
Io non ho facebook ,ma ho pregato mio fratello di darle su posta privata la mia e-mail spero mi contatti.Forse non ti ricordi di lei ma ricordi i genitori:suo papà era un omone e lavorava alla LANEROSSI di via Oldofredi .
Auguri di buona e serena domenica a tutti !
Per tutte le amiche isolane:
Auguri, buona festa della donna a tutte! Non solo oggi. Possa il sereno circondarci sempre.
Annamaria.
Grazie Annamaria,auguri anche a te e a tutte le amiche.
Claudia
Grazie, Annamaria.
Ti ricambio tantissimi auguri per questa nostra festa!!!
Un abbraccio
Luisa
Buonasera a tutti. Sto guardando alla tv il programma “sota el ciel de Lumbardia”. Ospite Sergio Codazzi, che ha ovviamente citato la nostra isola, via De Castllia, ecc.
Bel programma, bella gente, bravo el sciur Codazzi!
Per Gianni Tedeschi.
Buongiorno. È da qualche giorno che non ti leggo. So da una fonte misteriosa che stai bene, il che non può farmi che piacere.
Ieri sera ho potuto seguire Sergio Codazzi, si vede lontano un miglio che prova nostalgia per il vecchio quartiere, ormai cambiato, stralunato, secondo me abbruttito. Non sempre le innovazioni sono piacevoli, almeno per la gioia degli occhi.
A presto. Ti abbraccio.
Annamaria.
Oggi voglio ricordare la vetrina della latteria di mia mamma in via Jacopo dal Verme 2. Quella vetrina che con quanto vi era esposto, anzi proprio per quello che vi era esposto, richiamava tutti, ma dico proprio tutti i bambini dell’Isola, dai loro primi passi e poi sino alla loro quinta elementare. Tutte le monetine, dal 5 centesimi sino alla lira che finivano, per ogni rivolo, nelle loro tasche, ci restavano per poco perchè finivano inesorabilmente nel cassetto dei soldi della latteria.
Mia mamma aveva avviato lei, con vera passione, quel commercio parallelo a quello dei classici prodotti da latteria: in primo luogo il latte, poi burro, formaggi, uova, biscotti, ecc. ; era quello denominato “dei dolciumi”. E’ sorprendente la loro varietà che i giovani della mia età, e non solo, ricordano ancora certamente. I fornitori, tutta gente allora appiedata che girava con la merce in un paio di pesanti valigioni, avevano in mia mamma la migliore cliente dell’Isola : non c’era articolo che non trovasse posto nella vetrina della sua latteria, dove tutto veniva disposto in modo tale da fare sbavare i piccoli che regolarmente la venivano ad adorare.
La massima decorazione era data dalla “Spumiglia”, schiuma di zucchero solida e leggerissima con la quale l’Industria creava infinite figurine a colori vivaci: faccine, oggettini, figurini ecc, seguivano le bottigliettine di vetro contenenti degli sciroppini colorati, in tutti i colori classici, il verde per la menta, il giallo per il limone, il rosso per l’amarena, per la fragola, per il lampone, il bianco per l’orzata, il marrone per il tamarindo. Non mancava naturalmente il cartone pieno di bustine di farina di castagne, ambitissima, con la quale i più ingordi si ingozzavano poichè, riempita la bocca, quella impalpabile farina prima di impastasi con la saliva e venire inghiottita, richiedeva molti minuti durante i quali, a bocca spalancata per dare via all’aria, questa entrava e scendeva nei polmoni portandosi dietro anche tanta farina non ancora impastata e questo causava dei rovinosi colpi di tosse che facevano disperdere attorno quel poco di farina secca ancora rimasta in bocca.
Scusatemi per il disgustoso quadro che vi ho offerto ma questa era la reale situazione. Malgrado questo le buste di farina di castagne andava a ruba.
Io che dai miei 6 anni aiutavo in negozio, primo nell’annacquamento del latte, secondo nell’incollaggio dei buoni delle tessere annonarie sui fogli da 100 da portare all’Annonaria, terzo nel servire dalla vetrina i dolciumi, avevo raggiunto una particolare abilità e velocità nel cacciarmi in bocca, ad ogni apertura della vetrina, qualsiasi cosa a portata di mano. Con la bustina di farina di castagne ero stato preso in fallo, con la bocca spalancata, piena di farina che non andava ne su ne giù e con gli occhi pienio di lacrime da soffocamento. Per un pò persi l’incarico di servire alla vetrina.
Altro articolo di grande successo era la Liquirizia ( la regulisia ) nera.
Questa arrivava da un produttore Abruzzese, credo De Rosa. Quelle barrette rotonde, nere, lucidissime, di gusto “amaro-dolce-liquirizia” andavano gustate facendole scorrere avanti ed indietro, più o meno velocemente, tra le labbra, cosicchè queste diventavano nere a loro volta e la lingua, nera anch’essa, ne traeva uletriore piacere leccandole, nuovo piacere. Che scuola di vita per le ragazzine dell’Isola!
Noi ragazzi, con le barrette di Liquirizia, usavamo spesso un altro metodo di utilizzo. Prendevamo un limone, lo foravamo e intingevamo il bastoncino di Liquirizia dopodichè lo succhiavamo. L’aspro del limone faceva stringere gli occhi ma si accompagnava bene al gusto della Liquerizia. In più quel pompaggio nel limone richiamava un operazione ancora di la da venire ma già ben nota ed ambita. Anche quella era una scuola di vita per i ragazzi dell’Isola.
Questa la Liquerizia nera che veniva confezionata in scatolette foderate di foglie di alloro. Il profumo che ne scaturiva alla loro apertura era inebriante.
Da cornice all’esposizione del piano basso della vetrina c’erano i vasi di vetro delle caramelle, di tutti i tipi e colori, per tutti i gusti, vendute a peso ma perlopiù a numero, a partire da 1, che era la richiesta più frequente.
Le “Moretto”, confetti con la mandorla ricoperti di cioccolato. Ad ogni vendita di questi, due finivano nella mia bocca, Buonissimi ! Le Mouk Elakh per i più raffinati ma anche le più care, però in bocca duravano di più, si ammorbidivano lentamente e sempre lentamente si squagliavano e gli ultimi loro attimi di permanenza in bocca elargivano quel piacere fisico ed intenso che avremmo ritrovato solo molto più tardi nella vita.
Buon posto nella Vetrina lo trovava la ” Regolizia di legno” ma questa era riservata solo ai virtuosi ed ai pazienti. Solo questi potevano metterci il tempo necessario, e la forza delle mascelle, per arrivare all’apice del piacere che la “Regolizia di legno” era in grado do offrire. Intanto un primo lavoro di denti
per attaccare la dura scorza del legno, poi mordi e mordi con i molari, si cominciava a rendere la cima del bastoncino una massa di fibre separate e ben insalivate, sulla buona strada della macerazione, punto dell’operazione che permetteva di cominciare a succhiare il succo del legno. E qui che cominciava il cammino, millimetro dopo millimetro, per trasformare quel bastoncino di legni durissimo in una massa giallastra di fibra di legno pastosa da far passare da un lato all’altro della bocca, premendo, succhiando ed inghiottendo poche gocce per volta di nettare che però ripagavano abbondantemente tutta l’attenzione dedicata a quel rito della “Regolizia di legno”, il tempo impiegato ed la lira o due invesite e mai rimpiante.
Uno dei miei compiti, all’epoca, era quello di tenere pulito il vetro esterno della vetrina. Ditate, leccate e quant’altro che segnalavano l’adorazione di quello spazio da parte di molti visini di piccole Isolane ed Isolani
che li avevano portato i loro desideri di “dolce”.
Nessuna delle gentili lettrici e dei cari lettori riusciranno a capire quanto ho raccontato se prima non ritornano alla mente a quegli anni in cui il “Dolce”,
il gusto dolce, era una preziosità ed i modi per procurarselo, il gusto del dolce, non erano facili e, soprattutto, non a poco prezzo. Lo zucchero era cosa preziosa !!
Caro Gianni ho gustato tutti i dolci descritti da te,e’ come averli assaggiati tutti,come sempre tu racconti gli eventi della nostra Isola e ci immedesimiamo talmente tanto che io vedo la vetrina della tua latteria e tu che ti dai da fare per vendere i dolci
Saluti a tutti gli isolani
Lucia Beduzzi
La pausa pranzo mi ha impedito di terminare in modo completo il mio racconto. Dunque tornando alla vetrina dei dolciumi della latteria di mia mamma, la sciura Albina, di via dal Verme 2, devo continuare da quando, con i bombardamenti terroristici degli Inglesi ed Americani ( Che Dio li stramaledisca!), nell’Agosto del 1943 la vetrina andò distrutta. Non è che la casa venne colpita dalle bombe, ma quelle cadute vicine generarono un tale “spostamento d’aria” tale da far saltare tutti i vetri e gonfiare le saracinesche metalliche.
L’assortimento esposto in vetrina, ridotto per qualità e quantità, a causa della guerra spari la notte stessa ingoiato da chi, in quei momenti, non pareva vero di poter fare razzia di tutto.
La vetrina, sommariamente riparata restò vuota sino al termine della guerra nel 1945. Poi lentamente riapparvero i vecchi fornitori di “dolciumi” e così altrettanto lentamente la vetrina ricominciò a prendere vita ed a richiamare sia
i nuovi piccoli Isolani, come quelli degli anni passati, ora un pò cresciuti.
Per questi nuove attrattive erano state create dall’industria nascente: Ad esempio i concorsi a premi. Il più famoso di questi, che tenne banco dal 1946 al 1948, fu quello delle caramelle con le figurine Fidass. La vetrina si era riempita di scatole molto appariscenti ognuna contenente 200 caramelle ognuna delle quali, nella sua carta che l’avvolgeva, conteneva una Figurina Fidass. Queste rappresentavano un calciatore di una squadra di serie A.
Il gioco consisteva nel riuscire a comporre una squadra completa, dopodichè inviandola alla Fidass si riceveva un bellissimo pallone di cuoio, identico a quelli usati in campionato. Un premio quindi ambitissimo. All’Isola, in tutta Milano e, credo,addirittura in tutta Italia, i giovani vivevano per raccogliere le Fidass. Io frequentavo il ginnasio Parini, di via Goito, e li la febbre Fidass era arrivata alle stelle. Fatta la squadra, arrivava il pallone! Facile a dirsi.
Ma le figurine dei Portieri erano rarissime, quasi introvabili e, senza il portiere la squadra era incompleta e quindi niente pallone.
Intanto lasciatemi precisare che le partite di calcio che si giocavano all’Isola, come quelle di via Cola Montano, nel tratto Dal Verme- Angelo della Pergola,
impiegavano delle palle fatte di pezza o delle palline da tennis nere perchè strapelate. Un pallone di cuoio era ai vertici dei nostri desideri e quello offerto dalla Fidass con le sue caramelle era un obbiettivo assolutamente da perseguire. E così succhia te che succhio io le figurine si ammucchiavano ma le squadre non si componevano per la mancanza dei portieri. Ogni moneta che entrava nelle tasche dei giovani rotolava nei cassetti dei negozi che vendevano le Fidass ed alla fine, in convogli preziosi, rimpinguavano i signori della Fidass. A scuola, al Parini, non si parlava d’altro. Gli intervalli erano ionteramente dedicati allo scambio delle figurine, per un portiere, quasi introvabili, erano disposti a darne altre cento assortite, e su queste anche qualche altra cosa, ma il portiere bisognava portarselo a casa.
All’Isola, stessa se non superiore febbre. E qui devo fare una confessione che mi ero riproposto di fare solo in punto di morte. Non ne sono poi così lontano per cui ormai ora che ho iniziato il racconto, tanto vale che tiri fuori anche la confessione che, in ogni caso, non volevo portarmi nella tomba.
Dunque il giro delle caramelle Fidass era grande anche nella Latteria di mia Mamma. I cartoni da 200 caramelle entravano pieni ed uscivano vuotati ad una velocità incredibile. Ma io, la sera nel retro della latteria, prima di passarli alla vetrina, con molta cura passavo ogni caramella “alla censura”: la scartavo,
verificavo la figurina Fidass, non era un portiere, allora la reincartavo e facevo si che il cartone non avesse traccia delle mie operazioni. Se scoprivo un portiere mi cacciavo in bocca la caramella, intascavo la figurina e distruggevo la carta. Guai se mia mamma avesse scoperto l’imbroglio. Secondo la mia personale esperienza i portieri erano presenti nel numero di uno ogni due scatole ( 400 caramelle!). La mia abilità consisteva poi nel mettere in giro la voce che all’Isola diversi ragazzi avevano trovato i portieri proprio nella vetrina di mia mamma e che questi io li avevo visti già giocare con il pallone Fidass, qui e la in vie dell’Isola ( ma mai nei nostri spazi abituali dove si continuava a giocare con la palla di pezza e con in bocca, a sciogliersi, la caramella Fidass.
Al Parini poi, dove io monetizzavo, più che scambiarli, i portieri sottratti, avevo raggiunto un tale prestigio che faccio fatica a descrivere.
<Ecco, la mia confessione è nero su bianco. Se qualcuno dei miei vecchi amici dell'Isola, che all'epoca ha dissanguato il suo borsellino per acquistare le caramelle Fidass, accelerando la carie dei suoi denti e continuando a giocare con la palla di pezza, volesse farsi vivo, io sono pronto a regalargli ora un bel pallone di cuoio numero 5, che è quello regolamentare, con il quale sui campi verdi da gioco dell'eternità ( dove è destinato ) potrà giocare magari raccontando " quest chi l'è el balun che gu vinciù cunt'i caramei Fidass".
Amen.
Ricordo perfettamente i dolci citati da Gianni. Anche le suore di via Confalnieri vendevano queste leccornie. Buona la farina di castagne! Ti impolveravi tutta a mo’ di Pierrot, ma era trooooppooooo buona.
La latteria di P.le Archinto esponeva delle finte pesche, erano spumoni colorati di rosa, una specie di meringa talmente dolce che se la mangiassi oggi il mio stomaco non apprezzerebbe.
Le caramelle gommose?! How, si appiccicavano ai denti ma non importava. Quelle più ambite per me erano quelle nere, al vago spore di liquirizia. Mia mamma non voleva che le mangiassi, mi rimbrottava con un ” lassa sta che te ven mal de venter”,chissà poi perché avrebbe dovuto venirmi questo prosaico malessere….
Le caramelle Moretto erano stupende. Una vicina di casa, la sciura Armida, era caporeparto alla Zaini e non mi lasciava mai senza. Il cioccolato di scioglieva in bocca lasciando il posto alla mandorla. Sulla confezione di ogni pacchetto sedeva un bamboccio nero vestito di un gonnellino di rafia verde e rosso. Dopo un certo numero di bamboccini si poteva ottenere il pupo più grande! Troppo divertente. Le mie compagne di giochi, non sapendo della signora Armida, si chiedevano quanti confetti al cioccolato mangiavo per ottenere il desiderato premio!
La liquirizia non mi entusiasmava, lasciava le mani nere e appiccicose. Ero una precisina fin da bambina e avevo paura di sporcarmi. Quella di legno era ottima, non come quella che si acquista oggi al supermercato e che sa di stoppa!
Cari ragazzi, anche i dolci sono cambiati, che delusione.
Buon fine settimana a tutti gli isolani, oggi, sabato, godetevi il mercato di P.le Lagosta. Se sbirciate fra le bancarelle di via Volturno e individuate un tavolo con i dolci con davanti una bimba magra magra con la frangettina sugli occhi, salutatela! È’ senzaltro il mio ricordo che affiora.
Ciaooooo a tutti!
Annamaria.😋😋😋😋😋😋😋
Oh Annamaria ….sono contenta di avere trovato un’altra estimatrice delle caramelle Moretto !! Io le ho trovate in giro ancora qualche tempo fa,e se non sbaglio sono incartate con carta bianca e verde,stampato sopra hanno un faccino nero con turbante e orecchini.
Io invece non ho più trovato dei bastoncini (forse tu o qualcuno li ricorda) duri fatti di zucchero, bianchi fatti a ‘torciglione’ con gusto anice oppure menta o agrumi buonissimi ma…..da spaccarsi i denti .
Un saluto virtuale alla bambina davanti alla bancarella !
Buon fine settimana a tutti.
Ciao Claudia. Certo che ricordo i bastoncini! Il “sifulot de menta” , come dimenticarlo? Lo puoi trovare sulle bancarelle che vendono zucchero filato, tipo luna park, mercatini, Romagna durante l’estate ecc….
Le caramelle Moretto ora sono ripiene di croccante, ai miei tempi usavano la mandorla…
Cara Claudia, mi piacerebbe poter incontrare anche te, chissà che si riesca presto.
Ti abbraccio. Buona domenica. Annamaria.
Ah, c’era dentro la mandorla alle Moretto ;no io le ho conosciute solo con il croccante ….Esatto : il “sifulot” intendevo proprio quello!
Prima o poi riusciremo ad incontrarci;anche a me farebbe davvero piacere.
B.Domenica a te e a tutti !
Ciao Claudia,come dice Annamaria sarebbe bello trasformare la. nostra conoscenza virtuale in reale,io ,Annamaria, Gianni e Luisa di recente ci siamo incontrati ed e’stato bellissimo, io e Annamaria abbiamo coinvolto anche i nostri mariti ,anche, se non sono dell’Isola.Proviamo ad organizzarci sarebbe meraviglioso!!!!
Cari saluti
Lucia Beduzzi
Al momento mi è un po impossibile,vedremo in futuro……
Intanto auguro a te e a tutti quanti (visto che la Domenica volge al termine)
una fantastica settimana.
Claudia
Il grande SERGIO CODAZZI, cui ho proposto di organizzare, in una domenica di sole, un pranzetto in una trattoria tipica della sua zona ( Buccinasco ) cui far seguito ad una visita alla cascina di produzione latte, dove lui abita, ha risposto con un lapidario . ” basta schiscià el butun ! ” Allora invito tutti gli amici dell’Isola che parteciperebbero volentieri a questa scampagnata a scrivere qua su questo blog il loro accordo. In linea di massima la cosa si dovrebbe realizzare alla fine Aprile o primi Maggio. Io e mia moglie Augusta ci prenotiamo sino da ora.
Buongiorno a tutti gli amici isolani!
Riemergono vaghi ricordi sulla mia infanzia e adolescenza all’Isola.
Tra il 1930 e il 1940 mi sembra che in Piazzale Segrino o in Lagosta, quando c’erano le giostre,venissero installati dei Kinetoscopi. Inserendo una monetina nell’apparecchiatura e girando una manovella si vedevano dei piccoli filmati, della durata di pochissimi minuti. Qualcuno dei veterani se ne ricorda ancora e può confermarmelo?
Nel primo dopoguerra, invece, ricordo che nello spiazzo di Piazzale Lagosta, forse nei giorni di mercato, si formava un circolo di persone intorno a un tizio ( forse siciliano? ) che davanti a un tabellone colorato intratteneva, puntando un’asta sulle varie figure disegnate, raccontando la storia rappresentata, di solito un delitto famoso.
Anche in questo caso è la memoria che mi tradisce o qualcuno se ne ricorda?
Mi farebbe piacere avere una conferma o una correzione.
Un caro saluto a tutti
Luisa
I tuoi ricordi sono perfetti. Ricordo anch’io, bene, quelli che tu chiami Kinetoscopi. All’epoca erano presenti in tutti i luoghi in cui venivano montate le giostre ed i tiriasegno, tiroaibarattoli, tiro-foto, ecc. ecc. Naturalmente all’Isola per la festa della Fontana, ma anche attorno alla Arena ed a Porta Genova per il Carnevale. Io, che attingevo abbondantemente dal cassetto della latteria, le frequentavo tutte. Oggi mi chiedo come fosse possibile mettere delle monete in quei Kinetoscopi per vedere, girando una manetta, delle brevi scenette comiche in movimento dato dalle fotografie che si alternavano. Tutto in brevi minuti. Eppure quei baracchini erano sempre occupati e contesi.
Quanto al tizio che tu ricordi in Piazzale Lagosta era effettivamente un “Cantastorie” siciliano, simpaticissimo, i tabelloni con le varie scene disegnate, che lui indicava con una lunga bacchetta di legno mentre le descriveva e raccontava, riguardavano sempre scene truculente di delitti più o meno passionali. Ma che pubblico ! E che interesse e partecipazione!
Ed allora perchè non ricordare, sempre in quegli anni, quel signore distinto, in giacca e cravatta, che in piazza Tito Minniti, angolo Garigliano, all’uscita della messa, la domenica, montava un tavolino e radunava un bel numero di curiosi facendo, con della carta di giornale, un tubo lungo un paio di metri che acceso ad una estremità emetteva un gran fumo dall’altra. ( ho imparato all’epoca anch’io a farlo e stupisco ancora gli amici curiosi ), dopodichè lanciava una lotteria che vuotava molte tasche dei babbei dell’Isola che partecipavano al gioco. Chi se lo ricorda ?
Un grazie a Luisa che sfodera dei lontani ricordi che mi danno lo spunto per tirarne fuori altri. Saluti cordiali a tutti,anche ai pigroni che non si fanno vivi con i loro ricordi sull’Isola.
Gianni
Ma nooo io non sono pigrona dai !!! I Kinetoscopi non li ho proprio mai visti,invece i tiriasegni li ho visti e si….. il tiriasegno quello che scatta la foto ha per me un ricordo particolare.Ho una foto del mio papà da giovane, molto bello mentre spara; foto che custodisco gelosamente.
Invece del lavatoio a cui si riferisce Annamaria me ne ha parlato mia madre,,
e doveva essere molto grande situato dove ora c’è la Chiesa Evangelica- Metodista.
Sicuramente era molto duro il lavoro di lavandaia,perché ti spezzavi davvero la schiena e non oso pensare alle mani,eppure come ci racconta Annamaria la Sciura Maria aveva un cuore grande e una grande gioia di vivere !!
Ciao a tutti !!!
Buonasera a tutti. Hai ragione Gianni, ma che isolani pigroni!
No, questa volta non posso condividere i vostri ricordi. Mai sentiti.
Ne ho però rispolverato un altro.
In via Porro Lambertenghi, dov’è adesso c’è una Chiesa di non so che culto, c’era il lavatoio. Nella scala dove abitavo con la mia famiglia abitava anche la sciura Maria lavandera, personaggio molto particolare. La rivedo con la mente come fosse ieri: zoccoli, calze pesanti scure, maniche arrotolate, grembiule con ampie tasche e sulle spalle enorme fagotto. Le sue mani non erano certamente curate, ma avevano sempre pronta una carezza per me.
Il giorno di Sant’Anna mi regalava i gladioli, i miei fiori preferiti. Non aveva possibilità finanziarie, ma una grande cosa l’aveva: il cuore. A volte mi portava al lavatoio, ogni donna aveva il suo posto assegnato. Dove lavavano c’erano enormi grate per lo scolo dell’acqua. Cantavano, parlavano a voce alta chiamandosi, a volte scoppiavano risse. Insomma era molto folcloristico.
La sera rientrava stanca ma trovava sempre il tempo e la forza per scambiare due chiacchiere in portineria con mia nonna. Poi una volta a casa disfava il fagottone e stendeva la biancheria sul balcone. Ricordo ancora la sua risata, anche se aveva mille problemi era sempre pronta a sorridere.
Cara sciura Maria, sei sempre nei ricordi della mia infanzia.
Ciao a tutti!
Buona sera amici isolani.
Gradirei ricordarvi un’altra storica lavandaia, la Colomba al secolo Lucia abitante al vot della G.Pepe madre di due figli e un marito quasi sempre disoccupato.
La Colomba originaria della bergamasca di piccola statura con un viso spigoloso che sembrava scolpito nelle rocce dei suoi monti, portava sempre sul capo una sciarpa dato che soffriva de mal de crapa come diceva la stessa Colomba. Ne aveva di panni da lavare per poter tirare avanti, li portava sulle spalle dentro un lenzuolo annodato ai quattro angoli, era un peso notevole e le poche volte che da ragazzo mi ha permesso di aiutarla mi sono sempre chiesto come facesse sino al lavatoio che non era dietro casa, poi a forza di sbruscia con lisciva, candeggina e “palton” non poteva certo riposarsi. Non aveva nulla povera donna ma chiunque si trovasse da lei all’ora di pranzo e gli ospiti non mancavano mai, la Colomba trovava sempre il modo di offrirgli qualche cosa da mettere sotto i denti semplicemente asportandone un poco dai piatti di quanti aveva già servito. pastasciutta e carne lessa non mancavano mai. Aveva un cuore grande la Colomba, più grande di lei
Paolo
Bravo Paolo a ricordare la Colomba. Non l’ho conosciuta, ma da come ne scrivi e descrivi è una donna dell’Isola da ricordare. Lei si si meriterebbe una bella lapide a ricordo all’Isola, magari sopra il portone della Guglielmo Pepe 8 , dove visse e probabilmente morì.
Gentile Gianni
Permettimi di darti del tu.
Purtroppo la Colomba come molti abitanti dell’Isola ha dovuto lasciare l’appartamento dove viveva ed esiliata in via Suzzani dove morì dopo qualche anno,a causa dell’abbattimento del caseggiato previsto da un piano regolatore inutile, mai portato a termine e servito solo a far spendere soldi alla pubblica amministrazione e di conseguenza ai cittadini. Vennero rase al suolo se ben ricordo verso la fine degli anni settanta i palazzi dal n°2 al 10 della via Pepe
lasciando integro solo il 12 d’angolo con la Carmagnola che ancora oggi resiste.
L’unica opera compiuta fu il cavalcavia Bussa dedicato al don Eugenio che rimarrà sempre nei nostri cuori.Tale costruzione prevedeva il preseguimento della stessa per congiungersi con il viale zara (non la repentina svolta a destra sulla Borsieri) se il cavakcavia fosse proseguito, se il n°8 non fosse stato abbattuto se io al tempo avessi ancora abitato al vot (lasciai la casa nel 62 dopo la morte di mia madre) dopo tutti questi se…il ponte sarebbe entrato nella camera da letto
Un saluto a tutti gli Isolani
Paolo
Buongiorno a tutti. A proposito di cartolerie, ricordo questi 3 cognomi, ma non riesco a posizionarli: Gandelli, Garolla e Garavaglia.
Garolla mi pare fosse in P.le Minniti, ma gli altri? Ricordo una cartoleria in via Jacopo dl Verme angolo p.le Archinto, un’altra di fronte alla scuola Rosa Govone, sempre in Dal Verme; poi mi risulta un negozio in Lambertenghi, quasi P.zza Fidia, di quest’ultimo ho tantissimi ricordi, un ulteriore esercizio in via Borsieri dove ultimamente c’era un ufficio postale…
Ciao a tutti.
Annamaria.😊😊😊
Le cartolerie all’isola che io ricordo sono :
quella in via dal Verme angolo Minniti,quella in via Borsieri quasi all’angolo con via dal Verme,e quella in via Borsieri verso il numero civico 32,quest’ultima la ricordo gestita da una signora bionda con un grembiule azzurro,li papà mi compro una bellissima cartella verde e numerosi quaderni ……..
L’altra cartoleria di cui parli Annamaria è quella di fronte alle scuole e c’è sempre (sono andata stamattina) si trova di fronte all’entrata della scuola elementare Federico Confalonieri,
E’ molto bella perché è rimasta originale e dipinta di verde come le cartolerie di una volta !
Credo che la scuola fino ad un certo periodo si chiamasse tutta Rosa Govone,diversamente quando io facevo le elementari,la parte delle elementari
ha preso il nome di Federico Confalonieri,(con un ingresso maschile e un ingresso femminile) mentre la parte delle medie con ingresso in Via Pastrengo è rimasta con il nome di Rosa Govone. (attualmente è in via Pepe).
Ciao a tutti.
Non ricordo via Borsieri angolo Dal Verme, non c’era un panettiere? Non riesco comunque ad assegnare i cognomi. Ciao Claudia.
Ciao a tutti. Delle cartolerie di Piazzale Archinto e di via Dal Verme abbiamo parlato già altre volte in passato scambiandoci ricordi e impressioni. Nel febbraio 2013 è stato anche pubblicato un intervento di Grazia Gandelli che attraverso i nostri ricordi ha “ritrovato” il nonno, titolare della cartoleria in piazzale Archinto, che non aveva conosciuto di persona. Se avete tempo andate a rileggere gli interventi, sono interessanti e piacevoli….
Eh si Annamaria ! Mi sono ricordata anch’io, che avevamo parlato tempo fa delle cartolerie ‘isolane’. In effetti non mi sono spiegata bene,la cartoleria era in piazza Minniti ed è la stessa cartoleria di cui parla Lucia nel Febbraio 2013.
Ciao a tutti !
Grazie a Gabriella per le precisazioni che ho rispolverato. Per caso, ricordi la mia maestra delle elementari, Cecilia Bellotti? Era di Chiuduno BG, e faceva la pendolare. Aveva la passione per il teatro e a fine anno, nel teatrino del l’oratorio di don Eugenio, si teneva una recita da lei organizzata dove noi bambine della sua classe ci esibivamo. Ciao a presto.
Annamaria
Certo che mi ricordo della maestra Bellotti! È ancor più delle mitiche ‘recite’di fine anno. La maestra Bellotti era molto amica della mia maestra Irene Tosi e insieme collaboravano per la preparazione dello spettacolo coinvolgendo soprattutto le alunne delle loro due classi. La maestra Bellotti si occupava in particolare della parte musicale e delle coreografie dei balletti, mentre la maestra Tosi preparava le parti recitate. Da febbraio in avanti iniziava la preparazione dello spettacolo con l’assegnazione delle parti, le prove dei canti e dei balletti, la preparazione dei costumi ecc. C’era sempre un gran via vai tra le due classi e scambi di messaggi tra le maestre. Io facevo sempre da postino perché sapevo bene come muovermi all’interno della scuola essendo la figlia del custode. Naturalmente ero orgogliosissima di questo privilegio è avevo la facoltà di scegliere tra le compagne un’accompagnatrice, ruolo molto ambito..
Di recite ne ricordo in particolare due, una in terza è una in quarta elementare perché poi ci siamo trasferiti e la quinta l’ho fatta in un’altra scuola. La prima era una specie di viaggio tra le regioni italiane attraverso canzoni e balli popolari, il tutto con costumi bellissimi fatti con stoffa o carta crespa. Mi ricordo come ieri che io ero nel gruppo di bambine che danzavano la tarantella, con tanto di tamburello decorato con nastro multicolori, posso anche canticchiare la musica del balletto, anche se non saprei dire quale fosse. La seconda recita era invece un estratto della storia di Pinocchio, bellissima, tutta recitata con costumi fatti per l’occasione. La mia amica Mariagrazia aveva la parte della Fata Turchina (te lo ricordi?) mentre io ero uno dei conigli che vanno a prendere il povero Pinocchio con tanto di bara nera. Però dei quattro conigli ero il più importante perché avevo qualche battuta da recitare con voce profonda e terrificante…”Siamo venuti a prenderti….” Incredibile, sembra ieri!
Che bello Gabriella! Ho di queste recite un ricordo dolcissimo. In prima elementare mi avevano confezionato un abito rosso di carta crespata, facevo il girotondo con altre bimbe, cantando “cappuccetto rosso vieni vieni qua…. ”
La recita della seconda non la rammento. Ma quella della terza si. La maestra Bellotti con l’aiuto del marito e di altri genitori aveva fatto realizzare la Luna. Era l’anno della mitica Tintarella di Luna e una bambina di nome Marianna Andolina, bella con due treccione nere, issata sulla sfera cantava a squarciagola la canzone suddetta. Altre compagne, tra cui io e la Marzia Fornoni di via Borsieri, vestite con il grembiulino bianco, ballavamo attorno alla luna, reggendo ognuna di noi un segno zodiacale. Conservo ancora la fotografia.
In quarta la recita si fece più impegnativa: brano recitato tratto da una commedia di non so chi riguardante il Risorgimento, io ero la Principessa di Belgioioso. Nientemeno.
L’ultimo anno sempre commedia: protagonista di un racconto di Goldoni. Con me recitava anche una bambina che si chiamava Rita Gobrili, anche lei di via Borsieri, bionda, era bravissima, la prima della classe.
Ricordo che questi spettacolini venivano presentati per 3 giorni. Un giorno per le sezioni femminili, il secondo per le maschili e l’ultimo per i genitori.
Al termine regolarmente tutte le classi si esibivano con il “va’ pensiero” e l’inno di Mameli.
Oggi temo che ai miei nipoti questi brani nessuno li abbia insegnati!
Ciao a tutti!
Si è scritto, più sopra, delle lavandaie e dei lavatoi dell’Isola.
Probabilmente era una regola, imposta dal Comune di Milano,
che ogni casa operaia, costruita da un certo anno in poi,dovesse avere
nel cortile un lavatoio comune coperto da una tettoia.
Così infatti ce n’erano sia in J. Dal Verme 4, così al 2, ed in Cola Montano 8 e 6. Del resto come avrebbero fatto nelle ringhiere con quei lavandinetti a fare il bucato? A fianco di ogni porta, sulla ringhiera, era appeso al muro “El segiun” di lamiera zincata con due manici e questo permetteva di portare in casa l’acqua per lavare i piatti o per farsi un lavaggio sommario, ma per il resto erano stati un notevole progresso i lavatoi pubblici.
Devo solo aggiungere che per la posa assunta nel lavare dalle Isolane, potevano divenire molto, ma molto più eccitanti di quei modesti sederi delle ballerine dello Smeraldo, che, dati i tempi così morigerati, erano comunque molto ambiti.
Buonasera. Chi ricorda il banchetto della fioraia in via Borsieri, angolo p.le Segrino? Si poteva vedere il mutare delle stagioni osservando il banco su cui stavano secchi colorati colmi di fiori invitanti. Le donne dell’isola durante la spesa mattutina sbirciavano i mazzi profumati, ma difficilmente potevano acquistarli, tranne occasioni particolari o auguri da presentare. Eppure la signora che lo gestiva puntualmente ogni mattina disponeva i cestini colorati, i fiocchi per le nascite, la carta diafana per avvolgerli. Ogni mattina per anni. Durante la giornata spruzzava i fiori per tenerli freschi e la sera li portava a riposare in un deposito di via Borsieri.
I miei compleanni e gli onomastici erano ingentiliti dai fiori provenienti da quel baracchino, per nulla elegante, ma dove potevi trovare sempre un sorriso.
Quando mi sposai, nel lontano 1974, la signora mi regalò un mazzo di gladioli bianchi, li conservo ancora nel cuore con il sorriso e la semplicità di chi mi aveva visto passare ogni mattina.
Annamaria.
Buongiorno a tutti. Non mi funziona più il ricevimento del sito o i miei amici isolani sono tutti in vacanza? Se è così…. Fortunelli e pigroni!
Ciaoooooo.
Ciao Annamaria,spero che tu possa ancora leggere i commenti sul sito,io sono in vacanza ,ma presto torno a Milano.
Saluti a tutti gli ISOLANI
LUCIA
Buongiorno e tanti affettuosi auguri di Buona Pasqua a tutti gli isolani e in particolare ad Annamaria, Lucia e all’inesauribile, con i suoi preziosi e spiritosi ricordi, Gianni, auguri estesi anche ai loro rispettivi e simpatici coniugi.
Ci sentiremo al mio ritorno dalle vacanze.
Un grande abbraccio.
Luisa
Mi unisco agli Auguri di Luisa per inviare a mia volta i miei migliori a Lucia, Annamaria, con i rispettivi Pino e Sivano, ricambiando i suoi a Luisa.
Al rientro dobbiamo assolutamente ritrovarci, magari per passare assieme una domenica di sole nel regno del Sergio Codazzi che ci sta aspettando.
Auguri a tutti gli Isolani e in particolar modo a Luisa,Annamaria e Gianni,abbiamo avuto l’occasione di conoscerci personalmente ed è’ stato molto bello raccontarci le memorie della nostra Isola.Al ritorno dalle vacanze pasquali,come dice Gianni, dobbiamo ritrovarci.
Buona Pasqua a tutti
Lucia Beduzzi
Auguri a tutti quanti di una serena e buona Pasqua !
Ciao !
Claudia
Buonasera a tutti. Oggi, 1o aprile, ricordo gli scherzi fatti e subiti a scuola. Innocenti scherzetti. Sulla schiena qualcuno ti appiccicava quasi sempre un pesciolino colorato di carta, dove c’era scritto qualche spiritosaggine. Dovevi fare finta di non accorgertene e tutti in classe ridevano. Le varie pasticcerie dell’isola, in via Lambertenghi, Gola in via Trau, Pini in P.zza Fontana, Montalbetti in via Borsieri ecc., esponevano pesciolini di cioccolato, ma tali leccornie per tanti ragazzini rimanevano solo esposte, poche famiglie potevano permettersi il pesciolino quale merenda… Più pesce d’aprile di così! Vedere, non toccare e non…. gustare.
Buona Pasqua a tutti. Un saluto e un augurio particolare ai miei amici Lucia e Gianni e ai rispettivi coniugi. A Luisa, che non sono ancora riuscita a chiamare, l’augurio di una Pasqua felice e di una bella vacanza.
Auguri a Claudia che spero di conoscere presto.
A tutti gli isolani, Enzo, Franco, Gabriella Gazzola ecc. ecc. tanti auguriamo!
Annamaria.
grazie per gli auguri e ricambio a tutti anche quelli non menzionati
pasticceria Montalbetti dove la domenica pomeriggio ci si riuniva fuori dal negozio per vedere i risultati di calcio x la schedina !
Felice Pasqua a tutti!
Gradirei aggiungere riguardo alle pasticcerie anche quella di mia nonna Ester in via Borsieri al 3 o forse al 5. Venne aperta dopo la deludente esperienza del precedente negozio di elettricista. Nonna Ester dovette cimentarsi con la concorrenza del comm.Borghi che grazie alle sue capacità e alla sua inventiva
(ricordate i fornelli elettrici) oltre a quella dei Molteni e anche questa sua esperienza durò poco c’era il Montalbetti e fu profonda delusione di suo figlio cioè mio padre che in poco tempo era ingrassato notevolmennte. I pasticcini di mia nonna erano veramente buoni. Buona Pasqua a tutti
Paolo
…mi ricordo anni 57/59 la mia maestra delle elementari -Penna- abitava in Volturno 45 0 47 e mi mandava spesso e volentieri (x lei) a fare la spesa sempre molto pesante x me allora decenne….l’anno dopo il mio maestro Adilardi mi mandava all’edicola di ple Minniti a prendere Il Secolo d’Italia organo del MSI…in parole povere x alcuni anni ho fatto anche il fattorino….un ricordo positivo sempre fine anni 50 all’Oratorio don Eugenio ci preparava x il Venerdì Santo x cantare le “Sette Parole” da lui composte e musicate….Franco
Le varie pasticcerie isolane e anche le panetterie, in questo periodo vendevano per merenda piccole colombe ricoperte di zucchero a velo.Costavano poco più delle solite veneziane, cremonesi, ecc. , ma ne valeva la pena. Una bontà. Oggi sono poche le pasticcerie che confezionano quelle belle gustose colombine. Sono state sostitute da colombe prodotte industrialmente il cui prezzo è certamente accessibile a tutti. Sanno un po’ di segatura, ma pazienza.
Le uova di cioccolato costavano parecchio, ma io, sempre grazie alla vicina di casa, la sciura Armida caporeparto alla Zaini, potevo avere uova sostanziose, erano quelle ammaccate, riuscite male, magari un po’ storte, ma non importava. Ero una bambina privilegiata! In realtà miravo alla sorpresa, il cioccolato lo lasciavo ala mia golosissima mamma.
Nelle vetrine troneggiavano anche agnelli di marzapane. Accovacciati e avvolti in carta trasparente guardavanodalle esposizioni. Erano di tutte le misure: dai piccoli che stavano sul palmo della mano a quelli giganti da tagliare a fette. Non c’era la moda del marzapane, tra l’altro costosissimo, ma essendo un rione abitato da diversi meridionali che lo apprezzavano, anche l’isola si era adattata a questo dolce tipico del Sud.
Il menù Pasquale variava in base alla provenienza degli abitanti. Era ancora forte la tradizione, ma più o meno erano quasi tutti uguali: antipasti dove non mancavano le tradizionali uova sode, primi gustosi ma non eccessivamente impegnativi e i secondi… agnello cucinato nei vari modi per le famiglie del sud, arrosti vari in quelle milanesi. Ma su ogni tavola difficilmente mancava la tenera insalatina, che diceva addio alle verdure invernali.
Fragole per chi se le poteva permettere o comunque frutta fresca in sostituzione di quella secca.
E poi… festa per tutti con la regina Colomba e ovetto per i bimbi, per le famiglie fortunate. Ma in tutte le case si respirarava aria pulita e ricca di qualcosa che oggi, purtroppo, risulta difficile, impossibile da acquistare: la Speranza.
Buona Pasqua a tutti!
Annamaria.
Buongiorno amici dell’isola. Sono uno degli amministratori della pagina Facebook di MILANO ISOLA. Siamo più di 2100 e ci farebbe veramente piacere se poteste inserire anche commenti e vostri ricordi dell’isola sulla nostra pagina. La nostra isola è ancora viva e non sparirà con i grattacieli fighetti…
Grazie. Gianluca G.
Buongiorno,
ovviamente farebbe piacere anche a noi ricevere le visite dei vostri iscritti sulle nostre pagine…
Con cordialità, l’amministratore del blog VecchiaMilano.
Ciao a tutti !
Spero abbiate passato una bella Pasqua e un bel Lunedì dell’Angelo.
Non so se ho già rivolto questa domanda ……in caso scusatemi per la ripetizione…….
Stamattina sono passata da via Garigliano 4,ora c’è un negozio abbigliamento vintage -di fianco a questo negozio c’è una ‘teca’ con vetro dove c’è esposto un abito – io ricordo che lì nella teca c’era qualche cosa d’altro; mi spiego meglio o c’era una lapide con i nomi dei ragazzi morti in guerra o c’era un’immagine sacra forse di Maria.
Qualcuno di voi se lo ricorda.? Mi sto letteralmente scervellando !!
Ho bene in mente il palazzo prima del restauro,ma non riesco a ricordare cosa c’era di fianco al portone.
Un caro saluto a tutti e buona domenica.
Grazie.
Claudia
Ho 81 anni e sono nato all’Isola. Scrivo spesso su queste pagine di ogni argomento che riguarda la mia Isola che ho vissuto intensamente dalla nascita e sino ai miei 16 anni quando l’ho lasciata. ll mio spirito è rimasto li con tutti i suoi ricordi, sentimenti ed emozioni. Qualcosa di quanto avevo scritto l’avete già trasferito sul vostro blog, con mio sommo piacere. Foto d’epoca e quant’altro figurano in vari siti che sarò lieto di indicarvi se di vostro interesse.
Buonasera a tutti. La scorsa settimana ho fatto un giretto all’isola. Negozi sconosciuti, edifici rinnovati, ecc. In P.le Lagosta resiste il negozio di tessuti, da quanti anni? Ovunque spuntano le cime dei grattacieli ad offuscare il solito paesaggio, monotono, ma tanto caro. Mi sembrava che l’aria fosse diversa dal resto di Milano: aria pulita, ricca di ricordi, di profumi trascorsi ma mai dimenticati, aria di casa mia.
Annamaria.
Si è vero Annamaria ! Il negozio di tessuti c’è da tantissimi anni ……quando ero piccola (ma spesso anche adesso) mi incantavo a guardare quelle belle vetrine piene di stoffe,quasi sempre troneggiava oltre alla stoffa, una rivista con la foto degli abiti che si potevano fare con quella determinata stoffa ……e una boccetta di profumo completava l’esposizione della merce.
Un caro saluto a tutti
Claudia
Il negozio di tessuti di piazzale Lagosta c’era anche ai miei tempi !!!!!non molti anni fa guardando dentro ho visto la stessa persona di tanti anni fa, non so adesso.Vicino al negozio di tessuti c’è Galimberti orefice,in quel negozio abbiamo comperato le nostre fedi nel 67 anno del mio matrimonio!!!
Quanti bei ricordi della mia “ISOLA”!!!!
Un caro saluto a tutti gli isolani e in particolare ad Annamaria,Luisa e Gianni che ho avuto il piacere di conoscere personalmente ,in attesa di conoscere Claudia che abita in via Arese 7 , la casa dove io sono nata e cresciuta.
Cari saluti a tutti
Lucia Beduzzi
Cara Claudia hai ragione, mi hai fatto ricordare questo particolare: la boccetta di profumo. È vero, in ogni negozio di stoffe, non solo all’Isola, la bottiglietta di profumo era rigorosamente esposta, ammiccava alle signore che osservavano la vetrina facendole sognare. In centro, sotto i portici di P.zza Duomo, Galtrucco proponeva oltre ai tessuti colorati esibiti in tutta la loro gamma di sfumature, prezzi vantaggiosi per il confezionamento. E al centro dell’esposizione troneggiava una gigantesca boccetta di profumo, quasi sempre Chanel 5. Ai miei tempi le mamme erano quasi tutte in grado di cucire abitini. La mia mi ha vestita fino a 15 anni. Il negozio di P.zza Minniti mi invogliava. La stoffa per la prima gonna da signorina, a “tubino”, mamma l’aveva comperata li. Ricordo ancora quel capo, color nocciola, con quattro bottoni bombati e dorati sul fondo.
Credo di aver cominciato ad amare i profumi osservando le vetrine di stoffe, mi facevano sognare. Mia madre, come quasi tutte le donne dell’isola, non poteva certamente permettersi di acquistarli quindi per me rappresentavano un traguardo. Quando iniziai a lavorare consegnavo, come tutti, lo stipendio ai miei genitori che mi davano la paghetta, 500 lire al mese. Risparmiavo fino al l’osso per poter comperare la tanto sognata boccetta, “Intimate” di Revlon. Ogni goccia era centellinata, non usavano le bottigliette spray, al più con un apposito imbutino si travasava il liquido in un porta profumo da borsetta. Che gioia quando potevo entrare nel negozio di profumi in via Perastro. La proprietaria era una bella signora mora aiutata da una giovane commessa sempre sorridente. Quando arrivava Natale la vetrina traboccava di tentazioni, risparmiavo tutto l’anno ma…. O be’ Natale era tutta un’altra faccenda. Il profumo era assicurato!
Buona giornata a tutti.
Annamaria.
Rispondo al signor Gianluca G.
Buongiorno. Ho letto il suo appunto. Mi piacerebbe inviare qualche pensiero riguardante la nostra amata Isola alla vostra pagina ma non sono tecnologica per nulla, non sono su Facebook e non so come fare per inviarli. Ha un suggerimento? Grazie per l’attenzione e un cordiale saluto.
Annamaria.
Buongiorno,
All’amministratore del Blog. dell’isola. L’idea di un interscambio fra questo Blog e la pagina dell’isola su Facebook sarebbe molto interessante. Visto il fine ultimo di rivivere o far vivere agli isolani e simpatizzanti dell’isola i ricordi, le storie e gli aneddoti del più bel quartiere di Milano, credo sia una splendida iniziativa. Potremmo a questo punto pubblicizzare a vicenda le pagine isolane!
Per la sig.ra Annamaria L.: purtroppo si può accedere alla pagina di facebook dell’isola solo con l’iscrizione a facebook. Credo però sia possibile visualizzare la pagina anche senza iscriversi, ma non si può scrivere sopra..
Cordiali saluti
Gianluca G.
Ritornando ai negozi di stoffe dell’Isola,io ricordo (probabilmente subito successivamente al negozio di stoffe di cui parla Annamaria) in piazza Minniti un negozio di abiti maschili che si chiamava Ariatti o Acciatti -un nome molto simile.C’è stato per tanto tempo.Ora lì c’è una banca.
A proposito nessuno si ricorda cosa c’era in Garigliano al 4,nella famosa nicchia di fianco al portone?
Ci sto ancora pensando !
Carissimi saluti.
Claudia.
jn piazza minniti all’1 il negozio di stoffe era paccanaro e il negozio di abiti era ariatti che si trovava nei locali dove in precedenza c’era molteni materiale elettrico e prima ancora il leggendario borghi che fondò la ignis.
Eccomi di nuovo nella mia Milano che mi è mancata molto nelle due settimane in cui ne sono stato lontano. Senza cellulare e senza PC, pur trovandomi in uno dei posti più incantevoli del mondo, mi mancavano i contatti umani che rendono piacevole far parte di un cerchia di amici. Ora sono di nuovo qua a ricercarli. Ad uno ad uno li contatterò con il solito piacere della conferma dell’amicizia.
Ben tornato Gianni! Mi sono mancati i tuoi racconti. Le tue vacanze sono andate bene?
Sono tornata oggi da Cesenatico dove facendo un giretto ho ritrovato lo stabilimento balneare che frequentavo da ragazzina: “Florida”. Era gestito da una famiglia isolana, delle Abbadesse. Durante l’estate si trasferivano in Romagna e gestivano il bagno suddetto. Parlo degli anni ’60. Che bei tempi!
Chissà se qualcuno ricorda quella famiglia.
Buona settimana a tutti gli isolani.
Vediamo se qualche Isolano o simpatizzante è interessato :
Per Domenica 10 Maggio stiamo organizzando una riunione “fuori porta” nella zona di Buccinasco. Facilissimo il ritrovarci perchè il punto sarà alle ore 12.00 davanti all’ingresso del Palasport di Assago ( inizio autostrada Milano – Genova ). Pranzeremo in una vecchia tipica trattoria di paese, ma dall’eccellente cucina, dopodichè, risolto anche il rito del caffè, in nostro amico isolano Sergio Codazzi ci condurrà a visitare il vicino allevamento di mucche da latte (diretto dal genero). Nella vita ci sono certamente cose più eccitanti,sotto tutti i punti di vista, da mettere in atto in una domenica pomeriggio di Maggio, ma sono convinto che il ricordo di queste ore non vi abbandonerà più, come lo è stato per me dopo avere vissuto quell’esperienza.
Chi fosse interessato a seguirci in questo gruppo di Isolani che finalmente da segno di vita, è pregato di indicare qui di seguito il suo nome con la sua conferma. Oppure telefoni a me direttamente : 331 104 93 16.
A modifica di quanto sopra preciso che l’incontro è anticipato al Sabato 9. Maggio, anzichè la Domenica che alcuni lìavevano già impegnata per Comunioni od altro.
Caro Gianni dai che ce la fai???? Più la combricola è grande meglio è.
Viva, L’iSOLA Distinti saluti a tutti voi Isolani, prima che vegna nòtt.
Buon Primo Maggio a tutti gli isolani! Anche se di lavoro purtroppo siamo a corto, non mancano le nostre idee e i nostri ricordi.
Chissà se Gianni ha voglia di raccontarci come questa ricorrenza si svolgeva all’Isola?
Un saluto a tutti.
Annamaria.
Buon Primo Maggio e buon fine settimana a te Annamaria e a tutti gli isolani!
Grazie cara AnnaMaria per il tuo appello alla mia memoria. Credo però di dare una delusione a coloro che credono che certe feste riscuotessero interesse e soprattutto entusiasmo nei primi anni del dopoguerra. Quegli anni che io ho vissuto all’Isola condividendone fatti e sentimenti. Gli anni della Repubblica Sociale Italiana ( i mesi dovrei meglio dire) erano passati al’l’Isola piuttosto tranquilli, a parte la scarsa alimentazione ed i mucchi di macerie, un pò dappertutto, in ricordo dei bombardamenti dell’Agosto ’43.
Che esistesse li “la resistenza” è una leggenda alimentata da chi ha interesse a farlo. Che l’Isola fosse “un baluardo” è una pura fantasia. I giovani che nel ’40 avevano risposto alla “chiamata alle armi” della Patria, questa era per loro, ed anche per me ai miei 6 anni, l’Italia, avevano già pagato lo scotto degli insuccessi in Africa ed in Russia. Cito solo due dei nomi dei soppravvissuti: Mario Fonti, dal Verme 2, Folgore, El Alamein, un braccio perso. Cesare Nozza, Borsieri 21, ritirata di Russia, ferito e congelato. Molti altri persero la vita. Ma tutti erano convinti di averla donata alla Patria e questo era il sentimento comune all’Isola. Poi le nuove leve accorsero nella quasi totalità al richiamo della Repubblica Sociale, ed erano volontari. Solo al n.2 di Jacopo dal Verme, il Dante Mariani, figlio della portiera, SS Italiane, Felice Carcano , X Mas, I fratelli Piatti, Vari reparti.
Mai visto la presenza di soldati tedeschi all’Isola, salvo qualche soldato isolato che sbarcato alla Stazione Centrale raggiungeva il Centro passando, curioso, attraverso l’Isola. Alla metà di Aprile ’45, l’unico fatto notevole che posso ricordare e testimoniare e quello di due Tigre, carriarmati tedeschi, ,che stavano lasciando Milano in una colonna che proveniente dal Centro (credo dal presidio dell’Hotel Touring, sede del comando tedesco) aveva percorso la Carlo Farini, svoltato in Ugo Bassi e poi diretta in Viale Zara ;
due di questi Tigre, come dicevo, avevano svoltato a destra subito dopo il
ponte della sorgente imboccando la via Guglielmo Pepe anzichè la Ugo Bassi. Si dovevano essere accorti dell’errore e così avevano svoltato in Via Cola Montano fermandosi poi entrambi con i cingoli di destra sul cordolo del marciapiedi tra il n. 6 e il n. 8 della via. Io con i miei amici eravamo subito lì attorno. Dalle torrette erano sbucati fuori e scesi sulla strada dei ragazzini, credo che non avessero più di sedici anni, pantaloni corti neri come nero tutto il resto e con le facce sporche di grasso. Era arrivata una moto militare che gli aveva dato istruzioni e, dopo un giro attorno ai mezzi, erano rimontati e ripartiti verso piazzale Fidia dove si vedeva la colonna ferma. Il cordolo del marciapiedi era stato triturato come il ghiaccio di una granita.
Altro episodio di cui posso raccontare di quel periodo è quello del 25 Aprile ’45. All’Isola la calma più assoluta. Mio padre, che lavorava in Ferrovia e quel giorno faceva il turno dalle 6 alle 14, era tornato a casa con la sua bicicletta che aveva lasciato in cortile, in via dal Verme al 2. Io ci ero saltato sopra e via a perlustrare la zona. Non arrivavo ancora alla sella, ma stando sulla canna volavo lo stesso come un razzo. In Sebenico, prima della Magna, avevo sentito sparare, colpi e raffiche, verso il fondo di via Galvani. Ero corso là e sull’angolo della Galvani- Filzi c’era un gruppo misto di soldati della Repubblica, Muti, X Mas ed altri che guardavano verso la Pirelli.
(ove è sorto il Grattacielo Pirelli c’era uno stabilimento Pirelli, in parte bombardato ma ancora efficiente ) Li si erano asserragliati degli operai che sparavano sulla via Filzi. Due ciclisti erano a terra, colpiti. Da via Fara era arrivato in quel momento un gruppetto di Soldati tedeschi, uno con in spalla un “pugno corazzato”. Avevano fatto spostare i militi italiani e da quell’angolo avevano tirato il “pugno” contro la facciata della Pirelli. Dopodichè se ne erano tranquillamente ritornati verso via Fara. Questo è quello che ho visto quel giorno prima di prendere un paio di sberle da mio padre per avergli preso la bicicletta. L’ho fatta molto lunga e mi scuserete. Il tema originario era il primo maggio all’Isola. Ma quella data, come quella del 25 Aprile, era assolutamente non sentita presso la popolazione dell’Isola. Almeno in quegli anni. Non mi si raccontino balle al riguardo. I problemi quotidiani che assillavano gli Isolani erano ben altri che dedicare tempo ed attenzione alle chiacchere di chi, di queste, ne aveva tante da vendere !
Buona Festa della Mamma a tutte le isolane e anche alle altre! Che i nostri figli ci possano festeggiare ogni giorno e non solo oggi. Auguri Mamme.
Annamaria.
Grazie Annamaria ! Auguri a tutte le mamme isolane e non …..
Oggi mia figlia (dodicenne) mi ha fatto un sacco di festa.
Buona settimana a tutti.
Claudia
Buongiorno a tutti gli isolani e in particolare a Gianni, Lucia e Anna Maria che ho avuto il piacere di conoscere personalmente.
Tra i miei ricordi emerge un episodio riguardante il cancello a barre di ferro colorate disposte in modo asimmetrico che chiudeva l’androne su strada della casa di Via Volturno 41 dove abitavo. Una sera, avevamo circa tre anni, io e la mia amica Giannina siamo sgattaiolate fuori, come d’abitudine, strisciando attraverso le sbarre ( alla fine degli anni trenta, i bambini erano molto più liberi e selvaggi e potevano scorrazzare liberamente su marciapiedi e strade con l’unico pericolo di essere travolti da una bici o di pestare sterco di cavallo! ). Quando provammo a rientrare, sempre con lo stesso sistema, io riuscii a passare, ma la mia amica rimase incastrata con la testa e si mise a piangere e a chiedere aiuto. Intervennero alcune persone che riuscirono a liberarla. Da quel momento ci rendemmo conto che eravamo diventate troppo grandi e abbandonammo l’impresa.
A distanza di tantissimi anni ricordo ancora quel cancello, diverso dai portoni in legno o in ferro battuto delle altre case della zona. Solo in Piazzale Lagosta 2, mi sembra di ricordare, esisteva un cancello simile, ma tutto nero e simmetrico. Lo stesso tipo di cancello nero c’è tuttora nelle case rosse del complesso di Via Palestrina ( dal numero 16 al numero 22 ).
Caratteristica comune a Via Volturno e Via Palestrina ( di Piazzale Lagosta non ricordo ) era l’atrio con la scala per accedere all’edificio su strada, il locale del custode ad altezza mezzanino che sembrava il ponte di comando di una nave, e in fondo la porta in ferro e vetri colorati che separava l’atrio dal cortile interno. Qesto tipo di cancello rendeva arioso e luminoso l’androne e dava un senso di leggerezza all’edificio, che si presentava da fuori allegro con la sua facciata rossa e bianca.
Se tra gli isolani c’è qualcuno esperto di architettura d’epoca ( anni trenta ) mi farebbe piacere sapere se all’isola ci sono altri edifici con le stesse caratteristiche e chi li ha ideati e costruiti.
Vi ringrazio per aver letto fino in fondo questa noiosa mia e vi saluto tutti con affetto!
Luisa
Grazie cara Luisa per quanto hai così bene descritto e raccontato. Per i tuoi coetanei, come me, è un fresco tuffo nella memoria che così si ravviva, per i più giovani sono immagini di un’Isola loro sconosciuta che però è prezioso conoscere.
Ciao Luisa !
Grazie per il tuo racconto simpatico e divertente.
Ho capito perfettamente a quale tipo di cancelli ti riferisci e se non sbaglio
ho individuato la “tua” casa,quella dove ora c’è un bar-torrefazione e dove prima c’era un bar-latteria.
Non sono un esperta di architettura ma solo un’appassionata……
Posso dirti con certezza che si, ci sono eccome delle case costruite negli anni
trenta con quello stile.
In piazzale Lagosta al 2 il palazzo si chiama casa Ghiringhelli -gli architetti che lo hanno progettato sono Giuseppe Terragni e Pietro Lingeri – gli stessi che hanno progettato la palazzina in via Perasto al n.3 (casa Toninelli) infine sempre gli stessi hanno progettato il palazzo che sorge in via Pepe 32 (angolo Cola Montano) che si chiama Casa Comolli e Rustici.
Quest’ultima, della quale è iniziata la costruzione nel 34 era per l’epoca a dir poco avveniristica.
Passo spesso di li e trovo che sia molto bella.
Personalmente amo più lo stile Liberty del quale la nostra amata Isola è ricca !
In data 12/4 e in data 15/4 ho sottoposto a tutti voi un quesito, ma nessuno ha saputo rispondere….
Attualmente in via Garigliano al n.4 c’è un negozio di abiti vintage, di fianco al negozio c’è una teca con vetrina dove spesso è esposto un abito o degli accessori.Ebbene io ricordo o meglio non ricordo ……cosa ci fosse in precedenza.Forse c’era una lapide a ricordo di ragazzi morti in guerra o forse c’era una Madonnina.
Mi sto letteralmente scervellando .In pratica è una nicchia di fianco al portone n.4 di via Garigliano .Qualcuno di voi si ricorda???
Intanto ringrazio in anticipo e mando un caro saluto a tutti.
Claudia
Buona sera a tutti. Cara Luisa ricordo che anche in via Ugo Bassi 23 dove abitavo c’era un cancello che separava l’androne dal cortile. Era molto decorativo, adornato di foglie di ferro battuto. Da bambina mi arrampicavo sul divisorio e spingevo a mo’ di altalena, avanti indree. Il portone era in legno scuro e la sera intorno alle 22 veniva chiuso dall’interno con un mega catenaccio. Per il passaggio si utilizzava la porticina ricavata nel portone. Non ho mai capito perché le porticine fossero piccole: ma erano tutti piccoli come me?
Cara Luisa, ti ricordo con simpatia e affetto e mi fa molto piacere leggere i racconti e i ricordi che illustri. Un grosso abbraccio e un caro saluto da parte di mio marito
Annamaria..
Carissime Claudia e Annamaria ( mi scuso per aver scritto distaccato il tuo nome ), vi ringrazio per aver risposto alla mia richiesta di notizie sugli architetti anni ’30.
A Claudia, in particolare, confermo che la mia casa è quella di fronte a Via Spalato ( ai miei tempi c’erano un negozio di frutta e verdura, una latteria dove si radunavano tutti i ragazzi della via per discutere di calcio, e una macelleria ). Il proprietario dell’edificio era Oreste Vago Oldani, che era erede di un certo Stoppani.
Condivido la passione di Claudia per gli edifici Liberty, ma all’epoca non vedevo al di sopra del mio naso di bambina e quindi non ricordo quelli dell’Isola.
Per quanto riguarda la nicchia di fianco al portone di Via Garigliano non ci ho mai fatto caso e mi dispiace. Forse chi ci ha abitato può ricordarsene e spero che chiarisca il mistero.
Ad Annamaria, che ricorda il suo cancello con le foglie in ferro battuto, dico che doveva essere molto bello e in stile Liberty.
Da tanti anni non abito più all’Isola e se ci ritornassi sicuramente non ritroverei più l’incanto dei tempi passati e molte cose che descrivo bellissime forse con gli occhi di oggi mi deluderebbero. Perciò preferisco rievocarle!
Ringrazio anche Gianni per il suo incoraggiamento a scrivere su questo sito e mi complimento con lui per la vivacità e la precisione nel descrivere la vita nell’Isola degli anni…anta.
Un caro saluto a tutti!
Luisa
Nel sito “Sei dell’Isola se…” ho inserito ieri un post che definirei triste, e che invece è solo qualche storia di vita nella Vecchia Isola. Chi fosse interessato anche a questi aspetti del passato vada a leggerlo lì. Buona Domenica in arrivo a tutti.
Chi ricorda durante il mese di maggio i fioretti che la mattina, prima dell’inizio delle lezioni scolastiche, don Eugenio ci proponeva? La mattina successiva bisognava mettere in un cestino il foglietto con il fioretto compiuto!
…meno male, tempi passati! Don Eugenio era notoriamente misogino e non sopportava le bambine. Quando andavo con mio fratello all’oratorio, faceva sedere i maschi e non le femmine. Forse non lo ricordate, io sì…anche per i film in parrocchia faceva discriminazioni per la sedia che si pagava cinque lire, altrimenti non ti sedevi. Buona continuazione. Isa Donelli del quartiere Isola
e beh in effetti aveva le sue idee e i suoi protetti,per il resto niente da dire,saluti a tutti.
Care Annamaria e Lucia,
prima di tutto grazie per la gradita sorpresa che mi avete fatto.
Tornando al mese Mariano,io ricordo che sino a qualche anno fa si diceva un Rosario in tutte le case e i palazzi dove c’era una Madonnina.
Purtroppo questa bella usanza è stata persa….
Auguro un buon fine settimana a tutti !
Claudia
Carissima Claudia non immagini il piacere di averti conosciuta personalmente e aver potuto rievocare i ricordi della “mia” casa di via Arese7 spero di poterti rincontrare.Anche in via Arese 7, in tempi lontani si usava dire il rosario nel mese di maggio,che bei ricordi!!!!!!!
Un saluto a tutti gli Isolani e in particolare modo a chi conosco personalmente Annamaria,Luisa e Gianni a presto
Lucia
Buonasera a tutti gli isolani. Lo scorso martedì io e Lucia Beduzzi ci siamo incontrate sul piazzale della Chiesa della Fontana e abbiamo trascorso una bellissima giornata rivedendo i luoghi della nostra amata Isola. Giretto al mercato, non più interessante come alcuni anni fa ma sempre piacevole. Passeggiata per le vecchie vie che hanno risvegliato un mare di ricordi. Abbiamo notato che, rispetto a tanti anni fa, diversi esercizi hanno purtroppo chiuso la loro attività e al loro posto sono subentrati ristoranti, pizzerie, ecc.
La via Garigliano senza il cinema Zara, dove venivano proiettati due films con lo stesso biglietto, non è più la stessa via. Anche P.le Archinto è cambiato. Addio vecchi cinema..
Siamo andate in via Volturno a sbirciare il portone e la casa dove abitava Luisa B. Tutto sembra rimasto eguale.
Per terminare in bellezza abbiamo incontrato Claudia Vailati, simpaticissima, molto dolce, isolana doc!
Siamo state contente di questo revival che è ben valso una sgambettata.
Buona domenica a tutti.
Annamaria.
Ciao Annamaria anche io sono un vecchio isolano. In p.le Archinto c’era il cinema Iris. In via Volturno a che numero ti riferivi ? Io abitavo al n. 37. Cordiali saluti
Ciao Claudia, sai io abito a Peschiera Borromeo loc. Linate e c’è ancora l’usanza durante il mese Mariano di recitare il Rosario nei cortili dove viene trasportata la statua della Madonna.
Purtroppo, hai ragione, le belle tradizioni vanno scomparendo. Pare che oggi tutti siano talmente indaffarati da non trovare il tempo per la semplicità.
Buona settimana .
Annamaria
Carissimi amici Isolani, io amavo molto il mese mariano dove avevo l’opportunità di incontrare la mia morosina, avevamo 15 anni. Suo padre severissimo la costringeva sempre in casa le era permesso uscire solo alla domenica per recarsi sll’oratorio femminile di via Confalonieri ma a maggio come per miracolo poteva recarsi al Sacro volto con la sua amica Roberta,
io l’aspettavo davanti alla chiesa,Roberta entrava e noi proseguivamo in fondo alla via verso quella che chiamavamo la magna seconda, il grande spazio con poco verde tra via Volturno e via Galvani coperto ancora dalle macerie dei bombardamenti. Tra un cumulo e l’altro di detriti trovavamo sempre lo spazio per concederci lunghi baci appassionati (solo quelli) poi all’ora stabilita terminata la funzione con l’amica proseguivano verso le loro abitazioni.
Che la Madonna abbia avuto per noi un’occhio di riguardo?
Ciao Silvio, sì il cinema che intendo era proprio l’Iris. Premio per buoni voti scolastici: film rigorosamente con Jerry Lewis o Stanlio e Ollio! Che lusso!
La nostra amica Luisa B. abitava al n. 41 di via Volturno. Conoscevi?
Ciao, a presto.
Annamaria
Anch’io ricordo il mese Mariano dei miei 15 anni. Che gioia! Non si mettevano più le calzine, gli abitini leggeri con la mezza manichina sostituivano i grevi maglioncini e la sera mi permettevano di uscire. Come la morosina di Paolo mi era concesso di andare alla funzione serale del mese Mariano e vai!…. Dalla via Ugo Bassi dove abitavo, alla Chiesa della Fontana non ci volevano più di 10 minuti, con il passo della gioventù. Bene, io ne impiegavo 5 per arrivare all’entrata della via Boltraffio, altri 5 per recitare una preghiera alla Madonna, altri 5 per tornare a casa, rimaneva quindi una bella mezz’ora per incontrarmi con il fidanzatino.
Come se mia mamma non sapesse! Sai che novità !
No, caro Paolo, non penso che la Madonna avesse per noi un occhio di riguardo, eravamo un po’ monelli!
Ciao a tutti. Annamaria.
Buongiorno a tutti!
Ringrazio Annamaria, Lucia e Claudia che scrivono di aver rivisto, uguale a come l’ho descritta, la mia casa di Via Volturno 41. Mi fa piacere sapere che sia sopravvissuta alle distruzioni della modernità che avanza.
Per quanto riguarda Don Eugenio, anch’io ricordo che trattava con una certa insofferenza noi ragazzine. Nonostante fosse un po’ scorbutico, era una istituzione nella zona e ha fatto tanto bene aiutando generazioni di giovani.
So che è inumato nella Chiesa del Sacro Volto, la Sua Chiesa, e mi piacerebbe sapere la motivazione di questo permesso, al giorno d’oggi inusuale. Qualcuno la conosce e mi può rispondere?
A Silvio che abitava nel grande caseggiato del 37, separato dal mio dal 39 dello stabilimento Crimella, chiedo se si ricorda della famiglia Viazzo: il più piccolo dei due figli, Giorgio, era mio compagno di giochi e di studi. Ma parlo degli anni tra il 1937 e il 1952, mentre Silvio appartiene a una generazione molto più recente.
Un grande abbraccio a tutti.
Luisa
Buongiorno Luisa, si mi ricordo della famiglia Viazzo . Per quanto riguarda la generazione ……beh io sono del 1941 quindi non così molto più recente di come la descrivi. Lo stabile non è cambiato, ma è cambiata la via, dopo la costruzione della metropolitana. Nel tuo stabile c’erano tre negozi : un fruttivendolo, un lattaio e un macellaio. Mi ricordo solo il nome del lattaio Ettore la cui figlia, bianca come il ” latte ” sposò un ragazzo di colore. Cordiali saluti
per maurizio caldarola la risposta è no poichè il quartiere abbadesse più comunemente chiamato casinabades era oltre la via pola che faceva da confine con l’isola.
Per Maurizio Caldarola. Credo anch’io come Enzo che le Abbadesse non facessero parte dell’isola. Mio zio abitava in via Assereto credo al n. 13. Si chiamava Ciocci Dino, aveva 3 figlie, Fulvia del ’47, Pinuccia del ’49 e Maria del ’51 come me.
Fulvia ha sposato Gilberto, anche lui dello stesso caseggiato. Conosci?
Mi è sempre piaciuta Casinbaess, sembrava quasi un paesino. La piccola chiesetta, il ristorante Crema, le vecchie ringhiere e il cortile di acciottolato. Quante volte mi sono sbucciata le ginocchia giocando con le mie cugine e gli altri ragazzini del cortile!
Comunque, anche se non sei isolano…benvenuto Maurizio! Se puoi rispondimi su questo blog, non sono su facebook.
Buona giornata a te e a tutti gli isolani.
Annamaria.
Quando si cita l’Italo Crema eccomi proiettato con i miei ricordi degli ultimi anni ’30. Io stavo al 2 di via dal Verme, cortile interno, piano rialzato. L’Italo stava in ringhiera al primo piano, proprio sopra di me. Italo aveva cinque o sei anni più di me, ed io, che ero del ’34, lo vedevo già come un ragazzo cresciuto.
Partecipava anche lui, a volte, nei giochi del cortile, dove eravamo almeno una ventina di ragazzi. Le ragazze, mia sorella Celsia compresa, facevano gruppo a se. Nel primo dopoguerra ricordo l’Italo che serviva ai tavolini della gelateria di via Garigliano e si diceva fosse fidanzato con la figlia del proprietario.
Casinbaess era allora fuori dalla cerchia dell’Isola ed era solo nota per i lavandai che la operavano. Poi con l’apertura della trattoria prese vita anche per la vicinanza dell’eliporto Milano – Lugano ed il miglioramento delle strade circondarie. Ricordo che prima si raggiungevano quelle case percorrendo, dall’inizio di via Pola, una stradina sterrata che fronteggiava la Carpenteria Bonfiglio ed ai lati era piena di siepi di sambuco. Non conosco la storia di Italo e della sua vita di trattore. Mi piacerebbe molto se qualcuno si compiacesse di raccontarmela. Italo Crema è una delle figure della mia infanzia che tengo gelosamente nel profondo del mio cuore tra le cose più care.
Buona giornata alle care amiche ed amici dell’Isola.
Ed ora, per coloro che ho appena salutato ma che restano ancora un pò su questa pagina, vado a fare qualche ritratto della mia Isola del tempo che fu.
Prima una breve nota introduttiva, ai personaggi ed all’ambiente degli anni ’30.
Mia mamma, questo l’ho già raccontato, era venuta con mio padre e mia sorella, che aveva allora tre anni, dall’Istria, nel 1927 ed era stata in coabitazione con la famiglia di sua sorella, mia zia Carolina, in via Pastrengo 5. Anni di dura crisi quelli, altro che quella dei nostri giorni, poco lavoro per pochi soldi ed alcuni si contendevano, per dormire al coperto, gli abbaini delle
case dell’Isola. Ed ecco che i miei, con i miei zii, benedicevano il cielo di potere coabitare in sei, in due stanze di cui una senza finestra e la sola porta d’ingresso sulle scale. Ma il desiderio e la volontà di migliorare la propria vita, malgrado le difficoltà, era in loro e la Milano, terreno fertile in ogni circostanza, aiutava, come aiuta, gli uomini di buona volontà.
Così mio padre, dopo alcuni sporadici lavori in pompe di benzina ( allora erano proprio pompe ! ) attorno alla vecchia Stazione di Piazza Repubblica, come oggi si chiama, riuscì a farsi assumere stabilmente nella Nuova Stazione Centrale, allora in costruzione, e fece una rapida carriera in una impresa di pulizia e manutenzione delle carrozze ferroviarie. Per il momento lasciamolo lì,
dove rimase sino al 1950 e torniamo all’Isola. Dopo varie peregrinazioni da una camera ammobiliata ad un’altra, sempre all’Isola, finalmente i miei riuscirono a trovare un appartamentino al primo piano di via dal Verme 5.
Stabile fatiscente, risalente al ‘700 quando il cimitero dei Frati, che proprio su quell’area sorgeva, era stato spostato nell’area dell’attuale P.le Lagosta.
Mi si tramanda la storia degli scarafaggi, dei quali quella casa era infestata ( come le altre del resto ; si pensi che i rifiuti venivano accumulati normalmente in un locale al piano terra e prelevati, anche da contadini con il loro carro, sbadilandoli. Ovviamente scarafaggi e topi, che godevano anche dei tombini di strada, trovavano lì il loro ambiente ideale. L’unica difesa che esistesse allora , ma limitatamente all’estate e per mosche e zanzare, era il Flit, un liquido a base di petrolio che si spruzzava con una pompetta, appunto quella del Flit !
E contro gli scarafaggi ? I miei, che appena il borsellino lo permetteva, frequentavano con piacere, la sera dopo il lavoro, il Cinema Patria, proprio li sull’angolo Dal Verme- Archinto, prima di lasciare le stanze mettevano al loro centro due tazzine da caffelatte con dentro dell’aceto ed attorno, come dei ponticelli, dei bastoncini di legno. Al ritorno a casa le tazzine erano piene rase di scarafaggi annegati nell’aceto. Suppongo che le stesse tazzine non venissero poi usate per l’impiego cui erano destinate.
Per i topi l’unica difesa erano le trappole, di diverso tipo e funzionamento, ma questi particolari ve li risparmio.
Mia sorella aveva iniziato a frequentare le elementari di via Dal Verme, a due passi da casa, maestra: Meschia. Mia Mamma era stata assunta alla Brown-Boveri come operaia. Qualche piccolo risparmio, a fronte di grandi sacrifici, aveva cominciato a crearsi per la famiglia. Mia Mamma che in Istria, dove era nata, e poi a Trieste, per un breve periodo, aveva fatto una certa esperienza nel commercio e la sua aspirazione era quella di potere, alla fine, realizzare il sogno di avere una sua attività propria. Lavorando con il martello in mano nel suo reparto ( faceva avvolgimenti di motori elettrici, oggi riservato solo agli operai; ricordo le sue carezze, la sera, era come passarmi un tronco di legno sulle guance, tanto callose erano le sue mani, povera Mamma!) chissà quanti sogni le affioravano nella mente.
Poi nel ’34 ero nato io ed in concomitanza, poco prima i miei si erano trasferiti in via Dal Verme 4. Appartamentino nuovo, piano rialzato, servizio interno.
Mia sorella aveva già 10 anni e mi aveva fatto da mammina mentre mia mamma continuava le sue corse quotidiane in Castillia. Poi lunghi mesi a Derganino ( l’ospedale per le malattie infettive di Dergano ) per “passarle” tutte
dal morbillo alla varicella, dalla tosse asinina a quanto altro della serie.
Poi due anni dalle Suore di via Confalonieri ed infine due anni all’asilo comunale di Via Pastrengo. Ecco il mio “curriculum” di quegli anni. E arriviamo al 1940. Una compagna di lavoro dio mia mamma, una certa Tilde, aveva lasciato lo stabilimento ed aveva acquistato la latteria di via Pastrengo.
Mia mamma ne aveva seguito l’esempio e, con i risparmi cui più sopra ho fatto cenno, aveva acquistato la Latteria di Via dal Verme 2. ( 9.000 lire contanti, 10.000 lire con un pacco di cambiali alto come la rubrica del telefono.
Questo nella primavera del 1940. Nel Giugno: la Guerra !
All’epoca le latterie facevano, tutte, il “servizio a domicilio”, avevano a disposizione un furgoncino a pedali, cassonetto pieno di bottiglie di latte da litro o da mezzo e l’incaricato le consegnava davanti alla porta del cliente e ritirava nel contempo il vuoto, che doveva essere ben lavato, del giorno precedente. Nel suo caso mia Mamma, aveva affidato il furgoncino a pedali
della latteria, ad Armando. Questi era un ragazzino di una decina d’anni, proveniente da Rimini, da una famiglia in miseria, indicato e raccomandato da una mia zia che là abitava.
Bel ragazzino romagnolo, ricciolino, vivevamo come fratelli, dormivamo nella stessa branda che veniva stesa la sera nell’anticamera. Era, malgrado i suoi pochi anni, molto forte e volonteroso. Doveva, durante la giornata, smaltire tutto il latte in tutte le case della zona, perlopiù a ringhiera. Salire con il borsone sulle spalle i quattro piani di scale, cambiare le bottiglie piene con quelle vuote e poi via, pedalando, di cortile in cortile. Tutto filava liscio ed alla fine del mese la sua famiglia di Rimini riceveva qualche soldo. Poi, un pomeriggio, aveva da poco iniziato il suo giro ed era giunto in un cortile di via Guglielmo Pepe con il furgoncino ancora a pieno carico. Era salito al quarto piano per la consegna ed al ritorno in cortile il furgoncino con tutto il latte era sparito! Rubato da un ladro fuggito a pieni pedali.
Ricordo ancora ora, e mi addolora come allora, il pianto di mia Mamma seduta su di una sedia del retro del negozio dopo la notizia. Le cambiali da pagare mensilmente erano una spada di Damocle da togliere il sonno e quel furto proprio non ci voleva.
Non era facile trovare un furgoncino da acquistare ed intanto, durante la ricerca, il servizio lo faceva sempre Armando, appiedato, con in spalla il pesante carico.
Ma la tragedia stava arrivando. Un giorno viene in latteria una signora che abitava con il figlio nella casa di fronte, in ringhiera, al numero 5 della via.
Dice a mia Mamma che era sparito l’orologio del figlio che era sul mobile
della cucina. I sospetti ricadevano su Armando che nelle ore prima aveva consegnato il latte davanti alla porta aperta.
Non voglio neppure ricordare l’interrogatorio che mia Mamma fece a quel povero ragazzino al suo successivo ritorno nel negozio, ed io ero presente.
Pianti, negazioni decise ma alla fine, di fronte alla prospettiva, accennata dalla
signora, dell’intervento dei Carabinieri, il povero Armando confessò che,si, quell’orologio lo aveva preso lui. ” e dove lo hai messo ? ” – “per paura l’ho buttato in latrina !” . Nel cortile vi era un servizio alla turca a disposizione di tutti i negozi del n. 2, ed è li che Armando, nel terrore di venire scoperto aveva gettato l’orologio in sue mani. Non so come andò a finire questa storia. Ricordo solo che avevo aiutato Armando a fare il suo fagottino e che lo avevo accompagnato in Centrale l treno per Rimini.
E’ una storia triste che mi porto in fondo all’anima da una vita. Ma la figura di Armando, che mi porto dentro è quella di un meraviglioso ragazzino, ricciolino, un vero piccolo romagnolo, che non sono più riuscito a rintracciare a Rimini malgrado tutte le ricerche fatte, e che vorrei riabbracciare come fosse un fratellino ritrovato al termine di una vita. Nell’Isola, che vado sempre più raramente a visitare, io vedo tutti i miei fantasmi che si muovono anche nella piena luce del sole. Li cerco e la mia memoria me li offre. Uno di questi è il piccolo Armando che pedala,sorridendo, quel pesante triciclo celeste carico di bottiglie di latte. ( Qui non si vede ma vi assicuro che sulla tastiera del mio PC c’è più di un a lacrima, chissà perchè?)
Ciao Gianni, come stai? Dai tuoi racconti vedo che la tua memoria è sempre eccellente, a dispetto di tanti trentenni smemorati.
Mio padre mi raccontava a proposito di Italo Crema che, a guerra terminata, girava il quartiere con un carrettino vendendo limoni. Successivamente lavorò nella latteria di via Garigliano e sposò la figlia del proprietario.
Aprendo il ristorante in via Abbadesse anche questa via assunse prestigio. Le finestre dove abitava mio zio in via Assereti si affacciavano sulla piazzetta dove c’era l’entrata del ristorante. Io e le mie cugine stavamo incollate ai davanzali per vedere i personaggi famosi varcarne la porta. All’epoca Celentano era di casa con tutto il Clan, e con lui altri cantanti e attori.
A presto e un abbraccio.
Anch’io come te, caro Gianni, passeggiando per l’isola cerco i fantasmi del passato. Mi rivedo bambina mentre esco dalla scuola in via Dal Verme e mi sembra di vedere la mia mamma che mi aspetta dietro la transenna dipinta di verde. Risento il sapore del gelato servito in un modesto bicchiere nella latteria di P.le Minniti. Rivedo i negozi dove facevamo la spesa, i supermercati non c’erano ancora. Il mercato nei giorni di martedì e sabato.
Mi sembra di ritrovarmi ragazzina. Quando con il fidanzatino passeggiavamo cercando angolini complici per scambiare qualche bacio. Il ponte della ferrovia nelle sere d’inverno, ovattato nella nebbia. Uscivo dalla scuola in via Maurizio Quadrio alle 22 e lo percorrevo di corsa fino alla Guglielmo Pepe dove mi aspettava il mio amore.
Che gioia quando potevo scarrozzare il mio bambino per le vie dove tutti mi conoscevano.
La scorsa settimana con Lucia abbiamo sbirciato il cortile dove tu abitavi, al n. 2 di via dal Verme. La statua di Gesù, tutta bianca, è sempre nella nicchia e sembra sorridere, quasi in attesa di vedere ragazzini giocare.
E sì, gli odori, i profumi, i colori del mio quartiere, la mia gente. Gente semplice, del popolo, prevalentemente operai, artigiani, modesti impiegati. Le mie radici sono lì ed è normale rivedere con gli occhi del cuore e della mente le situazioni. Sono orgogliosa di essere isolana e, come te, osservo una lacrima che scivola sull’ipad.
Buona serata. Annamaria.
Buongiorno a tutti. Una domanda impertinente a Gianni e a tutti i maschietti non giovanissimi, sperando non si offendano. Ma…le famose “case chiuse” all’isola, dov’erano ubicate? Guardando un film di Totò dove il poveretto con la famiglia, avendo subito lo sfratto, e’ costretto a riparare in un appartamento precedentemente utilizzato per l’uso suddetto, e dove gliene capitano di tutti i colori, mi sono posta la domanda: dove saranno state queste case? In quali palazzi? Grazie a tutti.
Cara Annamaria, non mi sento minimamente offeso, come credo lo sia per i miei pochi coetanei, per la tua più che legittima domanda: dov’erano le “case chiuse” all’Isola. La risposta è semplice : non ce n’erano ! Ma ti posso raccontare qualcosa in generale relativamente al tema “sesso” dei “miei” anni alla Vecchia Isola. Milano era piena di “Casini”, cosi venivano chiamate quelle che tu indichi come “case chiuse”. I più prossimi all’Isola, ma comunque da lei distanti, erano quelli di via Fiori Chiari e dintorni. Poi, nel centro città, vi era un’ampia scelta ed a vari livelli per quanto riguarda la qualità della merce offerta. Io possiedo una interessante raccolta di targhe o listini prezzi delle prestazioni di diversi “Casini”. Sono più o meno simili ed in un certo senso anche comici, considerati ora. L’accesso era permesso al compimento del 18° anno, e non ti dico con quale interesse venisse atteso il giorno di quel compleanno. La Carta di Identità faceva testo ed agli “sbarbati” veniva attentamente esaminata dalla “Metresse”, di solito un vecchio residuato bellico dell’ambiente, vecchia energica e rispettatissima che dirigeva il traffico della casa, abbondantemente laccata e pitturata e carica di profumo. A lei non sfuggiva niente ! Non era ammessa la “flanella”,
ad ogni poco scuoteva i presenti in sala :”o in camera o fuori !”. Guarda cara Annamaria che non ti racconto cose “per sentito dire” ma solo quelle che ho personalmente vissuto. Io compii i miei 18 anni nel Settembre del 1952 ed i “Casini , a seguito della Legge Merlin, vennero chiusi nel 1958, quindi ebbi a disposizione ben 6 anni, e di quelli ruggenti, per farmene un’idea ed oggi portela riferire. Poi attaccherò il tema ” Il sesso all’Isola”, ma quanto riguarda i “Casini” ho ancora qualcosa da scrivere. E’ noto : l’uomo è una bestia! ed il sesso è una delle sue componenti, comunque la si voglia mettere, sia scientificamente che moralmente e pur tenendo conto della ipocrisia dei religiosi. Infatti, la donna è il Demonio, salvo la Madonna, madre ma vergine!
Così i “Casini” di Milano erano nel cuore dei buoni Milanesi, di qualsiasi categoria, ceto e professione. Ed una loro visita periodica si imponeva, più o meno frequente, anche se non sempre con il relativo consumo. Attirava la Donna in se e l’ambiente. Eccitante per le luci, i profumi, l’abbigliamento, per modo di dire, delle Signorine ma soprattutto la loro gentilezza e disponibilità.
E poi l’inverno, freddissimo e nebbioso all’epoca, spingeva ad entrare in quegli ambienti. Il giro serale ” dei Casini”, poichè la sosta all’interno di ognuno era brevissima se non si era “consumatori”, e così iniziava il giro, dentro e fuori, finchè non si fossero visitati tutti quelli in zona.
Io, forse per questione di indole e di carattere, mi ero subito reso conto, sin dalla prime visite, peraltro senza consumo, dello squallore che il sesso assumeva in quegli ambienti. I sentimenti umani, che ogni uomo detiene, anche quello più abbietto, venivano lasciati alla porta d’ingresso. Li entrava la bestia ed era atteso da bestie. Scusa, cara Annamaria, la crudezza delle mie espressioni ma non ne trovo in me di più accettabili. L’amore, che è una cosa divina se è accompagnato dal sesso, li, in quegli ambienti non esisteva. Del resto li nessuno lo cercava.
Sarei un bugiardo se scrivessi che io non ho fatto qualche pratica esperienza e se ti dicessi che in queste non ho provato anche piacere, ma ne stavo volentieri alla larga anche e soprattutto perchè la mia femmina, bella e generosa e pure esigente, me l’ero trovata proprio all’inizio dei miei 18 anni. Ho solo ancora un ricordo che voglio richiamare, quello del “casino” di via Chiaravalle, che era sulla strada che facevo ogni giorno per raggiungere il Cattaneo di P.za Vetra dove studiavo da Geometra. Una sera,
in visita di curiosità in quel Casino, mi si era avvicinata una bellissima ragazzina, veniva dalla Sardegna, mi aveva raccontato e con lei avevo iniziato una piacevole conversazione. Era nata, in pochi minuti una inspiegabile simpatia. Naturalmente questa perdita di tempo non era rimasta inosservata da quella megera della Metresse la quale sgarbatamente impose alla ragazzina di riprendere i suoi giri tra i presenti. Mi strinse la mano e mi pregò di non lasciarla. Pagai alla cassa e salii in camera con lei.
In camera mi volle subito restituire i soldi che avevo sborsato alla megera e mi si offerse come mai nessuna altra ragazza che avevo avuto. Non era solo sesso, dentro c’era tanto ma tanto Amore! Nelle poche ore che durante la settimana aveva di libertà ci eravamo rivisti perchè voleva che io la accompagnassi al cinema. La portai all’Odeon e poi a mangiare una pizza in via San Paolo. La riaccompagnai sino alla porta del Casino di via Chiaravalle. Li mi disse che il giorno seguente sarebbe partita ed avrebbe lasciato Milano. ( La rotazione delle Signorine, nei Casini italiani, era imposta
dalla Legge ed era molto frequente. ) Ci lasciammo con un bacio che ho ancora stampato nella mente. E’ un ricordo prezioso che confido solo a te.
Ora torno alla mia Vecchia Isola. Anche in assenza di Casini, relazioni, sesso ed Amori, imperavano. Certo la densità di popolazione, la scarsità di spazio nelle abitazioni, l’assenza di auto, che comunque potevano consentire un minimo di intimità, tutto questo era un grande ostacolo per l’intimità di coppia, giovane, matura o anziana che fosse. I portoni e gli angoli bui erano noti e contesi, ma al di la di modeste effusioni e di qualche bacio, era impossibile andare oltre. I cinematografi, Patria, Zara, Vox e Farini erano luoghi adatti a passare un paio d’ore con l’amata, almeno la Domenica. Avendo la fortuna di trovare posto nelle ultime file, con il biglietto di Prima, qualche abbraccio, qualche calda carezza, qualche appassionato bacio sulla bocca, una eccitazione che sfociava nella rottura della fodera della tasca dei pantaloni di lui, tutto questo poteva avvenire, ma era ben poco per i desideri, che con il progredire dell’età e della reciproca conoscenza , nascevano ed ingigantivano.
La primavera veniva in soccorso. Nasceva la “Camporella”. Era lo sdraiarsi in due sull’erba fresca e lasciare libero sfogo alle passioni.
In bicicletta, con lei sulla canna, a piedi o, per chi aveva i soldi per il biglietto, in tram, si raggiungeva il prato più adatto, che avesse un minimo, ma non di più, di “privacy”, e l’Isola, allora estrema periferia, abbondava di prati da Lagosta a Sesto S. Giovanni. Termino per ora, ma solo per ora, perche, se vi interessa ho ancora storie in merito da raccontare. Un grande abbraccio ad Annamaria che ha stuzzicato questi ricordi.
Grazie Gianni per la tua precisazione. Sono sempre comunque dell’idea che sia stato un grosso sbaglio la chiusura di quelle case. Certamente per quelle povere donne il sentirsi usate non sarà stato piacevole, ma ai nostri giorni? Che schifo per le strade! Almeno a quel tempo erano al coperto, non si esibivano, erano curate e controllate. Oggi sono solo povere figliole spesso costrette da persone senza scrupoli…
Non riesco immaginare il vecchio quartiere circondato da prati. Sono purtroppo nata circondata da cemento e il verde per me è sempre stato un optional.
Grazie comunque per i tuoi racconti, svelti, precisi ma soprattutto reali.
Buona serata. Annamaria.
Sono grato io a te, cara Annamaria, perchè leggi ciò che scrivo. E quando scrivo ricordo ed i ricordi, belli o brutti che siano, sono cose vive, dentro di noi, che facciamo, credo con loro piacere, tornare alla luce.
Sul tema Amore, Sesso e Prostituzione all’Isola di una volta (cioè la mia Isola)
avrei ancora poche cose da aggiungere a quanto ho già più sopra scritto, nonchè a commento alla tua risposta.
L’Isola non era circondata da prati, certamente no verso il centro, ma già dal fondo di via Sebenico, dove c’era la Magna, che era una grande area, tutta a prato verde, con qualche orticello solo su di un lato. (prima del 1943, poichè dopo divenne una discarica di macerie delle case bombardate ), il verde proseguiva, lungo quella che oggi è la via Restelli, sino ad oltre il Viale Marche e poi avanti sino al terrapieno della ferrovia che attraversava il Viale Zara. Il Seveso, acqua limpida ed a cielo aperto costeggiava quei prati.
Arrivare in bici li, proprio dopo viale Marche, era un attimo. Non ti dico, specie la Domenica pomeriggio in Estate, quante coppiette facessero l’amore su quei prati che costeggiavano il Seveso. I gruppi di spettatori erano sempre numerosi e composti. Pudore? Privacy? Parole dal significato sconosciuto.
E se quello era il pomeriggio soleggiato puoi immaginarti cosa fosse la sera in quei luoghi senza alcuna illuminazione.
Per tradizione, forse centenaria, le altre due zone che i vecchi Isolani raggiungevano alla ricerca dell’amore mercenario erano i Bastioni di Porta Venezia ed il Parco nella zona dell’Arco della Pace. Naturalmente li le Signore disponibili applicavano tariffe più basse di quelle ufficiali dei Casini, ma anche il servizio ed il resto era molto più “alla buona”. Con lo sviluppo della motorizzazione, che anche all’Isola avvenne come nel resto di Milano, ma siamo già agli anni ’60, la prostituzione si concentrò in altri punti della città. Nel frattempo i Casini, nel 1958, erano stati chiusi e sulle strade si era riversata una buona parte delle ospiti di quelle case. viali della Cerchia dei Bastioni, in particolare Viale Maino erano letteralmente invasi da mercenarie, tra loro pure delle giovanissime e belle ragazze. Il carosello delle macchine durava sino al mattino.
Negli anni, e ne sono passati tanti, la società è cambiata, e molto dal punto di vista dell’argomento che stiamo trattando. E qui ho poco da scrivere, tutti conoscono lo sviluppo dei Motel e la nascita di ogni tipo di locale ove il sesso è il motore : locali per scambio di coppia, locali a luci rosse ecc. ecc.
Da ultimo lo sviluppo in rete dei siti porno che stanno distruggendo le menti e gli istinti della nostra gioventù, e non solo. E tutto procede a pieno ritmo in questa direzione. Distrutta la famiglia, mortificato ogni Valore, sovvertito l’ordine naturale dei diritti e dei doveri, sono veramente curioso di vedere dove si andrà a finire.
E qui devo “tirare fuori i miei tempi”, quando nei primi anni ’40 frequentavo la scuola media Parini. La femmina, il sesso, mondi sconosciuti ! Qualcuno della classe era riuscito ad entrare in possesso di un piccolo ritaglio di rivista che illustrava una negretta a mezzo busto con il bel seno scoperto. Questo ritaglio aveva per settimane accompagnato ciascuno di noi, appena possibile, alla toeletta e li l’ammirazione per quell’oggetto del desiderio aveva ricevuto l’inevitabile omaggio di ciascuno. Termino con un altro episodio che rende l’idea della arretratezza dei giovani di allora circa il sesso.
Era il 1944, al Parini. Suona l’allarme aereo e tutte le classi, ordinatamente scendono nel rifugio, posto nelle cantine dell’edificio. Ogni classe sulle panche in legno assegnate. Seduta insieme a noi anche l’insegnante. Quel giorno,
per quella materia, avevamo avuto una supplente, giovane, carina e prosperosa. La seduta nel rifugio si era prorogata almeno un’ora prima del cessato allarme. Poi, ordinatamente, come sempre, si sfollava dal rifugio per il rientro in classe, insegnante in testa e dietro la classe in fila. Cosa fosse passato in testa a tutti noi durante la seduta su quelle panchine di legno del rifugio è evidente da quanto avvenne : Alzatasi la giovane supplente noi tutti la seguimmo ma tutti, nessuno escluso, passando davanti a dove la supplente aveva appoggiato il suo prosperoso sedere, ci eravamo chinati a porre un bacio riconoscente sul legno ancora caldo. Saluto tutti gli Isolani e forse devo dare loro l’Addio poichè, probabilmente, in futuro mi sarà vietato l’accesso alla pagina. Buon fine settimana a tutti. Una carezza affettuosa alla cara Annamaria!
Ma Gianni perché mai ti dovrebbero vietare l’accesso alla pagina ????
Dai !
Stai tranquillo nessuno si è scandalizzato ………..
Ci hai raccontato i tuoi ricordi e la realtà di quei tempi.
Sicuramente sono d’accordo con Annamaria,non dovevano togliere le case chiuse,almeno c’era un controllo medico e immagino anche igiene.
La cosa che mi lascia stupita nel tuo racconto e’ il fatto che tante coppiette amoreggiassero in riva al Seveso,che scorreva pulito !!!!
(non riesco ad immaginarlo!!!)
Mia madre mi ha raccontato,che appena sposata lavorava in Cordusio, spesse volte quando faceva il turno serale terminava tardi.Da Cordusio doveva prendere il tram 4.che fermava in viale Zara angolo Stelvio e per arrivare in via Arese (sono pochi metri) c’erano prati,prati e orti ………..
Grazie mille Gianni , io ti leggo sempre molto volentieri.
Approfitto per fare tanti auguri a tutte le donne che si chiamano Rita !
Buon fine settimana a tutti.
Claudia
Perché dovrebbero proibirti di scrivere sul sito? Penso che i nostri amici isolani siano persone intelligenti. Al più sono io che mi devo scusare se ho affrontato un tema delicato al quale hai risposto come sempre esponendo i fatti reali.
Un abbraccio da parte mia e un salutone da Silvano.
Annamaria.
Buona serata a tutti!
Il mio ricordo sul problema case chiuse risale ai primi anni cinquanta, quando contemporaneamente allo Schiaparelli frequentavo il corso di disegno della scuola Artefici di Brera, che si svolgeva dalle 18 alle 20. Mio padre mi proibì di fare la Via Fiori Chiari, che era la più diretta per raggiungere la fermata del tram 4, obbligandomi a percorrere la Via Pontaccio. Ho compreso il perché solo anni dopo quando, insegnando presso le suore di Via Baldinucci, ci fu il dibattito, con relativi fascicoli distribuiti, sulla legge Merlin, con le suore infervorate sulla necessità di chiudere quei ” luoghi del peccato “.
Ero decisamente ingenua.
Con il senno di poi penso che sarebbe ora di riaprire quelle case di tolleranza, per evitare lo spettacolo schifoso ed esibizionistico che siamo obbligati a subire anche in pieno giorno, per tutelare sanitariamente fornitrici e clienti e per fare pagare finalmente le imposte sui lauti guadagni del cosiddetto mestiere più vecchio del mondo.
Un caro saluto.
Luisa
Ciao a tutti. In particolare a Luisa che ho trascurato in modo vergognoso.
Condivido la tua opinione pienamente. Su un solo punto sono perplessa: il guadagno.
Sono convinta che indipendentemente dalle epoche e dai modi e luoghi più o meno accettabili, il guadagno di queste “operaie” non è mai così alto da concederle una successiva vita dignitosa. Purtroppo la maggior parte degli introiti era ed è a beneficio di altri.
Certo, se si potesse tassare il tutto, forse lo Stato risolverebbe tanti problemi.
Buona giornata.
Annamaria.
Buongiorno. Il prossimo 2 giugno si svolgerà la Festa dei Navigli. Bene, spero di poterci andare, e’ un pezzo della nostra Milano che va ricordato.
Mi chiedo se la Festa di Santa Maria alla Fontana e’ anche la festa del rione, o in altra data viene organizzato un ulteriore evento. Chi sa qualcosa al riguardo?
Buona domenica a tutti.
Annamaria.
Ciao Annamaria e ciao a tutti !
La Festa di Santa Maria alla Fontana,si svolge nel mese di ottobre,ed è proprio la festa della nostra parrocchia.
Solitamente ci sono anche delle bancarelle,nelle vie vicine.
Dentro (all’interno dove ci sono i chiostri e il Santuario) ci sono alcuni banchi di beneficenza,con vari ‘lavori’ artigianali, torte, etc etc fatti dalle parrocchiane.
Nella sala ‘verde’ invece viene fatta la pesca,e si vendono libri.
A mezzogiorno spesso c’è la polenta….(io la adoro!!!!!)
Diversamente nell’arco dell’anno ci sono la Festa di via Farini , e la festa del quartiere Isola,ma sono più che altro, seppur con qualche articolo originale mercati …….e gonfiabili.
Un caro saluto a tutti e buona domenica.
Ciao a tutti !
La scorsa settimana mi trovavo con mia madre in via De Castllia,desideravo farle vedere le novità.
Chiaramente è MOLTO cambiata….
Ad un certo punto, ci siamo fermate vicino all’unica VERA trattoria che è rimasta nella via,dato che mia madre ammirava dall’esterno alcuni paioli di rame che facevano bella mostra dietro al bancone.
Il gestore (un signore sui 70) è uscito ed abbiamo iniziato a parlare della nostra amata Isola ;non solo dopo qualche chiacchiera si è ricordato che mia mamma e mio papà andavano da giovani a mangiare da lui,quando ancora la trattoria era gestita dal padre,.credo si chiamasse Tomaso (con una sola M).
Rammentava bene anche mio papà Nuto.
Per me è stato un momento piacevole,e volevo condividere questo con tutti voi.
Cari saluti.
Claudia
Io da piccolo abitavo in quella via , al numero 7 e dopo 50 anni mi sono sentito telefonicamente con 2 ex bambini 8 FRATELLO E SORELLA) del mio cortile e con uno del n 6. che GIOIA è STATA PER ME vorrei venire a milano ma al momento non è possibile saluti e vi seguo sempre
Sai Agostino,
anch’io durante le medie avevo una carissima amichetta che abitava in via De Castillia al 28.
Oggi li c’è la fondazione Catella e il ristorante Ratanà,all’epoca al posto del ristorante c’era un magazzino (non so bene di cosa- ricordo che c’erano dei fusti,presumo detersivo) e il papà della mia amica faceva appunto il custode.
Nell’angolo dietro alla casa c’era un bel prato con una pianta e lei mi diceva sempre che viveva in un’angolo di campagna a Milano.
Aveva nostalgia delle sue montagne; era infatti originaria della Valtellina.
So che qualche tempo dopo è tornata al paese d’origine con la famiglia e che ora abita ancora lì.
Un caro saluto a te e a tutti.
Buonasera. Chi ricorda le famose raccolte punti di vari prodotti? In via Pollaiuolo angolo Ugo Bassi c’era una drogheria, raccoglieva le etichette che si trovavano su vari prodotti, pelati Cirio, dadi Lombardi, figurine Mira Lanza e via dicendo…. Consegnava la raccolta al rappresentante che si incaricava di recapitare presso l’esercente il premio scelto su un catalogo. Il primo servizio di piatti completo di tutto la mia mamma lo colleziono’ con i dadi Lombardi. Servizio per 12 persone, bianco, sul bordo ghirlande di roselline si rincorrevano. Alcuni pezzi sono sopravvissuti e li ho ereditati. Mi piacciono ancora!
Annamaria.
Ahi, ahi, sono appena rientrata da un giretto serale all’isola. Che tristezza! Non ho capito se ero in Italia….. Viale Stelvio, viale Marche, via Carlo Farini sono letteralmente invase da extracomunitari. I giardini davanti all’ospedale Pio X sono occupati da loro, con conseguenti bivacchi o picnic serali. Bar e trattorie espongono insegne in lingua araba o asiatica. Non ho sentito parlare italiano, figuriamoci il milanese! Va bene, devono vivere anche loro, ma non esageriamo con il buonismo, altrimenti finiremo con espatriare noi.
Buona settimana a tutti.
Annamaria.
Ciao Annamaria e ciao a tutti quanti.
Ho appena letto il tuo post e mi sono ricordata un’episodio che mi è successo circa un’anno e mezzo fa……Così ho deciso di farvi fare quattro risate…ISOLANE !!!
Premetto che a volte chiamo mia madre scherzando Carulina (si chiama Carla),
e che abita vicino a Borsieri.
Bene stavo citofonandole per farmi aprire e nello stesso tempo arrivavano 2 super ragazze eleganti e una diceva all’altra :
-Quest’Isola è un quartiere fantastico…è bello …ci sono anche parecchi stranieri..un sacco di negozi vintage …..è tutto così…
Nel frattempo mia madre risponde e io le dico :
– Carulina derva sun mi …
E la super ragazza guarda l’altra compiaciuta……
– Cosa ti dicevo qui siamo in una vera BABELE …….si sentono tante lingue diverse !!!!!
Ah Ah Ah che ridere,sono arrivata su da mia mamma che ridevo ancora da sola come una scema……
Buona settimana e ciao a tutti.
eh sono i radical scich intellettualoidi alternativi come li chiamo io i nuovi abitanti dell’isola,ma capisen nient.
Esatto Enzo ….hai colpito nel segno ! Perfetta descrizione !
Tra le altre cose;in questo tempo di EXPO,qui all’isola ci sono dei veri e propri tour guidati per visitare piazza Gae Aulenti e con l’occasione tutto il quartiere.Sono in genere studenti delle scuole superiori.
Un caro saluto a tutti.
Claudia
Ciao Claudia, simpatico il tuo racconto. Questo dimostra che anche se chic, sono proprio ‘gnoranti. Che ci vuoi fare?
Quello che mi dispiace è che abbiano ridotto così il quartiere….
Buon 2 giugno a te e a tutti gli isolani.
Annamaria
Grazie Annamaria ,anche se in ritardo buon 2 Giugno a te e a tutti.
A proposito della nostra amata isola…
Come raccontavamo in questi giorni purtroppo non ci sono più negozi,ma quello che ho notato in questi giorni e che sono scomparsi o quasi penso in molti quartieri di Milano i calzolai….
Qui all’isola, è rimasto un calzolaio in via Borsieri,e uno in via Ugo Bassi.
Io ricordo che qui in quartiere c’e ne erano almeno un quattro o cinque se non di più.
Una volta, da ragazzina, avevo portato un paio di scarpe di mia sorella a riparare. Le ho poi ritirate (sempre nel sacchettino tipo del pane) e una volta
a casa ……UNA ERA NERA E L’ALTRA MARRONE …..stesso modello e stessa
riparazione……..per non parlare di quando (sempre lo stesso calzolaio) mi ha riconsegnato 2 sinistre stesso modello di scarpa……..era un po distratto non c’è che dire !!!
Un caro saluto a tutti.
Ciao Claudia e a tutti. Hai ragione, i bagatt sono diventati una rarità. Penso siano stati soppiantati da quelli esistenti nei centri commerciali, dove con poco, inteso tempo e denaro, sistemano le riparazioni. Proprio poco, infatti a breve sono da rifare.
In Ugo Bassi il ciabattino confezionava anche borse e cinture, alcune carine. Costavano molto meno di quelle vendute nei negozi di pelletteria, ma erano di grande effetto.
Mio suocero una volta pensionato decise di intraprendere l’attività di bagatt,trasformando, con gioia di tutti noi, il box in laboratorio. Bene, un giorno gli diedi un paio di scarpine color tortora da sistemare. Mi ritornarono….abbronzate! Erano diventate marroni perché non gli piaceva il colore originale. Evidentemente era un difetto della categoria.
Sono mestieri che purtroppo scompaiono, come le sarte. Sono terrorizzata per l’età della mia, ha quasi 80 anni, ed è una vera sarta. Quella che quando indossi un capo, se c’è, trova subito il difetto guardandoti. Ora sono sorti diversi laboratori, gestiti da cinesi o meno, la riparazione costa poco dagli extracomunitari, parecchio negli altri centri. Ma quello che non va e’ che tu devi trovare la soluzione, il difetto non lo vedono, viaggiano con i paraocchi, non vanno più in là degli orli, spesso fatti male.
Le ricamatrici? Ma chi mai ai tempi odierni, sciuperebbe gli occhi per ornare un lenzuolo? Belli e pratici gli stampati! E sia, ma perché dimenticare un ‘arte?
Negli anni 60, allora ero ragazzina, andavo per hobby da una ricamatrice ad imparare. Successivamente andai dalle monache a perfezionarmi, non ho mai esercitato questo lavoro, ma mi fu utile per il corredo. Ancor oggi mi piace regalare alle amiche qualcosa confezionato da me.
Quanti mestieri dimenticati! Sostituiti da un progresso non sempre utile, che a creato tanta disoccupazione.
Un abbraccio Claudia, è un saluto a tutti gli isolani.
Annamaria.
Complimenti a Claudia ed Annamaria che tengono vivo il ricordo della nostra Isola con i loro racconti. Al momento la mia vena dei ricordi si è esaurita ma non spenta. Occorre, come in tutte le cose dalla vita, uno stimolo. Oggi ad esempio in FB hanno pubblicato una cartolina dell’angolo Minniti-Sebenico e non ho potuto fare a meno di ricordare le fucilazioni che ebbero luogo lungo il muro dell’oratorio nell’Aprile del 1945. Ricordo qui il nome degli assassinati : Brenna, Volpini, Mandelli. Nello stesso tempo ricordo i volti dei noti ubriaconi dell’Isola che si occuparono degli assassinii. Ormai questa è storia, ma mi facciano il piacere di non distorcerla.
Buongiorno a tutti. Poco fa ho sentito in strada urlare: “donne, c’è l’arrotino, forbici, coltelli ecc…” Il tutto da una stridente voce metallica, registrata. Perché, urlare di volta in volta crea troppo disturbo all’artigiano? Perché non stabilire un contatto umano con gli eventuali clienti? Una volta all’isola erano di casa questi lavoratori, che strani tempi! La gente si lamenta che non ha lavoro ,ed è vero, ma non fa più di tanto per ottenerlo, per accaparrarsi i clienti, si lascia il tutto in mano ad un disco…. Bizzarro.
Ciao a tutti.
Annamaria.
Ho raccontato a una bambina di 9 anni, nipote di un’amica, come si svolgeva la vita nelle case di ringhiera quando io avevo la sua età. Ha sgranato gli occhi meravigliata per la promiscuità. Però ha poi concluso che deve essere stato bello condividere tante occasioni, con semplicità, bene reciproco, vera solidarietà e anche un pizzico di complicità.
Oggi è senz’altro bello vivere in appartamenti indipendenti, con servizi personali. Ma nello stesso caseggiato non ci si conosce, si è quasi indifferenti tra noi. L’appartamento di fronte al mio, sullo stesso pianerottolo, credo sia abitato da fantasmi, sento aprire ad ore stabilite la porta d’ingresso ma non vedo mai nessuno… Le persone rientrano a casa di corsa, quasi furtivamente, come se appartenessero ad altri mondi. Ma che mondo rinnovato è questo? A che servono le case belle, se sono fredde? Se non c’è calore tra le persone? Le belle chiacchierate che si facevano in questa stagione nei cortili, sui ballatoi, buttando un’occhiata ai ragazzini che giocavano nel cortile… Non ci si accorgeva che arrivava la sera.
Adesso stiamo tutti in casa, un rapido “buonasera ” ai vicini che ritieni e ti ritengono simpatica e finisce così la giornata. Molto meglio la mancanza di comodità se puoi offrire e ricevere un sorriso.
Buona giornata a tutti, si intende, con un sorriso.
Annamaria.
E’ vero Annamaria hai proprio ragione ! Vedi la mia casa non è una casa di ringhiera ma una vecchia casa con la corte.
Anche qui, tutti ,una volta si conoscevano e le chiacchierate spesso e volentieri si facevano tranquillamente da un balcone all’altro.
I bambini giocavano in cortile (dove non c’erano ne auto parcheggiate ne andirivieni di furgoncini come adesso) e le mamme un po una un po l’altra sorvegliavano…….
In questi giorni,ho sentito una mia ‘amichetta’ di quei tempi……lei si era trasferita fuori Milano e come capita spesso nella vita ci siamo perse di vista.
Inutile dire,quanto sia stata contenta ; conto di rivederla presto dopo ben 40 anni !!!
Tornando invece ai vecchi mestieri io ricordo una canzone milanese molto simpatica che faceva : ‘ Me pader fa’ el moleta e mi fu el moletin …quand sarà mort me pader farò el moleta mi…..’ chi la sa?
Un’altro mestiere scomparso ….il materassaio …….
Forse ne ho già parlato tempo fa.Noi bambini quando veniva in corte a lavorare eravamo curiosi e stavamo ad osservare.
Ho bene in mente lo strano tavolo da lavoro , ma non saprei proprio descriverlo.
Un sorriso a tutti e buona giornata.
Claudia
Ciao Claudia. Il tavolo di lavoro del materassaio non lo ricordo nemmeno io. Rivedo questo artigiano seduto su una seggiola bassa mentre manovrava un attrezzo per cardare la lana che cadeva su un telo. La lasciava all’aria per alcune ore, poi procedeva nel rifacimento dei materassi, guanciali ecc. Per alcuni giorni non riuscivi a dormire comodamente perché la lana era quasi raddoppiata e ti sembrava di galleggiare.
Buona giornata a tutti.
Annamaria.
Care Amiche, Visto l’interesse per il tavolo del materassaio e considerato che io me lo ricordo come l’avessi sotto gli occhi, eccovene una descrizione :
Ed a ricordo dell’atmosfera dei cortili di allora non trascuriamo i musicanti che ogni tanto entravano nelle corti e deliziavano gli abitanti delle ringhiere con chitarra e fisarmonica. Seguiva poi il suono delle monetine che venivano gettate dai piani ed il “grazie” dopo la loro raccolta da parte dei suonatori.
Quando poi strimpellavo io qualche strumento in casa, come armonica od ocarina, per farmi smettere quel tormento mia mamma mi diceva : “te vo^ret
cinch gei ? ” , alludendo alla monetina gettata ai musicanti.
Peccato che abbiano tagliato tutto quanto descriveva il materassaio.
Chissà dove è finita quella parte di testo? Persa nell’infinito ?
Per piasè, riscrivela….
Annamaria
Riscrivo, a memoria , quello che avevo scritto sui “materasè” e che è stato inspiegabilmente scippato.
Il “materasè” arrivava con il suo triciclo a pedali direttamente nelle corti. La prima operazione che compiva era quella di scaricare la gondola per cardare la lana. Noi ragazzi lo consideravamo un attrezzo divertente e ci richiamava le barchette delle giostre, solo che ci dovevamo stare alla larga per la sua pericolosità. Subito dopo dal triciclo scendevano due cavalletti di legno ed un paio di assi che poste sui due costituivano il tavolone da lavoro.
A terra il “materasè” distendeva delle vecchie fodere sulle quali riversare la lana dei materassi da rifare. E qui cominciava il suo paziente lavoro di cardatura. Avanti e indrè, avanti è indrè, per ore, cardando la lana e questa riacquistava la morbidezza originale. Poi il lavoro si trasferiva sul tavolone.
La nuova fodera era li pronta in forma di grande saccone. La riempiva con la
lana cardata, che aveva lasciato “respirare” al sole, se c’era, e poi cercava di distribuirla nel saccone in modo uniforme. A noi affascinava questa fase in cui si vedeva risorgere il materasso. A distanze regolari univa, sui due lati, due batufoli di lana con del filo grosso, mantenendo una certa distanza tra i due opposti in modo da evitare che al suo interno la lana si spostasse.
Poi la fase conclusiva che consisteva nel creare ai bordi quel salsicciotto cucito che dava l’aspetto del materasso finito.
La sensazione che dava il dormirci sopra la prima notte è indescrivibile, si era in un altro mondo, in mezzo alle nuvole!
E questa è la sensazione che io, nei miei primi anni di vita riportavo. Invece gli adulti, rotti dalle fatiche del lavoro della giornata, (mi riferisco ai miei cortili dell’Isola) trovavano nel nuovo materasso altri piacevoli stimoli, sicuramente condivisi e tali da inaugurare felicemente il rinato materasso.
Bravo,davvero bravissimo Gianni ! Non sapevo come descriverlo il tavolo del materassaio.A noi piccoli sembrava una giostrina !
Grazie e un buon fine settimana a te e a tutti !
Buongiorno a tutti. Auguri a tutti i Gianni, Giovanni, Gianne, Giovanne, Giannine ecc… E in particolare a Gianni Tedeschi, con tanto affetto.
E’ vero! Auguroni a Gianni e auguroni a tutti i Giovanni e Giovanne !
Ciao a tutti quanti !
Volevo togliermi una curiosità…….qualcuno di voi conosce la tradizione,secondo la quale la notte tra il 28 e il 29 Giugno (cioè S.Pietro e Paolo)-si mette in un recipiente con acqua l’albume dell’uovo per far apparire la barca di S.Pietro ??
Forse sono rimasta l’unica a farla….Quando ero piccola ricordo che molti anziani lo facevano,ma sinceramente non so se è una tradizione milanese o comunque lombarda.
Concludo facendo tanti auguri a chi si chiama Pietro e Paolo.
Buon fine settimana.
Claudia
Grazie cara ANNAMARIA ! Ora sono per qualche settimana in Croazia. Al ritorno mi procurerò il piacere di sentirti.
Ciao Claudia. Io ne ho sentito parlare ma non l’ho mai fatto. Quest’anno voglio provare. Dunque, devo mettere l’albume in un bicchiere con l’acqua, ma dove? In casa o sul balcone? Non so se sia una tradizione milanese o anche di altri, mi pare che anche sul varesotto ci sia…
Buona domenica caria Claudia, a te a tutti gli amici isolani.
Annamaria
Ciao Annamaria ! Allora devi prendere un contenitore tipo insalatiera o zuppiera l’importante e che abbia bordi alti.
Devi mettere dentro l’acqua e poi il ‘chiaro’ dell’uovo.
Lasci il tutto sul davanzale della finestra,o sul balcone, fuori insomma ….per tutta la notte.
Domani mattina troverai la ‘barca’ di S.Pietro.
Un caro saluto a tutti.
Buongiorno amici isolani. sto pensando al caldo che tanti anni fa soffocava il nostro quartiere. Caldo secco, non ti sentivi appiccicare i vestiti come ora, forse perché gli stessi erano di cotone e non di plastica come quelli che indossiamo oggi. La sera la gente cercava refrigerio sulle panchine di P.le Archinto, chi abitava gli ultimi piani invidiava i piani bassi, secondo loro faceva meno caldo… Comunque, piani bassi o alti, quando il caldo opprimeva non c’era niente che lo alleviasse… Non esisteva l’aria condizionata e i ventilatori erano un lusso per pochi. Le fontanelle, chiamate dagli isolani “veduv” erano prese d’assalto, solo a sentire il chiacchierio dell’acqua che ininterrottamente scendeva, ci si sentiva più freschi. I cinema erano deserti per la calura, solo le latterie sembravano vivere, per noi ragazzini quella di P.le Minniti era una meta ambita: 30 lire un cono bello sostanzioso! La latteria in via Pollaiolo vendeva il ghiaccio da mettere nelle famose ghiacciaie, pochi avevano il frigorifero. Gli acquisti alimentari venivano fatti giornalmente per paura che i cibi si guastassero. Mia mamma mi preparava una rudimentale granita, metteva pezzetti di ghiaccio avvolti in un canovaccio, poi con il batticarne li frantumava, bicchiere colmo di spremuta di limone, e… Voilà! Le bibite erano considerate un lusso, ma eravamo contenti anche così. Le vacanze erano un sogno per pochi, e chi non se le poteva permettere affollava le piscine, l’idroscalo, i pochi fortunati si concedevano gite ai laghi o sulle montagne della bergamasca o del varesotto. I treni in partenza dalla stazione Nord erano superaffollati, funzionava così: si mandava uno della famiglia ad occupare i posti, gli altri arrivavano con calma armati di panini imbottiti con salame, chiamati “sanguiss”. Le madri riempivano le bottiglie di acqua preparata con Idrolitina, illudendosi che si mantenessero fresche a lungo. Che gioia le bollicine! Arrivati alla meta come cavallette si occupavano i posti nei prati, sulle spiaggette o nei boschi, stendendo una vecchia coperta e ci si sentiva in Paradiso per qualche ora. Tutto serenamente, felici del poco che si poteva godere.
Buona calda domenica a tutti. Annamaria.
Ciao a tutti ! (e beato te Gianni…)
Leggendo quanto ha scritto Annamaria,mi sono ricordata di quali e quante fossero i ‘veduv’ anche dette scherzosamente il bar del DRAGO VERDE !
Fontanelle non c’è ne sono più purtroppo,peccato erano comunque particolari; solo ora a distanza di anni ho notato che non è la testa di un drago ma bensì del biscione!
Io ricordo quella di piazzale Lagosta angolo Zara,e quella sul piazzale Lagosta di fronte all’ingresso del mercato comunale,credo forse c’e ne fosse una anche sul piazzale Minniti.
A proposito Annamaria sei riuscita a fare la ‘barca di S.Pietro’ ?
Auguro a tutti una buona settimana.
Brava ANNAMARIA che hai saputo così bene descrivere la nostra Isola nelle Estati di tanti anni fa quando il panetto di burro veniva messo sotto un filo d’acqua del rubinetto per tenerlo al fresco. Io credo di avere già ricordato su queste pagine quelle Estati del primo dopoguerra quando mia mamma nella sua latteria grattugiava
quintali di ghiaccio per fare granite ed io correvo, con la bicicletta con il portapacchi, in Corso Como al 5, dove c’era la fabbrica del ghiaccio e portavo una stanga per volta percorrendo con quel carico la via Giuseppe Ferrari e risalendo la Guglielmo Pepe sino a tornare in Via Dal Verme.
In questo periodo sono in Croazia, in Istria. Sole e mare, dolce vita ed aria condizionata rendono le giornate piacevolissime ma la mia Isola di quegli anni l’ho sempre nel cuore e potendolo tornerei indietro nel tempo per ritrovarmi là.
Ciao! Sono contenta per Gianni che impunemente trascorre le vacanze in Istria mentre noi boccheggiamo! Quest chi l’è un parlà de tacà lit! È veramente un caldo atroce ed io che adoro l’inverno capisco sempre meno chi ama questa stagione.
Cara Claudia, le nostre vedovelle stanno proprio scomparendo! Qui in periferia se ne trovano ancora, in viale Ungheria quasi via Mecenate… a Ponte Lambro…ma sono proprio poche. Nelle aree adibite ai cagnolini c’è sempre una fontanella, ma è moderna, non piange in continuazione. È vero che si risparmia acqua!
Si, ho preparato la barca di S. Pietro. Con mooooolta fantasia ho riconosciuto la barca! Sono comunque tradizioni piacevoli che ci ricordano l’infanzia. Posso chiedere a Lucia la tua email? Se vuoi chiedile il mio numero di telefono quando vi sentite, così ciciarum un pu.
Un abbraccio a Gianni, Lucia e Claudia e una buona settimana a tutti gli isolani.
Annamaria.
Prima di tutto buon pomeriggio ‘Africano’ a tutti quanti ….anche oggi il caldo è notevole….
Certo Annamaria! Puoi chiedere la mia e-mail e tutti i miei recapiti a Lucia,se mi scrivi ti rispondo molto volentieri!
Ciao !!!
Claudia
un ringraziamento a tutti e quattro per avermi ricordato le antiche esteti calde e tutto quello che si faceva per alleviare la calura,tutto vero e un gran saluto.
Nelle calde estati di tanti anni fa,per noi che abitavamo in via ,Arese, si aspettava la sera per andare sul viale Zara ,si animava di tante persone in cerca di fresco e per i più fortunati con l’arrivo del gelataio con il suo triciclo si potevano gustare il ghiacciolo che per molti di noi era un miraggio,oggi possiamo permetterci tutti i ghiacciolo che vogliamo,ma non hanno più il gusto di allora!!!!!
Cari saluti a tutti gli “Isolani” e dopo la vacanze speriamo di incontrarci!!!!!
Lucia
E’ vero Lucia !
Viale Zara era la passeggiata delle sere d’estate.
Io non ricordo il gelataio con il triciclo,ma il ‘baracchino’ con l’anguria in viale N.Sauro angolo Zara…..
Un caro saluto a tutti.
Claudia
Ahi Claudia, che tasto dolente ai toccato! Le anguriere! Caspita, erano sinonimo di estate, una scusa per trovarsi in gruppi la sera e andare a gustarne una fetta. Sparite le anguriere. Un bel giorno, dopo uno vita che esistevano, qualcuno si è svegliato e ha pensato alle norme igieniche. Quante storie! Le anguriere disturbavano qualcuno e quindi…via. Ma vuoi mettere la soddisfazione di noi ragazzini seduti in gruppo attorno a un tavolo ricoperto da un elegante tovaglia di plastica, mentre ci appiccicavamo mani e bocca, dove di nascosto dai ganitori facevamo la gara a chi sputava più lontano i semini? Ma dai… Molto più divertente casa propria! La cucina linda e sgurata, un bel piatto e le posate, onde evitare di affondare il viso e sporcarsi. Dove non esistono gare di abilità, dove si mangia il frutto tricolore senza risate. Be’, io ai miei nipotini consento di tuffare il musino nella dolce fetta, e di sorridermi tutti mustolenti. Ci hanno tolto tante cose, ma non la voglia di sorridere.
Buona giornata a tutti.
Annamaria.
Hai ragione Lucia, i ghiaccioli di adesso non sono gustosi come allora. Sono solo freddi, molto colorati, ma san de nient. Mio nipote impazzisce per una schifezza di ghiacciolo racchiuso in un tubo, con le manine lo stringe e questo esce quel tanto che basta per addentarlo. ‘Na stupidada. A presto.
Annamaria.
Meno male un’altra sputatrice di semini…..!!!Che belle gare e che ridere !
Non sapevo che avessero tolto le anguriere per via delle norme igieniche….
Per quanto riguarda i ghiaccioli,non mi sono mai piaciuti tanto.
Un caro saluto a tutti.
Claudia
Approfitto di questo spazio per augurare a TUTTI gli isolani e non buone vacanze! Un caro saluto a Gianni,Lucia,Annamaria.
Claudia
Grazie Claudia,ora sono in vacanza,ma a settembre dobbiamo incontrarci per parlare dei nostri ricordi dell’Isola,tu sei fortunata che ancora ci abiti e ci devi raccontare come e’ adesso il nostro quartiere.
Buone vacanze a tutti
Lucia Beduzzi
Mi unisco a Claudia e Lucia e auguro buone vacanze a tutti!
Spero anch’io di trovarci tutti a settembre per ricordare e aggiornarci sul nostro quartiere. Quindi, cara Claudia, preparati! Continueremo, spero, a scriverci nel frattempo.
Ciao a tutti.
Annamaria.
Grazie care amiche per gli auguri di buone vacanze.
Ho letto quanto è stato scritto sulle anguriere. E’ vero, sono scomparse ! Non me ne ero reso conto perchè nelle ultime decine d’anni non mi ero più preoccupato di andarle a cercare. Risalendo con la memoria ai miei anni dell’Isola, in particolare alle sue estati roventi, le anguriere hanno preso posto in primo piano. Quelle belle fette rosse di anguria e quelle gialle del melone, stese sulla spanna di ghiaccio rappresentano oggi in queste giornate roventi un piacevole rinfrescante ricordo. Una ne veniva montata in piazza Tito Minniti e di quella io ero un ottimo cliente. Chi non ricorda la canzone “L’inguria l’era grossa…..e giò sti fett….e nu mangià una feta…e u pisà in lett.”.
Estati roventi all’Isola….. chi poteva andava alla piscina di Porta Nuova, oggi scomparsa. La ricordo come se ci fossi dentro ora. Sempre affollatissima, impossibile sdraiarsi sul bordo stretto del vascone, L’acqua veniva cambiata una volta la settimana, credo il mercoledì, io ci andavo il giorno seguente, l’acqua era più fredda ma in compenso pensavo fosse ancora pulita.
E quante pedalate in bici sino al canale Villoresi sulla Comasina per delle lunghe nuotate. Bastava fermarsi lungo il fosso che correva, un pò sopraelevato, parallelo alla Comasina per trovare un’acqua limpida nella quale trovare refrigerio. Anche sulla riva del Seveso, che scorreva scoperto all’altezza dei ponti della ferrovia sul viale Zara, era bello passare dei pomeriggi. Li c’era tanto verde attorno e sembrava di essere in campagna. Le prime ragazzine in costume da bagno ( no in bikini ancora sconosciuto) le avevo viste li, in gruppetti di amiche o con la loro famiglia. Si scopriva un nuovo aspetto dell’umanità ! Per quanto riguarda l’abbiglimento nei mesi caldi non c’era molta fantasia: calzoni corti, canottiera e sandali o zoccoli ai piedi. Era il periodo della stagione calda che veniva definito ” La canicola” … e chi lo usa più questo termine. Ora che nello scrivere queste righe mi sono tuffato nella mia isola di quegli anni impiegherò un pò di tempo ad uscirne. Vagherò ancora tra i ricordi che affiorano copiosi, percorrerò le sue vie, le sue piazze, entrerò nei bar e nei trani di allora, rivedrò i visi di allora, entrerò anche nei miei cinema che, anche con la canicola, erano sempre affollati la sera. Insomma mi fermerò ancora nella mia Isola anche dopo che avrò battuto il punto finale di queste righe. Buona serata a tutti gli Isolani vecchi e nuovi.
Grazie a Claudia, Annamaria, Lucia e Gianni per avermi ricordato le belle e roventi estati passate all’Isola. Le mie scorribande erano molto più limitate perché, con la mia banda di ragazzini, si arrivava fino alla Martesana all’angolo tra Via Galvani e Via Melchiorre Gioia, per sguazzare nell’acqua fredda e limpida. Noi bambine ci si legava la gonna alle ginocchia per non bagnarla ( guai se la mamma si accorgeva della nostra scappatella) e si faceva molta attenzione ad evitare i gamberetti e le sanguisughe nascosti tra la ghiaia del fondo. I maschietti, più coraggiosi e prepotenti, li acchiappavano e per spaventarci ce li buttavano adosso. Via Pola era assolatissima perché circondata dai campi. L’unica zona di ombra, un po’ limitata,era data dagli alberi e piante del vivaio, separati dal marciapiede da un piccolo fosso.
Una bevanda rinfrescante della mia adolescenza, suggerita da un mio zio di Porta Cicca, consisteva in un bicchiere di latte fresco, con l’aggiunta di poco vino rosso per fargli raggiungere un colore rosato e di un cucchiaino di zucchero, il tutto mescolato energicamante. Sostituiva il costoso frappé all’amarena della latteria sotto casa ed era buono. Lo zio diceva che ” latte e vin fan bello il visin” e ancora oggi qualche volta lo bevo con piacere.
Altra bevanda gradita era la gassosa, che ritrovo ancora oggi nei supermercati in confezione moderna.
Un caro saluto a tutti e un arrivederci a settembre.
Luisa
Buon Feeragosto a tutti gli isolani e non!
Annamaria.
Grazie, io abito nel salento in zona Otranto e mi godo il mare fino a settembre inoltrato, chi mi vuole mi venga a trovare ricorderemo L’ISOLA con qualcosa di fresco.
Grazie Annamaria,grazie del pensiero Agostino ……Un felice ed allegro Ferragosto a tutti isolani e non !!
Claudia
Buonasera a tutti gli isolani e non. In questi giorni di rientro i miei pensieri percorrono il tempo a ritroso e si perdono nelle vie del nostro quartiere.
Negli anni ’60 il ritorno delle vacanze era per tutti uguale, dopo ferragosto le saracinesche dei negozi venivano riavvolte, le fabbriche riaprivano i battenti e le vie si ripopolavano. i ragazzini invadevano i cortili con urla e schiamazzi, le donne si affacciavano ai balconi raccontando le loro modeste vacanze alle vicine. Eh sì, modeste, sospirate, sudate ferie! Erano poche le famiglie che potevano permettersi di trascorrerle cambiando “aria”. Chi aveva la fortuna di avere parenti e amici in luoghi di villeggiatura ne approfittava per farsi ospitare e tornava a casa raccontando i giorni trascorsi ai vicini un pochino invidiosi. Il più delle famiglie inviava i bambini al mare usufruendo delle colonie aziendali o comunali. Anch’io fui spedita con la colonia dell’Isaria, dove lavorava il mio papà, a Pesaro. Piangevo sempre, non mangiavo e volevo a tutti i costi tornare a casa, tragedia! ma sono ancora qui tutta intera! L’isola era abitata da molte famiglie meridionali che aspettavano quel periodo per tornare al paese e rivedere i propri cari, con che ansia attendevano quei giorni che purtroppo trascorrevano in un soffio…Al ritorno i padri facevano i conti di quanto avevano speso in quei pochi giorni e commentavano sempre negativamente, ripromettendomi un altro anno di rimanere a Milano.
I più benestanti trascorrevano qualche giorno in modesti alberghi, le mete erano sempre quelle, anno dopo anno e a Natale si scambiavano cartoline augurali con le famiglie che ogni estate ritrovavano.
Non ricordo prima della chiusura estiva i “saldi” come usa oggi, ma anche allora le occasioni non mancavano e le signore cercavano sempre un punto di risparmio pur di sfoggiare un nuovo abitino in vacanza. In via Farini c’era “all’Onestà” , risparmio assicurato. Costumi da bagno pesanti, a volte di lana. Il costume veniva usato solo per il bagno, durante le ore di sole si indossava un castigato prendisole di cotone, era quasi sempre una specie di grembiulino corto, il più delle volte confezionato in casa. Un belè!
Ci si preparava per il ritorno a scuola, rigorosamente il 1o ottobre! Le cartolerie invitavano all’acquisto, ma anche in quelle occasioni si dovevano fare i conti…i soldi erano sempre pochi e si dava la colpa alle….vacanze.
Strano come oggi snobbiamo i modesti luoghi e i modesti alberghi che una volta ci sembravano lussuosi.
Buon rientro a tutti. Annamaria.
grazie di questo bel ricordo,tutto vero.
Bellissime le descrizioni di Annamaria!!!!sembra di rivivere tutto quello che che racconta.
Anch’io sono andata alla colonia marina di Igea Marina dellAzienda Elettrica e ricordo benissimo che piangevo sempre !!!!!Un bambino che abitava nel nostro cortile ci raccontava che andava in vacanza in albergo in Versila,che noi non sapevano neanche che cosa fosse,ed eravamo incantati dai sui racconti.
Ora tutti possiamo permetterci delle vacanze,ma non siamo entusiasti come quei tempi
Cari saluti a tutti gli Isolani
Lucia
Belli i vostri ricordi cara Annamaria e Lucia. Suscitano anche i miei sulle vacanze degli anni di guerra e del dopoguerra. Anni lontani ma che la memoria però avvicina incredibilmente: La fortuna di avere a Rimini una zia facoltosa con villa ( aveva sposato nel ’18 un ufficiale Italiano in Istria) mi permetteva di trascorrere la le mie estati. almeno sino a quella del ’42. Poi la guerra ed il fronte che risaliva dividendo in due l’Italia aveva interrotto le mie estati riminesi. Poi le avevo riprese nel 1954 ed ero sceso a Rimini con la mia Lambretta. Vent’anni e Lambretta con targa MI erano il passpartout per la felicità. La Rimini di allora con la sua spiaggia quasi deserta non è certo paragonabile a quella di oggi ma la vita notturna, pur nella sua modestia, era comunque entusiasmante per le luci, la musica e la vita che si svolgeva negli entusiasmi del dopoguerra. Più sopra ho avuto modo di descrivere gli estati dell’Isola. E su questi vorrei aggiungere un episodio che ho nel cuore e che ad ogni Ferragosto della mia vita ho evocato per me stesso e che oggi condivido con amiche ed amici che hanno voglia di leggermi. Era il Ferragosto del 1946. Mia mamma aveva chiuso la sua latteria di via Dal Verme 2 alle 19. Fatto eccezionale perchè la latteria restava aperta, sette giorni su sette sino a mezzanotte, in estate, e sino alle 22 in inverno. Mia mamma era salita sul portapacchi della bicicletta di mio papà, io dietro con la mia bicicletta, una vecchia carampana degli anni ’20, anche lei con il portapacchi sul quale avevo caricato la cena che avremmo fatto “in campagna” al sacco per festeggiare il Ferragosto. Imboccata la via Murat, attraversata Niguarda, poi Bressso eravamo arrivati presso Nova. Qui avevamo svoltato in un prato, in aperta campagna, lungo un fosso. Stesa la coperta, mamma aveva tirato fuori quello che aveva preparato per l’occasione : Pollo fritto, uova sode, dolce, ecc. avevamo terminato con un melone del quale sento ancora il profumo e la dolcezza! Quella sera di Ferragosto dei miei 12 anni, in quel luogo, con mamma e papà vicini, in quella pace che ci circondava, è per me il ricordo più caro che conservo perchè avevo assaporato la felicità. E la felicità nel corso della vita quante volte ci capita di provarla ? Buone Vacanze a tutti gli isolani !
Buongiorno a tutti. Lo scorso sabato ho fatto un giretto per le strade e il mercato del vecchio amato quartiere. Ho notato che le bancarelle sono quasi tutte occupate da extracomunitari. Personalmente non ho nulla contro chi si guadagna da vivere, di qualsiasi nazionalità sia, però confesso che mi ha dato fastidio non sentire parlare milanese, al più dialetti meridionali, ma comunque italiano. Che diavolo posso raccontare al ragazzotto arabo che vende frutta? El me daga un chilu de persich? Ma dai…. Vuoi mettere il nostro “buondì sciura Maria, se ghe du?” Se questo fa parte del progresso, grazie no, preferisco ricordare…
Ciao a tutti. Annamaria.
te ghe resun cara Annamaria
Eh si il dialetto milanese purtroppo è pressoché scomparso…..io stessa capisco tutto perfettamente,ma lo parlo (molto molto raramente) con mia madre o con la zia di mio marito.
Il mercato di piazzale Lagosta è molto decaduto….io però a differenza di Annamaria, ho trovato un ragazzotto arabo in una bancarella il quale mi ha capito all’istante quando ho ho chiesto la ‘dote’ !!!
Ovviamente, ora si paga la ‘dote’, ma io ricordo che dopo aver fatto acquisti gli ambulanti ne davano sempre in omaggio.
Un caro saluto a tutti.
Claudia
Gentile Claudia purtroppo il nostro dialetto,come mi disse un tempo il compianto prof. Gianmario Merli primario all’ospedale S.Carlo milanese DOC cultore del dialetto ecc.ecc. Cari Paolone (mi chiamava così)
Il milanese pochi lo parlano,pochissimi lo sanno leggere e quasi nessuno lo sa scrivere e io aggiungo
Purtroppo
Un salutone Paolo@tiscali.it
É proprio vero! L’operazione più difficile, per me, e’ proprio scriverlo. Buona giornata a tutti.
Annamaria
Brava Annamaria !!! Avevamo proprio bisogno di questa marmaglia per vendere sui mercati ????
infatti io lo capisco benissimo,lo parlo male poichè le occasioni di parlare dialetto sono sempre state molto rare,lo scrivo come lo pronuncio,leggerlo è un’impresa e scriverlo correttamente …..
A proposito di via Carlo Farini…chi ricorda un negozio di abbigliamento chiamato “disco rosso” ? Mi pare fosse quasi all’angolo con viale Stelvio, ottimo per qualità-prezzo. Il mio primo costume da bagno succinto proveniva da quel negozio. Mutanda praticamente ascellare con sopra una specie di gonnellino, per non parlare del pezzo superiore…anni ’60… Strepitosi, indimenticabili, esplosivi anni della mia gioventù! Che bei ricordi!
Ciao a tutti. Annamaria
Ciao a tutti e ciao Annamaria !
Io in via Carlo Farini ricordo un negozio,credo successivo a quello che dici tu che si chiamava ‘ALL’ONESTA’ dove ho comprato il mio vestito per la Cresima, poi successivamente sempre all’angolo con via Stelvio ha aperto un negozio sempre di abbigliamento il ‘SOLO QUA’.
Negli anni 90 è ritornato ‘ALL’ONESTA’ ed è rimasto tale per qualche anno.
L’unico negozio che è rimasto identico negli anni e che resiste……………..è ‘BABILONIA’ -abbigliamento e merceria- (nel marciapiede di fronte).
Auguro a tutti un buon fine settimana.
Ciao a Claudia e a tutti gli amici. È vero, hai ragione, si chiamava “Solo qua”. Il Disco rosso era un negozio di abbigliamento ma non all’Isola. Ricordo in via Lambertenghi, all’altezza della fermata del tram n. 4 un negozietto sempre di abbigliamento e merceria “Santina”. I proprietari erano veramente simpatici. La Babilonia mi pare ci sia ancora, sia in Via Borsieri che in Via Farini. Chissà se sono i medesimi esercenti, perlomeno i figli, di tanti anni fa.
Purtroppo anche le mercerie stanno scomparendo. Non ho capito perché, ma nessuno cuce più? Nessuno rammenda, ripara, ricama o fa la maglia? Ma!….
In via Borsieri, credo,c’era anche “Il Paradiso delle Sarte”, fornitissimo. Sempre in via Borsieri, dove oggi c’è un bar, verso P.le Segrino, esisteva una piccola merceria. I cotoni per i miei primi lavoretti di ricamo li ho acquistati in quel negozietto. Che gioia poter cucire qualcosa personalmente. Se propongo alle mie nipoti di ricamare mi guardano allibite, come fossi una marziana! E passi per il ricamo e la maglia che rientrano nel tempo libero, ma che non siano in grado di cucire un bottone o rammendare calzini no, non lo ammetto. Quando avranno la loro famiglia che faranno? Butteranno le camicie senza bottoni e i calzini con un buchino? Mamme e nonne non sono eterne ma pare che i computer sì!
Buona domenica a tutti. Annamaria.
Ma… Il nostro amico Gianni Tedeschi? Va bene le vacanze, ma… Fatti sentire!
Annamaria.
Eccomi qua !! Dopo una serie di settimane in cui non avevo campo per il PC, oggi ho potuto finalmente riaprire la mia finestra sul mondo. Sono da lungo tempo in questo Paradiso che si chiama Croazia. E’, da poco in Europa, ma al contrario di noi apre le sue porte solo a chi gli sta bene e non ad indesiderati. E cosi funziona tutto bene, nell’ordine e pulizia e con il rispetto reciproco. Ma, si sa, la terra natìa ha il suo richiamo e per me l’Isola, anche se non ci abito più da una vita, rimane la mia terra natìa con il suo richiamo. Ma non sono solo le sue vie, le sue case, i suoi marciapiedi ed i miei fantasmi che ancora circolano e vedo quando ci vado, sono anche e soprattutto le amiche ed amici isolani con i quali sono potuto entrare in contatto ed amicizia grazie ad Internet. Quindi grazie ai vari siti e pagine visitate. Ad Annamaria, Lucia e Luisa un particolare abbraccio ed un arrivederci a presto. Gianni.
Bentornati dalle vostre vacanze. Sciora Laroga, Sciora Beduzzi, Sciora Claudia, vi leggo sempre. Amiche dell’Isola e del Giovanni Tedeschi che Lui le vacanze le sà fare???
Mi permetto di suggerirvi, per non perdere le nostre tradizioni, ” La nòstra bela lengua di andare sul Sito ” Anticacredenzasantambrogiomilano.org ,,
Io sto cercando di tenere accesa questa nostra fiammella della milanesità, se volete davi una mano siate i benvenuti, grazie.
misterdoc37@gmail. com
Se el temp te gh’he nò la cultura te perdarett e milanes mai te sarett.
Se volete saperne di più scaricate i primi due capitoli gratuitamente ” Quand el so’ el torna indree ,, su questo stesso Blog.
se poi vorreste mandarmi la vostra Imail vi tengo al corrente delle proiezioni che stò facendo presso la nostra sede di Via Rivoli,4 MM Lanza di fronte al Teatro Shreller.
Vi saluto coerdialmente e W L’ISOLA sergio codazzi 3381273742
Grazie signor Codazzi per leggerci. Grazie a questo blog si sono formate alcune amicizie simpaticissime con le quali trascorrere ore piacevoli. Spero di poterla conoscere personalmente, questo anche a nome delle mie amiche isolane, magari davanti a un bel piatto di polenta e cassoeula in qualche comoda trattoria del nostro amato quartiere. Gianni Tedeschi immagino sia ancora in vacanza, ma sarà senz’altro dei nostri.
Sarebbe bello se altri si unissero a noi regalandoci ricordi e esperienze isolane. Mi riprometto di curiosare nel sito da lei menzionato e di contattarla telefonicamente. Grazie ancora per le sue idee piene di piacevoli ricordi.
Annamaria Laronga.
Grazie davvero Sig.Codazzi ! Curioserò senz’altro sul sito che ha suggerito.
Un cordiale saluto.
Claudia
BRAVO SERGIO !! Sei tutti noi !! W l’Isola.
Ciao Gianni ! Che dire …..buon proseguimento di vacanza !
Un caro saluto a te e a tutti .
Claudia
Auguri a tutti i piccoli isolani per il primo giorno di scuola! E auguri anche ai loro genitori e ai nonni. É impegnativo per i bimbi ma anche per gli adulti!
Le vacanze sono ormai terminate per tutti e ritorniamo ai soliti impegni, alla quotidianità che anche se stressante è comunque piacevole, almeno per me.
A volte siamo programmati, ma è il nostro ritmo ed è la voglia di fare, anche in chi, come me, non è più giovanissimo. Credo sia inserito nel nostro DNA, agli isolani può mancare tutto, a volte purtroppo le difficoltà sono tante ma niente e nessuno mai ci può abbatere. Forza! Ricominciamo di buona lena e dimostriamo a questi snob che ultimamente hanno invaso il nostro quartiere cosa significa essere isolani doc! Vuol dire avere una forza interiore non indifferente, avere voglia di fare, di vivere ogni momento positivamente , nonostante le difficoltà quotidiane. Vuoi dire rimboccarsi le maniche, lavorare con un po’ de olii de gumbet, non lasciarsi abbattere. Passeggiare per il quartiere mettendo a fuoco tutto e cercare il positivo dove non c’è.
Auguri amici isolani! Ricominciamo!
Annamaria.
Un applauso ad Annamaria !! Per le parole che ha scritto ma soprattutto per quell’entusiasmo per la vita che ha saputo trasmettere. E’ vero, noi isolani doc
ce l’abbiamo nel nostro DNA il voler fare, ed il vivere ogni istante positivamente. Sempre. Certo anche a noi sono capitati momenti difficili e di idioti che ci attraversano la strada ne incontriamo tutti i giorni. Ma loro restano idioti, per tutti, e noi i soliti isolani, magari bauscia, ma gestori intelligenti della loro vita. Sei d’accordo cara Annamaria ?
Guarda, io sono ancora qua in Croazia e tornerò presto a Milano, ma sono giorni che scalpito,con idee in testa che voglio realizzare al mio ritorno.
Intanto ho avuto un contatto con il vecchio amico Enzo Barbieri che da buon isolano doc è ancora sulla breccia malgrado i suoi novanta e rotti.
Finchè l’Isola, la nostra vecchia Isola, sarà nei nostri cuori, non basterà infognarla con quanto di peggio preme ai suoi confini, per distruggercela.
Lei era li, è ancora li, malgrado tutto, e lo resterà.
Buona ripresa a tutte le amiche ed amici dell’Isola. Se vedum !
In de la vitta te conosarett trii tipi de person:
Quej che le la cambien
Quej che te la ruinenn
Quej che saran la tua vitta
El latee de l’Isola l’ha finii i ferij (l’era ora ).
Sono d’accordo con Lui, basta parole, bisogna fare una rimpatriata con le gambe sotto il tavaolo.
Magari da Tomaso ( con una M. sola ) in Via Gaetano De Castillia,20 con un risottino giallo con i funghi con ossobuco, dessert alla sorpresa e caffè rinforzato???
Al 26 di Aprile faccio gli ottanta e non ho piu molto tempo a disposizione,( goo premura)
Saluto tutti gli amici del Blog di Fabio Amoroso e W L’iSOLA.
sergio codazzi.
Me du subit de fà !!! Tomaso, via Castillia,el va ben cunt el so menù !
La Lucia cunt el so marì, la Annamaria cunt el so marì, la Luisa e mi cunt’el me fieu sem prunt. Se sentum.
Mi sembra una bella idea! Speriamo che altri isolani si uniscano a noi. Buona domenica a tutti. Annamaria.
Sono d’accordo anch’io per la cena da Tomaso,ora sono ancora a Sestri Levante,ma per l’incontro con i miei amici Isolani io è mio marito,anche se non è Isolano, ci saremo senz’altro,a presto fatemi sapere.
Un caro saluto a tutti.
Lucia Beduzzi
Per me va bene qualsiasi data tranne il 4 ottobre, il mio piccolo grande uomo compirà 7 anni….ciao a tutti.
Annamaria.
Ricevo e pubblico dal signor Fulvio Lotorto questo commento, ricordando di usare se possibile questo riquadro per pubblicare i propri commenti. Grazie.
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Un ben ritrovati a tutti i cari amici Isolani-
Sono del 1941 ed ho trascorso una buona parte della mia vita all’Isola.
Precisamente dal 1941 al 1960 in Via P. Borsieri n, 14 – secondo cortile, secondo piano del caseggiato lato sinistro, ultimo “appartamento” bilocale dopo la rampa di scale.
Un “appartamento” che per quell’epoca aveva il privilegio dell’acqua corrente in casa. Mentre l’altro “servizio”, era sul pianerottolo, in comunione, il cui utilizzo doveva essere regolato educando il nostro corpo ad orari ben precisi per non fare la fila “d’attesa”-
Ma i primi ricordi uditivi e visivi affiorano ripercorrendo l’anno 1943, allorquando le sirene, sinistre, anticipavano l’incursione notturna dei caccia aerei, denominati Pippo, appreso in epoca successiva.
Era un fuggi fuggi drammatico. Mia madre mi prendeva in braccio con i pochi indumenti e con qualche coperta a portata di mano, e con gli altri fratelli si doveva correre nei “rifugi antiaerei”: le cantine del caseggiato di fronte. Unica entrata senza uscita. Mentre mio padre, allertato da mia madre, rispondeva laconicamente: ” Se devo morire, preferisco morire a letto”.
Le cantine dove ci rifugiavamo, erano adibite oltre che a ripostiglio di legna e carbone da ardere, anche a deposito della immondizia, che si immetteva da ogni piano sovrastante, in un unico cunicolo centralizzato. Ancora non esisteva la raccolta differenziata ne quella porta a porta. Quindi potete immaginare quale spettacolo si presentava ai nostri occhi. Senza illuminazione elettrica, alla luce di flebili candele, odore maleodorante e la compagnia di “toponi” da ribrezzo che animavano la nostra compagnia come “cartoni animati viventi”, Ancora oggi alla loro vista provo un fastidio non indifferente.
Nel primo locale “dell’appartamento”, insisteva la stufa economica a legna e carbone, adibita ovviamente principalmente al riscaldamento, ma anche alla cottura degli alimenti oltre all’asciugatura degli indumenti, appesi alla “raggiera” sostenuta dal tubo di esalazione. E quando il tiraggio non era ottimale, causa le condizioni climatiche esterne, il locale si impregnava di fumo che faceva pendant con la nebbia esterna.
Ve la ricordate la nebbia dell’epoca? Gli opifici funzionavano a carbone, le abitazioni venivano riscaldate prevalentemente a legna e carbone e quando si camminava in strada ed avevi la necessità di soffiare il naso, una parte del lembo del fazzoletto si anneriva.
Non avevamo ancora il frigorifero, arrivato nel 1957, ed il panetto di burro, mia madre lo conservava in un contenitore con l’acqua, sul davanzale esterno della finestra. Quella dove non era raggiunta dal sole.
Il caseggiato era per lo più abitato da operai e piccoli artigiani e commercianti. L’imbianchino Gianni, il merciaio Dodo, il calzolaio Vincenzo, l’ortolano Luigi e sua moglie Carolina. Quest’ultimi abitavano al piano terra del caseggiato di fronte ed avevano accanto alla loro abitazione un magazzino adibito al lavaggio ed alla conservazione della verdura. Luigi (meglio in dialetto) ormai anziano, provvedeva ancora al lavaggio degli ortaggi, utilizzando i mastelli con acqua talmente fredda d’inverno, che col tempo le mani si erano deformate per l’artrite. Camminava a fatica e nella preparazione delle cassette. coadiuvato dalla moglie Carolina, il più delle volte inscenavano litigi furiosi utilizzando il più esasperato vernacolo milanese. Potete immaginare. Il giorno del mercato, uscivano dal magazzino col carretto. Lui alle stanghe, con le scarpe di stoffa per meglio adeguare le malformazione dei piedi anch’essi colpiti da artrite, e la moglie dietro a spingere il carretto, con ruote di legno rivestite di lamiera, senza sospensioni, appesantito dal carico di merce, attraversava tutto il cortile acciottolato, non lastricato, Qualche volta anche mio fratello Renzo, per guadagnare qualche spicciolo, si sobbarcava tale fatica.
Alla prossima.
Lotorto Fulvio
Caro Fulvio, sicuramente sei stato più fortunato di me. Mio Padre era in guerra…nel 1942 aveva scritto a mia Madre da quota Monastero 731.Lo vidi per la prima volta nella primavera del 1945. Eravamo a Perugia, in casa dei nonni materni.
Caro Fulvio, bellissimo il tuo articolo del quale ieri mi hai parlato. Belle anche le due foto che sei riuscito a pubblicare. Di Borsieri 14 hai dato un ritratto perfetto che combacia con i miei ricordi. Tuo fratello Renzo faceva parte della mia compagnia con Emilio, Cesare, Ferruccio, Angelino, Mario e Alberto. Man mano se ne accodavano altri di amici ed all’Isola ci sentivamo tutti noi ragazzi molto uniti. Poi la vita ci ha divisi e lanciati ai quattro punti cardinali ma ognuno ha portato con se i comuni ricordi nel suo cuore.
Grazie caro Gianni dei tuoi apprezzamenti. Nella vita ci sono molte piacevoli sorprese, a volte inaspettate. Il merito al blog ne è la riprova. Riferirò a Renzo dei vostri trascorsi rimasti vivi,nonostante le strade diverse da ognuno intrappese.
Sono d’accordo,infatti è stato utilizzato il sito per organizzare una cena fra isolani, aperta a tutti, proprio per scambiare durante la serata ricordi, opinioni, scambi di idee sul nostro amato quartiere…grazie e buon fine settimana a tutti.
Annamaria.
Gentile signor Lotorto, ho letto il suo articolo con piacere e un pizzico di golosità. Ha descritto benissimo un periodo ormai sfumato, non so se in bene o meno, le case di ringhiera avranno senz’altro presentato dei problemi ma erano certamente abitate da persone ricche di umanità, ricchezza di affetto nei confronti di altri e non aride come oggi si presenta la convivenza con gli altri abitanti. Bellissime le fotografie del prima e dopo.
A risentirci. Annamaria.
Grazie molte Annamaria. Nei circoli, club e mi auguro anche nei blog esiste una regola, non scritta, che fra gli aderenti ci si dia del Tu. Con lo stesso rispetto che si deve al Lei. Quindi se sei d’accordo possiamo darci del Tu. Ho aderito da qualche giorno solo al blog, e non conosco ancora i tuoi contributi forniti alla rievocazionedei trascorsi dell’isola. Mi riprometto di farlo quanto prima. A risentirci e possibilmente a rivederci.
Bell’articolo Fulvio e benvenuto!
Eh si a differenza di tutti a me la nebbia piace,conferisce un fascino particolare a tutte le cose.
Approfitto di questo spazio per augurare a tutti un buon fine settimana,il mio sarà un po caotico….ciao !!!
Ringrazio per la benevola accoglienza. Per la nebbia, il gradimento o meno, dipende dalle circostanze in cui l’incontri. Negli anni ’60 in alcune sere in periferia, guidavo l’auto, credemi, con la testa fuori dal finestrino…. Ora che sono un foto-amatore, la vado a cercare….. e sono d’accordo per il fascino che emana nelle immagini. Ricambio migliori espressioni di un buon fine settimana.
Bella, veramente bella, la nostra nebbia! Quando mettevi il naso fuori dal portone di casa e sentivi il suo odore particolare. Ti sembrava di galleggiare camminando e non era maleodorante come oggi. Le case ovattate, dove nei cortili si faticava a distinguere le sagome delle persone e le voci sembravano provenire da lontano, mentre ci si salutava i suoni si allontanavano come eco. Bella, ovattata, spessa coperta del nostro quartiere.
Anche a me come a Claudia piaceva e piace anche adesso.
A Fulvio un caloroso benvenuto!
Annamaria.
Per Gianni Tedeschi:
“un mondo di auguri”!
Anche se lontani dall’Isola siamo sempre vicini con il cuore ai suoi abitanti e i nostri ricordi risvegliano la nostalgia mai sopita. Come festeggiavi il compleanno nel vecchio quartiere? Immagino semplicemente! Non c’erano i Pub e i Mac Donalds dove organizzare spazi compleanno, ma gli auguri saranno stati sicuramente sinceri, con una scappatina magari da Montalbetti per un dolcetto e in latteria per una bibita. O sbaglio? Raccontaci….
Annamaria.
Grazie degli auguri cara Annamaria! Più sotto informo tutti sulla cena prevista per il Sabato, 14 Novembre prossimo da Tomaso di Via Castillia.
Tanti auguri a Gianni che con i sui ricordi dell’Isola ci fa rivivere quelle atmosfere che tutti noi del quartiere avevamo quasi dimenticato.
Attendiamo di incontrarci per la cena che ci permetterà di conoscere personalmente altri isolani.Io non abito più all’Isola dal 67 ,anno in cui mi sono sposata,ma è’ sempre bello poterci tornare.
Lucia Beduzzi
Allora, care amiche ed amici, avremmo prenotato, ed attendiamo la vostra conferma, una cena da TOMASO, VIA DE CASTILLIA, 20, per la sera di Sabato 14 Novembre. Per chi non conosce questo locale aggiungo che la cucina è ottima, l’ambiente profuma di vecchia Isola ed i prezzi sono più che onesti. Di solito il menù prevede del risotto giallo con funghi ed ossobuco, ma credo che a tutti interessi ritrovarsi e stare allegramente insieme a prescindere dal menù che comunque,.sono certo, non deluderà nessuno. Siete pregati di confermare la vostra partecipazione nonchè diffondere la notizia anche gli amici degli amici saranno benvenuti.
Ciao a tutti. O.k. Gianni per la cena da Tomaso, io e Silvano ci saremo. Spero aderiscano in molti, è l’occasione giusta per conoscerci e ricordare i temp indree. Un salutone a tutti.
Annamaria.
Grazie Gianni per il tuo cortese e sollecito interessamento per creare l’opportunità di ritornare “giovani” con la macchina del tempo da Tomaso. Confermo la mia partecipazione con Cristina.
Un saggio scrisse che quando muore un anziano è come se bruciasse una biblioteca. Chissà se oggi che è la Festa dei Nonni qualche giovane abitante dell’isola legge i nostri commenti, i nostri ricordi. Se riusciamo a trasmettere i valori che i nostri nonni ci hanno regalato, spiegando com’era il nostro rione, come vivevamo e le nostre tradizioni. Come eravamo felici in attesa della Festa della Fontana, che non era niente di straordinario ma per noi isolani significava molto. Felici di poco, di abitare in questo rione.
Buona Festa dei nonni a tutti i “vecchietti” come me.
Annamaria.
Non ero al corrente di questa festa, eppure sono nonno, e da tanto. Credo che
la cosa migliore sarebbe farci gli auguri da nonno-a nonna e viceversa. I nipoti chi li sente ? Ma poi è ora di finirla con tutti questi festeggiamenti ! Ormai sono stati tutti inflazionati. Diciamoci ” Viva Noi !! ” ed è bella che finita.
Comunque a Te e solo a Te, cara Annamaria, TANTI AUGURI NONNA !.
Mia figlia Agnese ha fatto gli auguri a mia mamma, e le sta anche preparando un pensierino fatto da lei……
I nonni sono tutti IMPORTANTI !!!
Io al contrario di Gianni amo i festeggiamenti anche se…un po inflazionati !!
Un buon fine settimana a tutti e auguri…
Claudia
Oggi, su “Sei dell’Isola se…” in FB ho pubblicato un racconto sulle due sorelle ,che abitavano in via Cola Montano 6, ed erano conosciute come ” le matte “.
Chi vuole leggere su di loro vada in FB nel sito che ho citato oppure nel mio in quanto ho condiviso l’articolo.
Amici isolani, ammetto una grave lacuna. Ho scoperto in via Thaon de Revel 21 una fonderia. Mai vista, nè sentita nominare. Pare che a dicembre venga utilizzata per i mercatini di Natale. Chi mi sa dire se è un interno, cosa c’è davanti, ecc…grazie a tutti.
Annamaria.
Si è vero Annamaria !
Nessuno si ricordava che lì c’era una fonderia …..ma adesso che la nostra Isola è diventata chic,qualcuno l’ha rispolverata !
Non si nota perché è all’interno.
Ad ogni modo io ricordo perfettamente che li,c’era anche una ditta di laterizi (non so se esatto il termine) tegole-piastrelle etc etc questo fino a non molto tempo fa.
Percorrendo la via Thaon De Revel ,si trova più o meno di fronte alla pizzeria.
E’ il cancello che si trova subito dopo il negozio di bigiotteria e monili vari.
Ti confermo che durante il periodo natalizio c’è un mercatino di tipo artigianale,articoli di tutti i generi e manufatti veramente graziosi.
Un caro saluto a tutti.
Claudia.
Ed arrivarono gli anni impegnativi……asilo e scuola.
Ho frequentato l’asilo di via Pastrengo. Vaghi ricordi. Quache azzuffata, con in bocca tanti peli, probabilmente del pellicciotto dell’amichetto, ed il cestino di vimini intrecciato, contenente il pranco preparato da mia madre. Pane, formaggini e qualche frutto.
Poi le scuole elementari di P.le Archinto: in prima fino alla terza, con la maestra Patrizia? Pellegrini, austera ma disponibile, con chioma patinata argentea, tendente al violaceo, Quante pagine a quadretti completate con aste verticali ed oblique, prima di scrivere qualche parola! I metodi di insegnamento di allora, ben diversi da quelli attuali.
Successivamente in quarta e quinta con il mitico maestro Ernesto? Caimi.
Viso bonario con sorriso, arrivava con la sua borsa di cuoio, rigonfia, con il sospetto, fondato, che contenesse gli alimenti del suo frugale pranzo. E quando insegnava, indossava il suo camice nero.
Seguì la frequentazione delle scuole Commerciali e Tecniche presso l’Istituto Paolo Frisi in via Solferino.
All’epoca per raggiungere l’Istituto, abitando in Via Borsieri, vi erano solo due possibilità, raggiungerlo a piedi, oppure con il tram n. 4, ma mancando le disponibilità finanziarie, la scelta obbligata era la prima opzione. Percorso che in alcuni giorni della settimana, si ripetevano non solo al mattino ma anche al pomeriggio. Tralascio volutamente gli episodi comuni della vita scolastica, ma mi soffermo invece su cosa comportava percorrere il tragitto, da casa all’istituto, durante tutto il periodo dell’anno con sole, pioggia e neve, con un solo paio di scarpe di cuoio adatte, appunto, a tutte le stagioni.
Le scarpe all’occorenza venivano risuolate da mio padre che utilizzava una forma treppiede di ghisa e con i chiodini chiamati “semenza” provvedeva all’opera di restauro. Ovviamente mio padre non era un ciabattino, ma un bravo fabbro-meccanico, a dire degli amici e colleghi di lavoro, che lo chiamavano “maestro Rocco”, ed anzichè risuolare con ago e spago, le “semenze” risolvevano anche più celermente. Però quando le calzavo, c’era sempre un “semenzino” non bene ribattuto che colloquiava, in punta di spillo, è proprio il caso di dire, con l’alluce, provocando qualche fitta fastidiosa.
Quindi sia d’estate col sole, sia con l’acqua quando pioveva, i piedi anche inzuppati fradici, avvertivano il “semenzino”. A differenza dell’inverno quando i piedi congelavano e l’alluce rimaneva anestitizzato. Il percorso comprendeva anche il superamento del famoso cavalcavia che collegava con Corso Como e d’inverno gli scalini, dopo le abbondanti nevicate, gelavano e provocavano continui capitomboli.
Ve le ricordate le nevicate dell’epoca? Cominciavano anche a Novembre e terminavano all’inizio della primavera. Il riscaldamento dell’atmosfera, per cause attribuibili alla società industrializzata, non era ancora iniziato.
Al termine o durante le nevicate, le strade venivano ripulite, con i cavalli che trainavano un arco in legno per deviare la neve ai lati della strada. Dalle narici dei cavalli, riscaldati dal faticoso lavoro, avvicinandosi a loro, fuoriuscivano volute di vapore talmente copiose che potevano permetterci anche …saune stradali.
Successivamente gli spalatori, accumulavano la neve in prossimità dei caditoi e formavano piccole montagnette, che col tempo gelavano e si annerivano, e da noi ragazzini venivano impiegate per piccole scivolate col sedere. A casa poi, i rimbrotti di mia madre per i pantaloni squalciti.
A distanza di molti anni, posso affermare di aver avuto molta fortuna per essere nato in una famiglia assai modesta, da cui ho tratto insegnamento per distinguere ciò che è necessario ed utile per vivere, da ciò che invece è voluttario e non indispensabile. Ho ricevuto una “forgiatura” che mia ha aiutato a crescere nel corso degli anni successivi, permettendomi di ottenere risultati positivi nella società, applicando e non venendo meno ai VALORI che mi hanno instillato i miei cari genitori. Valori quali ONESTA’, LABORIOSITA’, EDUCAZIONE e tanto rispetto per il prossimo. Ovvero tutti noi stessi.
Ciao Fulvio, abitavo in via Volturno e ho frequentato la scuola di p.le Archinto. Mi ricordo del mitico maestro Caimi, mi sembra che arrivasse da fuori Milano. In che anno hai frequentato le elementari ? Ti saluto e grazie
Ho frequentato la tua stessa scuola (permettimi di darti del tu) dal 50 al 55 con la maestra Moretti in prima e seconda, di lei mi ricordo la sua voce profonda e cavernosa oltre a una cosa simpatca l’osservazione che fece sul mio quaderno dei compiti riguardo alcuni pensierini, molto brava la mamma.
Ma il maestro Caimi un personaggio unico.
Abitava a Gallarate in via Magenta 13(piccoli particolari forse insignificanti ma che non si dimenticano neppure dopo 65 anni) aveva sempre con se una cartella in pelle nera vecchia e sgangherata contenente una schiscetta per il pranzo, e mattina e sera il non più giovane maestro percorreva, ovviamente a piedi ,la strada che lo separava dalla stazione centrale.Era dotato di grande umanità, estroso e brillante. Ci accompagnò sino alla quinta e al momento del nostro distacco, le mamme dei suoi alunni gli regalarono una bellissima borsa di pelle nera. L’anno successivo il maestro sfoggiò per qualche giorno la sua bellissima borsa poi “voce di popolo” venne visto ancora con la sua sgagherata cartella e così per qualche anno ancora.
Una sua frase che mi è rimasta impressa, indimenticabile rivolta a chi imbrattava il pavimento della classe. Raccatta raccatta su un pezzo di latta
Complimenti Fulvio ! Hai saputo disegnare il passato in modo superbo. Mi sono sentito nella mia Isola, come era e come era chi la abitava. Hai fatto rivivere il papà, la Pellegrini ed il Caimi. Tutti ancora vivi fino a che resteranno nella nostra memoria.
Complimenti Gianni / e moglie per il vostro cinquantasettesimo compleanno di matrimonio. Sergio codazzi
Grazie Silvio. Anni 1947/1952. Fammi sapere se coincide con il tuo periodo..
Ciao Fulvio io sono del 1941 e tu ?
Io pure. Essendo nato nel mese di Gennaio, ho perso un anno e quindi ho iniziato la prima elementate nel 1947. Ho postato suFB, Sei dell’isola se..
una foto scattata in aula. Prova ha rivedere se riconosci qualche amico, se non di scuola, dell’Isola.
Grazie Gianni. I tuoi complimenti sono assai graditi proprio perchè con i tuoi interventi, precisi nelle ricostruzioni, e ricchi di termini posti in seguenza appropriata, hai saputo risvegliare in me ricordi quasi dimenticati. Sei la nostra memoria storica dell’Isola.
Bellissima descrizione di Fulvio. Chissà se vedremo ancora qualche copiosa nevicata. Il silenzio ovattato della neve che scende… Lo sguardo che cerca di seguire, dietro i vetri della finestra, un fiocco qualsiasi fino a quando raggiunge il tappeto bianco. Le orme incise nella neve, a testimoniare il passaggio di chi comunque deve uscire di casa. Il rumore delle pale usate per formare il passaggio subito annerito, le auto che camminano lentamente. All’uscita di scuola i ragazzi bombardavano le bambine con palle di neve ed era battaglia. Cappotti grevi che non facilitavano i movimenti ma riuscivamo comunque ad inzupparci. Niente stivaletti come usano oggi, ma scarpe pesanti più volte risuolate, come scrive Fulvio. Le ginocchia blu per il freddo… Non potevamo certamente restare a casa, bigiare scuola solo per la neve, quando mai? Ci spedivano a scuola senza tante storie, ma noi eravamo felici per il divertimento, la nostra risata rimbalzava e si fermava il più delle volte con una manciata di neve in bocca…
Buona settimana a tutti. Annamaria.
Grazie Annamaria. Nelle tue rievocazioni ascolto il tempo passato intriso di nostalgia e romanticismo. Nella vita ho imparato ad adeguarmi all’evolversi della società cercando di trasmettere comunque principi non irrinunciabili. Con fatica, ma si sa, tutto ciò che è impegnativo ha tutt’altro sapore rispetto all’adeguamento.
Buoni pensieri positivi.
Tempo di castagne! Chi ricorda il castegnaccio che vendeva il negozio di Cibi Cotti in via Borsieri non so se al 12 o al 14? Mamma che buono! Si scioglieva in bocca. Pomeriggio, uscita di scuola, una bella fetta per merenda ed eri a posto fino a sera. Sempre lo stesso esercizio a mezzogiorno proponeva merluzzo e polenta, cannellini con cipolle, pesciolini fritti ecc. Come mi piaceva la carta gialla dove venivano avvolti i cibi. Senza cerimonie i cartocci trionfavano. La pellicola e la carta alluminio non erano ancora state inventate e nemmeno le rosticcerie. Era tutto molto semplice ma molto buono.
Buona serata a tutti.
Se posso cara Annamaria, integro il tuo testo con qualche mio ricordo. Il negozio era più vicino al n. 14 di Via borsieri e tra le leccornie da te sapientemente citate, aggiungo la farinate di ceci, sottile e dorata si accostava più ad un dolce che ad un pasticcio di legumi. Se non ricordo male era gestito da fratelli toscani. A fianco un negozio di barberia.
Alle prossime puntate.
il barbiere el sciur gianni era amico di mio padre,il suo aiutante a tempo perso poichè faceva i turni di notte,era il sciur francesco matera di borsieri 14.
Rispondo a Enzo. Il Signor Francesco Matera svolgeva l’attività di netturbino ed aveva una figlia di nome Rosanna con la quale spesso ci intrattenevamo sulle scale a giocare a carte. La posta erono i fumetti.
Fulvio, con le sue foto postate in FB e con i suoi racconti su questo blog, ha risvegliato in me dei ricordi legati alla via Borsieri. Il 14, da dove viene Fulvio, aveva visto le prime gesta di Ezio Barbieri che nel febbraio del 1946 erano terminate per iniziare da parte sua una lunghissima vacanza a spese dello stato.
Oggi sono qui a ricordare il 12 di via Borsieri.
Era un pomeriggio della primavera del 1944 e me ne stavo a giocare con i miei amici in Piazzale Archinto quando vidi passare, lungo la via Dal Verme e
proveniente da via Borsieri, un carretto a mano ( oggi scomparsi ma allora numerosissimi sulle strade) tirato da un anziano, in mezzo alle stanghe, con al fianco una bella ragazzina di un paio d’anni più di me. La sua figurina mi aveva colpito ed avevo iniziato a seguire il carretto, curioso della sua destinazione. Quando, dopo un centinaio di metri era svoltato nel passo carraio del numero 2 di via Dal Verme, dove io abitavo e dove apriva la latteria di mia mamma, la mia curiosità era andata alle stelle, non già per il carretto a mano e per chi lo tirava ma per la ragazzina che entrava nel mio portone.
La portinaia Maria Mariani, madre dei due miei amici, Pierfranco, mio coetaneo e Dante, allora arruolato nelle SS Italiane, soddisfece subito le mie curiosità. Quelli del carretto, che intanto lo stavano scaricando dei mobili di cui era stato caricato, nel secondo cortile del fabbricato, erano una parte della famiglia Piatti. Avevano traslocato quel giorno proprio da via Borsieri 12.
Erano venuti ad occupare due stanze sulla ringhiera del piano rialzato interno che,forse, ritenevano fossero più confortevoli di quelle già occupate in via Borsieri 12,
La famiglia era composta dai due genitori, tre figli maschi e due femmine. La più piccola era la Rosanna, quella ragazzina che, a prima vista, mi aveva già preso il cuore. Eravamo diventati amici e Rosanna, con quei pochi bacini che mi aveva dato una delle prime notti che, per un allarme aereo, eravamo scesi nel rifugio delle cantine, era riuscita a mettermi in ebollizione quei pochi litri di sangue di cui allora disponevo.
Sulla famiglia Piatti. Due dei fratelli, che ricordo bellissimi secondo i canoni di allora : capelli ondulati, bel viso maschio e fisico atletico, erano arruolati nella R.S.I., uno nei bersaglieri l’altro nella G.N.R. Il terzo, il maggiore, lavorava non so dove ed era rimasto in borghese. Rosanna e la sorella maggiore, 15/16 anni, stavano in casa con i genitori. L’amorino con Rosanna non era durato molto. Si sa che a quell’età le ragazze maturano più velocemente dei maschi, così ai miei 12 anni io ero ancora un pivello mentre Rosanna, con i suoi 14, era già una bella signorina. Ma restammo sempre in un buon rapporto amichevole e confidenziale, sino al ’50 quando lasciai l’Isola per le strade del mondo.
Il mio racconto ritorna al 1945, a guerra finita. I due fratelli Piatti tornarono alla loro casa, nessuno osò disturbarli, o peggio, malgrado la loro militanza nella R.S.I. Gli unici a lasciarci le penne in quei giorni furono il Brenna, il Volpini ed il Mandelli, fucilati da quattro ubriaconi della zona con al collo un fazzoletto rosso, lungo il muro dell’oratorio in Piazza Minniti. ( io li ho visti ! ).
La vita riprendeva, nuove luci sulle strade, generale allegria, balli nei cortile per tutta l’estate ’45.
Anche il Teatro Smeraldo di Porta Garibaldi, oggi Eitaly, aveva ripreso i suoi spettacoli di varietà. Un giorno vedo uscire uno dei fratelli Piatti con una biondina, mai vista in zona. Chiedo a Rosanna chi sia quella ragazza. Mi risponde che è la sorella del capo-compagnia del gruppo che si esibisce allo Smeraldo e di cui fa parte anche il fratello. Erano i “Brutos” che per anni, e con grande successo calcarono le scene dei teatri e fecero anche qualche comparsa in film di successo. Certo,che per quel Piatti, fratello di Rosanna, nato e proveniente da via Borsieri 12, bellissimo di suo, non doveva essere facile trasformarsi per la scena in un “Brutos”, ma così è la vita !
Ora, dopo avervi tediato per un bel pò di tempo con la lettura di questa storia,
ammesso che siate arrivati alla fine, non mi resta che augurarvi una buona serata. W L’Isola !
P:S: Se volete vedere i “Brutos” li trovate in You Tube. Nella prima schermata il Piatti è il primo ad uscire dal cancello. Il più piccolo, biondino, del gruppo, è il fratello della biondina del Piatti che ho citato nel racconto. Le scene risalgono sicuramente a qualche decennio fa. I quattro, oggi, se viventi ancora, devono avere superato i 90 !!
Annamaria e Fulvio hanno tirato in ballo ” I cibi cotti ” di via Borsieri. Immediatamente mi sono sentito in mano la fetta di castagnaccia ( qualcuno la chiamava al maschile, il castagnaccio ) calda o bollente che divoravo alternandola con la farinata di ceci, anche quella deliziosa. Una foto di quel “Cibi cotti”, che era infatti gestita da toscani, è comparsa in questi giorni in FB in “Sei dell’Isola se.. ” . Il bello ed incredibile è che dopo la castagnaccia o la farinata, che mangiavo sempre in compagnia di amici, entravamo dal Salumiere Almini, che era proprio li di fronte e ci pigliavamo qualche etto di cetriolini sottaceto e con questi concludevano lo spuntino. Stomaci di ferro !!
La castagnaccia la vendeva nei mesi invernali, assieme alle castagne arrosto anche uno dei fratelli Steffan, sull’angolo del 18. Molti anni dopo, attorno al 57, lo avevo ritrovato in una officina dove facevo riparare la mia macchina. Lo Steffan era li con una Alfetta 1900 Super. Mi aveva abbracciato e raccontato che con i fratelli avevano impiantato un’industria di gelati che andava a gonfie vele. Però, mi aveva confidato, rimpiangeva il suo triciclo con la castagnaccia e le caldarroste. L’Isola quando ti prende……ti prende!
Caro Gianni, sei veramente incredibile a ricordarti tutti i dettagli nei tuoi racconti! Man mano che leggo con avidità i tuoi interventi, riafforano davanti ai miei occhi gli episodi e integro le lacune. In particolare hai completato il mio quadro con la ricostruzione dei fratelli Steffan. Il triciclo per la vendita delle caldarroste, ai miei tempi, era posizionato all’angolo tra via Borsieri e via Sebenico. Di domenica pomeriggio all’uscita dal cinema, nelle giornate nebbiose e fredde, ero un abituale acquirente con le poche lire che mi ritrovavo. Ed al momento dell’ordinazione, comandavo il barattolo più piccolo ma il mio occhio andava in quello più grande. E poi la degustazione, lenta, la più possibile, per non disperdere il piacevole gusto del palato. Ancora oggi mi rammarico di non aver contribuito a raccogliere i gusci, lasciandoli sul marciapiede. E la lanterna posizionata sulla parte superiore del triciclo, lluminava quel poco per riconoscerci, creando tutt’attorno un alone di intensità emotiva.
Per la storia dei gelati Steffan linko un pezzo uscito sul Corriere nel 2009 http://archiviostorico.corriere.it/2009/marzo/17/Alberto_Steffan_uomo_che_invento_co_7_090317031.shtml
Sono letteralmente incantata dei racconti di Annamaria,Gianni e ora anche Fulvio che si e’unito a questo blog.
Tutti i dettagli,da voi descritti,erano per me poco vissuti,ero si isolana ,ma lontano, in quanto abitavo in via Arese 7 e quella parte dell’Isola per me era solo la scuola Rosa Govone e qualche compagna delle elementari.
Sono in attesa di altri racconti.
Lucia Beduzzi
I sottaceti dopo il castegnaccio non li avevo mai provati! Gianni devi avere uno stomaco molto versatile, beato!
Ricordo anch’io il carretto delle caldarroste all’uscita del cinema Zara la domenica pomeriggio. Dopo aver guardato ben 2 film scomodamente seduti su poltroncine di legno, pavimento sempre di legno per meglio fare baccano. Non pensino quelli di Zelig di avere inventato loro lo scalpiccìo…cosa vecchia! Era bello uscire dal cinema quando già imbruniva, avvicinarsi al carrettino con aria golosa, addocchiare il bicchiere che si riempiva, le mani che bruciavano nel tentativo di sbucciare le castagne bollenti, il tutto immerso nella nebbia, bella, densa, con un suo odore particolare e inconfondibile. Le persone si salutavano frettolose, era freddo, non come oggi che è solo umido, e la nebbia si portava lontano le parole inghiottendole. Avevano fretta di rientrare a casa, di ritrovare il calore della famiglia. Si cenava, si ascoltava la radio, erano poche le case in cui si guardava la televisione, e poi tutti a dormire felici della semplice domenica trascorsa.
Buona serata a tutti. Annamaria.
E’ vero care amiche e cari amici, si può vivere bene anche senza FB, ma perchè privarsene quando si puo aprire una finestra sul mondo. Non solo, ci si può anche tenere vicini i nostri amici che abbiamo scelto ed allontanare quelli che ci annoiano o peggio. Se non è un grande passo avanti questo non so cosa altro attendere.
Prima di tutto grazie a Kalz che ha segnalato l’articolo davvero interessante.
Secondo ;per riprendere il discorso di Gianni – io avevo fb -ma sinceramente dopo qualche noia,mi sono tolta,probabilmente quando mia figlia sarà più grandicella ‘dovrò’ rimettermi…..attualmente quando è ha il pc ‘casualmente’ devo sbrigare qualche faccenda domestica li in zona.
Auguro a tutti quanti una buona settimana ! Claudia.
Via Pastrengo, credo al n. 11, nel cortile c’era un’officina… Ma di che? In quella casa ci abitava una mia zia e ricordo perfettamente la scala ampia che portava ai vari pianerottoli. A sinistra c’erano i servizi, a destra la ringhiera con i suoi appartamenti. Durante l’estate le donne si ritrovavano a stendere, io mi affacciavo a curiosare il lavoro che si svolgeva in officina, come mi piaceva! Dall’altra parte della strada c’era una macelleria equina, il proprietario era soprannominato El Macellarun, probabilmente per la mole. Mi pare di ricordare un tipo sempre sorridente, con la battuta pronta.
Buona giornata a tutti. Annamaria.
Questa sera ero in in supermercato per alcuni acquisti. Al reparto giocattoli, una mamma era alle prese con suo figlio, dall’apparente età di circa sei anni, per scegliere un gioco di intrattenimento. Il piccolo indicava una scatola contenente personaggi dallo sguardo truce che imbracciavano armi di tipo spaziale. La mamma era contraria a tale scelta, ma il piccolo deciso e dispettoso insisteva nella sua decisione. Alla fine per non contrariare il figlio che cominciava a manifestare la sua convinzione con strepiti e per non far degenerare il contrasto alla presenza di altri avventori nelle vicinanze, ha acconsentito, suo malgrado, all’acquisto indicato dal figlio. Non mi soffermo sulla mancata autorità da parte della genitrice di opporsi alla scelta del figlio. Principi di educazione e di insegnamento pedagogico, nel loro ambito familiare, a me sconosciuti. Ma l’episodio mi ha fatto rievocare un ricordo di quando ero ancora ragazzino. Un pomeriggio d’estate mia madre, per spostarci in centro a Milano, mi ha fatto salire per la prima volta sul tram n. 4 partendo da Piazzale Lagosta. Le carrozze erano verniciate verde scuro, rumorose, e all’arrivo della fermata, le ruote stridevano a contatto con le rotaie ed una manciata di sabbia, lasciata cadere dal manovratore, all’occorrenza, contribuiva ad un arresto più sollecito. Si saliva dalla parte posteriore ed occorreva provvedere all’acquisto del biglietto, rilasciato dal signor bigliettaio, austero nella sua divisa, orgoglioso di appartenere ad una categoria, allora privilegiata, di non essere un operaio alle prese ad operare in stabilimenti rumorosi e polverosi. Abbigliamento composto, tutto in tinta, con pantaloni stirati con piega, camicia bianca e cravatta con giacca e berretto. Assomigliavano ad ufficiali militari. I “portoghesi” non avevano ancora appartenenza …..Staccava i biglietti da un blocchetto e per aiutarsi nell’operazione, immergeva il dito in una spugnetta inumidita, posta a lato dell’appoggio, per il distacco in numero pari ai viaggiatori.. Così pure il manovratore, seduto sullo scranno indossava la stessa divisa ordinata nel suo rigore di ufficialità, ma la mia curiosità era tutta assorbita ad osservare i suoi movimenti di manovra per pilotare il “carro di ferro”. Quale fascino aveva esercitato in me la sua maestria a far avanzare il tram, manovrando ed azionando la maniglia avanti a sè, e non comprendevo ancora come fosse possibile l’avanzamento. Al ritorno a casa mi sono anch’io immedesimato nel manovratore del tram, sul ballatoio dove abitavo in via Borsieri 14. Mi sono inerpicato sul davanzale della finestra e seduto, dopo aver accostato una anta della persiana avanti a me, pinzavo sul chiavistello di chiusura una molletta di legno ed azionavo lo stesso come avevo visto fare dal manovratore. Senza saperlo ho precorso i tempi delle moderne Playstation e Joystick. Chissà quante altre volte ho ripetuto successivamente quel gioco povero di contenuto ma ricco di fantasia, per quell’epoca, dove se vedevo qualche giocattolo di latta, azionato a molla, dovevo attendere Gesù Bambino a Natale. Per i bambini attuali ogni giorno è Natale, e non sanno cosa hanno perso a non saper attendere. Hanno tutto e subito.
Ho raccontato questo episodio solo per confrontare che non avendo a disposizione giochi già pronti all’uso, impiegavamo le nostri arti mentali e manuali per sopperire a ciò che non potevamo avere.
Altri giochi già anticipati da altri isolani, seguiranno per descrivere i tempi della felice ed ingegnosa nostra adolescenza. Comunque sia.
A proposito di capricci…. Quand ero bambina La Rinascente appariva ai miei occhi come un paese meraviglioso ed era l’occasione giusta per fare impazzire i miei genitori. Anch’io come Fulvio venivo issata sul 4, da Via Lambertenghi a P.zza Duomo senza tante cerimonie, pigiata e rigorosamente in piedi. Non avrei mai osato sedermi e lasciare adulti in piedi, mi sarebbe arrivato un rimbrotto materno e magari uno scappellotto. Arrivati in Galleria cominciavo a scalpitare, già con la fantasia vedevo il reparto giocattoli, ma quello che più mi attirava era l’area libri. Puntavo l’oggetto del desiderio, prima ammorbidivo mamma, che ovviamente tentava con un secco “NO! Te ghe la ca’ piena de liber e de gioch”. Il passo successivo era il muso, come un piccolo mulo, poi puntavo i piedi e lasciavo libero sfogo alle lacrime, urlando come un’ossessa. Era fatta: mia madre, pora dona, si vergognava e cedeva. Conservo ancora un’edizione del libro Cuore degli anni 50 e, non mi vergogno a dirlo, ogni tanto lo rileggo. Ma il punto più ambito per le mie bizze era UPIM di via Carlo Farini. Arrivati in P.le Fidia svoltavamo in via Medardo Rosso e al termine ecco la mia Disneyland! Al centro del negozio c’erano le scale che portavano al piano inferiore dove si trovavano i giochi e lì…. accadeva il misfatto! Trovavo sempre qualcosa per fare aprire il borsellino a mamma. Adoravo le bambole, tutte, da quelle costose che muovevano gli occhi e piegandole in avanti sembrava piangessero, a quelle con il faccino dipinto di poco costo. Ancora oggi mi incanto ad osservarle, anche se non le trovo belle come quelle della mia infanzia. Ne ricordo una in particolare, acquistata dal cartolaio di Via Lamberteghi, che indossava come tutti i cartolai una lunga vestaglia nera. La bambola era di cartapesta, come si usavano allora, aveva gli occhi blu ornati di lunghe ciglia e i capelli veri, non sintetici. L’avevo chiamata Nella, come la moglie del cartolaio credo, con Nella trascorrevo il mio tempo, la scorazzavo per il quartiere trascinando una sgangherata carrozzina.A quei tempi erano rare e molto costose le bambole con i capelli veri e i miei genitori avranno senzaltro fatto sacrifici per regalarmela. La pigota era la mia più cara amica, le raccontavo tutto e lei sembrava ascoltarmi. Qui la mia fantasia lavorava come il manovratore del tram, a manetta. Immaginavo che durante la notte la bambola e gli altri giochi avessero vita e giocassero tra loro…. È’ vero Fulvio, i bambini di oggi hanno tutto, per loro è sempre Natale, ma quello che mi rattrista é la mancanza di fantasia, sono sempre annoiati.
Buona giornata a tutti! Annamaria.
Complimenti e brava Annamaria. La tua rievocazione si associa ai tempi vissuti da noi nel periodo post-guerra, e solo noi comprendiamo lo spirito di adattamento dovuto alle condizioni sociali, assai precarie, per buona parte della popolazione. Se qualche volta accenno ai miei pronipoti episodi dell’epoca, di cui noi trattiamo per mantenere vivi i ricordi, mi ascoltano con aria stupita come se rievocassi storie di secoli passati e non riescono a comprendere la trasformazione sociale avvenuta in tutti i campi, dal tecnologico, dal linguaggio, dalla comunicazione, dall’etica e così via in così breve tempo. Ma tant’è.
Piazzale Lagosta angolo via Volturno. C’è una bellissima torrefazione dove il sabato mattina è difficile potersi sedere per un caffè, è sempre affollata, vuoi per il mercato, vuoi perché la gente ha più tempo a disposizione…vuoi per le stupende brioche, insomma mi è sembrato un bel posticino. Mi guardavo intorno e vedevo gente frettolosa: la casalinga che sorbiva il caffè depositando la spesa sotto il tavolino, le amiche che scambiavano quattro chiacchiere gustando dolcetti, gente che sfogliava il giornale frettolosamente ecc. In questo la nostra Isola non è cambiata. Tutti corrono come sempre. Una volta le donne che potevano permetterselo, per soldi e tempo, accompagnavano i figli a scuola in via Dal Verme e poi entravano nella latteria di P.le Minniti, cafferino, chiacchiere veloci e via a fare la spesa. I pensionati si fermavano nei vari bar, punto di ritrovo per ricordare i tempi trascorsi. Ma tutto di corsa, senza relax come dicono oggi. Dove oggi c’è la torrefazione una volta c’era un negozio di ferramenta-casalinghi, fornitissimo. È comunque bello aggirarsi per il quartiere, si respira aria di casa, e non importa se non conosci quelli che incontri, se guardandosi attorno non si ritrovano i ricordi di allora, Lei è rimasta intatta dentro di noi.
Buona giornata a tutti gli isolani. Annamaria.
Per la ” RIMPATRIATA degli Isolani DOC e non ” del Sabato14 Novembre si accettano le adesioni fino al 31 Ottobre 2015.
Sergio Codazzi 3381273742 – Giovanni Tedeschi 3311049316
Distinti saluti.
In piazzale Segrino angolo via Borsieri mi pare di ricordare un negozio chiamato “La Provvida”. Probabilmente di generi alimentari. Ma non rammento se era una specie di cooperativa… qualcuno ricorda?
Buona giornata a tutti. Annamaria.
Ciao Annamaria e ciao a tutti !
Io in questi giorni stavo proprio pensando ad un negozio sul piazzale Segrino,che però era all’angolo con Ugo Bassi-ha chiuso i battenti quando io
ero molto piccola,quindi vado ….a memoria…..era un negozio con molti sacchi di iuta e probabilmente vendeva granaglie- sementi (??!!!) .
Non so se parliamo dello stesso negozio perché io lo ricordo angolo Bassi.
Buon proseguimento di giornata a tutti ! Claudia
Sono pochi coloro i quali ricordano gli oscuramenti durante la guerra e chi non li ha vissuti non può nemmeno immaginarseli.
Già dal 1940, all’entrata in guerra dell’Italia, era stato decretato l’oscuramento sul territorio nazionale. Questo significava che non dovesse trapelare dalle abitazioni la minima luce. Per questo era necessario persino riempire con carta di giornale gli spazi tra le liste delle persiane e se non sufficiente applicare dei fogli di carta blu all’interno dei vetri delle finestre. Ogni luce esterna era stata spenta. L’illuminazione stradale eliminata, le poche macchine di allora, per circolare, dovevano avere dei bordi verniciati in bianco, per aumentarne la loro visibilità, ed i fari luminosi schermati con un solo piccolo rettangolino scoperto. I bordi dei marciapiedi, sulle curve, verniciati di bianco. Le vetrate dei tram erano in masonite perchè non trapelasse alcuna luce all’esterno ed il faro anteriore era schermato come quello delle macchine.
I numeri civici sui portoni, che erano allora come quelli attuali erano stati affiancati da dei grossi rettangoli in masonite con le cifre bianche, grosse ed in bianco su sfondo nero ed in tutta Milano recavano la pubblicità dei biscotti Guglielmone. Forse la Guglielmone, allora molto nota nel campo, aveva partecipato al costo dell’impresa o forse la aveva presa tutta a suo carico.
Anche le biciclette, per circolare al buio dovevano avere le estremità dei due parafanghi verniciate di bianco. Poichè nelle sere senza luna la visibilità era zero, i pedoni si potevano munire di una specie di spilla al fosforo che permetteva di evitare dei veri scontri tra le persone. Anche mia sorella che lavorava in centro ne aveva una che le era utile nel percorso che faceva dalla fermata del tram in via Carlo Farini sino a casa in via Dal Verme. Il dramma era quando scendeva il nebbione, allora molto molto frequente, che con l’oscuramento rendeva veramente arduo il capire dove ci si trovava. Ricordo di essere uscito con mia mamma dal cinema Farini, attorno alle 18 e di avere fatto molta fatica a ritrovare casa nostra e comunque dopo avere diverse volte chiesto a qualcuno quale direzione prendere. Mi crederete ?
In ogni fabbricato era stato nominato, già nel ’40, un Capo Fabbricato, che aveva il compito di controllare l’oscuramento dello stesso e di controllare che, in caso di allarme aereo tutti scendessero in rifugio. In Jacopo dal Verme 4 venne nominato mio papà, poi quando ci trasferimmo al 2 della stessa via con la latteria, dismise quell’incarico.
Particolarmente durante il periodo della RSI tutti erano molto attenti a rispettare l’oscuramento poichè se sino ad allora si rischiava solo un richiamo del CapoFabbricato, poi era facile farsi arrivare sulla persiana una raffica di mitra da una pattuglia della Muti che di notte controllava la città. Io ne ho sentite di queste sventagliate in via Dal Verme !
Ora sospendo il lavoro che riprenderò domani.
Lavoro che riprendo ora, in questa magnifica mattinata di sole e di luce che contrasta così bene con l’oscuramento della città che ho cercato di descrivere.
In quegli anni però la Luna continuava a fare il suo splendido servizio con l’abituale sua puntualità e nelle notti di plenilunio la città era rischiarata a giorno e si diceva : ” Stanotte arrivano ! “, e tutti dormivano con un occhio solo nella snervante attesa del segnale di allarme.
All’oscuramento che durò per tutti i cinque anni di guerra si aggiunse il Coprifuoco nel periodo della RSI. Credo che pochi conoscano il significato della parola. La imposizione del Coprifuoco, rigidamente fatto rispettare, era quella di non dovere assolutamente uscire di casa dopo una certa ora e sino al mattino successivo. In Inverno era in vigore dalle 21 alle 6 e d’Estate dalle 22 alle 5. Potevano circolare solo i muniti di autorizzazione dei comandi preposti. Mio papà che lavorava in ferrovia la possedeva, rinnovata mensilmente, e facendo anche i turni di notte, 22-6, percorreva in bicicletta il tratto “dal Verme- Centrale” e più di una volta sentì fischiare vicino alle orecchie una pallottola sparatagli da lontano che per fortuna non lo avevano mai colpito. Così si viveva allora. Pattuglie della Muti, della Milizia e di altri corpi armati perlustravano la città di notte. Chi veniva trovato in possesso di un arma veniva giustiziato sul posto. Del resto, un civile con un arma addosso in quelle notti non era certo in istrada per fare del bene !
Si dice che l’uomo si adatti per sua natura a tutte le circostanze e ricordo che, dopo anni di quella vita ci si era fatto, come si dice, il callo.
Malgrado tutto la vita era proseguita, anche all’Isola. Le scuole erano aperte e funzionavano, io avevo fatto tutte le elementari in P.le Archinto iniziandole nel 1940 a guerra appena iniziata ed avevo terminato la quarta elementare nel giugno del 1944. tutti anni di guerra, dopodichè, su consiglio della maestra Origlia, la stessa mi preparò agli esami di ammissione alla scuola media e così saltai la quinta e mi ritrovai nell’Ottobre del 1944 già in prima media al Parini di via Goito che conclusi nel giugno del 1945. Quindi due anni nel pieno del periodo della “Guerra Civile”. Periodo ampiamente descritto, romanzato ed infarcito di enormi falsità, sul quale distendo un velo pietoso e torno al tema oscuramento.
Con il termine della guerra, alla fine dell’Aprile 1945, ebbe termine anche l’oscuramento. I lampioni delle strade non erano ancora stati riparati e messi in funzione ma di luce l’Isola era piena. In ogni cortile si ballava, i dischi giravano su di un grammofono, le lampadine accese facevano come da soffitto ai cortili e la gioia della gente arrivava alle stelle. La guerra era finita !!!
Anche le tre fucilazioni,effettuate in giornate diverse tra la fine di Aprile ed i primi di Maggio, dei tre Isolani : Brenna, Volpini e Mandelli, da parte di noti ubriaconi della zona, ( io sono stato presente a tutte e tre e ne sono buon testimone) erano state rapidamente dimenticate. Tutti erano proiettati nel
“Dopoguerra” . Ognuno con i suoi propri desideri ed aspirazioni.
I lampioni stradali dell’Isola restarono però ancora a lungo spenti. I primi ad essere messi in funzione furono quelli del Viale Zara tra Piazzale Lagosta e Via Stelvio. Era uno spettacolo ! Dopo cinque anni di buio assoluto, questo splendore, ed in quelle sere di Primavera !
Tutta l’Isola si era riversata, in quelle sere, in Viale Zara. Si bivaccava per ore sulle aiuole laterali , che in parte erano occupate dai rifugi antiaerei, già coperte di erbetta fresca, e si stava li a bearsi di quella luce, all’aperto.
L’oscuramento era alle spalle, il coprifuoco anche, davanti a se ognuno immaginava un mondo finalmente da vivere, ciascuno con le proprie idee.
“Isola anno zero “.
Ancora complimenti caro Gianni, per le tue puntuali e precise rievocazioni del periodo dell’ultima guerra. Hai una notevole capacità descrittiva che nella lettura dei tuoi interventi, consentono a me, che all’epoca ero bambino , di cogliere frammenti integrativi ai miei deboli ricordi. Ti nomino storiografo dell’Isola ….D.O.P.
Troppo buono Fulvio. Ma come non essere stimolato a scrivere ancora dei miei ricordi dell’Isola quando il Blog Milanoisola ha preso tal quale quanto ho scritto sull’oscuramento e lo ha inserito nella rubrica “come eravamo”. Significa che pur essendo tutti in prima linea per la battaglia della sopravvivenza siamo
comunque interessati a conoscere il nostro passato. Al lavoro quindi, oggi rendo omaggio, con il ricordarle e scrivere di loro, alle Suore di Via Confalonieri che davano vita a quell’asilo del quale i miei coetanei e coetanee serbano un nostalgico ricordo.
Esisteva dunque questo asilo, gestito da Suore di non so quale ordine, che accoglieva ogni giorno bambini dell’Isola perlopiù figli di operai della vicinissima Brow-Boveri o di altri stabilimenti della zona. Era sito in via Confalonieri e lo stabile è stato demolito molti anni fa. Era rimasta per molto tempo ancora visibile solo la parete lunga del “refettorio” con la zoccolatura in smalto celeste e, ogni volta che mi capitava di essere in macchina da quelle parti, non mancavo mai di passare lungo quella via e guardare quel muro. Mi risvegliava ricordi di una dolcezza tale da farmi dimenticare gli assilli quotidiani che mi gravavano sulle spalle.
Mia mamma era operaia alla Brow-Boveri. Abitavamo allora in via Dal Verme,4. Io ero stato ricoverato per oltre un anno di seguito all’ospedale chiamato Derganino, per le malattie infettive. Entrato a poco più di un anno per il morbillo, ad una ad una avevo fatto tutte le possibili malattie infettive dei bambini dell’epoca e ne ero uscito ai tre anni. Ero stato immediatamente affidato alle Suore di Via Confalonieri. Mia mamma mi depositava da loro al mattino prima delle otto e mi prelevavo alla sera dopo l’uscita dallo stabilimento. Così facevano anche le altre mamme. All’asilo comunale di via Pastrengo non c’era accesso per i piccoli come noi. Occorreva aspettare i cinque anni.
Ricordo, come lo avessi davanti ora, il grande portone di via Confalonieri, in legno scuro con riquardi borchiati, sulla destra il tasto del campanello. Alla chiamata si apriva un portello, la Suorina di turno ci faceva infilare dentro ed il portello veniva immediatamente richiuso con un botto che ho ancora nelle orecchie.
Eravamo in una cinquantina, tra bambini e bambine, tutti con dei grembiulini perlopiù neri, e con in mano, all’arrivo, il nostro cestino di paglia contenente qualcosa per completare il pasto del mezzogiorno. Normalmente nel cestino c’erano : una mela, un formaggino, una michetta e, per i più fortunati, un cioccolatino o un mignin , che era un piccolo wafer quadrato della Wamar.
Quando, a mezzogiorno, seduti sul lungo bancone del “refettorio”, si aprivano i cestini, da questi usciva un inebriante profumo di mela che ho ancora nelle narici. Seguiva la rituale richiesta della Suora che gestiva la tavola : consegnare il foglietto di alluminio che ricopriva il cioccolato. Questa veniva unito ad una grande palla di alluminio, formata appunto da quei foglietti, che troneggiava su di un ripiano in un angolo. ” E’ per i negretti africani ” ci diceva.
Chissa….! Poi sul tavolone che ricordo molto molto lungo venivano portate le scodelle di alluminio con il cibo che ci avevano preparato. Che musica il rumore della scodelle in arrivo !
Spesso, molto spesso, al termine della “refezione” ( Che strano, i due termini che ho usato e mi sono affiorati alla memoria : “refettorio” e “refezione”, non li avevo mai usati ne sentiti nel corso della vita. Appartengono solo a quel mondo ) Una Suorina mi chiamava e mi consegnava una caramella ; mia mamma era passata al ritorno della pausa del mezzogiorno, aveva suonato alla porta ed aveva consegnato, alla Suorina che aveva aperto, una caramella per me. Mi commuove il ricordo del pensiero d’amore di mia mamma, che alle 12 correva dallo stabilimento a casa per preparare da mangiare a mia sorella e poi correva allo stabilimento per essere li alle 13 e trovava modo di farmi avere quella caramella !
La dolcezza delle Monachelle che ci seguivano durante la giornata era ammirevole. Annesso al refettorio c’era un ampio orto ben curato ed un giardino. Qui ci portavano a prendere un pò d’aria e un’attrattiva per noi era rappresentata da una grossa tartaruga che viveva in quegli spazi.
Alle 17, quando le mamme od i papà venivano a prelevarci era una festa.
Vedo ancora davanti a me mia mamma sorridente, nel suo grembiule nero e sento la sua mano che prende la mia e la trovo dura, callosa, per avere impugnato il manico del martello ed altri attrezzi durante otto ore di lavoro,
ma per me quella mano è calore e sicurezza.
Questo è il mio ricordo dell’asilo delle suore di via Confalonieri, all’Isola.
Complimenti davvero Gianni ! Che belle cose hai raccontato !
Ci hai reso tutti partecipi di uno ‘spaccato’ della tua vita,narrato con struggente nostalgia.
Anch’io ricordo le suore,ma chissà perché ero convinta che la casa desse su via De Castillia !
Durante le elementari,che ho frequentato in via Jacopo Dal Verme alla Confalonieri ,nella mia classe c’erano 3 bambine orfane che vivevano appunto in quel caseggiato che nel frattempo era diventato un collegio.
Ricordo in particolare,che un giorno una giovane suora venne a prenderle all’uscita e prese da parte la più introversa – non parlava mai – non so cosa fosse esattamente successo in classe, ma rivedo la tenerezza con cui la suora le sorrise e si chinò ad accarezzarla .
L’edificio di cui parliamo è stato occupato nei primi anni 70 e demolito credo intorno al 76/77.
Un caro saluto a tutti.
Claudia
Cara Claudia, mi ha fatto molto piacere conoscerti di persona e stringerti la mano in occasione della cena da Tomaso, in via Castillia, il 14 Novembre.
Tornando all’articolo di cui sopra è certo che lo stabile a disposizione delle Suore avesse due accessi, uno in via Castillia, dove c’era il Collegio ed uno in via Confalonieri, dove c’era l’Asilo. A presto, cara.
Anche a me ha fatto molto piacere conoscerti !
Sono certa,che tu abbia ragione e che l’edificio in origine fosse composto da 2 accessi .Io lo ricordo negli anni 70 quindi probabilmente per varie ragioni un po diverso.
Dato che sarò un po impegnata in questi giorni – gioco d’anticipo e auguro a te e a tutti quanti un sereno fine settimana.
Ciao !
Bravo Gianni! Anch’io ho frequentato l’asilo di via Confalonieri e anch’io avevo un cestino di paglia… Ricordo i lavoretti che le suorine ci facevano fare, con la carta, la stoffa, il pannolenci. Ogni giorno volevo portare alle monache qualche oggetto di casa, con gioia di mia madre! Successivamente frequentai l’oratorio e rammento un lungo banco pieno di caramelle, dolcetti ecc. Buoni i “gommoni” di liquirizia che si appiccicavano ai denti, le bustine di farina di castagne, le stringhe, insomma, una tentazione!
Dopo qualche anno, alle scuole medie Rosa Govone, ritrovai le monache. Ogni mattina accompagnavano le bambine ospitate nel loro collegio e venivano a riprenderle all’uscita. Molte di queste bimbe erano orfane, altre avevano i genitori lontani. Quando all’uscita ritrovavo mia madre pensavo con tristezza che ero davvero fortunata, potevo abbracciarla quando volevo. Una di queste ragazzine mi era particolarmente cara, si chiamava Elisa Martinelli, era bionda, con le treccine, la sua famiglia abitava mi pare in Brianza dove mi invitarono. I suoi genitori lavoravano e lei poteva andare a casa solo nel fine settimana. Mi piacerebbe ritrovarla.
Un altro ricordo riaffiora a proposito delle religiose di via Confalonieri. Quando c’era qualche funerale, usavano portare le bambine del collegio al corteo funebre, dove pregavano per tutto il tragitto. Fortunatamente questa usanza si è persa nel tempo.
Mi è spiaciuto quando l’edificio è stato abbattuto, era comunque una parte della nostra infanzia.
Annamaria.
Bellissima serata da Tomaso in Via De Castillia in compagnia di amici isolani. Un grazie particolare a Sergio Codazzi e Gianni Tedeschi per avere organizzato il piacevole incontro.
A presto. Annamaria.
Mi unisco ad Annamaria !
E’ stata veramente una simpatica serata,e mi ha fatto piacere conoscere tante persone.
Grazie di cuore a Sergio Codazzi e a Gianni Tedeschi,per aver organizzato
questo incontro.
un caro saluto a tutti.
Claudia
Mi unisco ad Annamaria per confermare che è stata una bellissima serata passata con Isolani e non,mio marito non è Isolano,ma è stato i molto contento di avere partecipato e ci auguriamo che ci siano altri incontri davanti ad piatto di buon risotto e polenta.
Un saluto a tutti gli Isolani ed in particolare modo a Codazzi e Gianni per avere organizzato questo evento.
Lucia Beduzzi
Bellissima serata,passata in compagnia di Isolani e non,un grazie a Sergio Codazzi e Gianni per aver organizzato. Ho visto le belle foto scattate da Fulvio Lotorto un grazie anche a Lui che ha documentato la nostra bella serata
Cari saluti
Lucia Beduzzi
Buongiorno a tutti,
Mi piacerebbe sapere dove è possibile acquistare il libro di lino lecchi “c era una volta l isola”. Potreste aiutarmi?? È molto che lo cerco.
Grazie a tutti
Buongiorno,
io l’ho comprato su Ebay, e credo che oggi sia uno dei pochi modi per recuperarlo… difficilmente si può trovare nelle librerie “normali”.
Ciao Andrea ,
anch’io ti consiglio di comprarlo on-line .E’ un edizione un po vecchia ……
L’Unica cartoleria, che sino ad un po di tempo fa aveva moltissimi libri su Milano -in generale -è una cartoleria che si trova in via Passerini a Niguarda -praticamente per andare all’anagrafe.
Io non passo di lì da un po di tempo -però era sempre ben fornita !!
Conosco bene il libro,che ho regalato a mia madre – i personaggi hanno lo stesso nome dei miei genitori -Carla e Nuto !
Un saluto a tutti !
Claudia.
il libro in questione scritto dal lino mio vecchio compagno di scuola,nelle librerie è ormai introvabile.Ho indirizzato tempo fà chi lo voleva alla casa editrice ma anche lì risposta negativa,quindi….Un saluto a tutti da enzo.
Bene ! Una bella notizia davvero !
Come dicevo ad Andrea, i 2 personaggi citati nel libro hanno lo stesso nome dei miei genitori; Carla (che hai conosciuto) e Nuto.
Ciao a tutti !
Claudia
Una bella notizia, ogni tanto capita?
Prima di Natale 2015, e non è lontano Lino Lecchi mi ha promesso la riedizione del suo libro ” QUELLI DELL’ISOLA ,, sono in trepida attesa, mi rivedrò sicuramente parte della mia vita, nero su bianco. Grazie anticipato.
Sergio Codazzi
Codazzi scusa ma il libro del lecchi è c’era una volta l’isola,non sono al corrente di quelli dell’isola,è un secondo libro che ha scritto?
Gen Sig Enzo, se è la riedizione è C’era una volta l’Isola, rivisto e aggiornato ai giorni nostri. Distinti saluti Codazzi w l’ISOLA
In Facebock continua regolarmente ad essere postata una cartolina di Piazza Tito Minniti, in varie pagine, ed io ogni volta mi prendo la briga di scrivere sulle tre fucilazioni fatte su quella Piazza nel 1945. Chi ne volesse sapere di più non ha che da chiedermelo. Io ho assistito a tutte e tre, in giorni diversi, Ve la racconto io l’Isola di quei tempi !
Attenzione, le persone serie ed affidabili non si smentiscono mai???
Lino Lecchi ci stupisce ancora:
Il suo nuovo libro ” Quelli del Isola ,, è un libreria, martedi15 Dicembre in Via Pollaiuolo,5 con la presenza dell’Autore , occasione per ritrovare qualche faccia conosciuta,magari con i capelli bianchi ma pazienza, è pur sempre bello lo stesso. Un saluto da Sergio Codazzi. W L’Isola
Si bene ! Grazie per la buona notizia Sergio!
Spero tanto di riuscire a passare.
Intanto un caro saluto a te e a tutti !
Claudia
Mi spiace molto di non potere partecipare a quell’evento. Mi sarebbe piaciuto incontrare il Lecchi che conosco solo per la lettura del suo libro. Inoltre avrei portato lì anch’io i miei capelli bianchi ( quelli rimasti ). Auguro al Lecchi un buon successo di questa nuova edizione del suo libro ed a te, caro Sergio, complimenti per il tuo attaccamento alla nostra vecchia Isola.
Buone feste a tutti gli amici isolani e agli “importati”. Annamaria
I fèstt….la panscia pièna e la vitta la ripòsa. Gli Isolani si sono assopiti, spero però che vada tutto bene.
A tempo opportuno vi invito a vedere questo bel documentario della Radio e Televisione Svizzera Su FB RadioMeneghina, ” Dialèt ,,
Spero sia di vostro gradimento. Sergio Codazzi
Tutto bene Sergio!
Io mi sono goduta un po queste feste …..
Auguri di uno splendido e fortunato 2016 a te e a tutti gli amici !
Claudia.
Ma….gli amici isolani che fine hanno fatto? Gianni, Lucia, Enzo, Franco, Fulvio e compagnia….State bene? Comincio a preoccuparmi…
Un’allegra Epifania a tutti.
Annamaria.
sono vivo e stò bene,ma come ho già detto in precedenza sono uno di poche parole e seguo sempre i vostri scritti.Il giorno della presentazione del libro del mio vecchio amico e compagno di scuola lino lecchi,avrei voluto andare alla libreria per incontrarlo e comperare il libro,ma essendo impossibilitato ho telefonato in libreria e ho parlato con lui personalmente dopo una vita.Si è ricordato subito di me e si è messo a dire svariati nomi dei nostri vecchi compagni e questo mi ha fatto molto piacere.Penso di andare al più presto a prendere il libro poichè da come mi ha spiegato deve essere interessante.Un saluto a tutti,è un piacere leggervi sempre.
Ciao Enzo, non ho potuto nemmeno io andare alla presentazione del libro di Lino Lecchi, ma successivamente l’ho acquistato. Devo dire che è molto interessante, scritto bene e, anche se molti personaggi non li ho conosciuti sono descritti talmente bene che pare di rivederli.
A proposito di personaggi ho un “vuoto”…. Giovanni Borghi propose, con successo, i fornelli smaltati a gas. Bene, ma prima di questa invenzione, come si cucinava? Ricordo le stufe con gli anelli sulle quali si poteva cucinare, ma immagino solo nel periodo invernale, e d’estate?
Ciao a tutti. Annamaria.
beh d’inverno ricordo la stufa con i vari sportelli che fungevano da forno e per l’estate ricordo fornelli a gas rudimentali e anche fornelletti elettrici anch’essi produzione del borghi che aveva negozio nello stabile che prendeva gli angoli di garigliano minniti borsieri.Dopo di lui subentrò molteni con vendita materiale elettrico ed in seguito ariatti il primo negozio all’isola di abiti confezionati.
Ecco cara Annamaria anche un mio segno di vita : in splendida forma sono da oltre un mese in questo luogo, Rovinj-Rovigno, Croazia, che è veramente stupendo, per luoghi, case, cose e persone. In più, per me, in queste terre c’è la storia della mia famiglia. Con un Dicembre a pieno sole, mare e cielo blu, non ho sofferto la lontananza da Milano. Ma ora mi chiama la sua vita ed i suoi problemi e sono sul piede di partenza. A te e Silvano tanti Auguri per l’anno che è iniziato. A presto !
Sono nata il via Gaetano de’Castillia 9. Ho frequentato la scuola elementare Rosa Govone e la mia maestra era la signora Marisa Quaglia. Ricordo i nomi di alcune mie compagne di classe perchè ho ancora il ‘Libro dei Ricordi’ sul quale maestre, genitori, amici e compagne di classe facevano un disegno e scrivevano un breve pensiero: Grazia Brioschi, Stellina, Maria Luigia Rubino, Anna Pennatini, Bianca Brancato, Flora Pagetti (il papà lavorava alla Faema), Angela Pelateo (aveva dei bellissimi, lunghi capelli colore rame che si infilavano sempre nel mio calamaio), Paola Cocconi, Maria Giuseppina Sottocorno, Floriana Bonelli, Maria Luisa Beduzzi, Giannina Ferrazzano, Marinella Colli, Brunella Parilli (abitava in vicolo de’ Castillia e quando andavo a giocare da lei sua mamma imbustava le figurine che lo stabilimento ‘Collezioni Lampo’ stampava e che poi venivano vendute nelle cartolerie e nelle edicole), Severina Riposi e Anna Maria Ferrari.
Io e mia sorella Roberta, che è nata nel 1944; la sua maestra era la signora Biasotti e le compagne che ricorda sono Rosanna Battaglia che ancora frequenta, Giuliana Losi, bravissima a disegnare, Ardemagni e Introzzi, cerchiamo da tanto tempo la foto della nostra casa sul qui terreno ora sorge uno dei due Boschi Verticali.
I ‘personaggi’ della nostra casa erano: la Signora Ambrogia Martinelli che aggiustava le calze di nylon con un ferretto e faceva le iniezioni;bisognava farle trovare la siringa bollita nell’apposito contenitore. Il tappezziere signor Negri per il quale lavorava anche mio nonno Luigi, anche lui bravissimo tappezziere che faceva le poltrone in velluto per le carrozze di prima classe delle Ferrovie dello Stato. La signora Massari, mamma dell’onorevole Renato Massari. La famiglia Criscione, arrivata da Palermo, con il figlio Luigino che era il mio migliore amico.
La famiglia Barbieri con i figli Ettore e Pierangela che voleva fare la parrucchiera. I giovani coniugi Salina con una voliera piena di canarini al disopra della porta d’ingresso, fra quella di legno e quella di vetro. Il signor Salina morì schiacciato fra due camion mentre tornava a casa in bicicletta. La giovane signora Tina Salina dovette cercare un lavoro e lo trovò come imbustatrice di funghi secchi. Passato del tempo si innamorò e si sposò con il titolare del laboratorio di funghi. Era una brava persona. I signori Mirabelli che, a differenza di me, avevano i servizi in casa.Il nostro ‘bagno’ (la turca) era oltre il loro appartamento. La famiglia Tacchini, che aveva un cane mordace ( aveva morsicato mia sorella Roberta che se lo ricorda ancora). Il cane si chiamava Winkler. E la mia famiglia: mio papà era commissionario di Borsa e mia mamma era stata vice prémière nella sartoria Ventura in via Manzoni. Aveva cominciato come ‘piscinina’, faceva abiti da sera e da sposa per le Signore dell’alta società, ma aveva smesso di lavorare quando si era sposata. Ci vestiva come due principesse e con gli avanzi di tessuto di mio nonno tappezziere ci faceva delle ciabattine stupende.
Nel cortile c’era una fabbrica che produceva oggetti in bachelite. Il proprietario signor Boscolo, regalava a noi bambini del cortile alcuni giochini di sua produzione. In cortile, scendendo alcuni gradini, c’era un lavatoio con sei vasche. Nel 1960 ci siamo trasferiti vicino a via Teodosio, ma il ricordo di quei tempi è sempre vivido.
Ringrazio per il tempo dedicato alla lettura di questi ricordi. Spero che qualcuno trovi la foto che tanto io e mia sorella vorremmo avere.
Cordiali saluti, Mariarita e Roberta Lacchini
Che bello spaccato di vita isolana….che ci avete raccontato !
Tra le persone citate da voi ho conosciuto Anna Pennatini, perchè abitava qui in via Arese 7.
Spero di cuore visto che in molti avranno letto qualcuno vi possa aiutare a rintracciare la foto che cercate !
Un caro saluto a tutti.
Claudia.
Io sono Lucia Beduzzi sorella di Maria Luisa che era in clesse con te,purtroppo Lei ci ha lasciato molto presto,tra i nomi citati da te ricordo Anna Pennatini e Floriana Bonelli che abitavano in via Arese 7.
Mi piacerebbe tanto trovare foto di quel periodo scolastico,io sono del 42 e ho frequentato la stessa scuola e la mia maestra era la signora Vergani e poi la signora Noè,severissima!!!!! In classe come me c’era una bambina che abitava in via De Castillia si chiamava Camilla Borsetta,magari tu la conoscevi,visto che abitavi in quella via.
Gentile Lucia, mi addolora averti rattristato con i miei ricordi. Molte di noi erano bambine serene che percorrevano a piccoli passi la strada del loro futuro. Mi addolora tantissimo sapere che una di noi ci ha già lasciate
L’Anna Pennatini me la ricordo come una bambina molto diligente e dolce.
Di Camilla Borsetta non so niente, non è un nome che ricordo né abitava al 9.
Ho una foto di una gita organizzata da don Eugenio a Varallo come premio per aver partecipato tutte le mattine di maggio al Mese Mariano. Eravamo in quarta o quinta. Se ti fa piacere te la mando.
Ciao, ho conosciuto un Luigi Criscione che abitava in via De Castillia 9. Mi pare studiasse da geometra, non era molto alto, simpatico, occhi scuri. Io sono del ’51 e mi pare anche lui. Mi piacerebbe sapere qualcosa di più, se è la stessa persona…un caro saluto.
Annamaria Laronga.
Ciao Rita Lacchini,grazie della risposta,penso che mia sorella Maria Luisa non abbia partecipato alla gita a Varallo,perché noi andavamo in chiesa alla Fontana. Il tuo ricordo mi ha fatto piacere e quando ho letto il nome di mia sorella sono tornata indietro col tempo,mi piacerebbe vedere il ricordo di mia sorella sul famoso libro dei ricordi.Se vuoi ci possiamo sentirci telefonicamente o con il mio indirizzo email
Grazie Lucia Beduzzi
Cell.3332144432
lucia.beduzzi@gmail.com
Rita vuoi vedere che c’è la facciamo a trovare la foto della nostra casa
Isolani??? voi che camminate nelle gloriose vie del quartiere Isola.
Cliccate sul libro “Quand el sô el torna indree,, e cantate con me la canzon de l’Isola!
Buon anno a tutti gli Isolani, ne abbiamo bisogno.
Sergio Codazzi
Ringrazio sentitamente Annamaria per avermi evocato, e la tranquillizo nel dirle che ancora sono…….verticale! E quindi è tutto dire alla mia veneranda età. Non mancherò di rievocare qualche altro mio ricordo giovanile vissuto all’isola e più propriamente in via Borsieri, 14. Con qualche giorno di ritardo invio a tuttti gli Isolani conosciuti e non, il mio più fervido sentimento di positivo auspicio per l’anno testè iniziato.
Fulvio Lotorto
Gentile Annamaria Laronga, Luigino Criscione veniva da Palermo. Ho un suo disegno sul mio Libro dei ricordi, dove ha disegnato l’Etna che fuma.
Luigino era un bravo bambino paffutello. Abitava all inizio della ringhiera, io alla fine dove questa si allargava a formare un terrazzino.Luigino ed io ci incontravano a metà strada, sul gradino del mio ‘gabinetto’. Ma dovera pagare un prezzo. Per venire da me doveva passare sotto la finestra della Rosetta che se sentiva un bambino passare, apriva la finestra e mollava uno scappellotto al malcapitato. Luigino, capita l’antifona , si abbassava, e la Rosetta perdeva un’occasione. Le donne della casa dicevano che era così cattiva perché non aveva avuto bambini e soffriva di gelosia. Ho una foto dove c’è Luigino, io e altre due bambine sedute sui gradini dei locali di mia nonna Teresina Lacchini al piano terra, in cortile. Ti mando un saluto, Rita
Grazie Rita per la tua simpatia. Ricordare Luigino mi tuffa nella mia gioventù. Parliamo degli anni ’60. Abitavo in via Ugo Bassi dove Luigi aveva un amico. Una volta si usava ritrovarsi fra ragazzi a casa di uno di loro, le mamme preparavano bibite e dolcetti. I dischi ’45 giri andavano per la maggiore, erano gli anni di Gianni Morandi, i Giganti, i Dik Dik ecc… qualche ritmo movimentato e poi i lenti. Dove non succedeva niente se non guardarsi negli occhi e “ballare”. Le mamme buttavano un occhio per controllare l’andamento della festa, si scherzava, ci si conosceva tra ragazzi e a volte nascevano simpatie. Che rimanevano tali e ci permettevano di crescere in modo diverso da oggi, non eravamo annoiati, scocciati, scontenti. Assolutamente no. Eravamo felici di frequentarci, di vivere la nostra giovinezza senza malumori.
Ad una di queste feste ho appunto conosciuto Luigino. Lo ricordo con simpatia e ti ringrazio per avermi fatto rivivere un giorno trascorso in allegria.
Se ti fa piacere e ti è possibile, potremmo incontrarci all’isola con Lucia e rispolverare passeggiando i vecchi fantasmi.
Un abbraccio e… grazie.
Annamaria.
Ciao Fulvio, è un piacere risentirti. La tua “veneranda” età è più o meno la mia e di mio marito. Va bene, non siamo giovanissimi, ma se le nostre articolazioni sono un po’ arrugginite, la nostra memoria è il nostro cuore no! Abbiamo tanto ancora da ricordare riguardante la nostra Isola che potremmo scrivere un libro. Purtroppo non sono su FB dove molti isolani pubblicano foto che ci riguardano ecc. Vedrò di rimediare a breve.
Un caro saluto. Annamaria.
Ed eccomi qua a Milano di nuovo anch’io e subito un saluto cordiale a tutte le amiche ed amici isolani. Sto scivolando velocemente verso gli 82 ma non tento neppure di frenare, tanto più che non è possibile. Devo fare subito una constatazione : il mondo, relativamente al tempo atmosferico, è cambiato. Ricordo gli inverni all’Isola negli anni ’40. Acqua, gelo, nebbia e neve. Io andavo al Parini di via Goito, con le scarpe di allora che si inzuppavano di acqua come dei biscotti. Era qualche chilometro di percorso al di la del ponte. I marciapiedi erano ancora invasi dalle macerie dei bombardamenti (’43-’44-’45) e le pozzanghere andavano comunque superate, per non parlare dei giorni con la neve, che in quegli inverni era caduta spesso ed abbondante.
Ecco, raffrontando quei periodi a quelli che stiamo vivendo non vi pare che siamo veramente riferendoci a due mondi diversi ? Vero è che tutti sono maggiormente difesi dal freddo con scarpe ed indumenti adatti, le case sono calde, molti usano la macchina, anche questa riscaldata. Allora questi elementi difettavano e per molti erano quasi sconosciuti. Dopo questa mia lunga tiritera che non avrà assolutamente interessato e della quale sarete contenti di essere giunti alla fine vi saluto con l’isolano ” se vedum “.
Grazie Annamaria per il conforto …anagrafico. Effettivamente non mi posso proprio lamentare per lo spirito che anima le mie curiosità ancora da scroprire. Ogni giorno abbiamo davanti a noi obiettivi di soddisfazione in ogni campo ,vuoi culturale, scientifico, storico etc. La vita è proprio bella se vissuta intensamente.
Per quanto riguarda FB non esitare a contattarmi se posso essere d’aiuto. Ricambio migliori cordialità.
Fulvio
GIOCHI DI CORTILE – VIA P- BORSIERI, 14 – ANNI 1950…..
NASCONDINO
Abitualmente, nel pomeriggio, dopo aver assolto ai doveri scolatici, ragazzine e ragazzini ci incontravamo, al richiamo dei tam tam che si rincorrevano da un ballatoio di ringhiera all’altro, in cortile. WhatsApp primordiale!
E’ doverosa, per chi non ha “albergato” nel caseggiato, una sommaria ma utile descrizione dell’immobile.
Dopo l’entrata del civico n. 14, si apriva un pre-cortile, lastricato in cemento, che immetteva successivamente in un altro cortile più ampio, lastricato in sassi a vista, e fiancheggiato a sinistra da una struttura abitativa a due piani, ed a destra da altra a quattro piani, servite centralmente da scale ad unica alzata,
Nell’edificio costituito da quattro piani, al piano terreno, insisteva un locale adibito a lavatoio comune, per lavaggio di biancheria, utilizzato soprattutto dalle massaie, la maggioranza, che nelle loro abitazioni non disponevano dell’acqua corrente e quindi del mastello in ghisa.
Il locale, rettangolare, era sprovvisto di luce elettrica e di finestre e l’unica fonte luminosa proveniva dall’alto dei quattro piani, dal lucernario.
Luce fioca e debole permetteva una agibilità visiva solo nelle ore centrali diurne in specie nel periodo estivo.
Il locale era poco arieggiato dal solo ingresso, molto umido, poco luminoso e dotato sulla sinistra, dopo l’entrata, di tre vasche molto ampie tali da accettare anche i nostri corpi.
Uno dei giochi di allora, da noi preferiti, era appunto il gioco del “nascondino”.
Si iniziava nel sorteggiare colei o colui che appoggiato alla parete, ad occhi chiusi, doveva conteggiare un certo numero sequenziale, per consentire a tutti gli altri di trovare luoghi idonei in cui nascondersi, per essere scovati il più tardi possibile.
I nascondigli che permettevano la momentanea sparizione di noi stessi, erano le scale, i portoni d’ingresso della abitazioni semichiusi, qualche carretto in stazionamento, e per me soprattutto il locale lavatoio per le sue peculiarità.
Ricordo ancora l’agitazione che mi prendeva, quando al compagno di gioco, predestinato al conteggio iniziale, mi apprestavo a suggerirgli di contare molto lentamente, per permettermi di nascondermi in una delle vasche anguste del lavatoio e trepidavo nel sollecitare la stessa azione a qualche compagna di gioco, per rimanere e dilatare nel tempo quei pochi minuti di permanenza in intima compagnia.
Ho iniziato a conoscere la tachicardia (battito accelerato del cuore) proprio in occasione di quelle circostanze, non per disfunzioni del mio organo principale, ma per la vicinanza dell’altra parte, complementare al nostro corpo.
Chi vuole intendere, intenda, in tutte le sfumature. (Possibilmente non in grigio)
Fulvio
Ho letto con piacere ciò che ha scritto Lucia e ciò che ha scritto Fulvio.
Anch’io ho giocato molto a nascondino in via Arese al 7 – ma i nostri nascondigli,erano ‘sorvegliati’ dalla portinaia -(che si chiamava Lucia) in quanto alcune zone erano interdette.
Una di queste zone era appunto il lavatoio …..
Noi bambini, avevamo tutti un po paura della portinaia ! La ricordo con il suo grembiule nero,i capelli bianchi e la scopa di saggina con la quale a volte ci minacciava !!!
Un caro saluto e un augurio di buon fine settimana a TUTTI !!
Claudia
Anch’io come tanti ragazzini ho giocato a nascondino. Abitavo al n. 23 di via Ugo Bassi dove c’era un bel giardino e relativo cortile, sostituiti negli anni ’70 da una bella gettata di cemento. Il tutto per ricavare posti auto! Così il poco verde non esisteva più ma in compenso si poteva godere dello scarico dei gas emesso dalle auto….che bel! ma negli anni 50-60 il giardino era di noi bambini. Non era una casa di ringhiera, ma il tamtam esisteva anche lì. Da un balcone all’altro ci si chiamava e poi come cavallette ….tutti in cortile. Eravamo 3 bambine, il resto maschietti, e il nascondino coinvolgeva tutti. Il problema era che essendo tutto aperto i nascondigli erano pochi e ci si ritrovava subito. A volte venivano utilizzate le cantine, considerate tabù, peccato che se anziché i compagni di gioco ti trovavano le mamme, qualche scappellotto partiva! Come Lucia quando posso rivedere il vecchio cortile ricordo con struggente nostalgia quel tempo: rivedo gli amici di allora, risento le voci della mamme che ci chiamavano dalle finestre, quasi come un appello, per controllare se eravamo tutti presenti, come chiocce coi pulcini.
Mi sembra di sentire l’odore che usciva dalle finestre, cibi semplici, puliti…le nostre madri non avevano bisogno di tutte le trasmissioni culinarie che oggi trasmettono alla tv, sapevano cavarsela benissimo. E i piatti erano colmi, non come quelli esibiti da cuochi provetti che scodellano quattro maccheroni, li circondano, non si sa perché, da foglie di odori, attorno mettono pezzettini di formaggio e… voilà, sai che bellezza! vendono la pietanza come se avessero scoperto l’acqua calda.
I nostri piatti erano semplici ma sostanziosi. Che bei minestruni , bei piatt de risott! Per non parlare della merenda. Altro che Nutella! Abitavamo a piano rialzato e per non interrompere i giochi dalla finestra mamma mi allungava una bella michetta tagliata a metà e spalmata di burro e zucchero. La merenda consumata in casa per me era composta da una bella fetta di pane pugliese su cui veniva spiaccicato un bel pomodoro, salato, e generosamente innaffiato da olio d’oliva. Oggi la chiamano bruschetta. Sarà…
Buon fine settimana a tutti. Annamaria.
Cara Claudia,sono un po’ incuriosita della descrizione dei giochi della tua infanzia,racconti della portinaia Lucia e mi chiedo se è’ la stessa dei miei tempi,mi sembra impossibile che tu possa aver conosciuto la portinaia Lucia Galuppi che c’era ai miei tempi.
Saluti a tutti gli Isolani
Lucia Beduzzi
Leggo quanto scritto da Fulvio e in in attimo mi sono rivista io in via Arese 7 gli stessi giochi,il nascondino,anche noi in via Arese avevamo il lavatoio che era situato nell’interrato e incuteva un po’ di paura,ma per gioco la superavamo,all’interno del lavatoio aleggiava l’odore della candeggina e era poco illuminato ma aveva il suo fascino,oltre il lavatoio c’erano le cantine e le scale per nascondersi.
Qualche volta io torno in via Arese 7,entro nel cortile,che è’ completamente cambiato,chiudo gli occhi e sento il vociare dei bambini di quel tempo e se anche adesso abbiamo tutto,sento tanta nostalgia di quel tempo,guardo la finestra al piano rialzato dove abitavamo e rivedo tutta la mia famiglia
Lucia Beduzzi
Ho lasciato a mia sorella Mariarita il compito di testimoniare la nostra “isolanitudine” ma il lavatoio proprio non se li ricorda… invece io ricordo che avevo paura di quel posto buio e puzzolento…per me l’odore era di sapone rancido, ancora oggi non amo i detersivi con il decantato Marsiglia.
Io amavo giocare in cortile con gli altri bambini…ero la disperazione di mia madre che mi considerava un maschiaccio preferendo i giochi pesanti alle bambole. C’e’ un aneddoto che lei mi ricordava spesso.
A quei tempi la scarlattina imponeva la quarantena ed una croce bianca sulla porta..abitavamo ancora a pianterreno in via De Castillia 9…..superati i 40 giorni vennero gli infermieri a liberarmi e sembra, sempre dai racconti di mia madre, che corsi fuori facendo il giro del cortile mille volte usando come pallone la mia bambola…..ovviamente il ritorno alla liberta’ e’ stato corredato da sberloni…non ricordo se mi ha rinchiusa ancora…spero proprio di no.
Anch’io ricordo la nostra portiera con un suo italiano un po’ particolare, ma ricordo bene che aveva una bambina con un occhietto più chiuso dell’altro .
Per ora mi fermo aspetto nuovi ricordi che risveglino i miei
a presto
Roberta
Forse le amiche di via Arese ricordano…una cartoleria in via Thaon de Revel? Mi pare vendesse anche bigiotteria. Mi sono improvvisamente ricordata un paio di orecchini rosa, regalo di mia mamma, acquistati in quel vecchio negozietto polveroso, ma ho il dubbio se cartoleria o altro. Parliamo degli anni ’60.
Si c’era una cartoleria che vendeva un po’ di tutto e si chiamava Morosini era una signora anziana e la figlia dava delle ripetizioni
Lucia
Scusate se mi intrometto ma sul tema ho altre notizie : Giusto, la cartoleria era Morosini. Il figlio della vecchia Morosini, Mario, era insegnante di Educazione Fisica ed aveva sposato negli anni ’50 la sorella di mia moglie, Bianca. Poi era diventato mio cognato quando io avevo sposato Augusta nel ’58. Mario è morto di infarto una decina di anni fa. La cartoleria era anche una avviata tipografia. La figlia, sorella di Mario, era a mio vedere una persona un po’ strana.
E ‘ vero la cartoleria Morosini era anche una tipografia,adesso apprendo che oltre alla figlia che era anche osterica,ci fosse anche anche un’altro,figlio.
Confermo che la figlia fosse molto strana.
chi sa dove è nato Gino Bramieri? Grazie.
In questo articolo del Corriere dicono che è nato il 21 giugno del ’28 in via Madonnina:
http://archiviostorico.corriere.it/1996/giugno/19/Addio_Bramieri_tutta_vita_una_co_0_96061914405.shtml
Io so solo che Gino Bramieri aveva abitato per lunghi anni in Piazzale Maciachini. L’avevo visto in teatro la prima volta a Varese nel 1958.
confermo piazzale maciachini,poichè nella seconda metà degli anni 70 il figlio di bramieri e un suo cugino sono venuti con me a sciare,come si usava allora in pulman e arrivavano da lì.Però mi sembra che la suocera di bramieri fosse dell’isola e faceva la portinaia.
Ritornando alla cartoleria di via Thaon de Revel ,mi ricordo anch’io la cartoleria Morosini ! Era anche una tipografia e la macchina per stampare si poteva intravedere entrando nel negozio perché era sul retro. Io avevo ricevuto in regalo dalla mia vicina di casa un bella collanina che era stata acquistata proprio li,infatti vi erano anche graziosi articoli di bigiotteria,inoltre ricordo che mia mamma sempre lì mi aveva comprato un piccolo salvadanaio in latta a forma di libretto rosso.
Auguro una buona settimana a tutti voi !
Claudia.
Buongiorno e complimenti per tener viva la storia che è la linfa del nostro futuro.
Ho letto che il famoso chitarrista Franco Cerri è originario della zona Isola, qualcuno conosce aneddoti curiosità o altro di interessante sulla sua vita in zona? o indirizzarmi su dove posso reperire queste informazioni. Per il suo compleanno il prossimo 29 gennaio sto organizzando una visita guidata a lui dedicata nel quartiere Isola e avrei bisogno di più informazioni possibili…fatemi sapere, grazie mille.
Buongiorno e complimenti per il bel sito.
Per il compleanno del famoso chitarrista Franco Cerri sto organizzando una visita al quartiere isola a lui dedicata…avrei bisogno di informazioni, aneddoti, curiosità della sua vita in zona Isola, potete aiutarmi??!! grazie.
Giuseppe Valerio
339 48 78 165
jivaa2@yahoo.it
Sul Franco non vi posso dire molto ma di sua sorella Ada Cerri ne so di più.
Era la mia Prof.ssa di Lettere al Cattaneo, dove nei primi anni ’50 studiavo per diventare Geometra. La Ada Cerri, dotata di un poderoso seno, aveva un debole per me, o forse mi illudevo, ma certo un occhio di riguardo me lo concedeva. Girava tra i banchi spargendo il sapere e spesso, con la punta del suo seno mi sfiorava la punta del naso. Che farmi poi se non una bella e prolungata sega in suo onore ?
Mi ha telefonato il mio vecchio compagno di scuola Lino Lecchi, dicendomi di avvisare tutti gli isolani che vorranno intervenire, che il giorno 28 gennaio dopo le ore 18 sarà presente alla libreria di via pollaiolo per la presentazione del suo nuovo libro “Quelli dell’isola”.Purtroppo non potrò essere presente poichè settimana prossima sarò in liguria,comunque ci sarà in premavera un?altra occasione per incontrarci.
Confermo quanto scritto dal Sig Enzo e completo l’annuncio.
” Libro di Lino Lecchi Via Pollaiuolo,5 h.18 con la presenza dell’Autore.
Spero che gli scrittori Isolani di questo Blog siano presenti compreso il titolare dello stesso, Fabio Amoroso
Distinti saluti Sergio Codazzi
Ringrazio Annamaria per il “bella e simpatica figliola” e vi invito tutti giovedì 28 alla presentazione del libro ‘quelli dell’isola’ di Lino Lecchi: alle 7 in libreria -via Pollaiuolo 5- Lino arriverà un po’ prima, verso le 6, per fare qualche chiacchiera.
Buona giornata e a presto!!
Claudia mi ha trasmesso i saluti di Mariarita. Grazie di cuore. Purtroppo non ho potuto essere presente alla presentazione del libro di Lino Lecchi. Era una buona occasione per salutare l’autore che stimo molto, nonché gli amici isolani.
Spero non manchino prossimi incontri.
Buon fine settimana a tutti. Annamaria.
Bella la serata del 18 scorso alla Libreria di via Pollaioulo 5. Lino Lechi ha presentato il suo libro ad un buon numero di vecchi e nuovi Isolani. Sergio Codazzi con un suo intervento da buon Isolano ha suscitato il ricordo di Don Eugenio e cosi anche lui ha partecipato all’incontro. L’Isola è sempre l’Isola ed è stato rimarcato che nessuna altra zona di Milano ha tanti cultori come lei ed inoltre che c’è qualcosa che unisce a lei i suoi vecchi abitanti. Sergio ha anche ricordato che c’è una canzone dell’Isola e la si può trovare cliccando sulla copertina del suo libro presente in questo sito. Combineremo un incontro per ascoltarla e, magari, per fare un bel coro ! Gianni.
Si hai ragione Gianni è stata davvero una bella serata !
Eravamo un bel gruppetto comunque; e il Sig.Lecchi è stato molto gentile.
Approfitto di questo spazio per augurare a tutti una buona settimana.
Claudia
Ciao a tutti amici isolani e non !
Oggi, passeggiando per l’Isola, ho visto qualche mascherina e mi sono ricordata di un Carnevale di tanti anni fa,in cui mia mamma mi aveva cucito un bellissimo vestito da giapponesina.Un Kimono perfetto,delle infradito con doppio tacco (fatte da lei) e una parrucca con nera con crocchia……..
Ebbene,così mascherata ho partecipato ad una festa di Carnevale che si teneva al Sacro Volto insieme alla mia inseparabile amica Rossana vestita da damina.
Ho in mente Don Eugenio,che distribuiva dei piccoli regali,e penso ancora
con tanta tenerezza alla faccina triste della mia amichetta quando a lei tocco un libro e a me un bel pacco di biscotti con la cioccolata !!!!
E voi avete qualche ricordo o aneddoto del Carnevale all’Isola?
Claudia
Ciao a tutti. Mi vestivano da paesanella. Gonna lunga di fustagno, corsetto di velluto, camicetta di flanella. Sotto la camicia le maglie di lana traboccavano…faceva veramente freddo, non come adesso che è già primavera. Il costume lo aveva cucito mia mamma, erano pochi i bambini che potevano acquistarlo già confezionato. Le vetrine delle cartolerie traboccavano di sacchetti di coriandoli, stelle filanti, le classiche bacchette con stellina per i costumi da fatina, mascherine nere per Zorro e le trombette di carta che rappresentavano la lingua della donne.
C’erano di moda anche i bastoni di plastica, i maschietti si armavano e si scatenavano….circondavano noi bambine e… giù botte!
Montalbetti e le altre pasticcerie esponevano vassoi colmi di chiacchiere, frittelle, chissoline e via….mamma, che bontà..
Annamaria.
Ho scoperto questa pagina casualmente, e mi sembra molto bella. Da ragazzo ho frequentato spesso il quartiere Isola. Ho molti ricordi belli, ma a quel tempo non ho pensato bene di scrivere da qualche parte i nomi di persone che ho conosciuto e oggi non sarei più in grado di contattarle. Tra tutti, la persona che ricordo meglio, e di cui vorrei qualche notizia, è una ragazza – ovviamente – che si chiamava Nicoletta. Nel 1968 aveva circa 18 anni, come me, e un piccolo segno di una scottatura su una guancia. Frequentavamo il cinema Fontana, la Torrefazione di Piazzale Lagosta, e so che Nicoletta abitava in via Volturno o in una traversa di via Volturno. Aveva anche una sorella che abitava in viale Padova. Noi si frequentava anche la trattoria da Gianni, poi diventato “da Gianni e Dorina”… qualcuno l’ha conosciuta? Sapete dirmi se vive ancora dalle vostre parti?
nicoletta casati,ogni tanto ci sentiamo su face book,ora vive in germania col marito e 2 3 figli.Saluti enzo.
Ti ringrazio molto spero di riuscire a contattarla ciao
Buongiorno amici isolani. Vediamo se qualcuno mi può aiutare a risolvere questo piccolo diverbio mattutino con mio marito, milanese arioso. In milanese il fruttivendolo, come si traduce? Lui sostiene “fruttarò “, io opto per “urtulan”…
Grazie a tutti. Annamaria,
Buon giorno Annamaria e buon giorno a tutti gli amici !
Si dice ”urtulan”, almeno io ho sempre sentito dire così.
1 a 0 per Annamaria !!!
Auguro a tutti una bella giornata.
Claudia
io ricordo “urtulan”
ciao
…ma vi ricordate ke i ns genitori sapevano il francese? CLER,COMO’ SCIAFOR etc etc…si urtulan..drughe prestine’ cervele ..scusate lo scritto ma ormai mi sono imborghesito..pensate ke mio figlio non sa ki era il pret de ratana’..pazzesco….ciao a tutti
urtulan decisamente
ciaoooooooooooooo
Ciao cara Annamaria !! Sicuramente URTULAN ! Mi hai fatto venire in mente l’ urtulan di via dal Verme 2, anni ’40. Il negozio si trovava a fianco della latteria, a destra uscendo dal 2 c’era la drogheria, poi la latteria, quindi l’urtulan. Era una famiglia di napoletani, lui, un uomo grosso, simpartico, che imponeva alle clienti quello che lui voleva e glielo cacciava a forza nelle borse. La moglie, una donnettina rinsecchita che non parlava se non il suo incomprensibile dialetto ed un paio di figlie bellissime ed eleganti sulla ventina. Una di queste era sposata ad un ebreo, imboscato naturalmente in tempo di guerra e che , alla fine della guerra era riapparso e si era rapidamente arricchito con le lamette da barba. Aveva una delle prime macchine all’Isola. La caratteristica di questo urtulan era anche quella di preparare in cortile la pummarolla. Pentolone sopra un fuoco e quintali di pomidoro e via, ore ed ore di lavoro per la sua pummarolla. Non so dove finisse poichè in negozio non la teneva ma, con gli aromi che ci metteva l’odore della sua pommarolla stazionava poi nei cortili a lungo. Aio miei 13-14 anni, l’età dello sviluppo, ero cresciuto anche andando da lui a comperare qualche frutto, gradito era un caco, e assieme a mezzo bastone di pane nero mi facevo delle merende, fuori pasto, che ricordo con nostalgìa ancora adesso.
Salve.
Come si fa ad accedere alla pagina facebbok di Gianni Tedeschi ?
E’ sempre aperta ?
Grazie per l’informazione.
Ciao Riccardo, mi trovi su FB come Giovanni Tedeschi e mi riconoscerai tra i tanti perchè la mia pagina ha me e mia moglie ventenni in piazza del Duomo. Chiedimi l’amicizia, che naturalmente ti concederò con piacere. L’unico Riccardo dell’Isola che io ricordi è uno dei due gemelli di via G. Pepe. Sei tu ? A presto !
Ciao Gianni.
C’è una lunga fila di G.T. ma la foto in piazza del Duomo non sono riuscito a trovarla.
Non sono uno dei gemelli : se mi interesso all’Isola un poco è perchè ho vissuto per un certo tempo alla fine di Corso Garibaldi, e quindi non eravamo lontani, un poco perchè intorno al 1950 la frequentavo per andare a lezione di francese da una signorina che si chiamava Clerle e stava in piazzale Lagosta 2, un poco perchè negli anni 70 avevo da fare dalle parti di via Volturno e molto per merito o colpa del Sig. Codazzi.
E poi a furia di leggervi mi è nata una certa invidia : voi dell’Isola sembrate non esservi persi del tutto : io ho vissuto a Porta Romana, Magenta e Ticinese ma purtroppo non c’è niente di simile. Che io sappia. Corso Garibaldi è un discorso un poco diverso , ma quello che è arrivato negli ultimi anni all’Isola, lì è successo molto prima : povera Vedova Palmieri, lei che distribuiva maccheroni al gorgonzola per ,se ricordo bene, 200 lire : chissà cosa penserebbe girando in zona adesso.
O il buon Moscatelli : cosa direbbe vedendo come si è trasformato il suo locale.
Non sempre sono modifiche senza lati positivi : ma manca qualcosa.
Almeno manca a certuni che hanno conosciuto quello che c’era prima.
A proposito di scuole : la Professoressa Fantoni insegnava già alle medie del Parini ai tuoi tempi ?
In gamba.
Buongiorno Riccardo, ci sono, ci sono in FB e come Giovanni Tedeschi e con lo sfondo del Duomo insieme a mia moglie, allora 19 enne mia fidanzata, non ti dovrebbe essere difficile l’individuarmi. Eventualmente mandami una mail a : giovannitedeschi_001@fastwebnet.it con il tuo nome e cognome che io ti possa raggiungere su FB e chiederti da li la tua amicizia. Poi ne avremo di cose da raccontarci, anche sulla nostra Isola. Buona giornata !
Buon giorno a tutti !
Questa mattina, camminando per il nostro quartiere, e osservando i negozi che ci sono attualmente, pensavo a tutte le ”Pasque” o comunque a tutti i periodi antecedenti questa Festa,quando le pasticcerie e le panetterie facevano a gara per esporre le uova più belle, e le colombe artigianali.
Io rimanevo sempre incantata dalle uova racchiuse con carta colorata a tinta unita e che nel fiocco di chiusura avevano un fiore……
Molto spesso,io da piccola, ricevevo un’uovo di cartone (a mo di scatola) con vari animaletti pasquali stampati,all’interno del quale trovavo gli ovetti di cioccolato…….
E voi,cosa ricordate del quartiere in questo periodo?
p.s. Alla mia veneranda età ho scoperto che la parola prestinaio è dialetto ”italianizzato”….che figura ….ahahahaha .e non solo….. altra scoperta interessante; leggendo ciò che qualche tempo fa scrisse Annamaria è quella che la merenda con la michetta -burro – zucchero non era e non è mai stata
una ricetta inventata dalla mia mamma.
Caro saluto a tutti.
Claudia
Con solo il tuo nome e cognome non ti ho individuato in FB. Ce ne sono molti di omonimi. Se vuoi e se puoi da qualche altra indicazione. Ciao !
Sono contenta se noi dell’isola suscitiamo un certo interesse e un poco di invidia. Vuol dire che riusciamo a trasmettere valori che nemmeno il tempo riesce a cancellare, e che la gentrificazione ha cambiato l’aspetto esteriore del rione ma non i suoi vecchi abitanti, siamo, come diceva don Eugenio, “sempre sulla breccia”! Ciao a tutti.
Annamaria.
agganciandomi a quello che dice annamaria ed in precedenza altri che scrivono su questo sito vorrei dire alcune cose che, non sono farina del mio sacco,ma comunque la penso allo stesso modo:parlare dell’isola non è semplice,bisogna esserci nati per parlare dell’isola,bisogna aver passato una parte della propria vita in questo vecchio rione di milano,per comprendere e ricordare le storie di coloro che hanno lasciato un ricordo nostalgico per le generazione che hanno vissuto ed anche per quelle future.Chi è nato all’isola,anche se si trasferisce altrove conserva dentro di sè lo spirito di questo ambiente ove è cresciuto e diventa un dna.
E’proprio vero,l’amore per l’Isola per chi vi è nato e vissuto fa parte del suo patrimonio genetico e io ne sono fiero
Paolo
QUATTRO anni di questo blog meriterebbero di essere racchiusi ed immortalati in un libro. Penso si arrivi alle 150 pagine circa e potrebbe avere una tiratura di almeno 200 copie. Ci pensiamo ?
Penso sia una bella iniziativa. A disposizione.
Annamaria.
Si ottima idea Gianni !
Intanto, io approfitto di questo spazio per rivolgere una domanda a tutti gli isolani che si ricordano o che sanno darmi una delucidazione……..
Ieri passavo dalla scuola media di via Guglielmo Pepe (n.40) -è una costruzione abbastanza recente ma ha conservato quella che secondo me è una cancellata molto molto vecchia- Il retro dell’edificio che in realtà viene comunque usato come ingresso è in via Cola Montano,non so esattamente il numero civico ; ma di fronte a ‘Bob Caselli’.
Siccome ho un ricordo un molto molto vago – dove ora sorge la scuola -cioè tra Cola Montano e Guglielmo Pepe c’era forse una rivendita di legna ? o di carbone ? oppure lattoniere? Ho un ricordo davvero confuso !!!
Grazie in anticipo !
Un caro saluto a tutti .
Claudia
A proposito di un libro, che condivido pienamente con entusiasmo la proposta di Giovanni Tedeschi.
Mi permetto di invitarvi nel mio ” Eremo ,, con una chiavetta e scaricare il mio libro ” Quand el sô el torna indree ,, GRATUITAMENTE dimostrando di essere del Isola.
Un augurio concreto di Buona Pasqua a tutti gli Isolani.
Vi invito inoltre ad ascoltare su Radio Intrland 94.600 MHz dalle ore 10 alle ore 11 tutti i mercoledì nella rubrica ” Ciciarem in meneghin ,, Storia e storie di Milano. Per non dimenticare 2500 anni della nostra meravigliasa Milano.
Distinti saluti Sergio Codazzi
Sarò un po occupata in questi giorni,perciò approfitto di un minuto di pausa per inviare a tutti gli amici auguri di una Serena e Felice Pasqua.
Claudia
A Sergio rispondo che passerò presto da lui con una chiavetta per scaricare il suo libro del quale ho letto i primi due capitoli che ho trovato più che interessanti.
A Claudia ricambio di cuore i suoi Auguri di Pasqua.
A tutti gli altri Isolani, vicini e lontani, giovani e vecchi, come me, donne belle ad uomini forti dell’Isola che fu, i miei migliori auguri di BUONA PASQUA !!
Spero di riuscire a scaricare il libro del sciur Codazzi, sono un po’ imbranata in fatto di tecnologia…Auguro a lui, a Gianni, Claudia, Lucia, Enzo, Fulvio ecc.ecc….insomma a tutti gli isolani e famiglie, vecchi e nuovi, di trascorrere una Pasqua serena, all’insegna del bel tempo. Non abbuffatevi perché non frequentiamo più l’oratorio…e il colesterolo avanza!
Auguri a tutti! Annamaria.
grazie a tutti per gli auguri e ricambio di cuore.
…ciao Lotorto sono Franco Sironi ultimo figlio della portinaia di via borsieri 14 anni 50/60 si giocava nel 2 cortile spesso ai bussolotti alla cavallina ma soprattutto ai giornaletti sulle scale(7 e mezzo etc etc) e non dimentichiamo i tollini con la faccia dei corridori di allora si mfaceva il giro d’italia…
Vorrei ricordare ai milanesi la tradizionale festa di S.Giorgio del 24 Aprile, che è anche il protettore dei ” Mena latt ,,
Pan de Mejn
Per tradizione lo si offre il giorno di San Giorgio insieme alla “ Panera ,, ( Fior di latte )
Mescolare 200 gr. Di zucchero e farina gialla grossa con altrettanto di farina gialla fine e 2 cucchiai di farina bianca. Aggiungere tre uova intere e cento gr. di burro fuso, una presa di sale Una cucchiaiata di semi di Sambuco, disporli su di una telia imburrata e infornare per un quarto d’ora.
Distinti saluti Sergio Codazzi
tanti auguri a Codazzi anche se non ci conosciamo personalmente ma solo per cose scritte e per quel poco che mi ha raccontato il mio amico Lino Lecchi.
Buon 1mo Maggio a tutti! A chi fortunatamente lavora, a chi purtroppo è senza occupazione, a chi ha lavorato per una vita e cerca di arrivare a denti stretti a fine mese con la pensione, a chi pur in pensione lavora ancora per aiutare la famiglia, a tutti!
Annamaria.
Voraria anca ricordàa a tutt i amis che el Cudazz al 26 de April el tuca i votant’ann e che se gavesov in ment de vegnim a trovaa dòò fett de salam e un caliz de vin Roverone de San Columbann el gh’hè semper.
Ciao a tucc, se vedomm
Caro Sergio ! Comincio con farti i miei Auguri, unitamente a quei de la mia miè, che a pensag del to salam ghe andà giò la saliva. Siamo però in Croazia, per ves luntan dai bagianad del 25. Liberasiun ? Ma che vaghen tucc a cagà, quei quater ciucatè che diseven che l’aveven fada ! Te se ricordet anca ti qui lader ciucatè che l’unica roba che an fa l’è sta, quand tutt l’era bel e finì, de andà a masà in Minniti quei tri puarett del Brenna, Volpin e Mandel.
Se vedum prest car el me Sergio.
A pruposit del San Giorgio me se ricordi de un bel quadret cunt’el sant a caval e el drago, che l’era nel negosi de lateria de mia mama, in Dal Verme.
Giani latè
Ma AUGURONI Sergio ……..buon compleanno !
Grazie mille per la ricetta del Pan de Mejn ,è buono davvero e sinceramente non sapevo che si facesse per San Giorgio !
Un caro saluto a tutti !
Claudia
Auguri Mr. Codazzi! 80 sono un bel traguardo… Soprattutto se ci si arriva come lei, con voglia di fare, di ricordare i bei momenti e quelli meno. Tutta una lunga vita da rammentare, sognare e insegnare. Auguri!
Annamaria.
Buona domenica a tutti gli Isolani di nascita e di adozione.
Proposta: A tutti coloro che scrivono su questo Blog, toccando fra poco i
2 MILIONI di contatti, vorrei che festeggiassimo questo primo traguardo, offrendo una cenetta al Sig Fabio Amoroso e consorte in una osteria dell’Isola di tipo vegetariana ( loro lo sono ) ….Per una volta si può fare. Grazie.
E congratularsi con il titolare di questo Blog che ci ha permesso di stringere amicizie insperabili, anche GOOGLE è d’accordo.
Se Fabio è moglie sono d’accordo come spero tutti gli Isolani, decideremo in seguito a breve termine il da farsi.
Vi ringrazio anticipatamente, mandatemi le vostre adesioni. Telefoniche o I mail
Distinti saluti Sergio Codazzi 3381273742
Che dire, grazie Sergio per il suo pensiero… due milioni di pagine visitate sono certamente un bel numero, ma senza di voi tutti certamente il numero sarebbe molto inferiore 🙂
Sono d’accordo nell’incontrarci, quando a voi torna comodo, suggerendo di trovarsi in uno dei tanti locali dell’Isola.
Direi comunque di organizzarsi per incontrarsi entro la fine di Maggio, in quanto poi potrebbero esserci impegni che ne impediscono la fattibilità.
Grande Sergio, e ancora auguri per il suo compleanno passato da pochissimi giorni. A presto,
Fabio
Bravo Sergio per la tua idea, brillante come sempre, per una serata all’Isola, su cui io sono, non solo d’accordo come sempre, ma addirittura entusiasta. Ora sono al largo ancora per qualche settimana ma sarò con voi. Buon 1° Maggio in onore di chi lavora e di chi ha lavorato per poter mantenere questi scrocconi schifosi e scroccone schifose che ci governano in modo pessimo. Ma chi li e le ha messe li se non quel comunista di Napolitano ? Ricordiamocene !
Gianni non roderti il fegato????Noi nonni continuiamo a dare i nostri consigli ma è muro contro muro. Chiudiamola lì ciao.
Volevo suggerirvi invece una cosa concreta, intanto che aspettiamo di realizzare la cenetta all’Isola con il Nostro Fabio Amoroso.
L’ascolto di un aneddoto da parte mia su Radio Interland MHz 94.600 tutti i mercoledì dalle ore 10 alle ore 11 nella rubrica ” ciciarem on cicinin ,, su Milano che non finisce mai di stupire e ci regala sempre delle emozioni.
Conoscevo già questa storia ma non sapevo di Leonardo e della vera età della Glicine???? a risentirci .Grazie
Distinti saluti Sergio Codazzi
Ciao a tutti. In milanese autentico, non arioso, come si dice NIENTE? Nient, nagott, nigott, minga….grazie.
Annamaria.
Credo, cara Annamaria,sia minga che nagott , a secondo del contesto.
Chi fa nagott.(chi non fa nulla -riferito a persona)
Ghe ne minga (non c’è ne sono -riferito a cose)
oppure tutte e due le parole nella stessa frase :
Sem minga chi a fa nagott.
Sono certa però, che tra i tanti/e cari amici/che del forum sicuramente c’è qualcuno/a più esperto/a della sottoscitta.
Un caro saluto a tutti.
Claudia
secondo me gli esempi sono giusti.Nigot mi sembra che venga usato ma fuori milano non sò se più a sud o a nord,nient dovrebbe essere un italiano milanesizzato come altre parole.
La lengua milanesa l’è pu quela del Carlo Maria Maggi,del nòster Carlo Porta, del Bònvesin de la Riva, ma de Claudio Beretta, di Comoletti.
Per me valgono tutte due, a seconda casi. Nel dubbio rivolgetevi con sicurezza alla Associazione culturale ” Antica Credenza di Sant’Ambrogio ,, Via Rivoli,4
Cell. 3284412882 E-mail anticacredenza@yahoo.it. L’università dei milanesi e diamo una mano alla sostegno della nostra causa ” La milanesità ,, Grazie
Scusate l’intromissione, ma vorrei che tutti i milanesi non si riempissero solo la bocca perchè vivono a Milano o nell’Interland ma che parlassero milanese anche sul Tram e metropolitana e soppratutto che lo sappiano scrivere, senza vergona, come si impara la musica per suonare la chitarra.
Rinnovo l’invito a tutti voi per la cenetta all’Isola e vi saluto tutti grazie.
Sergio Codazzi
Grazie per l’informazione sig. Codazzi. Mi informerò senz’altro presso l’associazione da lei citata. Parlare e scrivere correttamente il milanese mi attizza, anche se, milanesi o meno, sarebbe bello sentire parlare correttamente l’italiano,soprattutto con verbi e punteggiatura al punto giusto. Una bella rispolverara alla vecchia grammatica non farebbe male, per poter poi in seguito conversare in dialetto.
Annamaria.
Nel preparare la lavatrice al suo quotidiano lavoro mi sono ricordata di tanti anni fa, fine ’50 inizi ’60. In via Lambertenghi, all’altezza circa della fermata del tram, c’era una drogheria dove mia mamma comperava la lisciva per lavare la tuta di lavoro di mio padre che lavorava come caporeparto all’Isaria di via De Castillia. Ricordo che chiamavano questo indumento “toni”. “Gu de lavà el toni del laura’”…qualcuno sa spiegarmi perché è che Fini ha fatto la lisciva, da cosa è stata sostituita?
Ciao a tutti. Annamaria.
Buon giorno Annamaria, provo a darti una una versione.
Esistono due tipi di liscivia: la caustica o dei saponi e la detersiva o da bucato
La liscìvia caustica, anticamente lìscia e regionalmente liscìa[1], è una soluzione alcalina contenente di solito idrossido di sodio, comunemente chiamato soda caustica, oppure idrossido di potassio; può essere ottenuta anche come miscela di sapone e carbonato, perborato o perossido di sodio.
La liscivia da bucato è un detersivo naturale a bassissimo impatto ambientale. Nell’uso comune, con liscìvia si può indicare un detergente per panni formato da una soluzione di acqua bollente e cenere, ed è sinonimo di rànno, termine utilizzato soprattutto in Toscana[1][2]. La cenere di legna contiene grandi quantità di carbonato di sodio e il carbonato di potassio. Attualmente (2016) la liscivia da bucato può essere preparata con il solo sodio carbonato il quale può essere reperito nei supermercati sotto il non troppo felice nome commerciale di soda solvay.
Anca mi de fiulett, come garzon de turnidur metevi su el toni.
Peròò, la mia mama le meteva a maceraa in un segion cont el Paltun una nòtt intera, prima de laval cont l’acqua bujenta???
Ciao a tuc, se vedomm.
Distinti saluti Sergio Codazzi
Amici isolani buona sera. Il nostro Seveso è di buon umore? Ciao a tutti…
Annamaria.
Care Amiche ed Amici della mia vecchia Isola, devo fare una constatazione: “Questo blog sta languendo !”. Che fare per ravvivarlo ? Chi ha delle idee ? Chi ci mette un po’ di buona volontà per trovarle e soprattutto per comunicarle su queste pagine ?
Annamaria, Lucia, Luisa, Claudia per voi questa sera aggiungo solo un “Vi voglio bene ! “
Mai mollare??? Su alegher
Vi faccio conoscere questa poesia:
1198 vòtcentdesdòtt’ann 2016
e gh’hè cambiaa nagòta?
Dent ona turr a pusdel Rebecchin, pròpi a duu pass de Domm, del nòster Domm
s’eren sentuu di vos de contentessa:
‘’ FACTA FUI CREDENTIA SANCTI AMBROSII ‘’
Paròll che finalment daven speranza
a la grand voja de sgurà Milan
Ghe n’è pssaa di ann ( vottcentdesdott precis )
E semm de capp an’nò pien de vergogna
Che par de sufegà dent in del ruff
Per poeu sparì in d’ona fògna.
Gh’è pù la tor a pos del Rebecchin;
gh’e pù de bei maner per i contrad
e parlom pròpì pù me i nòster vecc.
Ma quatter mulanes pien de speranza
Hann mettuu in pee, in nom de Sant Ambroeus
Ona Credenza noeuva per spiegà
che an’mò prima che vegna giò la nòtt
se po’ combatt,per minga scomparì.
L’an fada per el nòster bel lenguagg
L’an fada per l’amor di nòster vecc
e per dismett de piang denans i mur
del nòst Milan ch’el par on grand spegasc
.I noster giardinett ciamen i mamm,
cerchen i bagaitt, i morusitt
che se brascaven – su pien de illusion.
Gh’è pù in de l’aria tanta bella cera
E stemm sara in di cà quand ven la sera.
Semm minga chi a cantà la nostalgia,.
ma nanca per spettà on agonia.
In di ritratt del nòster Sant Ambroeus
el gh’ha ona frusta sollevada in man
e la “Credenza “ la gh’ha pròpi in ment
de doperala, giust per fà capì
che i milanes hin bon, ma nò….indorment.
Un antidoto, secondo me oltre a intensificare i commenti su questo Blog, è il trovarci con le gambe sotto il tavolo e fare delle belle chiacchierate. Grazie
Un saluto da Sergio Codazzi
Io non vado in vacanza, rimango quì per curare i vostri interessi??? ma auguro a tutti Voi una serena estate.
Auguri al nostro amico Gianni Tedeschi e a tutti i Giovanni, isolani e no. Annamaria.
Dove posso trovare un libro della storia di questo quartiere? Se mi dite autore e titolo. Ho visto che in Isola c’è una libreria in via pollaiuolo. Grazie.
penso che nella libreria di pollaiuolo si potrà trovare:c’era una volta l’isola e quelli dell’isola scritti dal mio compagno di scuola lino lecchi,inoltre c’è un terzo libro il bandito dell’isola,non ricordo l’autore,che parla di ezio barbieri.
Grazie mille!
Un suggerimento ad Edgardo: se scorri i vari commenti lasciati su questo sito troverai senz’altro la storia del nostro quartiere, scritta con semplicità, affetto e tanta nostalgia…
Ciao a tuuti, Annamaria.
si, si ho visto ed è molto bello. Peccato che gli amministratori di questa città negli anni abbiano troppe volte fatto degli scempi. Nell’800 si voleva addirittura demolire il castello. Hanno interrato navigli e darsene. Hanno spianato la chiesa del IV secolo di San Giovanni in Conca per creare piazza Missori ecc. Anche la vicenda delle ex varesine. Era una occasione per realizzare un museo ferroviario vero (cioè di mezzi funzionanti) che in Italia manca ancora. Quello di Pietrarsa infatti è prevalentemente statico. Ora mi studierò meglio la storia dell’Isola dove lavoro da 2-3 anni. Grazie a tutti. Il libro quelli dell’isola l’ho trovato in via Pollaiuolo dove la libraia è stata davvero molto gentile.
Giovedi e venerdi hanno scrostato la via Carmagnola da via Pepe fino a via Pastrengo ed é venuto alla luce il selciato in sassi di fiume che francamente a Milano é raro. Qualche vicolo con le pietre per le carrozze ce l’hanno. Adesso hanno gia riasfaltato.
Che dire, secondo molti l’abbattimento di alcune case di ringhiera dell’isola e la costruzione di palazzi, tra cui il bosco verticale il cui utilizzo e utilità non sono riuscita a spiegarmi, pare sia una ventata di rinnovamento… Può essere: rinnovamento, svolta, gentrificazione ecc.ecc…..so solo che la mia isola non è più la stessa, che non si respira più aria di semplicità e complicità! E speriamo che altre città non seguano l’esempio…
Annamaria.
Quell’orribile bosco in verticale sorge sul numero 9 di via de castillia dove sono nata e non sono nemmeno riuscita a fare una foto . E non netrovo in giro…..ho trovato foto della latteria di fronte dove andavo a sentire i dischi di rock delle figlie della lattaia…………Che ricordiCiao e grazieRobertaInviato dal mio dispositivo Huawei
Cara Roberta, sono Paolo, quel Paolo che abitava al n°8 della G.Pepe in quella casa di ringhiera che come ben sai li ho trascorso gli anni più belli della mia vita.
Cosa dire di come è stata trasformata l’Isola e snaturata non solo urbanisticamente, che se vogliamo conserva ancora la stessa toponomastica e viabilità di allora, ma nei sentimenti di quanti sono stati allontanati e esiliati al di fuori dell’Isola. Le ringhiere accomunavano le famiglie uno per tutti tutti per uno, ci conoscevamo tutti o quasi, vi era collaborazione,oggi a malapena saluti il tuo vicino dirimpettaio sul pianerottolo.
Ma Roberta non voglio dilungarmi e tu sai quanti ricordi affiorano nella mia mente ogni volta che parlano del mio quartiere.
Un grosso saluto Paolo
In via Carmagnola stanno rifacendo l’asfalto. La fresa ha riportato alla luce il selciato in ciotolo di fiume che a Milano a parte dove ci sono i trottatori non lo avevo mai visto.
Caro Paolo dimenticarmi di te sarebbe come cancellare infanzia e adolescenza. Rileggo il tuo libro e ricordi affiorano…… tu Rosanna ,Bruno (la Mia cotta non corrisposta) le gite in Vespa e lambretta attente, io e Rosanna, a non farci beccare da mamma e papá…..
Io e Rosanna continuiamo a sentirci e, oltre alla nostra vita attuale, scivoliamo spesso nei ricordi e addirittura ci mandiamo foto…..attempate ma tecnologiche.
Mando un sms a Rosanna per raccontare la novitá.
Se trovi una foto del n.9 fammelo sapere troveremo il sistema per contattarci, a me piace la zona che io chiamo Manhattan ma detesto il bosco in verticale che ha sostituito il 9 che insieme al 7 avrebbero dimostrato quanto erano belle quelle case basse a ringhiera!!!
Un abbraccio
Roberta
Cara Roberta certi ricordi non potranno mai essere cancellati e mi affiorano speso nella mente e ogni tanto un giretto all’Isola lo faccio, mi soffermo all’otto, sbircio il dodici o poi sempre più triste mi allontano. Riguardo al bosco verticale la penso esattamente come te ma avremo modo di parlare ampiamente della nostra Isola spero presto.
Un abbraccio Paolo
devo dire a tutti con grande rammarico che lè pù l’isula d’una volta,e scusate se non è scritto giusto ma ci siamo capiti ugualmente.Un grande saluto a tutti.
Caro Enzo, e cari tutti gli amici isolani, fin quando noi ricorderemo e ameremo il nostro quartiere, la nostra Isola vivrà, stravolta, strapazzata, ribaltata…impossibile dimenticarla!
Annamaria
Gentile Sig.ra Roberta, mi scusi se mi intrometto fra Lei e il Sig Paolo che saluto entrambi.
Non ho la foto del n. 9 però forse le posso citare persone abitanti in quel civico n. 9. Luciano Tajoli cantante melodico – Roberto Massari esponente del PSI – Osvaldo il tranviere che raccontava sempre le barzellette – Giordano mio amico frequentavamo il tabaccaio Vitto in via P.Borsieri. Cera il negozio del “Prestinee, el macelar, el salumee di fronte La bocciofila con l’osteria del civico,10 dove sono nato io. Magari ci conoscevamo?
Davanti al n. 9 il 12 dove c’era la latteria, nell’orto dietro la casa del civico n. 10
Il 13 Agosto del 1943 durante i bombardamenti cadde una bomba da 5 Libre che non esplose, ecco perche siamo qui a raccontarcela????
In questo Blog c’è il mio libro del Isola.”Quand el sô el torna indree,, basta cliccare sulla copertina per avere gratuitamente i primi due fascicoli in lettura.
Altrimenti venendo a trovarmi con una chiavetta, vi scarico le 220 pagine.
Oppure come fanno gli Isolani residenti all’estero mi spediscono la chiavetta che io restituisco carica tramite posta, gratuitamente agli Isolani
Nei dialoghi precedenti avevo proposto un incontro con gli Isolani per festeggiare i 2 milioni di contatti su questo blog con colui che ci da modo di parlare del Quartiere Isola. Fabio Amoroso titolare di questo Blog .
Non vorrei che qualcuno pensasse che io abbia degli interessi nel organizzare eventi. Nessuno a risposto a questa proposta. Solo Il Sig Tedeschi. Grazie lo stesso. Una buona e serena estate a tutti voi.
Distinti saluti Sergio Codazzi
Gent. Sig. Codazzi, per quantio mi riguarda, si intrometta pure tra me e Roberta.
Ogni ricordo , un aneddoto, un fatto accaduto, un personaggio particolare che merita di essere menzionato è sempre benvenuto. Al Vito titolare del bar tabaccheria all’inizio della via borsieri è stata venduta dal mio principale titolare della drogheria di fronte, dove lavoravo (fine anni 60)una damigiana di Verdicchio dei castelli di Jesi risultata poi aceto mentre al Cipriano macellaio a fianco della “mia”drogheria venne saldato il cospicuo debito di una anziana signora del vott della quale ometto volutamente il nome,(di professione lavandaia con il marito disoccupato e madre di due ragazzi uno di essi mio coetaneo e l’altro poco più grande) da un personaggio soprannominato schiena dritta mossosi a compassione dopo averla vista supplicare il Cipriano. E questi sono solo due piccoli esempo dei numerosi fatti e personaggi che ho descritto nella bozza del libro menzionato da Roberta e che hanno riempito gli anni più beli della mia vita all’Isola.
Cordialmente Paolo
Caro Mistercodazzi le rispondo molto volentieri anche se la memoria storica e’ mia sorella Mariarita che puo andare a leggere nei messaggi di gennaio 2016.
Io sono sopravvissuta alle bombe mentre mia madre era in travaglio nel dicembre ’44 ed un’ala dell’ospedale e’ crollata quindi e’ andata bene anche a me. I nostri ricordi sicuramente si miscelano non tutti quelli che lei ha citato li ricordo ma RENATO MASSARI, che abitava proprio di fianco a noi lo ricordo,oltre per la sua carriera politica, come un amico di mio padre.Ricordo il prestinaio perche’ era appena fuori dal portone e la latteria di fronte perche’ come ho detto andavo a sentire Paul Anka ecc dalle due figlie forse + grandi di me. Mi sembra di ricordare anche la salumeria o macelleria. Al n. 7 abitava il fratello di mio padre con la famiglia e ricordo l’osteria all’inizio della strada frequentata da quel furbetto di mio nonno Luigi (anche lui abitava al 9) che sbattuto fuori dalle FFSS perche’ si rifiutava di tesserarsi ( penso al PC) divento’ un bravo tapezziere e continuo’ il suo lavoro molto apprezzato. Della mia infanzia ricordo tanti rumori e voci tipo il carro trainato dal cavallo, il ciclocarrello che portava il ghiaccio l’arrotino l’ombrellaio, macchine ne ho veramente sentite poche …era dura morire investiti!!!!!
Ricordo il mese di maggio con le presenze che ti facevano fare le gite gratis e l’oratorio dove mi piaceva mangiare il bastoncino di liquerizia di legno.
Da tempo io e mia sorella Mariarita ci ripromettiamo di venire da lei con la chiavetta ora si e’ unita anche Rosanna e dopo le vacanze ci faremo vive…..ovviamente il volontario che ci dovra’ portare e’ mio marito ma sembra non faccia obiezioni.
A me piace molto p.zza Gae Aulenti,mi sembra di essere in America, e mia sorella ma sicuramente anche Rosanna “sono viaggiatrici” la apprezzano come me, ma adoro poi passare da questo mondo nuovo al vecchio quartiere sia da Borsieri che da corso Garibaldi Solferino e cammino cammino di qua e di la’ facendo foto che poi scorpro sono sempre le stesse ma magari cambia la luce e aggiungendo aneddoti che avro’ raccontato mille volte a mio marito e figli e nipoti. Anzi devo dire che le mie nipoti hanno imparato molte parole in milanese e ridiamo quando dicono caduta burla’gio’ o gradino basel tutta una parola…..
Ci leggeremo ancora molto volentieri
Roberta
Caro mistercodazzi ho notato che il MASSARI di via de castillia viene citato come Roberto invece le assicuro che è RENATO, ne sono certa perché frequentavamo la casa dei genitori a pianterreno, ho notato che l’errore è anche sul PDF dei personaggi famosi …
Con simpatia
Roberta
Caro Paolo, ho un attimo di vuoto, non ricordo assolutamente la drogheria da te menzionata, nè rammento se via Borsieri inizia da P.le Segrino o se questi è la fine. Mi pare di ricordare una tabaccheria Vito frequentata anche dal mio papà, ma più o meno prima del semaforo angolo via Lambertenghi…può essere?
Qual è il libro menzionato e dove posso eventualmente trovarlo?
Grazie e buona domenica. Annamaria.
Gentile Annamaria,la via Borsieri inizia all’opposto di P.le Segrino angolo G.Pepe De Castillia dove sorgeva il ponte che collegava l’Isola col c.so Como e il Vito aveva la tabaccheria all’inizio forse al n°3 o 5.Il libro menzionato non l’ho mai pubblicato, mi chiesero ai tempi, ed eravamo ancora con le lire, cifre improponibili e nonostante i pareri favorevoli del Comoletti del Merli ecc. milanesi D.O.C e rimasto solo una bozza.
Scusa Annamaria ho dimenticato di firmarmi
Salutoni Paolo
Gentile MisterCodazzi, piacere, sono Mariarita sorella di Roberta. Vorrei fare
una precisazione. Nostro nonno Luigi Lacchini,tappezziere delle FFSS, aveva perso il posto di lavoro perché si era rifiutato di aderire al fascio.
Nel cortile del 9, proprio sotto l appartamento al piano terra della famiglia Massari, c’era un laboratorio di un tappezziere che si chiamava o Boscolo oppure Negri. Mio nonno lavorava li’. Con la moglie Teresa Cervio e i quattro figli: Enrico,Umberto, Angelo e Aldo, il nonno abitava al terzo piano a destra della portineria Quando i nostri genitori Angelo Lacchini e Angelina Nanni persero, perché bombardata, la casa da sposini in via General Govone, si trasferirono anche loro in via Castillia 9; a pianterreno.
Nel tempo la nonna si ammalò di cuore per l immenso dolore del mancato ritorno del figlio minore Aldo arruolato nell Armir e così ci fu uno scambio di appartamenti.I nonni scesero al pian terreno e i nostri genitori si trasferirono al terzo piano. Nella grande camera da letto dei nonni oltre al letto matrimoniale, c’ era anche una branda sempre pronta per il ritorno dell’amato figlio e mai i nonni chiusero di notte la porta di legno a chiave..volesse mai il destino che Aldo tornasse …anche la sua promessa sposa Mariuccia lo aspetto’ per tutta la vita. Era una impiegata dell’anagrafe del comune di Milano in via Larga e abitava anche lei al 9 secondo piano vicino alla Signora Ambrogia che faceva le iniezioni e aggiustava le calze di nylon.Io e mia sorella Roberta abbiamo 5 anni di differenza. Abbiamo ricordi diversi e ancora oggi c’è li scambiamo. MisterCodazzi, una domanda. Io ricordo benissimo che dove abitava lei al numero 10 si era impiccato un padre di famiglia. Lei si ricorda questo fatto?
Un saluto e a risentirci con altri ricordi..Mariarita Lacchini, sorella di Roberta Lacchini
P.S. La prossima volta vi racconteremo la storia del ‘cinese’…
Egr. sig. Cobazzi, sono Rosanna l’amica di Roberta che mi ha segnalato il suo sito. Eravamo compagne di classe alla Rosa Govone. Nata all’Isola nel lontano ’44.ci siamo perse e ritrovate dopo molti anni. Ultimamente tra i ns ricordi abbiamo ritrovato una vecchia rara foto di quei tempi. Bruno sulla sua moto con Roberta all’angolo di via G.Pepe e Borsieri molto bella. Faccio un appello ai fedeli di Vivi Milano.: se qualcuno ha notizie di Bruno Pellacani che abitava al n. 8 di via Guglielmo Pepe , o se lui stesso ci sta leggendo, si faccia sentire. Sono sicura sarà felice di ricevere questa bellissima fotografia. Grazie
Egr. sig. Codazzi, Sono Rosanna amica di Roberta che mi ha segnalato il vs. sito. Eravamo compagne di classe alla Rosa Govone. Anch’io nata all’Isola nel lontano ’44. Ci siamo ritrovate dopo tanti anni e ogni tanto ci scambiamo i ricordi. Tra le vecchie e rare foto di quel tempo ne abbiamo trovata una molto bella . Bruno sulla moto con Roberta all’angolo tra via Pepe e Via Borsieri. sig. Codazzi, faccio un appello a tutti i fedeli di Vivi Milano: se qualcuno ha notizie di Bruno Pellacani che abitava al n. 8 di via G.Pepe, o lui stesso ci stà leggendo, mi faccia sapere! gli verrà inviata questa bellissima foto. Grazie
Egr.sig. Codazzi, sono Rosanna amica di Roberta che mi ha segnalato il vs sito. Eravamo compagne di classe alla scuola Rosa Govone. Nata all’Isola nel lontano ’44; ci siamo perse e poi ritrovate dopo molti anni. Ultimamente tra le vecchie e rare foto del passato abbiamo trovato una foto molto bella. Bruno sulla sua moto con Roberta all’angolo tra via g.Pepe e Borsieri. Sig. Cobazzi faccio un appello a tutti i fedeli di Viva Milano: Se qualcuno ha notizie di Bruno Pellacani che abitava al n. 8 di via G.Pepe, o lui stesso ci sta leggendo, si faccia sentire. Sarà sicuramente felice di ricevere questa foto!!!! Grazie
Sig. Cobazzi ,sono Rosanna l’amica di Roberta che mi ha segnalato il suo sito.
Eravamo compagne di classe alla Rosa Govone. Nata all’Isola nel lontano ’44.
Ci siamo perse e poi ritrovate dopo molti anni. Ultimamente abbiamo ritrovato una rara foto di quei tempi. Bruno sulla sua moto con Roberta all’angolo tra Via G.Pepe e Borsieri molto bella. Faccio un appello ai fedeli di Vivi Milano: se qualcuno ha notizie di Bruno Pellacani che abitava al n. 8 di via G.Pepe o se
lui stesso ci sta leggendo, si faccia sentire. Sicuramente sarà felice di ricevere questa bellissima foto. Grazie
Buongiorno a tutti gli isolani. Il caldo mi ha riportato con il pensiero a tanti anni fa….alla fontana che si trovava davanti alla chiesa di Sant’Antonio in via Carlo Farini. Era bello durante le giornate estive cercare frescura sedendoci sul bordo della vasca, i pesci rossi scappavano quando si tuffavano le mani nell’acqua e la statua del Santo sembrava guardarci bonariamente. Erano pochi i divertimenti per i ragazzini dell’isola, pochi potevano permettersi vacanze e anche se il caldo era opprimente ci divertivamo ugualmente. Seduti con le mani a mollo fingevamo indifferenza reciproca fino a quando partiva casualmente uno schizzo e allora… era battaglia! Prima qualche goccia, poi uno schiaffo all’acqua inzuppava i malcapitati. Tra strilli e corse attorno alla fontana passavamo il pomeriggio, rinfrescandoci come potevamo. Divertimenti semplici e ingenui come lo erano i figli dellisola.
Buona calura a tutti. Annamaria.
Buongiorno a tutti. Ma gli amici isolani? state tutti bene?
Un abbraccio. Annamaria.
io sto’ bene e spero anche per gli altri,ma sicuramente saranno in ferie ed è forse per questo motivo che non si fanno vivi.Personalmente io sono stato via il mese di luglio come ho sempre fatto ed ora mi faccio la seconda serie di ferie in agosto in una milano deserta e tranquilla.
Ciao ! Immagino che buona parte degli amici isolani sia già in ferie ……
Per chi resta e per chi deve ancora partire (come la sottoscritta) auguri di una splendida estate !
Un caro saluto a tutti.
Claudia
Buon ferragosto amici isolani! Annamaria.
Io sono restato in una Milano quasi deserta e non invidio chi si è andato ad infognarsi su strade e posti intasati da disperati in fuga dalle città. del resto: “de gustibus…..”. Oggi andro a farmi un bel giretto per le strade dell’Isola. Ricercherò i miei fantasmi che mi attendono e rivivrò con la memoria e con loro il mio lontano passato all’Isola come Isolano DOC. Comunque auguro a tutte le Isolane ed Isolani, in particolare alle amiche ed amici, un sereno Ferragosto 2016 ! Se sentum in Setember !!!!!
In questo periodo dell’anno Milano e’ diversa. Più calma, meno caotica rivela il suo fascino nascosto. Fascino che solo i milanesi sanno apprezzare. Unico neo: la nostra bella città e di conseguenza la nostra Isola stanno subendo mutazioni non solo urbanistiche, giuste per il progresso, sbagliate per il nostro cuore. Stanno cambiando radicalmente, ti guardi attorno e il vecchio bar all’angolo non c’è più…al suo posto troviamo un bazar di prodotti cinesi, vendono di tutto, dell’abbigliamento al materiale scolastico agli alberi di Natale in pieno agosto. Sarà ma trovavo più utile e piacevole la vecchia osteria, ritrovo di anziani che sedevano con davanti il bianchino. Due vetrine più avanti scopri che la merceria dove hai acquistato le prime sospirate calze di nylon è stata sostituita da un utilissimo negozio di alimentari per stranieri…ma a me, isolana doc…questi cambiamenti proprio non vanno giù. Rivoglio le vecchie osterie, la piccola merceria dal sapore paesano dove portavo le calze con la “scurlera” a rimagliare. La convivenza non è mai facile per nessuno. Difficile per i nuovi arrivati ambientarsi ed assimilare le nostre usanze, ma difficile per noi milanesi convivere e guardarsi attorno senza rinverdire i ricordi. Bisognerebbe trovare una via di mezzo perché, se è vero che Milano ha el cor in man, è anche vero che non essendoci più milanesi questo famoso detto fra poco verrà sfatato. Ciao a tutti.
Annamaria.
eh purtroppo l’è pù l’isula d’una volta!E’ scritto sbagliato ma ci capiamo lo stesso.
Buon giorno Signori Isolani, spero che le vostre ferie siano state serene, e che questo possa proseguire.
Saluto Annamaria che ha il nostro sano equilibrio nel suo scritto, ma non del tutto, in quanto fuggire dalla propria Patria senza senza difenderla e che debba pensarci un altra etnia a difendere una rivoluzione che non è mia non sono d’accordo.
Per quanto riguarda l’errore della parola ” coeur ,, che il Sig. Enzo reclama è ormai nella normalità di quasi tutti i milanesi, perchè non lo abbiamo introdotto nelle scuole, come avremmo dovuto, grazie ai nostri amministratori appartenenti ad altre regioni. Piuttosto Lui nel rispondere non avrebbe, come docente scrivere in modo corretto la sua frase:
Eeh purtròpp l’hè puu l’Isola de ona vòlta.
Se il Sig Ezio mi legge, senza rancore la invito ha conoscerci per fare una bella chiacchierata su nostro trascorso? Magari con le gambe sotto il tavolo.
Ad ogni modo una lingua va studiata, come si studia la musica per suonare uno strumento.
Il mio libro gratuitamente in forma digitale è sempre a disposizione presso di me per tutti coloro che sono Isolani.
A risentirci, o a rivederci presso la Cascina Linterno il 18 Settembre h. 17 per la proiezione ” il latte ,,
Distinti saluti Sergio Codazzi 338 1273742
Scopro sul sito Milano Isola una fotografia del “castellotto “. Nebbia…. Non riesco proprio a ricordarne la posizione. Potrebbe essere via Lambertenghi angolo via Pollaiuolo?
Primo giorno di scuola! Auguri a tutti gli studenti. L’Isola ha sfornato personaggi illustri, degni di essere ricordati. Speriamo che questa generazione sia degna di emularli e che ricordi la provenienza.
Auguri ai remigini, inizia per e con loro una grande avventura….quella della vita.
Auguri a chi frequenterà la prima media: si fa sul serio.
Auguri a chi inizierà la prima superiore sperando che la loro scelta scolastica sia quella giusta,
Ma soprattutto auguri ai loro genitori, alle prese con budget scolastici assurdi, con figli timorosi e incerti, a volte capricciosi, a volte troppo impegnati per gli impegni scolastici, sportivi, sovraccaricati in ogni ora della giornata.
In bocca al lupo a tutti
Si giusto cara Annamaria, si trova tra via Pollaiuolo e via Lambertenghi e personalmente trovo che sia un bellissimo palazzo,avrebbe forse bisogno di essere un po restaurato.
Grazie per gli auguri ! Per mia figlia oggi è stato il primo giorno di prima liceo,non so dirti chi di noi due era la più emozionata …..
Un caro saluto a tutti quanti !
Sul discorso di imparare a scrivere la lingua milanese sono in parte d’accordo, l’importante é, a mio avviso, scrivere correttamente la lingua italiana!
Buongiorno a tutti gli amici isolani. Ieri mattina mi sono fermata alla panetteria-bar di via Borsieri quasi angolo via Jacopo dal Verme. Focaccine stupende! Tanti anni fa, anni 50-60, all’uscita pomeridiana di scuola, era una tappa obbligatoria. La focaccia a tranci grondava olio ed era molto saporita. Chissà se gli attuali gestori sono discendenti dei panettieri di quegli anni….
Cara Annamaria, non credo proprio che gli attuali gestori siano discendenti dei panettieri di quegli anni ! Quando frequentavo le elementari (fine anni 60) la panetteria si chiamava Picco,e il panettiere era il papà di una mia compagna di scuola. Al mattino la panetteria era presa d’assalto ! La focaccia la compravo per l’intervallo a scuola….poi un triste giorno la maestra scoprì alcuni quaderni delle mie compagne visibilmente unti e la focaccina (costava 50 Lire) fu bandita ! Anch’io la ricordo coi buchetti pieni di olio ,una vera bontà. Un caro saluto a tutti e buona settimana.
……ma si può dimenticare quella focaccia!!???
Se ne parlo sento il profumo mmmmmmmm , la mamma non voleva giustamente che la portassimo a scuola (Dal Verme) ma la merenda siiiiiiii…….quei buchetti pieni di olio li ricordo ancora
Gnam gnam a tutti
Mi concedevano pane e cioccolato, in quegli anni era una merenda lussuosa, ma sono figlia unica ed ero molta viziata. Mamma preparava dolci buonissimi e una fetta era destinata alla merenda scolastica. Poi c’erano le veneziane di Montalbetti, buonissime. Ma……la focaccia, ragazzi….era il top! Buona, calda, croccante il bordo e morbidissima al centro. I buchini lucidi e ripieni di olio… Ma non si poteva assolutamente portarla a scuola! I quaderni avevano la priorità.
Finite le lezioni del pomeriggio nessuno mi toglieva una fetta di quella bontà.
Un’altra merenda “isolana” era la castegnaccia. In via Borsieri, credo al 14, il negozio di “cibi cotti”, antenato delle moderne rosticcerie, esponeva in vetrina enormi padelle di castegnaccio. Buono, caldo, dolce, si liquefava in bocca. Ma anche questo si doveva gustarlo solo a casa, a scuola era proibito.
Guam gnam a tutti.
Annamaria.
Ottimo il castagnaccio ma la merenda mia e di mia sorella Mariarita era spesso pane burro e zucchero oppure mezzo bastoncino di pane svuotato della mollica e gustosamente unto di olio …poi ritappato con la mollica stessa…….propongo queste merende alle mie nipoti…..se le gustano …….isolane ad honorem ❤️❤️❤️ !!!
…..a all’oratorio di via confalonieri li mangiavate i brutti ma buoni ???
Ciao a tutti e ciao Roberta. Non ricordo i brutti buoni delle monache, ma ricordo che avevano un sacco di dolcetti sfiziosi. C’erano delle “pesche” fatte non so di cosa, forse meringa, colorate di rosa, le famose e sempre attuali stringhe di liquirizia con la pallina di zucchero colorato al centro. Le caramelle gommose e i bastoncini di legno di liquirizia, le bustine di farina di castagne che quando tentavi di mangiarne il contenuto avveniva il disastro: polvere per tutto il viso e soprattutto sui vestiti. Poi c’erano le boccette colorate a mo’ di biberon, una schifezzina dolciastra….tanti cari ricordi. Quando riuscivi a racimolare poche lire per la domenica era festa! Non si usava la paghetta!
Eeeeeiiiii Annamaria…….sembri mia sorella ti ricordi perfettamente…….ma hai ragione….io puciavo la liquerizia in quella maledetta farina e puoi immaginare il risultato!!!!! Ricordo l’altalena altissima dalla quale sono.volata via……..peccato che tutto quel blocco di case sia sparito sarebbe stato bello rivedere i cortili.
Però io e mia sorella Mariarita torniamo spesso , anche per incontrarci con nostra cugina Patrizia che abita ancora in via Pastrengo proprio vicino alla famosa “Verdi”
Ciao ai prossimi “spunti”
Buongiorno a tutte le amiche ed amici dell’Isola. L’Ottobre 2016 è alle porte e noi Isolani, come sempre, siamo pronti ad affrontarlo. Grazie ad Annamaria, Claudia ed a Roberta queste pagine hanno ritrovato vivacità ed interesse. Il tema ha toccato i peccati di gola del passato. Ecco che allora mi è venuta in mente la vetrina della latteria di mia mamma in via J. dal Verme 2. Nel 1940, quando aveva lasciato il suo posto di lavoro per acquistare la latteria, la vetrina esponeva poche cose ma con il passare del tempo era divenuta l’esposizione di dolciumi e leccornie più importante dell’Isola. Lo spazio era quello che era ma tutto era esposto in modo che ogni articolo fosse ben visibile e scatenasse l’acqualina in bocca dei piccoli adoratori.
Il rifornimento era assicurato da tre commercianti, ciascuno con il suo valigione pieno di ogni bendiddio, che regolarmente visitavano ii negozio. Ognuno aveva le sue specialità. C’era quello delle liquirizie, quello delle caramelle e quello della spumiglia. Ognuno aveva poi, via via, delle novità.
Poi tutto trovava il suo spazio nella vetrina. Provo a farne un veloce elenco : Bastoncini di liquirizia di legno, liquirizia nera in barrette di varie misure, rotolini di liquirizia morbida con al centro una caramellina bianca, Bustine di farina di castagne, bottiglini con del liquido dolce colorato di vari aspetti, figurine di spumiglia dolce di varie specie, vasi di caramelle di tutti i tipi, dal miele alla menta. Confetti bianchi e, i più richiesti, i moretti : confetti di cioccolato. Io, che nel ’40 avevo 6 anni e frequentavo al mattino la 1a Elementare, al pomeriggio ero proprio addetto alla vetrina e la clientela non mancava. Venivano dalla via Castillia, dalla Borsieri ed anche dalla Carlo Farini a spendere li le loro mance.
Poi nelle notti dell’Agosto 1943, con i bombardamenti, tutto andò in briciole per gli spostamenti d’aria delle esplosioni, la vetrina andò in mille pezzi ed il suo contenuto sparì. La voglia di zucchero, la voglia di dolce, il gusto di succhiare la liquirizia nera o di masticare quella di legno, rimasero inappagate per molto tempo. Per vedere la nuova vetrina rifornita come nel passato occorse attendere il 1946-47. Però il mondo era cambiato ed in parte anche i gusti dei ragazzi. Erano arrivate le cicche americane ! All’Isola si masticava la cicca subito dopo l’arrivo dei soldati americani, ma nessuno sapeva come si presentavano le confezioni originali. Si masticava per giorni la stessa cicca, di seconda o terza bocca. Mi spiego : nel 1945, dopo l’Aprile, gli americani avevano impiantato un campeggio all’aeroporto militare di Bresso. Io con altri amici dell’Isola andavamo la al mattino, tram sino alla Bicocca e poi a piedi.
I soldati americani ci avevano accolto bene e ci facevano fare dei piccoli lavoretti come mettere a posto e pulire lo spazio delle loro brandine. Li, sulle cassette, a fianco delle brandine, c’era sempre attaccata la pallina masticata della cicca del giorno precedente. Io, come gli altri amici, me ne cacciavo in bocca finchè ce ne stavano, e via a masticare. La sera tornavamo all’Isola e gia ci aspettava li una bella folla, tutti in attesa della cicca e di qualche sigaretta. ( le nostre camice erano gonfie di ” Navycat” sigarette di tabacco Virginia, profumatissime. La grossa palla di cicca, che avevo in bocca e che avevo ammorbidito con la masticazione della giornata, passava, in almeno altre cinque bocche in attesa di poterla masticare a loro volta. Le mie lettrici sono certo che ora penseranno : “che schifo” ! . Do loro ragione, la penso anch’io così, adesso, ma allora eravamo in un altro mondo uscito dall’inferno di cinque anni di guerra, di fame, di freddo, di paure.
Ho compiuto 82 anni due giorni fà e questi ricordi di gioventù mi divertono quando li porto alla mente. Così ho pensato di farvi partecipi. Buona giornata.
Buongiorno Gianni che ricordi interessanti e simpatici …… io ho 71 anni quindi non ho vissuto quei momenti ma il dopoguerra ce lo raccontavano i nostri genitori ….tempi pesanti per chi aveva famiglia….io sono nata sotto gli ultimi bombardamenti e per molti anni della mia vita quando sentivo gli aerei bimotori, a letto, aspettavo la bomba, ma impossibile io ero neonata e la mamma mi portava in rifugio …forse i rumori restano nella mente.
I miei ricordi oltre ai rumori hanno molti profumi tipo appunto le focaccine o la cartoleria di via dal verme…..o la rosticceria di via borsieri e anche la drogheria ……spero che mia sorella si dia una mossa abbiamo bisogno di lei per rivivere molto di più …….ciao ai prossimi profumi!!!!!!
Ciao Isolani, sono Mariarita sorella di Roberta Lacchini. Non ho molto da aggiungere al discorso merendifero se non che nessuno ha parlato della mia merenda preferita: la CREMONESE! Con tutti i suoi bei cornetti ben cotti che mangiavo uno ad uno per poi arrivare alla base. Questa si poteva portare a scuola. Non ungeva. A volte la vedo da qualche panettiere..ma la mia pancetta mi proibisce di comparla. Ma è un altro l’argomento su cui vorrei portarvi. LE CURE PERSONALI. Io (1949) e Roberta (1944) abbiamo abitato in via Castillia 9 fino al 1960. La mamma ci lavava I capelli con un sapone in polvere marroncina contenuta in una busta tipo quella del talco. La marca poteva essere Roberts. La polvere veniva sciolta nella tazza della colazione. Poi si procedeva al lavaggio dei capelli nel lavello della zona cucina. L’ acqua calda non c era quindi scaldava l ‘acqua sul gas o usava quella contenuta sul piano della stufa. Non avevamo il bagno in casa. Quello che non riesco a ricordare è “come ce li asciugava ” il phon non me lo ricordo proprio. Stavamo vicino alla stufa d’ inverno e sul terrazzino d’estate?
Io avevo i capelli sempre corti perche così ‘si rinforzavano’ ,diceva mia mamma, ma mia sorella aveva una bellissima coda di cavallo. Mia mamma andava dal parrucchiere dove c’ erano i caschi, ma a casa cosa si faceva!?!? Ciao a tutti
Visto …….mia sorella fa le domande giuste che portano vivacità ai nostri ricordi…io quello schifo marroncino non lo ricordo …. La mia coda è stata brutalmente recisa causa nodi e frignamenti……trauma infantile…..per favore diteci come asciugavamo i capelli già siamo alla ricerca del n.9 di via De Castillia adesso pure il phon…aiutooooooooo
Ma voi ragazze i pantaloni li portavate o d’inverno avevate le gambe viola dalla fine dei calzettoni alle mutande…….??? Anche questo è interessanteeeeeee sapere
Rispondo sui pantaloni. Nel 1959 io e Roberta abbiamo avuto l influenza Asiatica. Roberta è guarita nei tempi giusti. Io invece ho rischiato di andare all,altro mondo. I sintomi erano nausea febbre mal di pancia…gli stessi della infiammazione della pendice ms il medico non l aveva capito. Dopo tanti giorni e con l aggravarsi dei sintomi mia mamma presentendo la gravità chiamò un taxi e mi portò a Niguarda dove passava per caso in pronto soccorso il professore Beltrami che anziché aspettare il mattino mi operò subito e mi salvò la vita. Era ormai peritonite! Cosa c entrano i pantaloni? Grazie alla peritonite ho avuto il Permesso dalla direttrice della Rosa Govone di mettere i pantaloni per essere più riparata dal freddo… molti mi chiedevano perché avessi i pantaloni e non la gonna come tutte le bambine!!
Ahi ahi che tasto doloroso lo shampoo !
Io sono del ’51, abitavo in via Ugo Bassi 23. Non era una casa di ringhiera ma in casa c’era solo il wc e un lavandino, niente vasca, doccia ecc….e, ovviamente, niente acqua calda. Mia madre scaldava l’acqua sul gas e mi lavava i capelli nel lavandino di cucina perché c’era più caldo che nel bagno dove non esisteva il calorifero. Non ho mai capito perché fosse l’unico locale sprovvisto di elementi. Presenti in tutte le stanze, corridoio compreso, ma in bagno…no! Mamma comperava lo shampoo DOP Testanera: confezione di 3 bustine. Si scioglieva la polvere in una tazza di acqua calda e via…. Fortunatamente avevo i capelli corti, frangetta che formava un caschetto, cerchietto per tenerli in ordine. Una volta lavati venivano asciugati prima con un asciugamano e poi….mi faceva sedere davanti al forno della cucina, apriva lo sportello ed io, a testa in giù, arieggiavo i capelli! Per fortuna poi la mia nonna acquistò uno dei primi phon….lo ricordo ancora, era tutto rosa!
Ragazze, che bei ricordi!
I pantaloni a scuola non si portavano! Scherziamo? faceva un freddo stinco, la burela (in italiano ginocchio) era viola ma a nessuno sarebbe venuto in mente di scandalizzare la popolazione isolana! Canottiera di lana, maglietta con manica lunga sempre di lana, sottoveste di lana, calzettoni di lana, gonna scozzese quasi sempre a pieghe, maglioncino e infine….grembiulino bianco con fiocco rosso! Era la mia tenuta scolastica. Sopra un bel cappottone acquistato in prima elementare, prima lungo lungo, poi sempre meno. Ogni anno mamma allungava l’orlo, per fortuna (dipende dai pareri) non sono cresciuta molto….piccola ero e piccola sono rimasta. Le mie amiche Claudia e Lucia che mi conoscono bene sono pregate di non ridacchiare!
Ragazze, che ne dite se per la festa della Fontana ci organizziamo e ci incontriamo?
Un abbraccio a tutte le vecchie e nuove amiche isolane (anche a Gianni che ci legge e segue).
Annamaria.
Quando è la festa della Fontana.? Chissà se si riesce a conoscerci.🗻
Cara Mariarita come non ricordare la Cremonese?! Troppo buona! Anch’io spazzavo prima i cornetti friabili e poi mi tuffavo con lentezza estrema nel centro del dolce….sento ancora il sapore…
😛☺️😀
Credo sia l’ultima domenica di ottobre. Chiedo conferma a Lucia, Claudia, Gianni, Enzo ecc….
Scusa Mariarita ma se tu sei del 49 ed io del 51 vuoi che non ci siamo mai incontrate alla Rosa Govone? Chi era la tua maestra?
IN PRIMIS tanti auguri al caro Gianni !
Poi …..si il discorso sulle cicche mi ha lasciato un po sbalordita ……, e poi non sapevo che ci fosse già a quei tempi l’eliporto a Bresso !!!
Ora la parrocchia di Santa Maria alla Fontana e il Sacro Volto sono unite,e si chiamano Comunità Pastorale Maria Madre della Misericordia – la festa comunque dovrebbe essere a metà ottobre in occasione di S.Fortunato.
Vi riconfermo al più presto.
E infine…..la longeva Cremonese che si trova ancora in qualche panificio,buonissima ; ma in questo caso io faccio come l’amica Mariarita ……
Un caro saluto a tutti.
Rispondo a Claudia : Non era un eliporto quello di Bresso ma era un campo di aviazione militare grande due volte quello attuale, arrivava sino al viale Sarca. Il Viale Fulvio Testi infatti ad un certo punto era tagliato ed interrotto dalla rete di recinzione dell’aeroporto. Li nel ’45 gli americani avevano installato un accampamento e raccoglievano li i mezzi non più in uso : jeep, camion, ecc che poi sarebbero stati concentrati al campo ARAR all’autodromo di Monza. Solo noi ragazzi dell’Isola avevamo libero accesso, e non so perchè, sta di fatto che grattavamo di tutto, e forse loro lo sapevano ma , data l’abbondanza di tutto se ne fregavano. Particolarmente sparivano le sigarette, allora erano le Navy Cut (quelle con il salvagente con dentro un marinaio) di tabacco Virginia, profumatissime. Noi prendevamo la sera il tram 4, al capolinea della Bicocca
che era composto da due carrozze unite ed aveva due terrazzini, avanti e dietro in cui era permesso fumare. Il fumo delle nostre sigarette faceva impazzire gli operai della Pirelli e della Breda che erano sul tram. Loro fumavano le Milit ( fortissime e puzzolenti) oppure il “trinciato marciapiedi” che erano i mucc disfatti e rifatti con la cartina. Sto scrivendo in arabo e non sarò capito. Mi spiace, ma chi lo può capire ora quel mondo lontano ?
FESTA DELLA FONTANA – Si cara Annamaria. è la terza Domenica di Ottobre.
Perchè non ritrovarci per un abbraccio ed un caffè insieme ? Proponete ora e posto preciso. W l’Isola !
Annamaria, la mia maestra era la TERRIBILE signora Marisa Quaglia. Se ci incontreremo ti dirò perché. Se io, Roberta e la cugIna Patrizia di via Pastrengo potranno, mi farebbe proprio piacere venire alla festa della Fontana, e se non sarà quella volta vediamo di organizzare un cafferino in altra occasione.
Per Annamaria: la mia maestra era la TERRIBILE (Riposi in pace) signora Marisa Quaglia. Se ci incontreremo ti racconterò! Ti dirò per il 16 ottobre. Se non fosse possibile troveremo altra occasione.. ciao
Care amiche ,quanti bei ricordi della nostra Isola è delle merende di Montalbetti,solo nominarlo sento il profumo dei dolci che usciva dal suo negozio.Sono d’accordo per incontrarci alla festa della Fontana,credo che sia l’ultima domenica di ottobre,sicuramente Claudia che abita ancora in zona ci dirà con precisione la data.Un saluto a tutti e in particolare a Annamaria,Claudia e Gianni che ho già avuto il piacere di conoscere personalmente.
Cari saluti
Lucia Beduzzi
Ciao a tutti! Allora pare che la festa della Fontana sia la penultima domenica di ottobre, cioè il 23. Così conferma anche Gianni. Per togliere ogni dubbio chiameró la parrocchia. Sarebbe bello incontrarci per conoscerci, e ciaccolare sul vecchio quartiere.
Per Mariarita.
La mia insegnante era la dolcissima signora Cecilia Bellotti. Conservo ancora un bellissimo ricordo di lei. Speriamo veramente di poterci incontrare. Ciaooooo!
Gianni è un diario vivente. Riesci sempre a farci vivere momenti che nessuno ci ha mai raccontato. Sapevo dell’aeroporto di Bresso ma non i particolari. Troppo forte è troppo bravo. Un abbraccio.
Enzo….tutto bene? Non leggo più i tuoi commenti per me preziosi…ogni aggiunta ai nostri “racconti” è fondamentale per risvegliare vecchi ricordi e aggiungere nuove informazioni.
Anche mia sorella che era del ’48 aveva la maestra Quaglia ,forse eravate in classe assieme??? Si chiamava Beduzzi Marialusa,mi piacerebbe sapere se avete un Suo ricordo.
Cari saluti
Lucia
Per Mariarita,ora ricordo che mi hai inviato il disegno che mia sorella ti ha fatto su libro dei ricordi,come abbiamo detto sarebbe bello poterci incontrare alla festa della Fomtana
Cari saluti a tutti
Lucia
Per Gianni,
no no ti abbiamo tutti sicuramente capito e grazie per la tua preziosa testimonianza ! Doveva essere veramente grande il campo di aviazione militare se arrivava sino in viale Sarca ….
Posso immaginare le vostre ”spedizioni isolane” e immagino quanto riuscivate a divertirvi .
Auguro un sereno fine settimana a tutti.
Claudia
A proposito della Chiesa della Fontana, nostro nonno Luigi ci tormentava con questa filastrocca:
El Preôst de la Funtana
L’ ha perdu’ la capelina russa.
Chi l’ha truada?
El purtinar del numer vûn.
..chi.. mi?
..si…. ti!
..mi no!
…chi dunca! ?
..El purtinar del numero du.
..chi ..mi?
..si…. ti!
..mi no!!
Chi dunca! ?!………….arrivava anche oltre il numero 10!!!😨
Ciao e buona domenica
Mariarita& Roberta
si Annamaria tutto bene,non ho niente da aggiungere poichè avete raccontato tutto voi e mi è sciesa una lacrima.Confermo la data della festa della fontana e aggiungo che casa mia piazza minniti 6 aveva il bagno in casa anche se consisteva solo di una grande vasca con uno scalda acqua a gas che sbuffava e pareva dovesse scoppiare da un momento all’altro e da un wc.
Buon giorno a tutti gli isolani?? Prendete nota,(se volete ) fare un tuffo nel nostro passato. Lino Lecchi colpisce ancora???
25 Ottobre,martedì alle ore 18 presso l’Oratorio della Chiesa del Sacro Volto, in Via Volturno,all’ISOLA.
Presentazione ufficiale dell’libro “Quelli dell Isola,, E’ un orario un po critico, è sempre difficile che vada bene per tutti, ma con un po di buana volontà, dai che gh’he la femm.
Questo annuncio verrà fatto anche su Radio Interland 45.600 Mz alle ore 10,30 del 5 Ottobre Mercoledì Nella rubrica ” Ciciarem on cicininn ,,
Spero di trovare le gentili signore e qualche amico che scrivono su
questo Blog, perchè sono sempre di meno, purtroppo??
Un a RIVEDERCI da Sergio Codazzi
Caro Enzo sono contenta che tu stia bene e mi farebbe veramente tanto tanto piacere incontrarti alle festa della Fontana. Sono sicura che anche le mie amiche isolane, vecchie e nuove, sarebbero felici di conoscerti personalmente. Una rimpatriata di isolani doc porterebbe nel vecchio quartiere un soffio di aria fresca. Pora la mia isula cume l’è cunsciada!
Cara Annamaria ma perché vedi l’Isola cosí conciata…….io la trovo bellissima anche adesso così moderna…..certo Gae Aulenti è un altro mondo ma bastano pochi passi e la ritrovi……la scuola la chiesa le vie che sembrano intatte….certo non ci sono cinema Zara e Iris , la magna……non ci sono certi negozietti tipo droghiere ortolano merciaio ,tutti in via Borsieri, ma giro e mi ricordo tutta la mia adolescenza i miei amici persi dopo il traferimento ……ma per una cosa ti devo dare ragione….che schifo quel bosco in verticale……ma proprio casa mia dovevano demolire mannaggia!!!
Era proprio bella….io la vedo ancora tanto tanto bella la mia isola ….quando non so cosa fare è lí che vado a respirate I miei ricordi….e ho condizionato cosí tanto figli e nipoti che anche loro partono da lí per girare in città……oggi Federica una delle mie piccoline mi ha telefonato dicendo…nonna oggi sono andata a vedere il tuo muro…quello che resta del n. 9 di via de castillia e io sono felice
Abbracci a tutti
1o ottobre: quanti ricordi e che nostalgia della vecchia scuola di via Dal Verme.!
Ciao a tutti.
No Roberta, io la trovo molto cambiata. Non tanto per la piazza Gae Aulenti che tra l’altro è più a P.ta Nuova, ma non so…trovo tutto cambiato. È giusto che ci siano nuove abitazioni, che i negozi siano stati rinnovati, che il mercato del sabato abbia subito modifiche ma è il processo di gentrificazione in sè che non accetto. Non sempre i rinnovamenti portano situazioni positive, io non le vedo.
Me ne sono andata a 22 anni e sono andata ad abitare in c.so Genova. Anche lì è tutto cambiato,ma non così drasticamente. Non c’è la movida notturna che disturba i residenti. Sarà positiva per i commercianti ma detesto la gente che fa schiamazzi notturni. Inoltre questa eliminazione di esercizi sostituiti da bar, ristoranti, pub ecc. mi ricordano Rimini…..ho comunque frequentato l’isola fino al 2001 anno in cui i miei genitori si sono trasferiti e ho assistito ai vari cambiamenti di anno in anno.
Dopo 10 anni in corso Genova mi sono trasferita a Linate, frazione di 1500 abitanti di Peschiera Borromeo. Ci abito da 35 anni e anche qui tutto è cambiato. All’inizio in paese c’erano diversi negozi di alimentari, bar, cartoleria, negozietti di abbigliamento, c’era la scuola elementare e diversi medici. Allora non eravamo nemmeno in 1000 abitanti. Bene, negozi non ne esistono più, i bar sono ridotti, la scuola é stata trasferita in una frazione vicina e i medici lo stesso, ne è rimasto uno solo. La chiesa viene aperta nei giorni di precetto e due volte la settimana si può ascoltare la Messa. In compenso sono spariti i campi coltivati e al loro posto sorgono diversi palazzi.
Anche qui é subentrata la gentrificazione. Ma….se questo è progresso…grazie no, preferivo le vecchie case, di ringhiera o meno, dove tutti ci conoscevamo e ci aiutavamo. Non questa freddezza e questo rincorrere il tempo.
Un abbraccio a tutti.
Annamaria.
Cara Annamaria certo tutto e’ cambiato come protrebbe non esserlo ma io apprezzo tutti i cambiamenti che danno vita alla. citta’,
Non so come possa essere la via borsieri o tito minniti o guglielmo pepe o pastrengo con la movida,,,,,io ci vado in tranquillita’ ed apprezzo che la mia mente rivedendo le vie , ricordi, quindi non faccio analisi gentrificazionali ma mi limito a pensare al droghiere con erminio che faceva il garzone al’ortolano con rosario che consegnava la frutta con la mia amica rosanna con la quale facevo birichinate che racconto alle mie nipoti, con paolo che aveva una stupenda lambretta con pierangela ed ettore che mi invitavano a casa loro ad aiutare la loro nonna ad imbustare le figurine panini , bruno Martinelli che aveva la mamma che faceva le iniezioni e che rimagliava le calze, alle figlie della lattaia del n.10 che mi invitavano a sentire le prime canzoni rock nel retro del negozio, alle due sorelle che abitavano in fondo alla via e che portavano i jeans appena usciti e che a casa mia erano giudicati riprovevoli ……..guardo le foto ricordo della mia classe e vedo quelle deliziose bambine col bel grembiulino… sorridenti……,questo mi fa felice e mi spinge a raccontare a casa le cose belle o tristi che mi sono successe nei 16 anni in cui ho abitato a 9 di via de castillia…………a me questo basta a rendermi felice anzi all’isola dimentico i problemi che la vita manda e rimanda e rimanda…………..
Aggiungo una sola precisazione l’isola non e’ a Porta nuova faceva zona a se ma aveva come distretto porta Garibaldi.
Porta nuova comprendeva la fabio Filzi con le giostre fino al Fatebenefratelli, mentre porta volta arrivava al monumentale e via paolo sarpi,,,,,,,,,,,se vuoi ulteriori chiarimenti leggi il pdf di mister codazzi sulla via de castillia dove anche lui ha abitato ma al 10………per me gae aulenti e’ porta garibaldi……….
Comunque bello questo blog dove possiamo buttar giu’ le nostre idee in liberta’ e senza polemica ,,,,,,,,,,,si sa i ricordi ognuno ha diritto di interpretarli come vuole…….le realta’ che non si vivono sono solo opinioni!!!
Roberta
Care amiche dell’Isola,il solo parlare del nostro rione non può farmi che piacere. Poi ognuno ha i suoi fantasmi da rincorrere. Permettetemi pero di esprimere un concetto fondamentale:
Noi degli anni 30 pero abbiamo dentro delle cose incancellabili che vorremmo trasmettere ai nostri nipoti e non ne siamo capaci?
Errori, anche, che vorremmo non accadessero più. Suoni lancinanti di bombe, sganciate, spezzoni incendiari sirene di allarme,rifugi antiaerei, pane nero, carbone,freddo,coprifuoco. fame ecc.
La vita non è facile per nessuno,anche adesso? pero quelli che sono nati dal 45 in poi anno fatto un percorso verso il bello, pane bianco….lavoro,frigorifero,
macchina utilitaria,cinema ,avanspettacolo,fino ad arrivare ad oggi.
Non so se il concetto può essere esaustivo?
Vi faccio una proposta: Sono disposto a venire presso di voi quando volete se mi offrite un caffè e con una chiavetta vi faccio percorrere un itinerario di vita vissuta nel quartiere Isola dagli anni 30 ad oggi ottobre 2016.
Stabilite voi giorno data, orario, con marito sorella, nipoti,parenti.
Distinti saluti Sergio Codazzi 3381273742
Cara Roberta hai ragione, questo blog è veramente piacevole. Lo leggo da più di due anni ed ho avuto modo di apprezzare, nel rispetto delle idee altrui, le varie vicissitudini attuali e del passato di chi le racconta. D’altra parte se tutti la pensassimo uguale il palcoscenico della vita ci presenterebbe solo commedie o solo tragedie e i ricordi sarebbero solo belli o tristi. È giusto che ognuno di noi li interpreti come desidera.
Buona giornata a tutti.
La scorsa settimana Berlusconi ha compiuto 80 anni e in questa occasione alla televisione hanno presentato un servizio a lui dedicato dove inquadravano via Volturno dove è nato e successivamente la trattoria del mitico Tomaso.
La rimpatriata dello scorso anno in quel ristorantino è rimasta nei ricordi di questo blog grazie anche a Mr. Codazzi e a Gianni che avevano organizzato il tutto.
Annamaria.
Ciao a TUTTI !!!
Si ,riconfermo, come diceva anche Gianni, che la Festa della Fontana (ora Comunità Pastorale S.Maria della Misericordia) si terrà il 23 ottobre.
Volevo comunicare, a chi fosse interessato, che domenica 23 presso il teatro Sala Fontana la COMPAGNIA FILODRAMMATICA ALLA FONTANA presenta
”Il marito in collegio” di G.Guareschi -(commedia)- inizio ore 17.30 . L’Ingresso come sempre è libero e in genere si da un’offerta all’uscita.
(offerta che va in beneficenza)
Il teatro si trova in via Boltraffio 21.
Importante : Alcuni volantini in zona riportano per sbaglio questo spettacolo anche sabato 22 ma si tratta di un errore !
Claudia
Ciciarem on cicinin
Su Radio Interland 94.600 MHz. tutti i mercoledì dalle h. 10,30 circa andrà in onda la rubrica “Ciciarem on cicinin”, Storia e Storie di Milano di Sergio Codazzi.
Distinti saluti
Domenica 23 Ottobre,ore 15,30 nella Chiesetta di Cascina Linterno che mi da l’opportunità di proiettare il documento:
” All’ombra dei grattacieli dell’Isola ,,
Dagli anni 30 all’anno in corso. Storia e Storie del quartiere Isola.
Mi sembra opportuno che i milanesi di altre zone della citta vengano a conoscenza delle storie e vicissitudini di questo quartiere?
IN PRIMA ASSOLUTA LA CANZONE ” iSOLA ,, Iterprete Sig. Mario Campagnola
Distinti saluti a tutti Sergio Codazzi
Area degli allegati
Ciao a tutti. Questo sito sta proprio languendo, ed è un gran peccato. Peccato non leggere i racconti di vita di Gianni, Fulvio, Enzo, Paolo ecc. Ogni isolano ha uno spaccato di vita che non tutti conosciamo, che è bello leggere!
Un caro saluto a tutti. Annamaria.
Come si fa a non rispondere all’appello della cara Annamaria che, come noi, ha sempre ed ancora nel cuore la nostra Isola ? Il mondo è sempre più in frenetico movimento e tutti noi, chi più chi meno, ne siamo coinvolti. L’unica cosa che rimane per noi stabile ed immunata è l’Isola dei nostri ricordi.
Tutti noi abbiamo avuto, dopo averla lasciata, esperienze di vita piacevoli e spiacevoli che hanno inciso su di noi, ma i ricordi lontani dell’Isola hanno ammantato di piacere indistintamente tutto e questo ha del miracoloso. Scomparsi, nel ricordo, i dolori, le difficoltà, le privazioni, tutto il negativo insomma, anche questi sentimenti si sono via via addolciti e rientrati nel termine “vita”.
Credo che pochi mortali, nati a destra od a sinistra, in alto od in basso, conservino con tanto piacere e così a lungo nella loro memoria i luoghi in cui sono nati e cresciuti come gli Isolani.
Comunque entro nel vivo dell’appello di Annamaria e siccome in questi giorni è ricorso il ricordo dei Morti affronto questo tema.
I nostri morti, i morti della nostra Isola, erano stati sepolti al Cimitero di Musocco e là, le loro anime riposano in pace, e se qualcuna vorrà fare un giretto, per prendere un pò d’aria, arriverà in Viale Certosa ma, credo, non oltre Piazza Firenze. Ma, nel territorio dell’ Isola, prima che questa nascesse, prima che le sue vie fossero tracciate, quando addirittura quei terreni erano fuori dalla Città, c’era un Cimitero che accoglieva i morti ed era il Cimitero vecchio della Moiazza. Questo si trovava, più o meno, dove ora sorge l’Isolato J. dal Verme-Cola Montano,-Angelo della Pergola- Archinto. Una parte occupava lo spazio di J. dal Verme 2. Nel ‘700 venne dismesso e fu trasferito nella zona poi occupata da P.le Lagosta- Perasto – Borsieri. Lì officiavano ancora i frati che erano rimasti nel piccolo convento che era al centro del vecchio Cimitero cui ho accennato e che, prima che costruissero in nuovo condominio di via J. dal Verme 5, io avevo visto, visitato ed anche giocato dentro. Nel 1940, io avevo 6 anni, mia mamma, operaia alla Brown-Boveri, aveva comperato la Latteria al n° 2 e, dal 4, eravamo passati ad abitare sopra il negozio. Il nostro appartamento era composto da tre stanze, due da letto ed una da pranzo con le finestre verso strada. Una anticamera ampia, sulla quale si affacciavano le stanze ed il piccolo bagno la completavano. La casa era stata costruita all’inizio del secolo dall’Architetto Mezzanotte, molto noto in quegli anni per aver progettato importanti opere nel centro città. Le porte delle stanze che davano sulla anticamera erano a due ante con le specchiature in vetro smerigliato salvo quella matrimoniale che aveva una porta in legno massiccio con un puntello in ferro su di un anta. C’è una ragione se mi soffermo su questi particolari e la scoprirete tra poco. Per un paio d’anni avevo dormito su un lettino nella camera matrimoniale poi, sposatasi mia sorella io avevo avuto il mio letto nella camera in precedenza usata da lei. Dormivo rivolto verso la porta con le specchiature di vetro smerigliato. In due notti, entrambe nel periodo della ricorrenza dei morti, la notte avevo sentito dei fruscii che mi avevano svegliato. L’ anticamera era immersa in una tenue luce verdastra e, davanti alla mioa porta si muoveva un ombra scura di donna con un cappello a larghissime tese. Mi erano venuti i sudori freddi, mi si erano rizzati tutti peli del corpo ed avevo cacciato la testa sotto le coperte. Quando ero riemerso per respirare tutto era scomparso. Non pensate ad un sogno, no era proprio stata una visione ad occhi ben aperti !
Ancora un fatto. Una notte che mia mamma dormiva sola, poichè mio papà faceva il turno di notte in ferrovia, l’avevo sentita urlare alla finestra sul cortile e chiedere aiuto. La sua porta, che era in legno massiccio, con un’anta puntellata con un ferro e chiusa a chiave, veniva scossa fortemente, ed io sentivo quel rumore, come se qualcuno la volesse scardinare. Tutto il cortile era in fermento ma nessuno osava salire al 1° piano a controllare la nostra porta d’ingresso sulle scale. Ed intanto gli squotimenti continuavano e mia mamma continuava a chiedere aiuto. Mi aveva anche chiamato a gran voce ma io mi ero ben guardato dal rispondere poichè avevo paura che l’eventuale intruso scoprisse la mia presenza. Alla fine un coraggioso sali le scale, la nostra porta era regolarmente chiusa. Mia mamma gettò le chiavi dalla finestra, mentre la sua porta ancora veniva scossa, Aprirono la porta sulle scale, l’anticamera era vuota e le scosse si erano fermate. era una notte serena, senza vento che avrebbe potuto giustificare il fenomeno assiociandolo alla corrente d’aria. Era proprio un’anima del vecchio cimitero che si era, chissà per quale motivo, fatta viva.
Da ultimo : quando, durante gli allarmi aerei ed i bombardamenti, scendevamo in rifugio, che era ricavato nelle cantine dello stabile, noi ragazzini andavamo a giocare in una zona libera dove c’erano le travi ed i puntelli ma non le panchine occupate dagli adulti. In quella zona vedevamo sempre delle ombre nere che si muovevano lentamente ma quando, per le bombe, tutto tremava, era impressionante vedere questa ombre che si contorcenano come in preda ad un incontrollato terrore. A quel punto ce ne scappavamo in mezzo alle panche degli adulti sino al “cessato allarme ” .
Voi non ci crederete ma durante tutta la scrittura di queste righe, mentre rivivevo quei lontanissimi fatti, mi son sentito dei brividi sulla schiena. Poveri morti che ho tirato in ballo, riposate in pace !!!
Ti credo, caro Gianni, ti credo. Sia io che mio figlio, lui più di me, riusciamo a “percepire” ….e a volte “vedere”. Probabilmente il fatto che precedentemente c’era un cimitero ha influito, eccome! Grazie per questa rivelazione.
Buon giorno Isolani….sempre sulla breccia????
Vi trasmetto una canzone del ” Carlètù di navili ,, nato anche lui all’ISOLA
Isola
L’è ona canzon giò a la bona,
del mè rion sun dree parlà
dolci ricordi dell’infanzia
visin a caa gh’era tutt praa,
ma adess la vitta l’hè cambiada
gh’hè tutt moderno, quel se sà.
son dree parlà della mia Isola
on vecc rion del mè Milan.
Isola…. Visin a ti gh’hè minga el mar
ma ti per mi te set mundial,
la pusse bela del creaa.
Isola…. El tò bel punt te l’ann sciepaa,
la via Borsieri e in Gariglian
el vial Zara senza i tram.
Isola….l’era bel el mes de magg,
portà i tosan in mezz ai praa
dagh un basin e poeu, tornaa a caa innamoraa.
Isola…el soo per mi l’hè on grand torment
vedee i bei caa senza ringher,
però te voeuri sempre ben….
Isola…el tò Teater el gh’hè ancamò
el Verdi l’hè un grand nomm
l’hè in de la storia come el Dòmm
Isola…el soo per mi gh’hè nient de faa
son nassù chi e la mia caa
l’hè tanto vegia, ma sto là.
Isola….el soo ades te see malada, la Catella te gh’e a dòss
cont el Catar anca in di òss.
Isola….l’era bel el mes de magg,
portà i tosan in mezz ‘ai praa
dagh un basin e tornaa a caa innamoraa.
Isola…el soo per mi l’hè on grand torment
vedee i bei caa senza ringher,
però te voeuri sempre ben….
Cantata e scritta da G. Bellagente “ El Carlètù di navili ,, musica di S. Ferraresi
Ora cantata da Mario Campagnola su Radio Hinterland 94.600 MHz.
Tel 02 9055773 ( Telefonate per ricchiderla. ) tutti i mercoledì dalle ore 10 alle ore 11
A quando una bella rimpatriata?????? Mandatemi le vostre adesioni che ci penso io. Distinti saluti Sergio Codazzi 338 1273742
Ciao Sergio !
Si si sempre sulla breccia come diceva il Don !
Molto simpatica la canzone davvero carina.
Un caro saluto a tutti gli amici isolani e non ……
Claudia
Bravissimo Sergio Codazzi che ci ha fatto conoscere la canzone
dell’Isola. Riporta quanto esattamente c’è nel cuore di tutti gli isolani.
Mi unisco a Claudia nei saluti.
Annamaria.
Buonasera amici isolani. Ho ascoltato una vecchia canzone di Danzi “El barbisin de la Muiaza”. Qualcuno sa se è riferito al vecchio cimitero del nostro quartiere? Grazie.
Ciao a tutti !
Riprendendo la domanda di Annamaria,si ! Potrebbe essere riferito al vecchio cimitero della Mojazza.
Tempo fa (non so se qualcuno ricorda) avevamo parlato della Mojazza proprio su questo forum.
Le uniche testimonianze che abbiamo della Mojazza sono le 2 colonne in fondo alla Via Arese (angolo via Lario) e una bellissima statua che raffigura
La Pietà e si trova all’interno della Chiesa S.Maria alla Fontana.
La statua è stata recentemente restaurata ed è tornata all’antico splendore, mentre le 2 colonne sono in un totale stato di abbandono.
Ora in via F.Arese angolo Lario, c’è un nuovo ufficio Equitalia e spero tanto che con l’occasione le puliscano e sistemino il marciapiede.
Scusate ho divagato un po …..
Un caro saluto a tutti gli amici isolani e non. Buona domenica !
Buon Sant’Ambrogio a tutti gli isolani e no.
Annamaria.
Caspita Annamaria ,mi hai preceduto di pochi minuti !!!!!!
Grazie per gli auguri che contraccambio e invio anch’io a tutti isolani e no.
Mi permetto di comunicare per iscritto quello che che ho detto su Radio Hinterland mercoledì scorso. Presso il CAM di Corso Garibaldi -Via Sthreller,2 dalle ore 15 la festa di Sant Ambroeus e premiazioni delle poesie milanesi e lombarde con Panaton e spumante fino all’esaurimento..
Ricambio con piacere i saluti a Claudia e Annamaria e magari vi vedrò????
Che peccato Sergio ho visto tardissimo il tuo invito ….Grazie comunque !
Un caro saluto a te e a tutti .
Stamattina ho qualche problemi con il p.c. …spero arrivino a tutti i miei più cari auguri di un Sereno Natale e di un Felice 2017 !
Auguri a tutti gli amici isolani e non. Che sia un Natale ricco di felicità, salute e tranquillità per tutti.
Annamaria
Anche se tutti gli Isolani della mia generazione ( anni 30 in poi ) anno fatto i soldi e in questo periodo sono con la pancia al sole in altri paesi più caldi la nuova tecnologia mi permette di fare ugualmente un sacco di auguri a tutti, belli o brutti. Al ritorno però desidererei gentilmente di farsi sentire, con i loro racconti le loro esperienze, perche L’Isola a bisogno del nostro sostegno, se no ci viene addosso il CATAR , e anche la tosse.
Facciamo si che il 2017, alla faccia di chi diciamo noi, sia un grande anno, perche ne abbiamo bisogno TUTTI.
dI NUOVO A RISENTIRCI, DISTINTI SALUTI .
Sergio Codazzi
Buon 2017 a tutti gli amici isolani e non !
Guardando il cielo,questa sera ho pensato che nevica un po in tutta l’Italia,ma a Milano la neve non si è fatta ancora vedere….. mi è venuta in mente una giornata di tanti anni fa …..poteva essere la fine anni 60 o i primi anni 70; l’Isola era tutta coperta da una coltre bianca, creando un ‘atmosfera davvero magica !
Ricordo che la sola cosa che rompeva il silenzio erano le risate e le urla di noi ragazzi che ci tiravamo le palle di neve. Che bello !
Un’altro gruppetto di ragazzi era impegnato a fare un pupazzo di neve che è durato sino al giorno dopo.
Un caro saluto a tutti !
Claudia
Come non ricordare l’Isola ricoperta dalla neve? Ti addormentavi tranquilla, ascoltando i rumori della sera, e ti svegliavi in uno strano mondo, vecchio e pur sempre nuovo, ovattato, oggi lo chiamano soft. Si sentiva il rumore delle pale che spostavano cumuli di neve, le voci degli spalatori…ti affacciavi alla finestra e vedevi il solito vecchio paesaggio rinnovato. La neve era veramente tanta, le persone affondavano e a parte i bambini, gli adulti non erano molto contenti.
Cara Isola, come eri comunque bella!
Un saluto a tutti. Annamaria
E si, care Amiche. Quanta neve sull’Isola in quegli Inverni che erano Inverni. Ora anche questi ci sono stati sottratti. Ma non siamo mai contenti, come è giusto che sia !
Negli Inverni del ’44 e ’45 sull’ovale della Piazzetta Carlo Archinto c’erano ancora tutte le macerie, delle case bombardate, che erano state ammonticchiate li. Con la neve caduta in quegli Inverni e quelle discese dal mucchio di macerie, con delle slitte improvvisate, bastava un asse di legno ed era fatta, non occorreva andare a Cortina per divertirsi ! La neve cadeva tanto alta da bloccare tutto e per toglierla dalle strade passavano gli spazzaneve trainati da un paio di cavalloni come quelli della Gondrand. Palle di neve e pupazzi erano giochi gratuiti allora. Non occorrevano i guanti, a mani nude, rosse per il freddo si giocava lo stesso per ore. Ora la nostalgia che mi assale comprende l’Isola, le sue nevicate, le macerie innevate, le mani gelate e screpolate. Nostalgia.
Dolce sentimento la nostalgia caro Gianni. È quella che proviamo noi isolani per il nostro quartiere. Era tutto molto bello, semplice e pulito.
Oggi “giornata della memoria” . Chissà se anche l’Isola come altri quartieri fu teatro di rastrellamenti, persecuzioni ecc.? Azioni che ci fanno vergognare di appartenere al genere umano….
Buon fine settimana a tutti.
Annamaria.
Cara Annamaria, io passai tutti i giorni che intercorrono tra la fine del ’43, ero in quarta elementare in P.le Archinto, e l’Aprile 1945. Credimi, all’Isola non ci fu niente di quello che citi. Sangue, violenze e morte, ci furono dopo il 25 Aprile ad opera degli ubriaconi dell’Isola che, messo un fazzoletto rosso attorno al collo credevano di essere divenuti padroni di vita o di morte nella zona. Il Brenna, il Volpini ed il Mandelli, furono fucilati, assassinati, in Piazza Minniti ed io assistetti a tutti e tre i fatti.
Poi arrivarono i profughi istriani, fuggiti dalle foibe rosse di Tito, che vennero concentrati nelle scuole di via Veglia in modo più che vergognoso. Togliatti li aveva spacciati per fascisti ed erano solo italiani, Questo è quanto nel giorno della memoria va ricordato !!
Altri abitanti dell’Isola vennero invece deportati nei campi di concentramento e non vi fecero più ritorno. Uno zio di un mio coetaneo un certo Restelli,grazie alla delazione del capo fabbricato così si disse, venne deportato assieme ad altri e non fecero più ritorno alla loro amata Isola e ai propri i cari. Una targa marmorea lo ricordava affissa in alto sul lato destro del portone e li vi rimase sino alla demolizione dello stabie,Via G.Pepe n°8. Sempre el telefon de ringhera ricordava che lo stesso spione era quello che nel pieno della carestia e della fame spennava polli e galline gettandone le piume nel cortile.
Paolo
Brava Annamaria argomento interessante anche perché io non ne ho mai sentito parlare in casa…..chissà se avevamo tanto dolore a pochi passi e non ce ne siamo accorti…ravviviamo gli argomenti anche se mai avremmo voluto potesse esserci tanto odio…..speriamo non torni mai più niente del genere!!!!
Roberta
Ciao Roberta e ciao a tutti. Non so se anche il nostro quartiere fu teatro di orrori. Ho ricordato però un episodio narratomi da mia nonna e dalla mia mamma.
Allo scoppio del conflitto la mia famiglia abitava in via Ugo Bassi, i rapporti con i vari vicini erano cordiali, quasi affettuosi. Sullo stesso pianerottolo abitava una famiglia ebrea, affidarono alla mia nonna una scatola con alcuni indumenti e oggetti personali pregandola di averne cura nel caso fossero stati arrestati con l’accordo di restituzione alla fine del conflitto e, nel caso nessuno di loro fosse tornato il tutto poteva restare alla mia famiglia.
Fra i vari oggetti c’era un servizio da tè e un completo da toeletta: pettine, spazzola per capelli, ecc., il tutto in osso, con le iniziali incise, non plastica come usa oggi.
I proprietari non tornarono più .
Le tazze da té troneggiano in una vetrinetta di casa mia e la spazzola per i capelli sta sul mio comó.
Non sono mai riuscita ad usare nessuno di questi oggetti. Mi limito a riordinarli e a pensare con dolcezza a quelle persone a me sconosciute ma ugualmente care.
Annamaria adesso vedrai verranno a galla ricordi rimossi.
Il tuo è veramente l’emblema della loro speranza e tu non l’hai ancora spenta….brava hai salvato un ricordo che deve essere un monito per il futuro.
Un abbraccio
Roberta
Che bello??? è successo domenica 29 Gennaio,tre persone nate all’Isola si sono trovate volutamente per passare mezza giornata assieme per raccontarsi le loro storie di vita vissuta e rievocare i loro fantasmi.
l’iniziativa è di Giovanni Tedeschi con l’Architetto Silvano Bulgari e sergio Codazzi. Hanno visitato una cascina / stalla di produzione latte, rievocando parecchie storie affascinanti del nostro Quartiere.Isola.
Ed è riemersa la proposta di una nuova rimpatriata. 04 Marzo 2017 h..20,30
Menù e cabaret milanese ( Seguirà volantino quando avrò la vastra Imail )
Tutto da confermare secondo lo spiritodegli Isolani. Caparra entro il 01 Marzo.
Le vicede del quartiere Isola raccontate da Sergio Codazzi su Radio Hinterland
94.600 MHz nella rubrica ” Ciciaremm on cicinin ,,si posono scaricare nelle date:
05 Ottobre- Il latte
19 ,, – Gorla -Peste 1630
26 ,, – All’ombra dei grattacieli
02 Novembre – La gesa di Luset – Canzone Isola
09 ,, Messa in milanese
23 ,, Re Panettone
14 Dicembre – Vecchi mestieri – Il tolpo
21 ,, Natale 1941
Riprendiamoci la Nostra Isola. L’Isola ha bisogno di Noi???
( Per ulteriori informazioni mandatemi la Vostra Imail.) Grazie.
misterdoc37c@gmail.com – Cel 338 1273742
Distinti saluti Sergio Codazzi
Sono Rosanna e anch’io ricordo che i miei mi raccontarono che mio padre sfuggi ad un rastrellamento. Ma di sicuro chi aiutò gli ebrei fu Don Eugenio. Partecipai con i miei cugini a un pellegrinaggio in Terrasanta organizzato dalla parrocchia Sacro Volto. Dopo le varie visite ai luoghi santi ci portarono al bosco dei giusti dove venne piantato un albero in memoria di Don Eugenio a ricordo dei molti ebrei salvati.!!!! grande Don Eugenio!!!!!
Uomini come don Eugenio hanno fatto veramente la storia. Sta in noi ricordarla e raccontarla. Sperare e pregare che i nostri figli e nipoti non debbano rivivere quei momenti terribili. Non so se siano ancora visibili, ma fino a qualche anno fa ricordo che alcune vecchie case portavano ancora le indicazioni che segnalavano i rifugi antiaerei…
Un saluto a tutti.
Annamaria.
Egr. Sig. Codazzi, mi chiamo Giovanna, mi è piaciuto molto il suo racconto sull’Isola e su tutti i suoi personaggi, scuole, negozi che ne hanno fatto la storia, ma sono rimasta dispiaciuta perché non ha menzionato la trattoria di mio padre che era proprio al numero 10 di Via De Castillia. Era la trattoria più bella della via, in quanto aveva una balera, un berso con tre tipi di uva, un gioco di bocce e, nel 1950, quando siamo arrivati si ballava nel giardino esterno e ci veniva tanta gente del caseggiato ed era bellissimo.
I miei genitori erano meridionali e prima di venire a Milano erano a Brescia, io mi chiamo Giovanna detta Vanna e con le mie sorelle Antonia e Nunzia eravamo le più ammirate del quartiere, in particolare io e mia sorella Antonia eravamo molto amiche di sua sorella Annamaria e di Silvana Sandrini ,perché eravamo compagne di giochi in cortile.
Sono molto affezionata a quel quartiere nel quale sono cresciuta , per me il più bello di Milano.
A proposito poi di personaggi famosi che hanno frequentato la nostra trattoria, oltre al calciatore dell’Inter Skoglund, ci sono stati anche Tognazzi e Nanni Loy in quanto mia madre era un’ottima cuoca.
In tempi più recenti il figlio del regista Mario Soldati voleva rilevare il negozio, ma mio padre non volle perché ancora in piena attività.
Mi scusi se mi sono dilungata troppo ma mi sentivo di farlo.
Lei Giovanna non ci crederà,ma nel film della mia vita, nei fantasmi che rivedo dell’Isola ci siete anche Voi? Non so esattamente quale di Voi mi sono innamorato,ma vi vedo???
Del periodo che si ballava sotto il ” bersò ,,me nero propprio domenticato.
Rilegga ” La Via Gaetano De Castillia ,, c’è anche l’osteria.
Devo dirle inoltre che il suo scritto mi ha emozionato. Grazie
Vorrei suggerile in qualche modo di risentirci,continui a scrivere su questo Blog
Tantissimi auguri a Voi tutti
Le lascio Imeil e telefono 3381273742 misterdoc37@gmail .com
Distinti saluti Sergio Codazzi
Giovanna, io abitavo al n 7 e mi ricordo di tuo padre ( RENZO )e del gioco delle bocce e una cosa mi è rimasta nella testa, il fiasco di vino BARDOLINO che mio padre mi mandava a prendere saluti
Agostino, sono molto contenta che ti sei ricordato di mio padre, perché per me era un uomo molto speciale, onesto e laborioso.
Scrivi che ti ricordi del gioco di bocce, ma oltre a quello c’era anche un bel pergolato, con un piccolo giardino. Ti ringrazio davvero tanto di averlo ricordato.
Tanti saluti.
Giovanna.
Tieni presente che avevo 8-9 anni. (adesso ne ho 62) il pergolato lo ricordo bene. ma dimmi ho indovinato il nome di tuo padre? forse era pugliese, bei ricordi, e 2 anni fà ho trovato grazie a internet anche alcuni bambini di allora del mio caseggiato ( 7 ) i figli del fruttivendolo di fronte alla osteria. Ti abbraccio
Agostino ti sei ricordato perfettamente , ..si mio padre era pugliese .
Grazie cari saluti
Giovanna.
Salve Giovanna e Agostino. Mi state incuriosendo…ricordo molto bene il pergolato che forse frequentava mia nonno! Allora sfrutto la vostra memoria ma voi conoscevate le figlie della lattaia del 12 di via de castillia??? Come si chiamano proprio non lo ricordo. Io andavo spesso la domenica a casa loro nel retro della latteria ad ascoltare i loro dischi rock…… Cavolo che musica ….
È’ rimasta, nonostante l’età , la mia musica preferita
Ciaooooo
Roberta , non ricordo i nomi delle figlie ma ricordo bene loro e i genitori andavo spesso a prendere il latte. Ciao.
anche io andavo alla latteria, e mi ricordo che parecchie ragazzine andavo a prendere il latte ( gianni morandi ). Io al 12 di via de castiglia conoscevo il meccanico franchini che aveva l’officina in via confalonieri giocavo con il figlio eed erano di Parma.
Caro Gianni, sono felice di sapere che all’Isola non siano successi rastrellamenti e persecuzioni contro ebrei e altri . Era comunque normale, anche se non giustificato, che alla fine del conflitto chi non era d’accordo con quelli che avevano per circa un ventennio dominato si ribellasse e vendicasse. Venne poi fatto un calderone di tutto e tutti….senz’altro ci andarono di mezzo anche persone più o meno innocenti.
Credo che il giorno della memoria sia stato istituito proprio per non dimenticare non solo gli ebrei ma tutte le vittime di assurdi conflitti e ignobili azioni, indipendentemente dalle idee politiche.
Buona serata a tutti.
Annamaria.
Cara Annamaria, sei una donna saggia e me lo dimostri anche con la tua risposta di oggi. Buona settimana !!
Caro Paolo la tua testimonianza ci dimostra una realtà purtroppo negativa. Mi avrebbe fatto piacere sapere il nostro quartiere esente da tante brutture. La persecuzione è senz’altro una dimostrazione di malvagità nei confronti di persone a volte inermi, con la sola colpa di pensarla diversamente da altri o di essere di religione diversa. Ma quando questa avviene per delazione spesso da parte di persone che credevamo se non amiche, quantomeno indifferenti, è ancora più amara, fa molto male. Che dire? Chi sono per poter giudicare? So solo, in quanto credente, che queste persone dovranno rispondere oltre agli uomini, al buon Dio, Giudice inesorabile.
A presto.
Annamaria.
Auguri a tutti gli isolani di una Pasqua serena e con tanto sole.
Annamaria
Grazie degli auguri e tanti saluti a tutti gli isolani
Buon 25 aprile a tutti!
Annamaria
Oggi 25 aprile il mio pensiero va a Don Eugenio Bussa, grande educatore di generazioni di Isolani, commemorato dallo stato di Israele con la medaglia dei Giusti per aver salvato molti bambini ebrei durante il regime.
Dedico anche un ricordo a tutti gli isolani caduti per la libertà.
Ve lo racconterò io, che l’ho vissuto, il periodo attorno a quel 25 Aprile all’Isola. Arrossiranno e si vergogneranno quelli che dipingono e propagandano e falsano la vera storia di quelle ore, di quei giorni, di quel periodo. Ma spudorati come sono sempre stati i rossi, smentiranno ciò che racconterò, chi nasce trinariciuto muore trinariciuto !!
Il 25 aprile viene vissuto per ricordare chi subì gli orrori di una guerra, per ricordare chi come don Eugenio si prodigò per salvare e aiutare i sofferenti, per ricordare chi, come mio padre partì dall’isola e a vent’anni si trovò per la follia di altri, a combattere in un paese straniero e a subire la prigionia e finalmente dopo quella data, poté assaporare la libertà.
I trinariciuti illustrati dal Guareschi avranno creduto in un ideale, giusto o sbagliato che fosse, così come per un ventennio i giovani e meno di allora credettero in un ideale che precipitó loro e il mondo intero in un baratro senza fine.
Difficile credere ancora in una simile utopia ed è ovvio che tutto ciò sfociò in ulteriore violenza. Normale a conflitto concluso che chi la pensava diversamente reagisse. Che dovevano fare? Portare in trionfo chi per anni li aveva vessati? Purtroppo anche chi era neutrale venne coinvolto.
Rossi o neri i colori dell’Isola non sempre potevano convivere in pace. Ma con la libertà si poterono e si possono ammirare altri colori… Quelli dell’alba e del tramonto con lo sfondo dei grattacieli, delle vecchie case e del cielo del nostro rione.
Annamaria.
Cara Annamaria ti faccio i miei complimenti per il tuo discorso per la festa della liberazione mi è piaciuto molto e ti auguro un buon 1 maggio.
Grazie cara Giovanna e auguri di un 1o Maggio sereno anche a te e a tutti gli isolani. Sempre sulla breccia!
Volevo fare gli auguri per la festa della mamma a tutte le mamme isolane e a tutte le mamme del mondo.
Ciao a tutte.
Giovanna.
Auguri a tutte le mamme, alle più anziane ormai nonne, sempre presenti oltre che per i figli anche per i nipoti….alle giovani che si destreggiano tra il lavoro fuori casa, i lavori domestici e ragazzini da seguire, auguri alle neo mamme trepidanti e alle future mamme, ma soprattutto alle mamme dei figli disabili, alla loro instancabile forza e speranza…auguri MAMMA.
Annamaria.
Langue, langue questo blog ! Se non ci fosse Annamaria, Giovanna, ed il Mistercodazzi, qui saremmo in panne completa !!E vero che social network, come FB attirano molto di più. Anche li una pagina sull’Isola ha successo e poi ognuno di noi ha la sua pagina e ci può postare tutte le foto che uno vuole.
In ogni caso questo blog non deve chiudere e, come contributo, vedrò se mi riesce di pubblicare qua quello che ho scritto usando Microsoft Word Online. Termino con i miei migliori saluti ai pochi amici ed Amiche che si aggirano tra queste righe, mesti e tristi come se girassero per i viali del Monumentale !
Ciao Gianni e ciao a tutti !
Proprio questo pomeriggio, parlavo con un conoscente del totale ”stravolgimento” della “nostra” Isola……..che è ormai diventata un susseguirsi di locali, e non ha quasi più un solo negozio !
Inoltre; come faceva presente tempo fa Sergio Codazzi, spesso parlano di Porta Nuova rivolgendosi a via De Castillia.
Una nota positiva però c’è, (non solo per i tanti ristoranti/locali/pub etc etc) ma anche per il nostro ORGOGLIO Isolano, che sempre più turisti stranieri e non oltre a visitare il ben noto Bosco Verticale si aggirano nel quartiere per ammirare i tanti edifici ora completamente restaurati, il Sacro Volto e Santa Maria alla Fontana.
Auguro a tutti un sereno fine settimana.
Ecco Claudia che si è fatta viva !! Ciao carissima ! L’Isola resta l’Isola, che poi la tocchi Porta Nuova ( che oggi ha assunto importanza !) o la tocchi Porta Garibaldi, dove è nata, non ha molta importanza. L’Isola è l’Isola e basta !!
Ciao Giovanni Tedeschi grazie per aver detto che io e Annamaria teniamo viva Questa nostra ISOLA anche perché è sempre nei nostri cuori .Tanti cari saluti Giovanna
Ciao a tutti. Ma come mai siamo rimasti in pochi? Che fin han faa i alter? Ma….speriamo tutti in buona salute! Roberta, Franco, Enzo….? e tutti gli altri amici isolani?..ogni tanto io, Lucia e Claudia, oltre a sentirci regolarmente, ci incontriamo all’Isola e ci divertiamo tantissimo…fatevi sentireeeeeee!
Ciao e spero a presto!
2 Giugno 2017: Per i posteri
Intervista su Radio Hinterland, mercoledì 31 Giugno ore 10,30 alle 11.
4 – AL MURO
Correva l’anno 1944, ed i tedeschi cominciavano a ritirarsi vero il Nord dell’Italia, momento molto pericoloso, perché in ogni paese o frazione che si trovava sulla loro strada era soggetto al saccheggio quando andava bene e addirittura al massacro degli abitanti con scuse anche banali. E il paese veniva messo a ferro e a fuoco. Verso la fine del mese di agosto di quell’anno, Angelino Capelli e altri quattro partigiani catturano una pattuglia di tre tedeschi in ricognizione lungo la ferrovia e li portano a Costa Bella dove abitava di casa Angelino. I tedeschi smettono le divise per indossare abiti civili. Alla sera tutti in una grande stanza per la cena, con una mano legata ad una coscia. I tedeschi molto abbacchiati, osservano di sott’occhio Angelino e i suoi compagni che vivono la serata con grande euforia. I familiari preparano una buona cena: minestrone, maiale in vari modi , vino barbera che viene servito a tavola dalla sorella di Angelino, Dirce, una bella ragazza sui venticinque anni con abbondanti curve da intravedere, un viso gioioso, occhi scuri e capelli nerissimi. Verso le tre di notte la comitiva si avvia a piedi attraverso i campi per raggiungere la statale Romea dove una biga per il trasporto animali li attendeva per portarli verso la Val Tidone, quindi verso il Monte Penice, dove c’era un quartier generale dei partigiani. I due cavalli che tiravano il mezzo con fatica alle prime salite nei pressi della cittadina di Pianello crearono qualche problema e nel trambusto i tedeschi trovarono il modo di slegarsi prendere il sopravvento e fuggire nella boscaglia e nei vigneti. Angelino e due partigiani raggiunsero il quartier generale, altri due ritornarono a Stradella da dove il mezzo era partito. Il giorno dopo io ed Elia tornavamo da Arena Po con le nostre biciclette e la spesa , un tratto lo facevamo a piedi perché la salita diventava molto ripida. Tutt’a un tratto, colpi di fucile Tac Pum , mitragliatrici, senza interruzione di colpi, mezzi da guerra, mezzi blindati, tedeschi che venivano da tutte le parti, verso la collina e la salita dove eravamo noi. Spingevamo le nostre biciclette di corsa, ma un proiettile di Tac Pum mi colpì di striscio appena sotto il ginocchio della gamba destra. Lasciai cadere la bicicletta, aggrappandomi urlando dal dolore alla spalla di mio cugino Elia. Insieme con un affanno terribile raggiungemmo casa Ratti in cima alla salita. Intanto l’accerchiamento della frazione era avvenuto. Perquisizione in tutte le abitazioni, tutti fuori dalle case e in fila con le schiene al muro più lungo dell’aia, terrore poi piagnistei di bambini terrorizzati ma non solo loro, conoscendo la sorte di altri paesi dati alle fiamme, grida “rauss , camann” dei tedeschi che piazzarono una mitragliatrice puntata vero gli abitanti. Nelle perquisizioni venne trovata una pistola Beretta mezza arrugginita, ma sarebbe bastata per far cantare la mitragliatrice, se non che, un compaesano che aveva lavorato in Germania come cameriere, con qualche frase un po’ strampalata, riusciva a mitigare gli animi dei tedeschi. La mia sorellina era in braccio alla signora Carla, io ero stato provvisoriamente medicato e fasciato con la stessa mia camicia strappata come benda ed il foulard di mia madre faceva da laccio emostatico. Passammo sei ore in questo stato, erano le due del pomeriggio, finchè giunse un’auto Wolkswagen Kubelwagen con un graduato, importante, come quelli che poi si sono visti nei film finita la guerra. Con lui c’era anche uno dei tedeschi catturati dai partigiani di Angelino, il quale oltre alla cena aveva passato molte ore con i partigiani, durante il viaggio verso il Penice dove poi fuggirono. Al muro oltre la trentina di abitanti vi erano i due partigiani milanesi componenti della brigata che avevano catturato i tedeschi, Roberto e Gianni Delfitto. Vorrei dirvi che la guerra è guerra e non descrivo che schifo sia. La guerra la fanno uomini costretti a farla, con mogli e figli a casa. Il tedesco fuggito dai partigiani è costretto a fare il suo dovere e passare in rassegna uno per uno guardando negli occhi i prigionieri al muro. Giunto di fronte ai due partigiani, si sofferma un po’ di più , facendo gelare il sangue a tutti coloro che erano venuti a conoscenza più o meno per sentito dire di quanto accaduto il giorno e la sera prima. Poi il tedesco prosegue in un atmosfera da incubo, nel riconoscimento presunto delle altre persone, fino alla fine della fila delle persone che erano al muro. Dopo una diecina di minuti veramente interminabili, in un’atmosfera di terrore e immobilità i tedeschi, con urla di ordini, cominciano a risalire sulle macchine e sui camion e in un nuvolone di polvere lasciano il paese.
Ho cercato di fare ricerche su questo signore tedesco che ha voluto salvarci tutti, o per lo meno il mio desiderio sarebbe stato quello , ma purtroppo non sono stato capace di trovarne le strade. Nel mio intimo lo ringrazio ancora oggi e quando ci penso, me lo rivedo davanti agli occhi, il suo viso col passare del tempo non è sbiadito. Il peggio però è toccato alla Dirce, la sorella di Angelino, la quale fu caricata sull’auto e portata via. Dopo qualche giorno, mentre accendevo la stufa, una bravata per far finta di dare un aiuto a mia madre e ricevere un bravo, vidi dalla finestra la signorina Dirce, che camminava molto lentamente, e con la testa bassa tornava verso casa. L’avevano lasciata sulla statale Romea. Non ho mai saputo che cosa gli avevano fatto, o cosa era successo, tanto più che a un bambino di nove anni, non vengono fatte confidenze, però quella figura la ricordo, la vergogna della povera ragazza si vedeva anche da fuori. Negli anni a venire si sposò e andò ad abitare a Stradella.
Un altro particolare che avrebbe significato la morte di tutti coloro che erano al muro, e sicuramente l’incendio del intero paese, i vestiti dei tedeschi, che per la fretta, o la leggerezza della zia Letizia madre di Elia, legò con lo spago e gettò sotto il letto a casa sua. Era sfuggita all’accerchiamento, perché si trovava alla stazione per andare incontro al marito che sarebbe arrivato da Milano. I tedeschi percuotevano la porta della sua abitazione per poter entrare, l’unica casa non perquisita, ma poi grazie a Dio rinunciarono.
E QUESTA E ‘ LA SECONDA VOLTA CHE HO RISCHIATO DI MORIRE.
E’ A VOSTRA DISPOSIZIONE IL VOLUME DI 240 PAGINE DELLA MIA AUTOBIOGRAFIA VENENDO NEL MIO EREMO CON UNA CHIAVETTA,OMAGGIO A TUTTI GLI iSOLANI CHE RITERRO’ TALI.
Buon fine settimana a tutti gli Isolani. Distinti saluti Sergio Codazzi
Grazie signor Codazzi per questa testimonianza. Vorrei dirle “complimenti per la memoria” ma penso che situazioni gravi come quella raccontata non si possano dimenticare….
SERGIO QUESTO RACCONTO
sembra un film meno male che è finito bene.certo che la guerra e orribile io ero molto piccola perché sono nata a Brescia il 2 giugno 1940 però mi ricordo il sibilo delle bombe ero in braccio a mia madre e piangevo e ci rifugia amo dentro la grotta di una montagna cari saluti a tutti
Oltre che amico,parrucchiere per tutta la vita, mancatomi solo due anni fa.
Un omaggio a te Giovanna, per questo tuo compaesano.
17 – EL GARZON DEL BARBEE
Un camion della Maritan / Borgato parte da Lecce, carico, verso Milano.
Gli autisti decidono di fermarsi a pranzare e già che ci sono, per tagliarsi i capelli. Nel sud si risparmia e i parrucchieri sono molto bravi.
Ecco Vasto, cittadina pugliese, dove in una barberia lavora un vispo garzone, di quattordici anni, Filippo, preciso attento, merita i complimenti di uno dei viaggiatori: “Bravo fioeu, te lavoret pròpi ben….Quasi quasi te portaria a Milan….Ciao sta’ ben….Te meritet la mancia….’’ (Bravo ragazzo , lavori bene , quasi quasi ti porto a Milano…. Ciao sta bene …. Ti meriti la mancia.) In Puglia nel 1953 esisteva il caporalato (credo ancora oggi), un’odiosa forma di sfruttamento dei giovani disoccupati. Alcuni venivano assoldati per emigrare in Australia e nelle Americhe a lavorare nei campi. Filippo non voleva finire tanto lontano e ingrassare con parte della sua paga i “ caporali.,,
Si rivolse allo zio suo principale e barbiere di gran fama a Vasto.
“Zio, a Milano voglio andare ,, “E a Milano aspettano a te…. Intelligenti si deve essere non come te….’’ Quando il camion riprende la via per il nord ha sul rimorchio un nuovo passeggero clandestino: Filippo.
A Milano in via Cosenz, quando si slegano i teloni salta fuori il ragazzo. “Ma ti te see el garzon del barbee, quel de Vasto…. Cosa cazzo te fee chi? Ades si che semm in di rògn….’’ (Ma tu sei il garzone del barbiere quello di Vasto. Cosa cazzo fai qui? Adesso sì che siamo nei quai…)
Luigi, il Luigi Braghi, decide di ospitare il ragazzo e il giorno successivo, a seguito delle pressioni del giovane, lo porta nel negozio di parrucchiere che c’era all’angolo tra via Borsieri e Porro Lambertenghi.
Il Giovanni Banfi, gerente del locale, sentita la storia, offre al ragazzo la possibilità di provare; “ Va ben, provaremm cos’è che te se bon de fà….” Entra l’autista del commenda, el commenda de l’Isola, el Borghi. El Giovanni Borghi capace di suonare il pianoforte, idraulico di professione, chiamato anche ad interventi, senza vergogna, a sgorgare gabinetti sulle ringhiere. Diventato imprenditore, padrone della Ignis, dopo la guerra aveva fatto prima i fornelletti elettrici, che al fine sostituirono le stufe per fare da mangiare, poi fece la catena degli elettrodomestici più importante d’Italia. L’autista il Barattina, capita proprio come primo cliente milanese dello sbarbato. All’inizio con qualche dubbio, poi entusiasta del servizio e gli spiegano la storiella. La storiella fa il giro dell’Isola, il quartiere che è il paese nella città.
Le famiglie invitano il ragazzo a pranzo e a cena alternandosi e naturalmente tocca anche alla mia. Filippo non è timido e a tavola si comporta come noi ragazzi. Al momento della frutta compaiono le banane, frutta da signori, all’epoca, acquistata per fare piacere a Filippo, che tranquillamente prende il frutto morsicandolo con la buccia. Mia sorella agguanta un’altra banana e, dopo averla sbucciata, la mangia. Filippo capì di aver sbagliato rimanendoci male.
Cercammo di non dar peso al fatto ma evidentemente quanto accaduto non piacque a Filippo che malgrado i nostri ripetuti inviti non venne più.
Il Banfi, si era premurato di avvisare i carabinieri della situazione anomala del ragazzo, assumendosi la responsabilità del minore comunicando con i suoi genitori ai quali versava la paga del figlio. Poi anche loro salirono al nord stabilendosi in via Garigliano.
Filippo ebbe sotto il suo rasoio importanti gote e gole: dalla gola del commenda, il Borghi, a quella del campione del mondo di motociclismo Nello Pagani, dallo Scarpellini, imprenditore pieno di soldi, al Montalbetti produttore di panettoni artigianali prima dell’industrializzazione. Anche il Gino Bramieri porgeva le sue paffute gote al rapido rasoio maneggiato dal ragazzo. Come i componenti del gruppo artistico dei Brutos, clienti abituali.
Il Borghi che amava i gesti plateali, un giorno non gradendo l’abbigliamento del giovane, lo mandò da Ariatti, un negozio di abiti confezionati, per farsi un modesto ma elegante guardaroba. Filippo, divenne” el Bauscia pussee intappaa de l’Isola,, e addirittura ebbe la possibilità di farsi qualche giretto con le moto “ Mondial ,, sul circuito di Monza. Pagani voleva farlo correre, ma non era tagliato e cadeva sempre, rovinando le moto. Ma il suo destino lo portò a Comerio alla corte del commenda che lo volle tutto per sé e ogni volta che veniva servito gli dava cento lire e cinquecento di mancia. Strane abitudini….
Dopo il servizio militare entrò nella protezione civile raggiungendo il grado di capitano. Grande donatore di sangue (centoventiquattro trasfusioni e sessanta litri di sangue), ebbe due medaglie al merito.
Un momento di crisi: intervento a cuore aperto e inserimento di quattro by pass. Niente, Filippo rimane esempio di vitalità e allegria per tutti, essendo tuttora responsabile di una associazione che raggruppa oltre duecentocinquanta persone che si dedicano alla caccia e alla pesca. Milano è stata la sua fortuna e lui ha ripagato la città con grande riconoscenza.
Inscì aveghen de gent che riva a Milan come lu, el Filipp Giancòla che quei vegg de l’isola ciamen ancamò con amor e rispett: teron. (Così averne di gente che arriva a Milano come lui, il Filippo Giancola che quelli vecchi dell’Isola chiamano ancora con amore e rispetto: terrone.)
MILANESI DI NASCITA E DI ADOZIONE, CHE CONDIVIDETE GLI STESSI VALORI E COMPORTAMENTI DETTATI DAL RISPETTO PER LE REGOLE DI CIVILE ED ONESTA CONVIVENZA E DI UN PASSATO DI LAVORO E SACRIFICIO DEI NOSTRI “ PADRI ,,
Distinti saluti a tutti gli Isolani,sfiduciati a cui voglio bene lo stesso e che mi auguro di sentire più spesso.
Sergio Codazzi
Mister Codazzi ti ringrazio per il tuo omaggio dedicato alla gente del sud arrivata all’Isola ma, una curiosità, quel Filippo era di Vasto? In tal caso devo rettificare che non era pugliese, bensì abruzzese.In ogni caso, è una bellissima storia anche questa.
P.s. : ti ringrazio delle traduzioni, ma sappi che conosco molto bene il milanese 🙂
Tanti cari saluti.
Giovanna
Buongiorno a tutti. Anche mio padre con la sua famiglia arrivò a Milano dalla Puglia. Nel lontano 1935 la mia nonna, vedova con 9 figli tra i 20 e i 6 anni, stanca della sola miseria che poteva offrire ai figli, decise di svoltare vita: peggio di così non poteva certo andare.
LasciaronoTorremaggiore, un piccolo paesino in provincia di Foggia, e armati di coraggio e tanta speranza scesero dal treno alla stazione centrale di Milano.
Non avevano bagaglio, non avevano niente, solo disperazione per avere abbandonato la loro vita…ma la fame è una gran brutta faccenda.
Trovarono alloggio in un negozio chiuso con retrobottega in via Pollaiolo. Non avevano mobili, dormivano per terra, non c’erano sedie e improvvisarono una lunga panca appoggiando un’asse di legno su dei bidoni di vernice. Il Dio dei disperati esiste e pian piano le cose migliorarono.
Ciro, il maggiore, trovò subito lavoro come operaio. Mio padre che all’epoca aveva 14 anni, lavorò presso una tintoria sempre in via Pollaiolo, angolo Ugo Bassi, mi pare si chiamasse Capra. Il più piccolo aiutava nel panificio Meregaglia, riempiva i sacchetti di pasta in cambio di piccoli compensi…ma tutto era utile. Un po’ alla volta si sistemarono meglio, anche gli altri figli lavoravano e nonna poté respirare e gioire nel riempire i piatti di minestra ai figli.
Successivamente si trasferirono in via Ugo Bassi al 24, erano solo 2 locali con un piccolo bagnetto, ma a loro sembrava una reggia. Man mano i figli lasciarono casa, si sposarono, alcuni si trasferirono a Torino allettati dal miraggio FIAT, mio padre che si era ambientato perfettamente nel rione, come tutta la famiglia del resto, lasciò l’Isola per andare in guerra. Al ritorno sposò la mia mamma, marchigiana. Anche lei aveva sempre abitato nel rione, prima in Via Jacopo dal Verme 1, poi in Ugo Bassi 23 dove abitarono e nacqui io.
Mio padre trovò poi lavoro all’Isaria in via De Castiglia. Quando nel 2001 decisi di sradicarli dall’Isola e portarli a vivere vicino a me a Linate, crollò il loro mondo. Non importava se avevano una bella casetta, se io ero vicina e potevo aiutarli, ecc…non abitavano dove avevano vissuto per tutta la vita e se l’Isola manca a me che ho abitato per 22 anni, figuriamoci a loro…
Si erano integrati benissimo, i “teruni” come venivano chiamati, stavano benissimo in quel rione dove peraltro tantissime famiglie si erano trasferite dal sud. Mio padre parlava milanese perfettamente, senza nessuna cadenza pugliese e in casa abbiamo sempre parlato dialetto milanese.
È la storia della mia famiglia, una delle tante famiglie meridionali che hanno trovato posto in in luogo bellissimo, dove si respirava calore e affetto, dove ci si aiutava. Dove chi aveva poco dava a chi non aveva niente…l
È una delle tante storie della nostra amata Isola.
Ciao a tutti e grazie a Sergio Codazzi peri suoi ricordi.
Grazie Sergio è davvero una bellissima storia !
Un caro saluto a tutti.
Claudia
Ciao Giovanna, magari i nostri genitori si conoscevano….mio padre ha lavorato all’Isaria fino quando l’azienda venne trasferita mi pare a Crescenzago, assorbita dalla Siemens Electra.
Chissà quante volte è entrato nel bar di tuo padre per un cafferino. Sono belli i nostri ricordi che ci legano al quartiere e rievocarli risvegliano tanti piccoli episodi addormentati ma mai dimenticati. Che belle le trattorie di una volta, credo che ora sia rimasto solo Tomaso in De Castillia, ed è un vero peccato.
Mister Codazzi, nel ringraziarla per aver raccontato di Filippo, esempio
emblematico dei meridionali che così bene si sono integrati nella nostra Isola,
volevo raccontarvi un po’ della mia storia.
Mio padre Lorenzo, poco prima della seconda guerra, parti da Trani, la bella cittadina pugliese dov’era nato, per raggiungere Brescia, dove trovò lavoro
come gerente di una trattoria. Lavorò sodo e ben presto fu raggiunto dal resto della famiglia e qui, nel 1940 nacqui io.
Eravamo in tutto cinque: i mie genitori, io e le mie due sorelle.
Finita la guerra, ci trasferimmo in tre locali nel centro della città. Non ci mancava nulla, ma mio padre, che aveva sempre lavorato duro, voleva migliorare ulteriormente il nostro tenore di vita e così un giorno sua sorella,
che abitava a Milano da tempo e aveva fatto fortuna con un bar, gli disse: “perchè non ti trasferisci a Milano e non aprì un locale qui ?
Mio padre fu allettato dalla proposta e fu allora, nel 1950, che arrivammo a Milano in Via De Castillia 10.
Il quartiere ci piacque molto fin da subito, la gente ci accolse
molto bene.
Io e le mie sorelle diventammo amiche di tante ragazze e ragazzi che abitavano al 10: Annamaria, Silvana, Luisa, Elena; Gianni, Roberto e Giorgio.
Il negozio che dovevamo rilevare, una trattoria con vendita vini, uno di quelli che venivano chimamati “Trani”, era messo veramente male, ma mio Padre si mise di impegno, lo rinnovò completamente e il posto divenne molto bello.
Tra i clienti abituali vi erano gli operai dell’Isaria e della Brown Boveri, nelle fredde mattine passavano a bere un “grappino”, oppure quello che chiamavano il “grigioverde” (un bianchino con la menta) e a mezzogiorno a pranzare e devo dire che apprezzavano molto la cucina di mia madre che cucinava in negozio ed era una bravissima cuoca, anche se il suo vero mestiere era la sarta.
Fra i personaggi che frentavano il negozio, ricordo un tranviere che beveva molto e che spesso veniva riaccompagnato a casa dalla paziente moglie, un facchino della stazione centrale che diceva spesso :”Renzo, ..l’è arrivà il centcinquattott!” (Il 158 era il treno che portava a Milano tanti meridionali).
La parola “terun” qualche volta la sentiva, ma lui non si offendeva mai e rispondeva a tono: “e ti te set un mangiapulenta!”
Ci sarebbero ancora tanti aneddoti legati a Via De Castillia e tra questi anche l’incontro con quello che sarebbe diventato mio marito, ma ve li racconterò
una prossima volta.
Scusate se mi sono dilungata, ma avevo desiderio di condividere con voi un po’ dei miei tanti ricordi dell’Isola.
Tanti cari saluti.
Giovanna
Buon giorno ISOLANI, scusate le mie intromissioni, vorrei risollevarvi un po il morale e avere più contatti su questo Blog.
Quindi mi permetto di inviarvi questo testo di canzone. Se volete mandarmi la vostra Imail. ve la scarico suonata e cantata.
Isola
L’è ona canzon giò a la bòna,
del mè rion sun dree parlà
dolz ricòrd de l’infanzia
visin a caa gh’era tutt praa,
ma adess la vitta l’hè cambiada
gh’hè tutt moderno, quel se sàa.
son dree parlà della mia Isola
on vecc rion del mè Milan.
Isola…. Visin a ti gh’hè minga el mar
ma ti per mi te set mundial,
la pusse bela del creaa.
Isola…. El tò bel punt te l’ann sciepaa,
la via Bòrsieri e in Gariglian
el vial Zara senza i tram.
Isola….l’era bel el mes de magg,
portà i tosan in mezz ai praa
dagh un basin e tornaa a caa .
Isola…el soo per mi l’hè on grand torment
vedee i bei caa senza ringher,
però te voeuri sempre ben…
.
L’è ona canzon giò a la bona,
del mè rion sun dree parlà
dolz ricòrd de l’infanzia
visin a caa gh’era tutt praa,
ma adess la vitta l’hè cambiada
gh’hè tutt moderno, quel se sàa
son dree parlà della mia Isola
on vecc rion del mè Milan.
Isola…el tò Teater el gh’hè ancamò
el Verdi l’hè un grand nòmm
l’hè in de la stòria come el Dòmm
Isola…el soo per mi gh’hè nient de faa
son nassù chi e la mia caa
l’hè tanto veggia, ma stoo là.
Isola….el soo ades te see malada,
la Catella te gh’he a dòss
cont el Catar anca in di òss.
Isola…el soo per mi l’hè on grand torment
vedee i bei caa senza ringher,
però te voeuri sempre ben….!!
Cantata e scritta da G. Bellagente detto “ El Carlètù di navili
musica di S. Ferraresi, Rivisitata da Sergio Codazzi, cantata da Mario Campagnola su Radio Hinterland 94.600 MHz
Tel 02 9055773
Cari isolani, se ricordate avevo scritto che vi avrei raccontato l’incontro con l’uomo che sarebbe diventato mio marito.
Nel lontano 1958, io avevo diciotto anni, di fronte al numero 10 di Via De Castillia, c’era una panetteria gestita da una famiglia ferrarese, i gestori di questo avevano un nipote di ventiquattro anni di nome Bruno, il quale studiava canto lirico e nel contempo aiutava gli zii in negozio.
Ci innamorammo quasi subito, ci frequentavamo e spesso andavamo al cinema Vox per stare più tempo insieme perché, come molti di voi sapranno, a quell’epoca non ci si poteva vedere in casa con i genitori se non si era ancora fidanzati. Questa sua passione per il canto però lo portava spesso in tournee e questa cosa a me non piaceva molto e così ci allontanammo perché lui decise di tentare la carriera, ma nel salutarci mi disse che non sarebbe stato un addio, bensì un arrivederci.
Nel frattempo, frequentai un corso di parrucchiera presso un istituto di bellezza nel centro di Milano, frequentato da persone famose dello spettacolo e in quel periodo, per ben due volte, mi contattarono per un lavoro come ragazza copertina e come modella, ma i miei genitori erano contrari.
Finito il corso andai a lavorare in un negozio di corso Vittorio Emanuele e un giorno, mentre camminavo con un collega in pausa pranzo, alla Standa di Piazza Pattari, il destino volle che incontrai il mio Bruno. Appena ci incontrammo, capimmo che eravamo fatti l’uno per l’altra e che ci amavamo molto.
Nel contempo il mio ragazzo venne ingaggiato come cantante da due ex Brutos per formare un gruppo nuovo che chiamarono i “Divini” e questa fu la sua ultima esperienza in campo musicale in quanto si dedico in seguito a un lavoro impiegatizio.
Ci sposammo nel 1964, nella Parrocchia di Sant Antonio e poi nacquero due bellissimi figli maschi e nel 2014 abbiamo festeggiato i 50 anni di matrimonio con una cerimonia emozionante al Teatro Dal Verme dove il Sindaco Pisapia ci regalò una pergamena e un libro su Milano.
Oggi siamo ancora innamorati come il primo giorno.
P.s.:(se volete vedere i “Divini” cliccate su Youtube, alla voce “la canzone del Cinebox”, quel bel ragazzo che canta in giacca bianca è mio marito).
Ciao a tutti, viva l’Isola!
Giovanna.
Per prima cosa un grazie a Sergio per averci inviato il testo della canzone ”Isola”,davvero simpatica !
Un grazie anche a Giovanna per averci raccontato uno spaccato della sua vita così bello e importante.
Attualmente il numero 10 di via De Castillia è un edificio dall’architettura moderna – mentre di fronte al 10 c’è ancora una vecchia casa.
Io non ricordo lì nessuna panetteria, ma sicuramente un ”trani” – almeno sino a metà anni 70 -non so perché, quella casa mi ha sempre affascinato, forse per il fatto che c’erano dei gerani alle finestre o per via del portone ….ad oggi non so ancora spiegarmelo.
Comunque adesso in quella casa c’è un ristorantino.
Ah …..dimenticavo…. Giovanna.. effettivamente il tuo Bruno era davvero un bel ragazzo e vi faccio i miei complimenti oggi è raro incontrare una coppia ancora cosi unita dopo tanto tempo !!!!
Un caro saluto a tutti .
Claudia
Cara Claudia di fronte al 10 adesso c’è il famoso bosco verticale e Cosi” del vecchio palazzo non è rimasto più niente .ti ringrazio delle belle parole e dei complimenti riguardo al mio racconto .tanti cari saluti e un abbraccio Giovanna
Ciao a tutti e buona Domenica !
Cara Giovanna , forse non sono stata chiara nel risponderti la volta scorsa e di conseguenza mi sono spiegata male.
I palazzi nuovi, dei quali parlavo la volta scorsa sono in via De Castillia al numero civico 8 e 10. (sono alti e in mattoni rossi)
Di fronte al numero 8 c’è si uno dei due grattacieli ‘Bosco verticale’ ma anche il numero 7 – una vecchia casa coperta d’edera.
Comunque tutto ciò non è cosi importante perché noi tutti guarderemo sempre l’Isola con gli occhi del cuore !!!!
Un caro saluto .
Claudia
ricordo quel ragazzo che portava il pane a casa mia in minniti al 6,ricordo anche che studiava canto,nel 58 avevo 13 anni,tutti i giorni ci portava pane ferrarese le famose ciupete poiché mia nonna essendo di ferrara gradiva mangiare il pane della sua terra di origine,non ricordavo il nome però devo dire che come è piccolo il mondo ogni tanto leggendo queste storie.
Non so in questi giorni, ma tanti anni fa il caldo all’Isola era quasi….piacevole. Aveva un suo odore : asfalto caldo mischiato alle esalazioni prodotte dalle auto, ogni tanto un alito di vento portava profumo di fiori. Anche se la calura era forte i cinema venivano regolarmente frequentati, e se non ricordo male la sera il cinema all’aperto dell’oratorio era frequentatissimo, per la felicità delle zanzare. Belle passeggiate serali in cerca di un po’ di fresco…viale Zara, viale Stelvio, piazzale Archinto erano i punti di incontro per decidere dove trascorrere la serata, serata che si svolgeva come da copione ogni sera. A gruppi ci si incamminava verso la stazione centrale, il divertimento consisteva nel vedere i fortunati vacanzieri salire su treni affollati. Agli occhi dei nostri figli e nipoti può senz’altro sembrare fuori dal mondo, ma era divertente vedere famiglie intere che si spingevano a forza sui treni, pochi stranieri, ma tanti dialetti che noi ragazzi cercavamo di tradurre. Chi perdeva i ragazzini, chi li faceva sedere sulle valige in attesa di trovare posto negli scompartimenti che sapevano di polvere, erano quasi sempre maleodoranti, ma ci piacevano tanto! Ci illudevamo di potere anche noi partire per le vacanze, purtroppo non tutti ci riuscivano. Le ferie sospirate non sempre venivano trascorse in luoghi di villeggiatura, il nostro era un quartiere abitato da gente modesta, ma eravamo comunque felici…non ci sentivamo inferiori ai fortunati vacanzieri. E poi c’erano le colonie estive aziendali e comunali per noi ragazzini. Tutti vestiti uguali: pantaloncini corti, magliette a righe, cappellino bianco e sandalini, le mamme li pulivano con una spugnetta intrisa di non so quale sostanza che sembrava latte. Venivamo raggruppati e come tanti soldatini, dopo l’appello, marciavamo verso i binari in attesa di salire sul treno, chi piangeva, chi salutava i genitori con tristezza, erano pochi i bambini che ridevano, più che partenza per le vacanze sembravano partenze per il collegio. Ma una volta arrivati a destinazione ci si rassegnava e a volte il divertimento era assicurato. Le destinazioni erano quasi sempre quelle: Igea Marina, Cesenatico, Cervia, Pesaro. Io piangevo sempre!
Belle giornate calde e assolate trascorse all’Isola, dove i ragazzini rimasti giocavano nei cortili o all oratorio in attesa del rientro dei compagni fortunati, nel primo pomeriggio il silenzio era assicurato e si poteva riposare in attesa di un gelato acquistato alla latteria di P.le Minniti come merenda…
Buon caldo luglio a tutti!
Annamaria.
Un saluto a tutti Voi:Claudia,Giovanna, Annamaria, Giovanni, Riccardo ,Fulvio,
Paolo, Enzo……..
La mia versione in parte vissuta della ditta Barbieri & Bezzi del Quartiere Isola.
Capitolo 10 del libro ‘’Quand el sô el torna indree ,,
UN TANGO, UNA COCA COLA E UNA RAPINA
Nel primo dopoguerra, il gioco del lotto tiene banco, si gioca accanitamente, la voglia di riscatto dalle sofferenze è tanta.
Al teatro Carcano Walter Chiari spopola e con la sua faccia e le barzellette, piace molto. Al teatro Lirico Erminio Macario presenta un paio di soubrettes dalle cosce lunghe, Adriana Serra e Lea Padovani.
Una compagnia in una balera, sghignazza allegramente.
Ezio Barbieri e Sandro Bezzi vengono presentati dalle loro ragazze alla compagnia. Bezzi, pugile fallito con istinto da attaccabrighe ed Ezio, fra una mazurca e una coca cola, aspettano l’ora propizia per andare a lavorare. Ezio e Sandro avrebbero dovuto partire volontari per il fronte, invece si danno alla borsa nera. Milano è la Mecca dei trafficanti che speculano sulla fame della popolazione. A Milano arriva di tutto: uova, conigli, farina, benzina, si vende di tutto e si rifornisce la piazza della Liguria, ritornando con il sale, ridiventato preziosissimo come nel Medioevo. Per due come loro con il pelo sullo stomaco le cose vanno molto bene, e se ci sono di mezzo sigarette e donnine per i tedeschi va ancora meglio. Nelle notti nebbiose, ai tempi c’erano molto spesso, quando avevano la soffiata giusta di camion con carichi importanti, fingendosi quelli del dazio, facevano scendere gli autisti che legavano ad una pianta o ad un palo, poi uno della cricca portava il carico prezioso: bobine di tessuti pregiati di raso, di velluto, o altro alla nuova destinazione.
Erano anche in combutta con le brigate nere della ‘’ Muti,,
Ezio ha ventiquattro anni. Ha già fatto fuori un poliziotto con un colpo di pistola sotto il mento, mentre Sandro ha fatto un periodo di lavori forzati in Germania e in più, quando torna, non trova piu la moglie.
Con un mitra in mano si fa presto a fare i soldi.
L’impresa Sandro & Ezio, sempre intappati alla moda, con un vero capitale alle spalle, una macchina veloce, un’Aprilia nera targata’’ 777,, come il telefono della Polizia, che sfidano apertamente, mettendola in ridicolo. Adirittura accettano interviste con giornalisti eleganti hotel del centro città. I genitori di Ezio anno una trattoria e bottiglieria in via Pollaiuolo, Il Cavallino Bianco un asso nella manica, per tutta la banda Barbieri. Nella cantina vi era un proprio bunker, dove Ezio e Sandro si rifugiavano quando l’aria non era respirabile per loro, vivevano lì, era completa del minimo indispensabile, per il dormire ed il mangiare serviti dalla madre di Ezio. Ecco perché quasi tutte le volte la facevano franca anche se inseguiti o pedinati dagli agenti. Le cantine della trattoria comunicavano con quelle della via Medardo Rosso attraverso i corridoi sotterranei delle cantine per ben quattrocento metri. Il Barbieri invitava persino negli hotel del centro giornalisti per farsi intervistare e snobbare la polizia.
Sono traditi da un componente della banda, il «Conte», un drogato che porta la polizia in via Clefi, dove fanno irruzione nell’appartamento catturando Bezzi e Barbieri, pagando però con due giovani poliziotti il prezzo troppo alto dell’operazione.
Dopo una decina di minuti i delinquenti entrano nelle celle d’isolamento del carcere di san Vittore. La popolazione legge sui giornali la fine dei due gangster e se ne rallegra con la polizia.
Ma non è così: il 5 gennaio 1946 Bezzi e Barbieri evadono, perchè con i soldi si può fare anche questo.
Durante l’evasione Ezio si fa male alla schiena e chiede aiuto a Sandro, che gliela nega e a questo punto cambia il rapporto fra i due: Bezzi attribuisce il fallimento della loro società allo spaccone Ezio Barbieri.
Ormai le abitazioni di Ezio sono quasi tutte conosciute, ma Barbieri ne combina un’altra delle sue. In via Cibraio travestito da prete, sale nell’appartamento, prende la sua ragazza e fugge con lei sotto il naso degli agenti che si sono fatti sorprendere come principianti.
Il Bezzi con il suo luogotenente, Aramins Cordara, rimangono freddati da raffiche di mitra nella periferia est di Milano, nel rione Ortica sotto il ponte della ferrovia, nelle vicinanze della strada che conduce all’Idroscalo.
Una giornata gloriosa per le Forze dell’ordine quando sono avvisate da una telefonata anonima, denunciante la presenza di Barbieri a cena con la sua ragazza, in una trattoria: la Torrazza di Pero. Le macchine della volante piombano sul posto, non sparano, Ezio scappa dalla cucina, appena fuori una scarica di mitra lo ferisce al braccio ed eccolo ancora fra le mura di San Vittore. Nel carcere però serpeggia la rivolta, i tremila detenuti, con armi comperate dalla stessa polizia, non si sa bene come, sono in rivolta. Il 21 aprile
1946, durante una proiezione cinematografica, catturano i quattro poliziotti di guardia e in meno di mezzora la massa armata imbestialita sta per uscire nelle strade di Milano.
A questo punto il poliziotto Salvatore Rap punta una mitragliatrice verso l’orda e spara in alto alcune raffiche, i detenuti si fermano, poi rendendosi conto di non farcela, trascina l’arma lontano perché non cada nelle loro mani. Cade crivellato di colpi. Gli daranno la medaglia d’argento al Valor Civile.
Un auto blindata dei carabinieri arriva davanti all’uscita e con le mitragliatrici in funzione pongono un freno all’evasione.
Intanto giungono altri rinforzi da Bergamo, Torino, Genova. I ribelli hanno in ostaggio trentuno persone, sono sui tetti del carcere e tirano di sotto tutto quello che loro capita fra le mani.
Ezio Barbieri è il capo della rivolta, chiede di parlamentare con il generale Capizzi, poi vuole parlare con il Cardinale Schuster: anche in questo caso vuole fare la primadonna. A trattare arriva anche il Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi.
24 Aprile 1946 ore 15,05 i ribelli del carcere di San Vittore si arrendono.
Il tragico assedio è finalmente finito.
Cinque minuti prima dello scadere dell’ultimatum, i primi insorti escono con le mani alzate. Quattro giorni di angoscia. Ezio Barbieri è processato per direttissima, condannato a ventiquattro anni di carcere, tornando in libertà il 10 Aprile 1971.
Maria Soresina, lo ha sposato in carcere nel 1968. Ha aperto un bar dove lavora dietro il banco, come avrebbe voluto dall’ inizio la sua famiglia.
C’è anche da dire in tutta sincerità che quando ti appioppano un etichetta è troppo difficile riuscire a togliersela.
Buone vacanze a tutti gli Isolani e non.
Mi raccomando non tornate incavolati???
Chiudete bene i serramenti !
Distinti saluti Sergio Codazzi
How! Sarà una leggenda, ma non mi sembra che Barbieri fosse un angioletto!
Buon caldo a tutti.
Annamaria.
Ciao a tutti ! La storia dell’Aprilia targata 777 la sapevo ……”.cantata “….infatti in PORTA ROMANA – una strofa fa così : 777 fanno 21 arriva la volante non c’è più nessuno …..ah ah ah che tipetto !!!!
Un salutone e buone vacanze a tutti !
Claudia
Cara Annamaria, sono Mariarita Lacchini sorella di Roberta che tante volte ha conversato con lei e condiviso ricordi della nostra amatissima Isola.
Roberta il 17 luglio ci ha improvvisamente lasciati.
La mia amata sorella se ne è andata. Avevamo un piccolo rito. Ogni due o tre mesi ci incontravano all Isola con la nostra cugina Patrizia Villa che ancora abita in Via Pastrengo, L’appuntamento era per tutte e tre davanti alla farmacia della stazione Garibaldi. Poi si andava a bere un cafferino da Red in piazza Gae Aulenti. Avevamo un tacito accordo, quello di scambiarci un regalino, come un ricordo di quell’ incontro e nonostante ci si sentisse regolarmente, avevamo, quando ci si incontrava , un’infinità di cose da dirci. I regalini c’è li scambiavano a pranzo. Ogni volta si cambiava ristorante. L’ultima volta a maggio siamo state al Bio di via Castillia dove c’è il Bosco Verticale. Io e Roberta siamo nate proprio su quella terra al numero 9. A fine pranzo, prima di lasciarci, ci facevamo fare una foto dal cameriere. Quella fatta al Bio l’avevamo pubblicata sul sito del ristorante, Siamo felici e sorridenti e non potevamo immaginare che sarebbe stato l’ultimo incontro.
Con immensa tristezza e dolire a lascio cara Annamaria.
Mariarita Lacchini
Ciao Mariarita, ho letto con tristezza il tuo messaggio. Inutile dire che mi dispiace per Roberta. Non la conoscevo personalmente ma solo tramite questo blog dal quale si riconoscono le persone, non solo innamorate del nostro vecchio rione, ma innamorate della vita, con tutto quello che comporta, il bene e il male, il vecchio ed il nuovo, le conoscenze di sempre e le ultime. Tua sorella doveva amare molto tutto ciò, la famiglia innanzitutto, le nipoti che la completavano e doveva volerti un sacco di bene, ho riletto la corrispondenza intercorsa con lei e sono sicura che eri una parte importante della sua vita. Mi è parso di capire che oltre ad essere sorelle eravate amiche, e questo è molto bello, è un sentimento che unisce ancora di più. Io sono molto credente e sono convinta che ti sarà sempre vicina, presente ogni volta che la chiamerai, ogni volta che avrai bisogno di una sorella e di un’amica. Quando passeggerai per il nostro rione ed altrove lei ti sarà vicina e sorriderà con te, sempre.
Ti sono vicina e ti abbraccio con affetto.
Annamaria.
Cara Mriarita, leggo ora che Roberta ci ha lasciati un vero e proprio colpo e non trovo le parole per esprimerti il mio dolore. Avrei mille cose da dirti, mille ricordi che mi affiorano alla mente, i bei tempi della nostra gioventù, le innocenti scappatelle con Rosanna e Bruno in sella alle nostre moto e molto altro ancora ma probabilmente non farei che acuire il mio e il tuo dolore e una cosa non dimenticherò mai, la sua simpatia, sempre allegra spensierata frizzante e molto ancora.
Spero cara Mariarita di poterti incontrare magari all’Isola anche se a distanza di tanti anni ogni volta che percorro le sue vie provo sempre tanta commoizione e tristezza. Per ora giungano a te e ai tuoi cari le mie più sentite condoglianze.
Paolo del vott di via Pepe
Cara Mariarita anche se non conosco personalmente tua sorella Roberta so cosa vuol dire ho perso anch’io mia sorella maggiore qualche anno fa e capisco il grande dolore che si prova .Ti faccio le mie più sentite condoglianze Giovanna
Grazie a tutti voi. Roberta era una sorella, un’amica e una mamma. Nessuno potrà mai essere nel mio cuore come lei. COme da piccole, ci parlavamo con gli occhi. Inutili a volte le parole e quante splendide risate ci siamo fatte.
Con tanta tristezza vi mando il mio abbraccio.
Ciao Mariarita ,sono molto dispiaciuta per la prematura scomparsa di Tua sorella, noi ci siamo sentite quando tu mi hai detto che eri in classe con mia sorella Marialusa Beduzzi e avevi un Suo disegno sull’album dei ricordi e ti sei premurata di mandarmelo e non sai il piacere di avere un ricordo di Lei bambina,sono passati anni che anche mia sorella ci ha lasciati e comprendo il tuo dolore. Con infinito affetto Lucia Beduzzi
Buon ferragosto a tutti!
Annamaria
Buon ferragosto a tutti voi da noi GIORGIO UGGERI
Buon ferragosto a tutti da parte mia
Giovanna.
Buon giorno di ferragosto Sig Giorgio Ruggeri.
Visto che mi capiti a tiro, dopo un periodo di ricerche, andate male.
Mi piacerebbe rivederti, o sentirti ” prima che vègna nòtt ,, salute e tempo permettendo. Vivo a Buccinasco Castello MI . Cell. 3381273742
Sergio Codazzi Distinti Saluti
Un altro grande milanese se ne è andato: Nanni Svampa e con lui un pezzo della nostra amata Milano. Quando lo ascoltavo rivivevo un pezzetto di passato e provavo nostalgia per quei tempi. Spero che qualche giovane segua la sua strada e non dimentichi il nostro bel dialetto e le tradizioni.
Buona domenica a tutti gli isolani e non. Annamaria
Nanni Svampa,veramente bravo ! In casa mia avevamo le sue ”cassette” e ascoltavamo tutti volentieri le sue canzoni. Io quand’ero ragazzina prediligevo la canzone ‘ Me pader fa el moleta ‘ . Buona domenica a tutti isolani e non .
Claudia
Ovviamente mi associo alle condoglianze degli Isolani e alla Credenza di Sant Ambrogio. Orgogliosi di averlo avuto come protagonista nelle nostre manifestazioni, un grazie ancora.
Distinti saluti Sergio Codazzi.
Per tutti coloro che tornano dalle ferie, incazzati o non???? Serata di pacificazione e di convivio: Menù della tradizione.
Piccola Sagra del Borgo Medioevale di Buccinasco Castello MI
Itinerario: Via Idiomi,- Cavalcavia Tangenziale Ovest,
Per Gudo Gambaredo,- Arrivati !!!! Via Pezzoli,
Via Osnaghi. Parcheggio….. ma incostudito.
Mostra fotografica: Sòtta TI se vivv la vitta.
Finestra delle canzoni melodiche
E’ GRADITA LA SEGNALAZIONE DELLA VOSTRA PRESENZA. grazie
VI ASPETTIAMO. 338 1273742
Distinti saluti Sergio Codazzi e C
Immagine incorporata 1
Care Amiche ed Amici è tanto tempo che non visito più questo blog. Oggi voglio tornare indietro con la memoria addirittura al 1943. Chi avrà voglia di leggere mi accompagnerà ed in compagnia la passeggiata nel passato sarà naturalmente più bella. Buona lettura dunque.https://1drv.ms/w/s!AgBMhwr8HVT9jW45xNvA5kTKZ_1t
Che dire? Quello che ha descritto così bene come sempre l’amico Gianni e’ senz’altro vero… Ma come ho già avuto modo di ribadire penso che durante la guerra ognuno ha fatto la sua sporca parte: gli americani hanno bombardato anche innocenti, come i bimbi della scuola di Gorla… e questo non gli ha fatto certamente onore, ma penso che i tedeschi con i quali eravamo alleati, salvo poi cambiare parere, non siano stati dei chierichetti…mi risulta che di porcherie ne abbiano fatte, rastrellamenti di massa…persone che avevano il solo torto di professare religione diversa, idee politiche diverse. Si sa che quando esistono le dittature non sono mai vacanze, e credo che quel buon uomo di Mussolini abbia all’epoca fatto la sua parte! Non voglio fare politica su questo blog, dal quale sarebbe bene astenersi, ma credo che don Eugenio non si sarebbe dato tanto da fare durante il conflitto se le idee fossero state giuste e diverse.
Buona domenica a tutti.
Annamaria.
Vorrei fare di più per tenervi compagnia……Isolani. .Vi siete meravigliosamente assopiti????
Vai sul Blog:
“ Vecchia Milano foto e ricordi dal sapore antico ,,
Articolo : “ Ma l’ ISOLA c’è .ancora? Anedoto: “ La Via G. De Castillia
Libro: “ Quand el so el torna indree ,,
Autobiografia dove le varie vicissitudini della vita, anni 1936 ad oggi 2017
mi sono salvato dalla morte per ben sei volte
( Si possono scaricare gratuitamente i primi due capitoli )
Album: Negher su Bianch….. carta stòria meneghinna.
Storia della stampa da Joannes Guttemberg alle nuove tecnologie
Presenze su Radio Hinterland 94.600 MHz
Nella rubrica Cicciarèmm on Ciccinin
STORIA e STORIE DI MILANO di SERGIO CODAZZI
TUTTI I MERCOLEDI dalle ORE 10,30 alle 11 dell’anno in corso
Scarica le interviste e telefona in diretta Tel. O2 9055773
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Distinti saluti Sergio Codazzi cont L’Isola in del coeur.
Salve caro isolano Codazzi non ci siamo assopiti dopo aver passato tutta l’ estate a Milano , sono andata al mare 5 giorni la periartrite alla spalla non mi fa riposare molto.Da via Castillia ci passo spesso e mi affiorano tutti i bei ricordi certo e cambiata molto ma e” sempre molto bella.Ciao a tutti voi Giovanna
Ha ragione Mr.Codazzi: gli amici isolani si sono…..assopiti! Possibile che nessuno ha voglia di spolverare i ricordi?
Un salutone a tutti. Annamaria
Cari isolani ho nostalgia dei vostri racconti lo so che si è detto molto ma e sempre molto bello Riascoltare vi abbraccio con affetto e vi saluto .Ciao Giovanna.
Buona sera Isolani! Bene! Le vacanze sono finite, i ragazzini sono tornati a scuola, il tempo è’ leggermente cambiato e questo blog ancora tace… Nel frattempo pongo una curiosità che spero qualcuno sappia…
Passeggiando nel vecchio quartiere e in altre vie della nostra Milano ho notato che alcune vecchie case hanno la fortuna di avere ancora i vecchi portoni d’ingresso. Grossi, solidi, di legno massiccio, danno un senso di sicurezza. Mi lascia però perplessa, una volta chiusi, la porticina…perché cosi piccola? perchè costringere chi la varca ad abbassarsi? non mi riguarda perché sono alta un metro e un tappo…ma mi incuriosisce la loro provenienza. Qualcuno ha una risposta? Grazie a tutti.
Annamaria
Una domanda da persona intelligente? Quale sei.
La porticina , o portell ( purtell ) fa parte delle precauzioni anti furto del sistema portineria.
A meta del androne vi era il cancello di ferro che veniva aperto dalla portinaia per il passaggio delle merci voluminose.
La portineria aveva la vetrata dell’appartamento sullo stretto passaggio obbligato degli inquilini e di persone estranee che dovevano dare una spiegazione della loro presenza.
Quindi il rubare una bicicletta passando dal – portell – diventava piuttosto problematico.
Ve saludì brava gentt, a la prossima…..
Sergio Codazzi
Grazie signor Codazzi! Colgo l’occasione per ricordare agli isolani l’annuale “festa della Fontana” la prossima domenica, 22 ottobre.
Ciao a tutti voi Giovanna. Tutte le domeniche con la mia famiglia vado a mangiare la pizza da ltaly e poi tornando a casa passo sempre da via De Castillia dove stanno facendo un parco bellissimo lo chiameranno la biblioteca degli alberi ma malgrado tutta questa bellezza mi viene sempre la nostalgia della vecchia isola quando nella via c’erano tanti negozi e fabbriche e tanta convivialità tra la gente. Ciao a tutti con affetto e vi saluto.
Si, cara Giovanna, conosco la nostalgìa che provi nel passare dalle strade dell’Isola di oggi. Intando, dando la definizione di “Porta Nuova ” al nuovo centro, hanno un pò imbastardito la Porta Garibaldi, cui eravamo fieri di appartenere. Togliendo poi l’isolamento del nostro quartiere è venuto anche meno il suo nome di Isola, che non lo è più.
Fatte queste premesse e considerazioni passo ad una conclusione : L’Isola, la vecchia Isola, con i suoi confini, con le sue strade e le sue piazze e piazzette, con i suoi negozi, con i suoi cortili, con i suoi abitanti, vecchi, giovani, belli e brutti, ecco tutto questo è sempre vivo ed immutabile nei nostri cuori. Lo sarà sempre fintantochè uno di noi, che la vissuta, vivrà e ne potrà tramandare il ricordo. Ma la vita va, giorno dopo giorno, con i suoi dolori e le sue felicità, sempre avanti, avanti ed avanti, e noi con essa. Anche io saluto con il solito affetto tutti gli Isolani, tutti coloro che respirano l’aria che io ho respirato e che vedono quella parte di cielo che io ho guardato.
Ragazzi come vi capisco! Quando posso passeggiare per la nostra Isola mi viene un nodo in gola….addio vecchie osterie dove sostavano anziani a ciaccolare e a bere un bicchierotto di vino ricordando I bei tempi…addio negozi dove si scambiavano saluti sinceri, non formali, addio a bancarelle del mercato sostituite da stranieri, addio a visi sconosciuti eppur famigliari….vediamo di non cambiare almeno noi….
Ciao a tutti.
Annamaria
Mi sembra di capirvi tutti,ma non ci state a fare l’unica cosa bella che dovremmo fare !!! Trovarci. e prendere un caffè? o meglio ancora con le gambe sotto il tavolo ? alietati dalla conzone “Isola,,
Il motto è SE VEDOMM. I bèj sbarbaa e toghi de L’Isola
DiSTINTI SALUTI Sergio Codazzi
https://1drv.ms/w/s!AgBMhwr8HVT9jxfHsivuz6JyPt2C
Ecco qui un racconto che Annamaria, che sollecitava un mio scritto, ora puo leggere semplicemente cliccando sulla stringa in alto. Riguarda un episodio della mia vita di Roma nel 1960. Storia, quindi, ormai. Ed anche qualcosa di Milano del 1952. Partendo dall’Isola la vita era stata interessante !
https://1drv.ms/w/s!AgBMhwr8HVT9jzgemOOBloAjhizD
Ed eccone un altro che ho trasferito da FB. Se vi va, cliccate sulla stringa e leggete. Descrivo un flash dei ruggenti anni ’70. Visto che di storie e ricordi dell’Isola vanno riducendosi sempre più, per tenere viva la pagina, ritengo utile a passare alle sorie di vita degli Isolani D.O.C. come il sottoscritto. Se non funziona, pazienza !
Si, lo so ed hai ragione, cara Annamaria. Ma non leggo più interventi sull’Isola e questo blog sta per esaurirsi e sarebbe un peccato. Del resto verificate quanto pochi siano gli interventi nel 2017. Quindi se avete idee su come rinvigorirlo, forza Isolane ed Isolani !! Il fatto è che FB è molto più vivo, immediato, con foto, ecc. e ci si rifugia la, magari con una propria pagina o creando un nuovo gruppo. Io personalmente, oltre alla pagina personale, ho creato il gruppo ” Milanesi ottantenni ricordano “, poi c’è il ” Sei dell’isola se..”
Il MILANOISOLA Blog, ecc. ecc.
Buona Domenica all’Isola, agli
Isolani vivi ed agli spiriti di quelli morti !!
Saremo ripetitivi …ma il Natale, le festivita’ ecc…scatenano un’onda di ricordi. Oggi ci sono pochi negozi di cartoleria ma anni fa l’Isola ne era ben fornita. A Sant’Ambrogio le vetrine traboccavano di giocattoli e noi bambini sognavamo: nella cartoleria di via Borsieri, non ricordo il n. civico, era piu o meno di fronte alla farmacia Castoldi, un bambolotto attirava la mia attenzione. Avevo, credo, 7 anni, e il pigottone mi sorrideva: bello, di cartapesta, con grandi occhi blu, le manine paffute con I buchini, indossava un completino azzurro con relativo cappellino. Non so perche ma lo amai subito. Credevo nel Bambin Gesu al quale lo chiesi in dono. Una parola! Costava circa 500 lire e la mia mamma mi spiego’ che quel Natale sarebbe stato difficile inviare i soldini al Bambino perche mi accontentasse. Il mio papa’ era operaio all’Isaria di via De Castillia e quell’anno gli scioperi avevano influito sul bilancio famigliare non da poco….Passavo e ripassavo davanti alla vetrina con la paura di non rivederlo. Qualche bambina fortunata poteva essere accontentata…e un brutto giorno poco prima di Natale accadde: Maurizio, cosi’ lo avevo chiamato, spari’ dalla vetrina ma stranamente…la mia mamma sorrideva nonostante la mia disperazione! Arrivo’ la mattina sospirata ed ecco….Gesu Bambino aveva potuto p accontentarmi…sul tappeto rosso, sotto l’albero vero non sintetico, il mbambolotto mi sorrideva!
Seppi anni dopo che la mia nonna ogni sabato sera, per tutto il mese di dicembre consegnava 100 lire al cartolaio fino al raggiungimento del dovuto!
Ho amato quel pigottone per anni , perche mi piaceva ma anche perche mi ricordava Natali felici…fatti di sacrifici.
Oggi non so cosa regalare ai mien nipoti…hanno tante cose….ma non conoscono la dolcezza di una conquista e la complicita ‘ che esisteva fra il Bambinello e mia nonna Bianca.
Un abbraccio a tutti gli isolani e un saluto con il cuore a Giovanna.
Mi hai commosso !! Mi sono venute in mente le notti di Natale, parlo del ‘37,38 e giù di li, quando i regali, dopo la messa di mezzanotte, i miei, passavano dal Gandelli, in Jacopo dal Verme – Archinto, a prendere i regali per me, che avevano pagato un pò alla volta nei mesi precedenti, perlopiù soldatini, pisole e fucili, carrarmati ed altro del genere, che andavano molto di moda in quegli anni, e poi li mettevano sul cassettone in camera da letto, mi svegliavano poi con ” E’ arrivato Gesù bambino !! “. Cazzo, penso oggi, ma era proprio un guerrafondaio anche lui all’epoca !
Gianni e’ senz’altro bravo nel descrivere la sua vita e le sue sensazioni ma…nulla a che vedere con l’isola…Grazie lo stesso.
Annamaria
Sono d’accordo con te Annamaria anche perché io non scrivo sui social e questo blog lo scoperto per caso è da circa un anno e mezzo che ho questo telefonino moderno per cui mi sono affezzionata a voi e a tutti quei bei ricordi legati all’Isola che tu Annamaria sai raccontare così bene spero di risentirti presto e un saluto a tutti gli isolani ciao Giovanna
Ho scritto un episodio che non so per quale problema…e’ finito tra le risposte per Gianni….Giovanna se vuoi….recuperalo
Ciao Annamaria penso di aver recuperato il tuo ricordo in cui parli di Natale e del bambolotto che ti piaceva tanto e devo dirti che è una storia che mi a commosso perché capisco quanto le nonne vogliano bene ai propri nipoti .Questa storia mi è piaciuta molto è una storia bellissima e tu come al solito la racconti benissimo.Ti saluto affettuosamente Giovanna 😊😊😊
Non trovavo più lo scritto della giornata tipica della mia nonna, scusate se ve lo ripropongo. Sergio.
Di già che ci sono auguro a tutta l’Isola un radioso Natale.
Per minga desmentegass
La stòria de la vitta de la mia nòna l’è lunga pussee de la vitta terrèna che el Signor el gh’ ha daa.
Perchè gh’è rimast i rigòrd in tutt’ i persòn che l’hann cunnusuda.
La sua giornada l’èra talment pièna de ròbb de fa, de sembraa impussibil
de faj tutt, prima che vegniss giò la nòtt.
Comme, ricordaa quel che riempiva la sua vitta.
I fioeu inanzi tutt: Quatter e alter quatter fioeu a balia.
El cuur de tutt’ i dì, la preucupassion de i malatii. I medesin natural che la duperava?
I rimedi giust per i picul disturb, mal de testa, inapetenz, la pulentina calda de farina de lin per staccaa el catar dai brònch.
Cont la malva e la crusca la curava l’infiamasion.
Fa i iniezion cont el r’iscc che la cureva?
Cont el sò affett, squas ad accelerà la guarigion.
Per la nòna el temp de lauraa el finiva mai? Dent e foeura de caa.
In cassina tucc saveven come la lavava ben la biancheria, cont la siendra.
Ma el sò lauraa l’era anca quel di camp, fa la munda,
trapiantaa el ris come mòndina,
piega la scèna in de l’òrt, cataa su i sass in di camp, batt el furment, la segale, rincalza la mèlega, rastrelaa camp de fenn, coltivaa in caa i bigatt de la seda.
Alla voeuna de nòtt, feri o festiv, perche el lauraa in cassina l’è anca violent.
Ogni nòtt el capp di bergamin nel picca l’uss per el turno della mungidura e la nòna la duveva sentill per prima, per sveglià el nònu ,
con garb, senza svegliaa i fioeu.
La pisava el primm foeugg de la giurnada in del camin. La turnava in lett ma per pòch, per svegliaa i fioeu cavalant. Subbit dopo la doveva preparaa el parieou cont l’aqcua, el saa e grass de purscel e non eren che i ses e mezza de la mattina per sveglia i nevud giuvin per mandai a scoula.
Le, analfabeta , ma saggia de la cultura de la gent semplic, imparada dal liber de la vitta, la preparava i cartell, faa coj sò mann de mett a tracòla. La controlava se gh’hera tutt in urdin, voeuna per volta, el quadeno a quadrett e quel a righ , el liber , la gòma de scancellà, el stucc de legn cont i pastej, la caneta cont el penin.
Quand tutt gh’he sembrava in ordin la basava la cartela come a benedìì la fadiga dei sòo fioeu che andaven a scoula a imparaa a legg e a srivv,
quel che a lee gh’era minga staa concess.
In de la caa la stava minga in de per lee, gh’era semper l’ultim che gh’era nassuu
el Sergino che l’era semper in mezz i pee, in tutt i mestee che la faseva.
La doveva fa su i lett , netta, mett su la polenta per i vundes ‘or per i òmen che turnaven a disnaa.
Ammò pulenta per i fioeu e nevud che turnaven a la voeuna de scoula e la ghe andava incontra, perche la faseva fadiga a sentii luntan per tanti or senza vedej.
Quand gh’ i aveva con le in mezz ai camp a lauraa, in de l’òrt a nettaa la verdura, ò a tacunaa i calzzett e visin per preparaa la zèna, l’era pusse contenta.
Adess la forza e la serenità in de la mia memoria de che la gent chi, la me lassa quasi incredul !
Ricordemes ògni tant de la nòna per minga desmentegass.
Ciao mister Codazzi la storia di tua nonna la leggo spesso e mi ricorda la storia di po’ di tutte le nostre nonne che anno vissuto quei tempi fatti di rinunce e di sacrifici e le ammiro tanto ,
.
donne straordinarie
approfitto di questo scritto per farti tanti auguri di buon Natale a te e a tutti gli isolani augurissimi da Giovanna
Ciao scusate per qualche errore di trascrizione un saluto a tutti Giovanna
Santa Lucia, non ricordo che all’Isola fosse festeggiata, ma e’ comunque nel cuore di tanti. Il rione era abitato da diverse famiglie meridionali e tanti la ricordavano. Ma benche’ la festeggiassero era comunque una festa che passava in sordina, tutti attendevano il S. Natale. Nonostante fossero tempi difficili si cercava di essere felici, e ci si riusciva! Bastava poco: I protagonisti erano I bimbi, giochi semplici, che I genitori cercavano di acquistare con grandi sacrifici riempivano I nostri sogni. La mia passione erano e sono ancora adesso che ho 66 anni le bambole, la Barbie non era ancora di moda. Erano bambolotti di cartapesta, con gli occhioni che sî chiudevano e un oggetto nel pancino che suonava sdraiando la pupa. Doveva imitare la parola mamma, in realta sembrava il miagolio di un gatto… Ma le bambole per poterci giocare occorrevano di accessori, vestitini che venivano confezionati dalle nonne. Con gli avanzi di lana sferuzzavano veri completini, la mia bambola Nella era sempre elegantissima. Ricordo un golfino rosa preparato da una vecchina, la sciura Maria. Mio nonno e mio zio Dino erano veri artisti del legno e preparavano culle e lettini per la nanna….poi c’erano biberon, pentolini, piattini ecc. Insomma un mondo in miniatura.
All’inizio devil anni ’60 comparvero le bambole di plastica, morbide, con capelli sintetci e pettinabili, la Barbie all’inizio non ebbe un successo strepitoso. Questa biondina che imitava gli adulti non interessava particolarmente, piacevano ancora I pigottoni, di plastica o di cartone.
Ma i tempi cambiano e la Barbie conquisto’ il mercato e il cuore delle bimbe dell’epoca e di adesso.
Non so se adesso I bambini attendono il Natale come lo aspettavamo noi, non credo scrivano letterine a Gesu Bambino o a Babbo Natale, al piu’ gli inviano un e-mail….Che tristezza! Aspetto che gli amici isolani descrivano I giocattoli dei maschietti dell’epoca.
Burn Santa Lucia a tuttI. Annamaria.
Vorrei rispondere ad Annamaria. QUANDO ERO PICCOLA ABITAVO A Brescia dove si festeggia Santa Lucia e ho dei ricordi bellissimi perché ricevevo tanti bei regali sia io e le mie due sorelle i doni erano bambole e anche frutta mandarini arance , ed era una gioia. Cara Annamaria tanti auguri di buone Feste e felice NATALE Giovanna
PER CONOSCENZA:
XX VENTESIMO 1978 anniversario della Associazione culturale Antica Credenza di Sant’Ambrogio. Manifestazione tradizionale per la Cultura e le Tradizioni milanesi ed ” El sò bell lenguagg ,,
Nascita della Antica Credenza di Sant’Ambrogio 1198 / 2017 – 839 anni
Visto che ci avviciniamo al 7 di dicembre, festa del patrono di Milano e spero che almeno in questa ricorrenza espongano nel palazzo de Comune la bandiera della città.
Vi parlerò della nascita della Credenza di Sant’Ambrogio nata nell’1178 ( io allora ero molto giovane ) esattamente 839 anni fa, era costituita da maestri artigiani, sarti, macellai, panettieri bottegai,fabbri,la società che produceva, quella che conta. Essendosi resi conto della loro forza, perche ebbero a che fare con la cacciata da Milano del Federico I, detto il Barbarossa nell’1166 nella battaglia di Legnano, vollero costituirsi in una associazione a protezione dei loro interessi e della popolazione e fare parte del Governo della città.
La Credenza ( che non è il mobile delle vivande ) faceva parte calmierante tra lo strapotere del Clero e dei Nobili. e il popolo doveva credere nel suo operato.
Il capo che ha gestito per più anni questa lega, si chiamava Drudo Marcellino della famiglia dei Toriani. La Credenza contava un seicento iscritti, vi erano altre associazioni, per esempio la Motta, dei Cavalieri, quella dei Valvassori dei Nobili, mentre la Credenza nasceva dal popolo da coloro che lavoravano e producevano, da coloro che in effetti contavano.
Quindi la Credenza di Sant’Ambrogio creò la prima democrazia in Italia. ( e ci dici poco ).
Fu seguita da altre città come Firenze, Bologna, ma dopo.
La sede della Credenza era situata fra via Orefici e piazza del Duomo in una torre detta dei Bottazzi, poi dalla Credenza di Sant’Ambrogio. ( sembra incredibile ma ho la fotografia fatta prima del riassetto urbano di Piazza del Duomo nel 1700 ).
Nel logo dello stendardo diviso in quattro parti dalla croce rossa su sfondo bianco della bandiera della città vi sono raffigurate: La scrofa semi lanuta simbolo deigli Insubri Celtici di Belloveso, la torre dei Toriani che hanno governato Milano per trecento anni, il Biscione dei Visconti, La Croce di San Galdino simbolo della Diocesi. del quartiere.
La Credenza ebbe grande importanza fino al 1311, poi decadde naturalmente perché cominciarono a nascere i comuni e aveva finito il suo compito. Aveva creato la prima democrazia in Italia.
Dopo esattamente 839 anni, alcuni milanesi di buana volontà, ricostituirono nel 1998 una Credenza nuova“ l’Antica Credenza di Sant’Ambrogio ,, per non perdere le nostre tradizioni,la nostra bella parlata meneghina ( alla faccia di chi ci vuole male ) nel pieno rispetto delle altre etnie con cui abbiamo convissuto. Francesi, Spagnoli, Austriaci, Tedeschi, Turchi, nelle guerre precedenti, Milano e la Lombardia ha sfamato eserciti di 20 / 30 / 40 mila uomini che si sono succeduti.
Alla Credenza vi è una biblioteca con un migliaio di libri in milanese a disposizione degli studenti, per eventuale tesi di laurea I soci andavano nelle scuole elementari e medie a fare cultura milanese e lombarda, in più di cento classi di Milano. Vi è un corso di lingua milanese tenuto dal Prof PIERLUIGI CROLA, ed anche un concorso di poesia e di prosa dove allo Spazio CAM ,C.so Garibaldi 27 viene fatta la premiazione alle ore 15 del 7 di dicembre 2017 con gli Ambrogioni.
Il sig. Sergio Codazzi in data 23 novembre 2003 ha rievocando la fuga da Milano di Ambrogio
( perche non voleva essere eletto Vescovo ) si veste con una tunica da frate, affitta una mula, chiamata Betta, e con la banda di Buccinasco composta da venti suonatori parte da via Rivoli 4 Sede della Antica Credenza di Sant’Ambrogio e dopo esattamente 1620 anni con tutto il seguito si reca alla chiesa di Sant’Ambrogio ad Nemus in via Peschiera dove Sant’Ambrogio all’epoca andava a meditare.
Un augurio di buone feste a tutti i milanesi di nascita e di adozione da.
Sergio Codazzi
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Giovanni Tedeschi
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5 h ·
Per chi non lo avesse ancora letto. Il 1945 è ormai Storia !!
1 anno fa
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14 dicembre 2016 ·
GLI AMERICANI A MILANO, 1945-1946 Vedo oggi di scrivere qualcosa che sia degno di venire letto dalle mie amiche e dai miei amici in FB. Una massima diffusa recita ” Se non hai fatto cose degne di essere scritte, scrivine almeno di degne di essere lette ”
Dunque, nel 1945, a guerra finita, nel Maggio, nel campo di aviazione militare di Bresso, allora ampio più del doppio di quello attuale, infatti arrivava sino al Viale Sarca in Cinisello, e non era ancora attraversato dal Viale Brianza, si installò una numerosa quantità di Soldati e Piloti Americani. Avevano rizzato una tendopoli ed organizzato i loro servizi di assistenza agli stessi : Cucine, docce e quant’altro.
Di loro aerei, pochi, solo una decina, tutti leggeri, tipo Cicogna.
Io e tre o quattro amici dell’Isola eravamo andati là a curiosare. Non era un percorso breve poichè il tram n. 4, ancora con le due carrozze unite, ciascuna con un terrazzino a giorno, sul davanti e sul retro di ogni carrozza, faceva capolinea alla Bicocca, servendo gli operai della Breda e della Pirelli, che erano poco distanti. Dal capolinea sino all’aeroporto c’erano un paio di chilometri da percorrere a piedi, costeggiando tutte le postazioni dei cannoni dell’antiaerea, cannoni tedeschi prestati anni prima all’Italia e che qualche bombardiere americano B17 erano ruisciti ad abbattere, e che in quei mesi stavano smontando.
Eravamo stati accolti bene dagli Americani sin dal principio e divenne poi nostra abitudine raggiungere ogni giorno il loro accampamento. Solo noi ragazzini potevamo entrare nell’aeroporto, assolutamente Of Limits per gli Italiani adulti. Avevamo tutti attorno ai dieci anni, addosso la fame e la miseria dell’Isola di allora ( io meno degli altri perchè la latteria di mia mamma era per me fonte inesauribile di latte, uova e formaggi e non solo ) Per inciso : chi primeggiava nello sport di allora : calcio e ciclismo ? I figli dei macellai, fornai, salumieri e lattai ! Anche negli anni seguenti fu così. Infatti io divenni a 14 anni, un bel campioncino nel ciclismo. Ma questa è un’altra storia, mi scuso per la divagazione e continuo con gli Americani.
Cominciarono a chiederci dei piccoli servizi\ come ripulire l’interno delle loro tende, ordinare la zona delle loro brandine e ripulire il piano delle loro cassette poste a lato di ognuna di queste. In cambio: un po di cioccolata, cicche americane, ( vera rarità all’epoca e molto molto ambite ), sigarette Navy Cut di tabacco Virginia, dal fumo molto aromatico e qualche biglietto di Amlire, che era la valuta che loro emettevano in quei mesi ed aveva corso legale.Con il passare delle settimane noi diventavamo sempre più audaci, ed iniziamo a fare dei veri e propri bottini, di tutto quello che si poteva. Alla sera al ritorno all’Isola eravamo attesi già in Piazzale Lagosta e vendevamo tutto il bottino all’istante. Che bei mazzetti di soldi !!
I piloti americani, quasi sempre mezzi ubbriachi, ci portavano sulle loro Cicogne a fare voli su Milano, sul Duomo a 100 metri di quota, e sino ai laghi della Lombardia. Da loro c’era da razziare di tutto, oltre ai generi che ho citato, avevano ad esempio del dentifricio, cosa in Milano che era ormai dimenticata da anni o del tutto sconosciuta, che era confezionato, per loro, in scatolette metalliche rotonde con apertura esattamente come le note scatolette del lucido da scarpe. Bene, il loro dentifricio, con il quale riempivamo mezza camicia, andava a ruba laall’Isola.sera. Quando la sera salivamo sul tram al capolinea della Bicocca e, stando sul terrazzino posteriore della carrozza,( li si poteva fumare ) , accendevamo una Navy Cut, io fumavo già da Trecella, dove ero stato sfollato nel 1943, ed il suo profumo di tabacco Virginia si propagava nella carrozza, stipata di operai Breda e Pirelli, questi, che potevano fumare solo “il trinciato marciapiedi”, cosi si chiamava il tabacco ricavato dai mozziconi di sigaretta gettati a terra, oppure le sigarette Milit, uniche in vendita nelle tabaccherie, fortissime e pestilenziali, si incazzavano con noi per quella che ritenevano una provocazione.
A questa pacchia che durò sino alla fine Settembre quando riaprirono le scuole. Senza il nostro festeggiato arrivo serale da Bresso, la filiera che si era organizzata con i nostri rifornimenti venne ad esaurirsi e l’anno seguente non ebbe più modo di attivarsi. Per anni poi quel periodo di vacche grasse fu oggetto di tanti rimpianti. La foto che posto a completamento : 1944, io con l’aliante ad elica che mi ero costruito, sul viale Marche, alla discesa dell’Esse, dove, con i miei amici ero andato a farlo volare. E dopo qualche anno, 1951, nella foto fatta in P.zza V Giornate, indossavo ancora un giubbetto americano preso allora. ( E’ una mia storia pubblicata su FB. Qui naturalmente mancano le foto che ho citato ):
MI spiace per voi e per me, Qualcosa non ha funzionato !
Ciao a tutti cari amici isolani e non !
Il S. Natale si avvicina !Oggi, camminando per il quartiere (così cambiato) pensavo a quando io ero ragazzina e alcuni negozi esponevano il Presepe
in vetrina. A volte erano piccoli e un po ”poveri” ma tanto ricchi di significato!
Auguro a tutti voi un Natale lieto e sereno !
Claudia
NATAL A MILAN
Me vegn in ment che a Natal faseva frécc.
Gh’era la nev e i veder coi stell de giàss.
Gh’era el camin
o la stua semper pizzàa
e la pell di mandarin a profumass.
La letterina piéna de brillantin
sconduda ben ben sòtta el piatt del papà
con cent promess che duraven
men d’on dì
on testament per l’ann
che el doveva ‘rivà.
La poesia imparada a memoria
l’era la scusa per andàa a trovàa i parent, per ciapà cinq ghéi, on belé
o per gloria,
toron e ciocolatt de metess sotta i dent.
A Sant’Ambroeus andavom per i fòss
catàa la téppa
per fàa el presépi bell
l’era ona gara atrovàa i tocch gròss
per el prà e i montagn senza vedé ‘l tochèll.
Dopravom l’antracite per fa i gròtt
e spécc per fa ‘l lagh con denter i ochétt,
i statoètt de gèss e poeu nagòtt
se ‘l nonno ‘l ghe faseva nò i casétt.
L’albero l’era di sciori, e pocch credent
ma l’era alegher.
tacavom su tusscòss
i mandarin, i nus, i bomboni, el fil d’argent
el dì de Natal ghe stavom tucc adòss.
Intorn a on tavol,
per mangià insemma l’oca,
mostarda, panatton e acqua di pòmm
speravom che vegniva giò la fiocca
per scaldà ‘l coeur e la gesa la pareva el Dòmm.
UN AUGURIO PARTICOLARE AGLI ISOLANI SOPITI……..
Sergio Codazzi
.
.
.
Grande SERGIO !! Bellissima, sa risvegliare proprio nel dettaglio quelle atmosfere ! AUGURONI caro Sergio, a te ed a tutti i tuoi cari !!
Auguri di Buon Natale a tutti gli isolani doc e no, alle loro famiglie, a chi come me ha il rione nel cuore e conserva dolcissimi ricordi, a chi ė appena approdato in questa simpatica e fattiva Isola e la trova fantastica e a tutti gli amici di un tempo e ai nuovi. Auguri e grazie a chi si è impegnato con I suoi racconti, preziosi ricordi.
Annamaria
Natale è già passato ……in un baleno….ora ci prepariamo ad un nuovo anno !
Auguro a tutti un 2018 ricco di cose belle e tanta felicità .
Claudia
p.s. Per Sergio : Ero convinta che la buccia dei mandarini sulla stufa si usasse solo in casa mia !!!!
🌲🎄🎁 a tutti gli isolani AUGURI AUGURI AUGURI!!! da Giovanna.
Effettivamente riesce sempre più difficile, per vari impegni, riuscire incontrarci. È comunque un peccato che pur utilizzando Facebook, questo sito non sia più vivace. Grazie Gianni per la precisazione. Ciao a tutti.
Buon San Valentino a tutti gli isolani e a chi è innamorato del nostro quartiere.
Annamaria
Buona Pasqua a tutti gli amici isolani! Annamaria.
Grazie Giovanna! Auguri anche a te e a tutti gli amici isolani.
Ciao Giovanna, che piacere leggerti! Ero un po’ preoccupata perché è da tanto tempo che non ti sentivo, l’importante è che tu e tutti gli amici isolani stiate bene. Non sono su Instagram e nemmeno su Facebook… sono sempre in contatto con Lucia Beduzzi, Claudia Vailati, Luisa Buonvino, ma gli altri isolani si sono moooolto impigriti. Chissà che dopo questa ondata di freddo si riesca a combinare per un cafferino al nostro amato quartiere. Un caro saluto e un forte abbraccio.
Annamaria.
Cari amici isolani, non so se sia stata la generazione più bella, come dice l’amico Codazzi, certamente siamo stati fortunati. La nostra gioventù era piena di allegria sana, di lavoro o studio, ma soprattutto ci hanno insegnato il rispetto. Siamo cresciuti con l’amore per il prossimo e per i luoghi frequentati. Spero anch’io che la storia della nostra Isola venga tramandata e che nessuno dimentichi.
Speriamo passi in fretta questo terribile periodo e possiamo incontrarci. Un abbraccio a tutti e…sempre sulla breccia!
Annamaria Laronga
Buongiorno cara Giovanna, sono contenta di saperti in buona salute, spero anche gli altri amici isolani. La trattoria “Tomaso” in via De Castiglia sarà felice di accoglierci per un saluto quando tutto sarà finito. Non sarà certamente un virus giocherellone, che cambia aspetto spesso, a fermarci. Sergio Codazzi organizzerà con piacere per i vecchi amici una seratina milanese e soprattutto isolana. Un forte abbraccio a tutti.
Annamaria
Per prima cosa buon proseguimento di giornata a tutti Isolani e non ! Spero che siate tutti in salute e mi auguro che passi al più presto questa situazione ….per ritrovarci tutti da Tomaso , come auspicava nel suo commento Annamaria. Purtroppo ( non so se avete girato per l’Isola ultimamente ) sono stati fatti dei lavori di manutenzione “abbellimento”(secondo loro!!!) e ammodernamento ( sempre secondo il comune!) che hanno veramente poco a che vedere con la natura del quartiere che abbiamo nel cuore. Ovviamente questo è il mio personale parere può darsi che qualcuno apprezzi…..Quindi con il desiderio di rivedervi quanto prima un carissimo saluto. Claudia
Cara Claudia sono contenta che state tutti bene e vorrei salutare Sergio Codazzi e Annamaria Laronga e tutti gli isolani .Quando sparirà questo VIRUS ci ritroveremo tutti con piacere e non mi dispiacerebbe andare al ristorante ( Ratana’ ) dove si mangia .molto bene e c’e anche un bel giardino .comunque l ‘importante e ‘ rivedervi con affetto Giovanna ❤
A tutti gli Isolani con lo stesso DNA. UN STREPITOSO 2018 e non solo,
tanta salute. Distinti saluti
Cari isolani come state spero bene , vi siete messi a dieta dopo le feste è un po’ che non leggo i vostri commenti. Vi saluto affettuosamente Giovanna😀
Ho fatto un giretto all’isola, giorno di mercato. Sono andata a curiosare il nuovo giardino in lavorazione….sembra un bel progetto. Passando dalla via Borsieri, all’altezza del n. 14, ho osservato il portone che rispecchia fedelmente i vecchi. Bene. Peccato che qualche imbecille, passatemi il termine, ha deciso di scarabocchiarlo! Questi mancati artisti che decidono di rovinare le proprietà altrui, li prenderei a calci per tutto il ponte Bussa e sono certa che don Eugenio approverebbe! Buona domenica a tutti. Annamaria.
Ahimè Giovanna, ho paura che questo sito stia più che languendo…nessuno più scrive….un saluto affettuoso a tutti. Annamaria.
Cara Annamaria ho riletto tanti vostri racconti che risalgono al 2012 e
MI dispiace che non si scrive più anche perché mi piaceva molto leggere i racconti della vecchia isola mi riportava indietro nel tempo .penso che anche se avete scritto tanto , ci sia ancora .molto da raccontare.ti mando tanti cari saluti affettuosi Giovanna
Cara Giovanna spero di riuscire a scrivere nuovi ricordi presto. Ti ringrazio e ti auguro un felice fine settimana. Annamaria.
Ciao a tutti !
In questi giorni, ho visto già qualche mascherina in giro per il quartiere e mi sono ricordata che tempo fa su queste pagine avevamo proprio parlato del Carnevale all’Isola……..
Certo, era tutto un po diverso, ma ci si divertiva tanto con così poco !
E poi chi di voi non andava matto per i tortelli, o per le frittelle con le mele, quelli cucinati dalla mamma o da una nonna ……ma soprattutto ancora tiepidi …..una vera bontà.
Auguro a tutti un buon fine settimana.
Claudia
Chi non si ricorda degli annunci vada a rileggerli. Oltre alle parole ci sono poi le cose concrete per avere un ritorno di cosceza pulita. Il convivio è il mezzo per ristabilire un amore per un ideale comune. SE NO AMEN.
DISTINTI SALUTI Sergio.
Chiedo scusa al signor Codazzi ma questa lu capida no….
Cara Annamaria, il Sergio voleva solo ricordare i diversi inviti che lui aveva pubblicato per invitare gli amanti dell’Isola a ritrovarsi davanti ad una tavola imbandita, come si è fatto anni fa in via Castillia. Il fatto è che è sempre più difficile ritrovarci così. Riguardo alla ridotta partecipazione a questo Blog, che è stato per anni un bel luogo di incontro per tutti noi, osservo che la mancanza di potere postare foto qua, ha fatto dirottare molti su Facebook. Vi sono infatti diverse pagine dedicate all’Isola dove le foto pubblicate hanno sicuramente un grande valore. A Sergio voglio dire che ieri pomeriggio in Via Sant’Andrea 6, alla mostra-conferenza su “La mala di Milano del dopoguerra” ho incontrato il Pelè, il suonatore del lattofono, ed abbiamo proprio parlato di Sergio e delle cene che avevamo organizzato. Ciao cara Annamaria, Ciao caro Sergio !!
Credo che per riattivare finalmente queste pagine, oramai poco seguite e frequentate, si potrebbe incrementare la pubblicazione di squarci della vita dei lettori Isolani. Sergio Codazzi è riuscito a pubblicare addirittura il bellisso suo libro ” Quant el su el turna indrè”. Io dimostro la mia buona volontà nell’iniziare qua con qualcosa che ho già postato in FB.
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E voila…finalmente è arrivata la neve! In Lombardia hanno mobilitato la protezione civile, l’esercito, i pompieri e chi più ne ha ne metta. Qui a Peschiera ci siamo accorti che aveva iniziato a nevicare perché dall’aeroporto non proveniva nessun rumore, tutto ovattato. Tutto già preannunciato! E chissà perché organizzato approssimativamente. Tanti, ma tanti, anni fa,quando ero giovane per intenderci, si guardava il cielo plumbeo, tutti con il naso per aria, si respirava aria di neve, ci si imbacuccava e senza tanto scalpore si attendevano i primi fiocchi. Scarponcini risuolati più volte, calzettoni che lasciavano scoperte le ginocchia perché il collant non era ancora stato inventato, maglie e maglioni grevi, cappottone pesante, sciarpa guanti e scufiotto, senza tante storie le mamme ci spedivano a scuola. A piedi. Da via Ugo Bassi a via Jacopo dal Verme senza tante smancerie. Ragazzi che gioia e che divertimento! All’andata eravamo tutti seri ma all’ uscita di scuola che festa….battaglie a palle di neve, si formavano le squadre ed era veramente una gioia. Tutto filava bene anche senza la tecnologia. Venivano mobilitati gli spalatori, si udiva solo il rumore delle pale, gli strilli dei ragazzini e le auto procedevano piano piano rassegnate. Oggi sembra che sia la prima volta che nevica. Capisco i paesi di montagna, ma che nelle città si facciano tante storie mi sembra esagerato! Chiudono le scuole, chissà perché….cosa può succedere? Che i bambini “scarligano”, e allora? In alcune città hanno chiuso le Università…ma siamo matti….stiamo parlando di studenti, adulti, non di asilo nido! Per non parlare dei trasporti…ma come, tanta tecnologia e non riescono a fare funzionare le città! Ma dai….che vergogna. Ciao a tutti e godiamoci questa fioccata.
Annamaria
Davvero godiamoci questa fioccata!
E poi chi non si è mai divertito a fare un pupazzo di neve ?
Naso con un legnetto e occhi con i sassi ; eravamo degli ……scultori !!
Un caro saluto a tutti.
Claudia
Cara Annamaria mi ricordo anch’io che tanti anni fa veniva tantissima neve e che giocavamo con i calzini corti e poi andavo a scaldarmi vicino alla stufa poi io e le mie sorelle prendevamo i bicchieri li riempivano di neve e ci metteva alla menta o il limone secondo i gusti certo ci divertivano un mondo però che freddo!!!! Cari saluti Giovanna
Buona la granita con la neve! Ci mettevamo vicino ai caloriferi o alle stufe e stavamo subito bene…non capisco questa forma iperprotettiva nei confronti dei ragazzini…noi siamo cresciuti un po’ allo sbaraglio ma siamo ancora presenti, belli arzilli, e con ancora voglia di fare. Possibile che due centimetri di neve suggeriscano la chiusura di scuole, università, cimiteri ecc…? Anni fa all’uscita di scuola, p.le Archinto era campo di battaglia, palle di neve a gogo, al più per riscaldarci entravamo in latteria per una cioccolata…a casa poi ci strigliavano perché eravamo fradici, ma almeno ci divertivamo!
Buona sera amici isolani. Non so perché questa sera ho ripensato ad una persona conosciuta anni fa, diciamo anni ’60. Ovviamente abitante dell’Isola. Abitava in via Angelo della Pergola mi pare al 7. Professor Angelo Guatta. Raggruppava i ragazzini del quartiere, me compresa, e gli faceva fare i compiti. Per i genitori che non potevano seguire i figli nel doposcuola era un bell’aiuto, i compiti venivano eseguiti puntualmente e correttamente, le lezioni non capite rispiegate. E noi ragazzi ci facevamo un sacco di risate in compagnia. Qualcuno lo ha conosciuto e ricorda?
Buona settimana a tutti.
Annamaria.
Ricordo il Prof.Guatta. In 1a Liceo (1962 ?) fui rimandato a settembre (anche) in italiano e passai l’estate in città prendendo lezioni dal Prof. Guatta. Ero uno delle decine di ragazzi che frequentavano la sua abitazione. Insegnava di tutto: anche la metrica musicale. Con me fu a suo modo severo: mi costringeva tutti i giorni a scrivere temi interminabili su argomenti di nessun interesse per me. Una vera tortura. Ma la sua “cura” funzionò benissimo anche se al tempo pensai avesse una punta di sadismo nel suo metodo.
sono stato a lezione dal prof.Guatta tra il 55e il 60 in un estate poiché ero stato rimandato in un paio di materie.Che dire un prof.severo e tuttologo che mi aveva sopranominato bec che stava per beccaria poiché ero un po’ teddy boy secondo lui,un prof che aveva a ripetizione i ragazzi di mezza isola e se per caso non eri promosso,per sentito dire non voleva niente.
Cara Annamaria volevo farti tanti auguri DI BUONA PASQUA a te e a tutti gli isolani ciaoGiovanna
Mister Codazzi auguri di Buona Pasqua e spero di risentirti presto con i tuoi racconti cari saluti affettuosi Giovanna
Grazie Giovanna! Auguri a te e a tutti gli amici isolani
Donne e amici dell’Isola un saluto primaverile da…..
Da dove Sergio ???? Come dice il proverbio Aprile ogni giorno fa un barile ma oggi sembra si stiano scaricando delle autobotti di acqua …..per il momento il Seveso è tranquillo …..Una volta a Milano ad Aprile c’era la Fiera , un avvenimento importante per tutta la città, se non ricordo male era verso la fine del mese, anche le scuole chiudevano e si faceva un gran bel ”ponte” !!!!
Un caro saluto a tutti.
Claudia
Buon 25 aprile a tutti! Annamaria
Ciao Annamaria oggi è un giorno speciale, il giorno della liberazione. Mi ricordo tanta festa per le strade di Brescia, città dove sono nata e mi ricordo che un soldato americano mi prese in braccio per darmi della cioccolata, che ricordi!!! Cari saluti a te e a tutti gli isolani
. 😊😊😊
25 Aprile, ma cosa festeggiano questi imbecilli ? La data in cui il popolo italiano è passato dall’essere un vero popolo all’essere un assieme litigioso e schiavo uno dell’altro. Passato da un popolo che aveva nella famiglia un nucleo sano e prosperoso ad una società di singoli, separati, divorziati ed infelici. Passato da un popolo nel quale l’onesto era difeso e rispettato ad uno in cui sono protetti i disonesti e perseguiti gli onesti. Da un popolo governato da onesti che lavoravano per lui, ad uno che viene ingannato, derubato, vessato da politici farabutti. Da un popolo che aveva la sua moneta e che se la gestiva ad uno che tramite la moneta che gli è stata imposta è stato reso schiavo e perennemente debitore. Da un popolo che aveva una sua industria che si sviluppava e prosperava, ad uno cui le migliori industrie sono state sottratte o trasferite.
Bisogna proprio essere degli imbecilli per festeggiare una tale data. Ma già, oltre a quanto al nostro popolo è stato sottratto, c’è anche l’intelligenza, che una volta possedeva.
Ma….non ho parole….che l’Italia sia ridotta male è un dato di fatto. Gli imbecilli come me immagino festeggino e rievochino il 25 aprile in quanto fine della guerra oltre, ovviamente, la fine di una dittatura. Dittatura che, in quanto tale, non mi risulta abbia formato “un vero popolo”. In quegli anni nessuno poteva dire il proprio parere, l’olio di ricino mi pare fosse disgustoso. Le idee saranno saranno state belle, ma in pratica….quanto alla famiglia nucleo sano e prosperoso….mi perdoni signor Tedeschi, ma ho molte perplessità.
Mi pare che l’esempio dato dal duce non fosse dei migliori….la povera donna Rachele ne sapeva qualcosa: corna a gogo con finale a sorpresa. Non solo relazioni varie ma in ultimo con una ragazza che poteva essergli largamente
figlia, la cui madre era felice che la figlia se la intendesse con un uomo sposato. Volevo vedere se anziché Il Duce la dolce Claretta avesse, mi scuso il termine, scopazzato uno dei tanti braccianti sudati per il lavoro giornaliero e non per dimostrazione, se mamma era felice. Bell’esempio di famiglia.
Oggi i nostri nipoti si esaltano per concerti dati da pseudo cantanti, senza arte né parte….all’epoca si esaltavano, vestiti da Balilla e da Piccole Italiane, per dimostrare cosa?che sapevano marciare e obbedire? Pura esaltazione.
La mia nonna paterna, vedova con 9 figli per sfuggire la fame del sud, nel ’35 sbarcò a Milano , abitarono nel retro di un negozio di via Pollaiolo. Non avevano mobili e dormivano per terra. E come la mia famiglia furono tante, troppe, quelle che si trasferirono, senza casa, senza lavoro perché anche in quegli anni non era facile trovarlo.
Mio padre che all’ epoca aveva 13 anni trovò lavoro in una tintoria, lavorava in mezzo a coloranti e acidi ritenuti non nocivi per quegli anni…uno dei miei zii, aveva 8 anni, lavorò da un panettiere…riempiva di pasta i sacchetti di carta….
Senz’altro ci sarà starà disciplina che è quella che oggi non esiste. Ci sarà stato ordine e amore per la Patria, chissà poi perché…..
Oggi siamo veramente allo sfacelo, ma anche per colpa nostra.
Non mi ritengo imbecille per ricordare un giorno che ha consentito a mio padre, scaraventato a 20 anni in un conflitto demenziale, di ritornare in famiglia dopo anni di prigionia.
Cara Annamaria,mi trovo concorde su quello che hai scritto e la festa del 25 aprile è soprattutto il ricordo della fine della guerra edi tutte le sue atrocità.in quanto alla politica ognuno la pensa come vuole,nessuno comunque ha il diritto di giudicare chi la pensa diversamente . E come sempre tu sei puntuale e precisa nelle tue argomentazioni.cari saluti Giovanna.😊😊😊
E’ giusto, anzi più che giusto, che ognuno esponga il proprio pensiero derivato dalle sue esperienze di vita. Mi si permetta però di dare dell’imbecille ad un popolo, passato sotto i miei occhi per oltre settant’anni dalla fine della guerra, che ha permesso quello che è evidente a tutti, che la più parte critica ma che non può fare niente per modificare. Citavo la famiglia: storie di corna sono vecchie quanto il mondo, i casini ( case chiuse ) non li ha inventati nessuno, c’erano sicuramente già nella preistoria, nelle grotte. Ma la famiglia italiana, cristiana, era indissolubile e chiara nella sua funzione ed organizzazione : Un Capofamiglia, il maschio, un Coniuge, la femmina, i figli.
Oggi, dopo l’istituzione del divorzio, ( Pannella brucia ll’inferno anche fumando spinelli ) e del nuovo diritto di famiglia, ne stiamo vedendo i risultati pratici. Non fatemeli commentare !
La pederastia, i culatoni per parlare chiaro, sfilano ” con orgoglio”. E’ diventata un vanto ! Famiglie, contro natura, con due padri o con due madri, sono omologate.
I governi di sinistra, guidati e seguiti da personaggi che nel profondo, malgrado il cambio frequente dei titoli dei loro partiti, sono e rimangono dei comunisti, ci hanno portato ad essere invasi dalle più turpi popolazioni che, oltretutto manteniamo sulle nostre spalle e tra questi gli spacciatori nigeriani, anche cannibali !
La povertà degli Italiani è in continuo incremento. E’ bastato che un pifferaio napoletano promettesse la manna dal cielo, costituita da un reddito mensile, pur modesto, per divenire, nel Sud il primo partito ed in Italia il secondo dopo il Centro Destra. Presto i minareti con le preghiere dei Muezzin domineranno il nostro paese e dovremo assistere, prima ai culi in aria dei mussulmani in preghiera e poi subire le loro Leggi che imporranno in Italia.
Ed al povero mussolini andiamo ad imputare di avere avuto un amante e di essersi scopato una italiana al giorno quando, leggete leggete, tutte le italiane gli si offrivano ?
E vero, la gioventù in divisa veniva organizzata, educata nel rispetto di Valori, i principali Dio, Patria e Famiglia. poi . Onestà, lavoro, risparmio, ecc.
Ma sono proprio quelle generazioni che dal 1945 hanno permesso all’Italia, dilaniata dagli Alleati con i loro bombardamenti terroristici, di rialzarsi e di arrivare in pochi anni al Bum Economico.
La libertà conquistata ? Ma quale libertà se siamo schiavi, nel contesto mondiale, come polpolo ?
Meno male che il 25 Aprile anche quest’anno è stato superato. Le falsità, le balle e quanto ho sentito alla TV non avrei potuto sopportarle un’altra giornata.
Amen !
dopo le migliaia di persone, donne, bambini che il tuo idolo a provveduto a deportare nei campi di sterminio separati dai propri genitori torturati ,uccisi e inceneriti di medici nazisti e non solo. Dopo tutte le nefandezze che ha commesso,ci si possa preoccupare delle scopate del suddetto elemento.
Vergognati
La penso esattamente come Paolo. Le nefandezze commesse dal partito fascista sono inenarrabili. Chiunque abbia avuto parenti, amici, e semplici conoscenti che hanno subito e affrontato oltre alla guerra i soprusi perpetrati da quegli …esseri, non posso definirle persone, non può non inorridire. Evidentemente tanti non hanno avuti genitori combattenti, non si sa se si siano imboscati o altro….le famiglie saranno state senz’altro più unite di oggi, ma non certamente per l’esempio dato dal duce. Se non erro duce significa guida. Di cosa? Cosa doveva e chi doveva guidare sto tizio? Mio padre si rivolterà nella sua scatoletta….oggi non si può essere orgogliosi di questo nostro Paese ma c’è veramente da vergognarsi a condividere, esaltare e ammirare quegli anni e chi li gestiva.
Una domanda agli amici milanesi: nel nostro dialetto Il sale si dice “El sal” o “la sa”?
Buongiorno a tutti. Ho un altro quiz. A proposito di gelati….cosa si intende per “parigina”? Il cono o le cialde che racchiudevano il gelato? Ciao a tutti.
Annamaria
Paolo, chiaro che non capisci un ca@@o ! Devi avere una cultura fatta leggendo l’Unità che formava i trinariciuti! Quel tizio, il Duce lo chiamiate così, ci ha salvato dalla miseria del comunismo già dal primo dopoguerra, ha risollevato e sviluppato l’Italia malgrado Francia ed Inghilterra, che hanno fatto di tutto, dopo averci imbrogliato e poi derubato, per soffocarci. A reso gli Italiani fieri di esserlo. Ha ottenuto il consenso di tutti gli Italiani. Certo poi prese decisioni che alla fine si dimostrarono errate, ma solo dopo, che era impossibile prevedere.
Cascammo tutti nella catastrofe, nessuno lo nega. Ora imputare a lui solo le nefandezze della guerra mi sembra ingiusto tenuto conto dei 100 milioni di morti delle purghe staliniane e delle centinaia di migliaia di donne, vecchi e bambini, vittime degli Americani con le atomiche di Hirischima e Nagasaki. Trascuro i bombardamenti terroristici su Milano ed altre città d’Italia e Scuola di Gorla dove morirono, come loro bersaglio ben 200 bambini. Informatevi, leggete, leggete i libri di Pansa. Interpellate i testimoni, ancora viventi, delle gloriose giornate dell’Aprile ’45 all’Isola che videro, a guerra ormai finita e persa, la violenza rossa con il trionfo dell’ubriachezza e le fucilazioni in P.zza Minniti. Io c’ero ed ho vissuto il tutto !!
Per concludere : per me si dice “la sa ” e la” parigina” era il gelato tra le due cialde, rettangolari o rotonde, di altezza variabile a seconda del costo.
Buongiorno a tutti.
Nel rispetto delle idee politiche di ciascuno, gradirei che venisse mantenuto un profilo educato da parte di tutti.
Non ho mai censurato commenti e non è mia intenzione farlo su un blog che parla, o dovrebbe farlo, di bellezze di una città meravigliosa come Milano.
Vi prego di non proseguire con questi toni che certamente non fanno bene. Nei commenti, se vi vuole parlare di politica, lo si faccia in modo educato, ricordandosi che nessuno dei nostri politici è mai stato esente dal compiere errori.
Vi ringrazio.
Buongiorno. Ha ragione, chiedo scusa, non si dovrebbero mai raccogliere le provocazioni e rispondere su questo blog che non nulla a che vedere con la politica e la storia d’Italia, ma solo quella della nostra Isola. Buona domenica.
Annamaria.
Sono anch’io perfettamente d’accordo. Lo scopo del blog è di parlare della nostra Isola. Cosa che ho sempre e solo fatto. Non ho espresso idee politiche ma ho solo fatto un confronto della società di un tempo con quella attuale ed ho sostenuto che le nefandezze della guerra vennero fatte da ogni parte e non solo da chi poi la perse.
All’Isola ho imparato a dire in dialetto ” la sa ” per il sale. Ed in quanto alle parigine ne ho confezionate a centinaia, circolari o rettangolari, nella Latteria di mia mamma in via Dal Verme 2.
Grazie Gianni per le precisazioni dialettali. Annamaria
La festa della mamma mi ricorda la pasticceria di via Porro Lambertenghi. Per questa ricorrenza preparava una bellissima e buonissima torta con scaglie di cioccolato. Al centro troneggiava una rosa di stoffa rossa circondata dalla scritta “Auguri Mamma”. Costava sempre troppo per le mie finanze. La mancetta settimanale non mi consentiva di regalarla alla mia mamma. Ripiegavo su una rosa vera acquistata al banco dei fiori di via Borsieri angolo p.le Segrino. Oggi sono sparite la pasticceria e il banco dei fiori. Peccato!
Auguri a tutte le mamme!
In p.le Minniti c’è un delizioso negozio di abbigliamento per signora. Dallo scontrino mi risulta “Intimo Simona” via della Pergola 1. Non riesco a ricordare quale attività ci fosse anni fa al suo posto Qualcuno lo ricorda?
Annamaria.
Ciao a tutti !
Cara Annamaria ora in negozi in p.le Minniti sono tutti cambiati…….
Io personalmente ricordo più o meno a quell’altezza un negozio che vendeva la pasta, poco prima la polleria Benelli e verso l’angolo di via Pergola un bar/trattoria che si chiamava DE TOMA .
Il pastaio c’era sicuramente negli anni 60/70.
Un caro saluto a tutti e buona settimana.
Claudia
Buongiorno a tutti. È molto triste che questo blog stia languendo… nessuno ha ricordato Ezio Barbieri, personaggio non da poco dell’Isola, deceduto pochi giorni fa.
Annamaria.
Si, hai ragione cara Annamaria. Ma vedi il fatto è che questo Blog è obsoleto nella sua formazione e funzionamento. Oggi siamo tutti, quelli che scrivevano qua qualcosa, confluiti in FaceBook. Vi sono diverse pagine sull’Isola ed ognuno poi ha la sua con il suo nome od il suo pseudonimo. Io ad esempio ne ho una con il mio nome ed un’altra con il nome ” milanesi ottantenni ricordano”. Con le foto che si possono pubblicare è tutto più vivo rispetto a qua. Riguardo ad Ezio Barbieri, mio Amico, il suo decesso è stato molto commentato in FB. Se ci entri fammi un fischio !! Ciao e Buona Serata !
Un saluto, inanzi tutto agli Isolani.
Io non rinnego niente di ciò che ho proposto nei miei suggerimenti,ritengo che il dialogare con le persone con cui ho vissuto in questo Quartiere fanno parte di ME. Il cercare di farle rivivere per il prossimo che non le ha conosciute
lo ritengo un mio dovere. So benissimo che il tempo cancella,ma se mi permettete,questo Blog nel nome Nome di Fabio Amoroso è una icona piena tradizioni e verità che a mio parere va elogiata, senza salutini, palle fresche e amicizie fasulle come si usa adesso.
Per quanto riguarda Don Eugenio Bussa e d Ezio Barbieri, l’acqua santa ed il malandrino, sono contento di averli conosciuti. Per saperne di più bisognerebbe entrare nei particolari, perchè quando nella vita ti si appioppa un etichetta è molto difficile togliersela.
Sergio è qui nel suo Eremo di Buccinasco Castello,il cancello e aperto vedete Voi, Distinti saluti
Ciao a tutti gli isolani ho sentito spesso parlare della banda Barbieri e mi sembra che la madre abitava in via Castillia 10 però no n ne sono sicura .Vi saluto tutti .Giovanna😊
No, il mio amico Ezio Barbieri aveva abitato in Borsieri 14 e poi Madre e sorelle avevano preso il bar trattoria di via Porro Lambertenghi angolo Pollaiuolo. Se ne vuoi sapere di più leggi il suo libro : “Il bandito dell’Isola”. Lo troverai in libreria in via Pollaiuolo o te lo presto io. Mi puoi telefonare : 3311049316. Ciao.
Ciao Giovanni ti ringrazio per la precisazione .un saluto a te e a tutti gli isolani😊
Grandissimo Sergio !! Tu hai creato questo blog quando internet era agli albori, sei stato un grande e tutti gli isolani, vecchi e nuovi, per questo, dovrebbero farti un monumento ! Certo il Blog va tenuto vivo ed anch’io, modestamente, cercherò di portare qualche mio intervento. L’Isola è sempre nel cuore ed i ricordi affluiscono alla mente. Verrò a trovarti presto nel tuo paradiso di Buccinasco che tu chiami eremo. A presto dunque !
Buon giorno Isolani, voglio precisare che il Blog su cui molto raramente Vi degnate di scrivere non è farina del mio sacco, ma di Fabio Amoroso con firma sulla foto del Parco sempione e Castello Sforzesco,( ne approfitto per un
saluto ! ) Vorrei suggerirvi di considerarne il contenuto storico: UN UOMO SENZA IERI E’ UN UOMO SENZA DOMANI. Essere del Isola è già secondo me un grande privilegio, il sapere il milanese anche e scriverlo ancora meglio, non siamo milanesi per CONVENIENZA. Cambia il tessuto sociale, nascono i grattaceli, nascono i nipoti, ma questo Blog rimane un segno indelebile, nero su bianco, e per questo vi ringrazio. Ciao
Buongiorno a tutti, vi ricordate delle famose crocchette di Piazza Minniti e della rosticceria dei Benelli?
Ora la Sig.ra Benelli, ultranovantenne, che tutti fermano per strada in ricordo delle favolose crocchette di patate ha deciso di essere sempre in auge:
va all’Oratoria del Sacro Volto a raccontare ai bambini come si viveva ai suoi tempi e loro che l’ascoltano con interesse, disegnando poi le cose che più li hanno colpiti. Chapeau Sig,ra Benelli.
Buon giorno Isolani, voglio precisare che il Blog su cui molto raramente Vi degnate di scrivere non è farina del mio sacco, ma di Fabio Amoroso con firma sulla foto del Parco sempione e l’Arco della Pace ( ne approfitto per un
saluto ! ) Vorrei suggerirvi di considerarne il contenuto storico: UN UOMO SENZA IERI E’ UN UOMO SENZA DOMANI. Essere del Isola è già secondo me un grande privilegio, il sapere il milanese anche e scriverlo ancora meglio, non siamo milanesi per CONVENIENZA. Cambia il tessuto sociale, nascono i grattaceli, nascono i nipoti, ma questo Blog rimane un segno indelebile, nero su bianco, e per questo vi ringrazio. Ciao
Buonasera Sergio, grazie per la sua precisazione e ne approfitto anch’io per un caloroso saluto. Sono passato un paio di settimane fa dal suo laboratorio (di ritorno da un giro di lavoro) ma devo aver preso l’orario sbagliato… erano le 19:30 e non ho fatto in tempo ad avvisarla prima. Sarà per un’altra volta.
Un caloroso saluto a tutti.
Fabio
GIOCHI DI CORTILE – VIA P. BORSIERI, 14 ANNI 1950………
Le corse ciclistiche con i tappi delle bibite
Care Isolane ed Isolani ben ritrovati!
Dove eravamo rimasti?
E’ trascorso molto tempo ed i motivi sono molteplici e se possono essere…. giustificati…..
Nel corso della nostra vita è inevitabile affrontare periodi nei quali dobbiamo affrontare situazioni che ci sottraggono alla nostra abituale quotidianità e tutti noi non possiamo che adeguarci.
E se a tutto ciò aggiungiamo anche la quota di incostanza, che mi può appartenere, per acquisizione di altri interessi, il tutto trova la spiegazione.
Detto ciò proseguo con qualche altro ricordo giovanile negli anni trascorsi all’Isola.
Premetto per chi non si ricordasse, che ho vissuto ed abitato in via P. Borsieri n. 14 in una casa cosiddetta di ringhiera.
Le corse ciclistiche mi hanno sempre appassionato sin da molto piccolo.
Ho avuto la fortuna di ascoltare, via radio, le imprese epiche di Bartali e Coppi. Era veramente un ciclismo di altri tempi!
In casa era arrivata la radio inserita in un bel mobile di stile retrò, dotato anche di cotanto giradischi funzionante a puntine in metallo.
Cose appunto di altri tempi.
In occasione di uno dei collegamenti degli arrivi del giro dìItalia, ho ancora nelle orecchie la voce dell’introduzione del radiocronista Mario Ferretti, durante una famosa tappa alpina: “ Un uomo solo al comando, la sua maglia bianco-celeste, il suo nome Fausto Coppi”
Lunghi brividi mi percorsero tutto i corpo. Ovvero quando la passione ci avvolge con emozioni inspiegabili per chi ha sensibilità diverse.
Cosa c’era di meglio allora, di rinverdire le epiche gesta sportive con tentativi di emulazione, se non con i cari tappi delle bibite?
All’epoca i giocattoli non erano alla portata di tutte le famiglie, e noi poveri in canna, (così si dice?) dovevamo provvedere con altri mezzi mettendoci fantasia, genialità e… manualità.
Con il concorso collaborativo di altri amichetti si provvedeva alla bisogna organizzando tutto il necessario per allestire la grande corsa: Il giro d’Italia.
In primo luogo si dovevano formare le squadre con i relativi corridori (chi si ricorda le marche Legnano, Bianchi etc?) ed i mezzi sostitutivi delle biciclette erano stati individuati nei tappi a corona delle bibite.
Si selezionavano quelli non troppo danneggiati dall’asportazione, ed i fondi esterni, verniciati col marchio della bibita, venivano abrasi contro un paletto di ferro per renderli lisci e più scivolosi.
Si toglieva il sughero tondo e lo si ricopriva con cartine colorate, acquistate nei forniti cartolai di via Dal Verme, che richiamavano il logo della squadra ed al centro un rettangolo bianco dove inserivamo i nomi dei corridori che componevano la compagine ciclistica.
Dopo di che occorreva tracciare il percorso, con i gessetti, individuato nel marciapiede asfaltato in cemento che delimitava il cortile interno.
Le tappe in pianura erano posizionate dove il cemento del marciapiede non era molto ammalorato mentre quelle di montagna dove era più sconnesso.
Ed il giro iniziava, stesi a terra, senza riguardo dei pantaloncini e delle camiciole indossati, con il dito medio pronto a scattare il tiro con la gittata più lunga senza uscire dal tracciato.
Vinceva chi terminava tutto il percorso con meno tiri.
Le nostre discussioni erano inevitabili ai quali si aggiungevano quelle delle signore che abitavano al piano terreno per i nostri disturbi pomeridiani.
Oggi invece scorre tutto sul dito di una schermata….ed è già tutto pronto per il divertimento o meglio per il consumo.
La società avanza o arretra?
La risposta ai posteri.
Fulvio
Che piacere leggerti nuovamente caro Fulvio. Come sempre descrivi il nostro passato in modo ammirevole. Ho proprio paura che la società stia facendo un passo indietro. Sono nonna di cinque nipoti dai 9 ai 20 anni e mi sembrano tanti robottini: non si sanno divertire, la lettura è un optional, e di conseguenza il loro lessico è molto ridotto, sono perennemente annoiati! Molto meglio i nostri anni….quando giocavamo con poco, quando tanti giochi ce li inventavamo. Belli i giochi di cortile che ci consentivano di stare in gruppo e giocare nelle sere d’estate fino a tardi, dopo che le mamme si erano sgolate a richiamarci….bisticciavamo ma il giorno dopo eravamo nuovamente amici. Infatti alcune amicizie si sono consolidate nel tempo e proseguono tuttora.
Buona giornata a te e a tutti gli isolani.
Annamaria.
Cara Annamaria ti rimgrazio per il cortese e generoso apprezzamento per il mio modesto contributo rievocativo dei tempi andati nella nostra cara ed amata Isola. Ieri mi sono concesso qualche ora di lettura per recuperare i tuoi contributi molto precisi ed attenti sugli sviluppi sociali. E’ sempre un piacere leggerti e cercherò nel limite del possibile di essere più presente.
Nuovamente ricambio ogni migliore espressione di cordialità a Te ed a tutti gli Isolani.
Annamaria, Sergio, Fulvio ed altri tengono vivo questo blog che profuma di vecchia Isola. Io, come ho scritto tempo fa, mi sono buttato su FB ove, con la possibilità di inserire foto ed altro, le pagine sono più colorite. Io sono presente là con la mia pagina, con “milanesi ottantenni ricordano” e visito e pubblico su ” sei dell’Isola se…”.
Ogni tanto vengo a visitare questo blog quando nella posta in arrivo trovo l’avviso che qualcuno ha postato qualcosa. Allora mi prende quasi il rimorso di avere abbondonato questo gruppo di amici ed allora, oggi, eccomi qua.
I ricordi riaffiorano, rapidi e nitidi, quando qualcuno, come nel caso di Fulvio, rievoca il gioco con i tollini delle bibite. Quanti giri d’Italia ho fatto con quelli, sia sulle piste tracciate con il gesso sui marciapiedi che lungo i cordoli di granito degli stessi. Tra uno spezzone e l’altro dei cordoli c’era un piccolo dislivello e lì la difficoltà di far proseguire il tollino. Bene, tempo fa ho controllato il cordolo di via Dal Verme. Ricordavo ogni giunto con il suo dislivello ! Tutto ancora com’era. Lì il tempo, per me, si è fermato !
Ma un’altro aneddoto vi voglio offrire oggi. Un aneddoto erotico se me lo permettete.
Dunque eravamo nel primissimo dopoguerra, 1945-1946. Quindi ai miei 11, 12 anni. Si giocava a nascondersi. Ricordate? Uno, quello “sotto”, si doveva appoggiare con la testa sul braccio rivolto verso il muro, doveva contare a voce alta sino a trenta mentre gli altri andavano a nascondersi e poi doveva ritrovarli uno per uno entro un certo tempo. Una volta mi ero infilato dentro al n° 1 di via Dal Verme, dietro all’anta del portone di legno che lasciava un certo spazio ristretto con il muro. Subito dopo si era infilata anche una ragazzina che abitava al n° 2 della via, dove anch’io abitavo allora. Non faccio il suo nome, che ricordo però benissimo, per questione di riservatezza perchè la so ancora viva. Lei aveva un anno meno di me. Dietro a questa anta lei mi si era premuta contro, ma stretta, molto stretta. Io che mi facevo già le seghe da un paio d’anni, non ero rimasto insensibile a quel corpicino caldo che mi premeva. Avevo spinto la mano sotto la sua gonnellina, spostato la mutandina ed accarrezzato delicatamente quella che ho sempre considerato la porta del Paradiso. La cosa non poteva essere durata più di qualche minuto. Poi, quello che era “sotto” ci aveva scoperti e tutto era finito li.
Nei giorni seguenti il gioco si era ripetuto, alternato con quello di ” Dame e Cavalieri “, lo ricordate ? Era uno dei pochi giochi in comune con le ragazzine.
In ogni buco in cui io mi andassi a nascondere ecco che si infilava anche quella stessa ragazzina. Ed il rito, che probabilmente le era piaciuto, si ripeteva velocemente.
Tutto normale per qualche tempo sino a che un giorno suo fratello, più grande di me di diversi anni, incontrandomi, senza preavviso, mi mollò uno sganassone che mi fece girare la testa. ” Lascia stare mia sorella !! ” fu la sola cosa che mi disse. Evidentemente la piccolina, ingenua oltre l’immaginabile, aveva raccontato in famiglia le sue avventure con me. Quella era stata la punizione del fratello nei miei riguardi. Ma non mi lamento, dopotutto il ricordo di quegli attimi in cui la punta del mio dito trasmetteva al mio cervello degli impareggiabili, deliziosissimi, impulsi che facevano affluire torrenti di sangue all’interno del punto giusto, non mi ha mai abbandonato nel corso della vita. Ed è stato ora piacevolissimo il riportare alla mente quei momenti. Anche questo è qualcosa che appartiene alla nostra Isola !
Buongiorno a tutti e tanti tanti auguri a Gianni Tedeschi, a Giovanna e a tutti gli isolani che si chiamano come loro.
Annamaria.
Ciao cara Annamaria ti ringrazio degli auguri sei sempre molto cara tanti carisaluti affettuosi Giovanna😊😊😚
Grazieeeeeeeee ! Cara Annamaria ! Sebbene gli onomastici siano oggi quasi in disuso io tengo tanto al mio soprattutto per i ricordi di quelli dell’epoca. In famiglia erano degli avvenimenti da festeggiare con fiori e dolci. Alla nostra Isola il Montalbetti viveva di onomastici e compleanni !!
A proposito di Montalbetti. Il Pietruccio Montalbetti dei Dik Dik, gruppo musicale dei miei anni, a niente a che vedere con la nostra pasticceria? Chi ne sa qualcosa?
il Pietruccio montalbetti dei dik dik non ha niente a che fare con la nostra pasticceria dell’isola ma lo vedevo spesso perché veniva a trovare suo zio che era il portiere della compagnia di assicurazioni in cui ho lavorato in corso italia.Abitava e credo abiti ancora in zona Washington.
Hai ragione Gianni, chi festeggiava il compleanno o l’onomastico alla nostra Isola, passava da Montalbetti….era quasi un rito. A Sant’ Anna mia mamma preparava la zuppa inglese, ma una visitina alla pasticceria suddetta era quasi obbligatoria: pasticcini e cioccolatini accompagnavano queste piccole feste casalinghe. Non si usavano regali particolari, si festeggiava e basta. Era un motivo per ritrovarsi con parenti e amici. Io adoravo e mi piacciono ancora i gladioli e sia per l’onomastico, 26 luglio, che in occasione del compleanno, 16 settembre, mi regalavano quei fiori. Il banco della fioraia di via Borsieri angolo p.le Segrino aveva sempre fiori freschi, niente di particolare, anche i fiori nel nostro quartiere erano semplici come noi.
Buona settimana a tutti. Annamaria.
Buongiorno isolani. Il Luna Park delle vecchie varesine si è sempre chiamato così? Divento vecchiarella e inizio ad avere dei vuoti mentali….non mi pare che i Luna Park in generale si chiamassero così….ciao a tutti.
Annamaria
Quando ero un vispo ragazzino andavo non spesso ma qualche volta alla domenica con mio padre in quello spiazzo. ricordo delle devastazioni della guerra, in fondo alla Confalonieri che attraversato sbucava in via Pola e chiamato da noi ragazzi Magna seconda. Mi diceva mio padre : andiamo alle giostre? . Figuriamoci se dicevo di no. Per noi erano “le giostre”
Le chiamavamo ” I giuster ” tutto lì.
È vero! Andem su i giuster!
Buon fine settimana isolani. Annamaria
Ehilà isolani, spero che il Seveso non abbia inondato il nostro quartiere. Come al solito se ne parla ma chi di competenza non fa nulla…
Annamaria
Questa volta ha fatto qualche danno a Niguarda , qui all’isola nulla di per augurare a tutti un buon sabato sera e una buona domenica
Ciao in questo momento sono in vacanza in Toscana e ne approfitto per fare molte fotografie perché li posto su istangram voglio mandare tanticari saluti affettuosi Giovanna A tutti gli isolani un abbraccio
Grazie mille Giovanna ! Contraccambio …..Io invece ho ancora qualche giorno prima delle sospirate vacanze , nel frattempo dato il caldo mi godo qualche passeggiata serale ….isolana.Un caro saluto a tutti. Claudia
Ho ascoltato “Marina” canzone degli anni 50/60. Ho ripensato all’osteria che c’era di fronte a casa mia in via Ugo Bassi e a tutti i trani dell’Isola. Era bello nelle sere d’estate vedere la gente seduta a sorseggiare un bel bicchierotto di vino…a metà serata cominciavano a cantare “Vola colomba” ….e finivano con “Marina”….ma all’Isola erano simpatici anche i ciuch!
Buona calda estate a tutti!
Annamaria
Caldo, molto caldo in questi giorni a Milano. Come non ricordare le calde Estati dell’Isola. Nelle case di ringhiera, come quella dove io sono nato, in via J. dal Verme 4, la vita era dura per tutti. In due locali, con la vaschetta dell’acqua sulla ringhiera, il cesso alla turca in fondo. Erano 24 ore al giorno di inferno in terra.
Da impegnare, per poter scappare un pò di giorni in campagna, da dove i più provenivano, non era rimasto niente, oltre ai materassi, dopo che le fedi d’oro erano state date alla Patria, appena il Duce le aveva richieste. E tutti le avevano date, che nella Patria ancora si credeva, Chi racconta che i suoi non le avevano date, mente o riferiscec una menzogna ! Comunque da impegnare c’erano i materassi che, se di lana, il Monte accettava ancora. Io li ho visti, con il m,aterasso arrotolato in spalla, andare al Monte, senza alcuna vergogna ! Poi, al ritorno, occorreva attendere il sabato per ricevere la paga ed andare a spegnarli ! Ecco, queste erano le calde estati di allora ! Nessun frigorifero, nessun ventilatore !! Dal 1940 mia mamma comprò la latteria di via dal Verme 2 e riceveva due spanne di ghiaccio al giorno da mettere nella ghiacciaia del negozio. Tutti venivano ad acquistarne un pezzetto oppure una tazzina di ghiaccio tritato. Era un immenso sollievo condirlo con un pò di limone od un sorso di vino. Il burro, quel pezzettino che si possedeva, tesserato dal ’40, lo si teneva sotto il filo dell’acqua del rubinetto, ma solo chi aveva la fortuna di avere l’acqua in casa, non certo quelli in ringhiera. Ecco, ora che vi ho ricordato un pò della vita di allora, rallegratevi di come ci possiamo difendere oggi dalla calura !!
Ricordo ancora la ghiacciaia rossa. Mamma comperava dal lattaio di fronte casa il ghiaccio e poi riponeva il burro e altre poche vivande. Poche perché, pur non mancando niente, non si usava fare le scorte. La spesa si faceva giornalmente nei negozi dell’isola: burro e latte nella latteria di via Pollaiolo, pane da Meregaglia in via Ugo Bassi, la carne in una macelleria di via Garigliano dove le fettine venivano avvolte in una carta gialla. I vari fundeghee erano fornitissimi, non si usavano ancora i supermercati. Alla fine degli anni ’50 in via Trau dov’è adesso c’è una banca, aprirono un piccolissimo super, credo della Standa. Fu per il rione una piccola rivoluzione e gli abitanti si divisero: chi voleva dipendere ancora dai singoli negozi convinti di essere meglio serviti e chi credeva nelle innovazioni e voleva sperimentare. Il negozio di alimentari che più mi attirava era una salumeria in via Borsieri, quasi p.le Segrino. Pur adorando cucinare non sono mai stata ghiotta, ma mi piacevano i prosciutti esposti, le affettatrici quasi sempre rosse, i salami che penzolavano dal soffitto. Ma più di tutto i grossi tini di legno contenenti la mostarda. Quello più piccolo conteneva le ciliegie pizzicanti. Mi pare di sentire ancora in bocca il sapore e il pizzicore che si arrampicava su per il naso. E il gorgonzola! Sarò rustica ma, ragazzi, cosa c’è di meglio di una fetta di pane spalmato di zola gocciolante, puzzerà…ma per me era ed è profumo!
Non si usavano le sportine di plastica e gli acquisti venivano riposti in borse usate solo per la spesa quotidiana, le cosiddette “cavagne”. Correggetemi se sbaglio. Mi piaceva il mercato del martedì e del sabato. C’era veramente convenienza ed era tutto molto pittoresco. In questo periodo bisognava andare a fare la spesa la mattina presto per trovare frutta e verdura fresca, con il caldo sfioriva subito.
Poi arrivarono i frigoriferi! Belli, lucenti, con la maniglia come quella di un’auto e rigorosamente con la chiave! Non usavano ancora le cellette freezer, ma sono stati senz’altro una grande innovazione, anche se prima che le nostre mamme si abituassero all’idea che gli alimenti non si guastavano subito ci volle tempo.
Un altro oggetto che colpiva la mia fantasia nei negozi alimentari di quegli anni era il “ventilatore” a soffitto. Pendeva a mo’ di lampadario, non era altro che un’asta terminante in una barra dove vi erano appesi dei nastri colorati. Oscillava avanti e indietro creando un leggero spostamento d’aria e dava l’illusione di un po’ di fresco, nonché l’allontanamento di eventuali mosche.. All’ingresso dei negozi vi era quasi sempre una tenda composta da strisce di plastica colorate, quando si entrava nel negozio creavano una specie di tintinnio. I negozi più chic disponevano di tende colorate esterne che effettivamente riparavano dalla calura.
Dalle mosche e simili ci si difendeva utilizzando in cucina dei mobiletti con le antine in reticella metallica, questo per consentire il passaggio dell’aria. Le vivande rimanevano così protette. Si appendevano poi al lampadario delle strisce intrise di non so cosa, le mosche ne erano attirate e rimanevano incollate. Era uno spettacolo disgustoso ma risolutivo.
Grande Annamaria che ha riportato alla memoria, facendole rivivere, tante cose della vita quotidiana di allora. Quanti confort in più ci offre ora la vita ma chi non darebbe un occhio, si fa per dire, per non ritornare a quei tempi con l’età di allora, naturalmente. Tanto per raccontare, il Ferragosto del 1946 è stato il più felice della mia vita. Mia mamma che aveva la latteria di via dal verme 2 e che4 era sempre aperta dal Lunedì alla Domenica, sino a mezzanotte, d’Estate e alle 22.00 d’Inverno, quel 15. Agosto ’46 aveva tirato giù la sarinesca alle 19. Mio padre aveva una bici carro-armato con un grosso portapacchi dietro e li ci si era accomodata mia mamma seduta di traverso. Io, con uguale bicicletta, ferrovecchio degli anni ’20, con grosso portapacchi dietro, avevo caricato una cassetta che mia mamma aveva preparato nel pomeriggio : Panini, uova sode, pollo fritto, prosciutto, melone ed un paio di bottiglie di spuma Nesossi fresca. Pedalando assieme avevamo percorso tutta la via Murat, attraversato Niguarda e via, su quella provinciale che allora era tutta fiancheggiata da campagne e prati. Superata Nova Milanese avevamo svoltato in un sentiero campestre che costeggiava un fosso dio acqua limpida. Mia mamma aveva disteso una coperta ed una tovaglia e li avevamo iniziato a festeggiare il nostro Ferragosto ’46 ! Nella vita ho vissuto quella giornata del 15 nei posti più disparati, alcuni superlussuosi con ristoranti da Guide Michelin, eppure quelle uova sode, quel pollo fritto, quel melone del ’46 ha, nel mio cuore, il posto d’onore !
Buon ferragosto a tutti gli isolani.
Annamaria
Calendario. Giovedi 06 Settembre sul emittente Milanow canale 191, dalle ore 10,45 alle 11,30 Sergio Codazzi & Angelo Truffi vi itratterranno sul argomento:
PERSONAGGI CHE HANNO LASCIATO UN SEGNO nel Glorioso cuartiere Isola di Milano e canzoni meneghine.
Sabato 08 Settembre Sagra al castello di Buccinasco, con processione dalla Chiesetta di Santa Maria Bambina,si prosegue con risotata e salamelle alla griglia, torte casalinghe, musica anni 70 e non solo, per finire il Gigi de la Gnaccia con Desset. Vi aspettiamo. Sarebbe gradita un cenno della Vostra presenza. Grazie
Sabato 22 Sagra di Gudo Gambaredo. La mia presenza con un Gazzebo è quella di presentare a Voi con i vostri bambini la tecnologia della pittura de Termorilievo.
Se volete esserci, con piacere, ci sarete Grazie Distinti saluti
Niente da fare ragazzi, questo blog è proprio defunto! Buona giornata a tutti.
Annamaria.
Auguri di un felice Natale a tutti gli isolani. Annamaria
Contraccambio sentitamente
Paolo. L.
Un saluto agli amici della Gloriosa Isola, di un 365 giorni con lo stesso spirito che è dentro di noi . Sergio Codazzi con il rimpianto di non sentire più nessuno.
GRAZIE A TUTTI COMUNQUE.
Tanti cari saluti a te Sergio Codazzi e a tutti gli isolani rileggo spesso tutti i vostri racconti con piacere vi vorrei vedere anche su Instangram ma non vi trovo tanti cari saluti affettuosi Annamaria Laronga che con i suoi racconti mi ha fatto rivivere i tempi passati così come ringrazio tutti gli isolani ciao Giovanna😊😊😊
Ciao Giovanna, che piacere leggerti! Ero un po’ preoccupata perché è da tanto tempo che non ti sentivo, l’importante è che tu e tutti gli amici isolani stiate bene. Non sono su Instagram e nemmeno su Facebook…sono però sempre in contatto con Lucia Beduzzi, Claudia Vailati e Luisa Buonvino, ma gli altri isolani si sono mooooolto impigriti. Chissà che dopo questa ondata di freddo si riesca a combinare per un cafferino al nostro amato quartiere…un caro saluto e un forte abbraccio.
Annamaria
Il cafferino, ve lo offro io e non solo…se Voi riuscite a mettervi d’accordo:
Annamaria Laronga,Lucia Beduzzi,Claudia Vailati,Luisa Buonvino,Giovanna Lampidecchia…..e tutti coloro che ne avrebbero piacere.
L’appuntamento è per il 28 Febbraio 2019 alle ore 16, presso l’edicola più che centenaria di P.zza Minniti. Ci conto, fatemi sapere ,Grazie.
Sergio Codazzi 3381273742.
Ma l’edicola non c’è più da almeno tre anni!. Meglio dire doce c’era l’edicola.
Se si fa vedere anche Lei Sig.ra Benelli è la ben venuta Grazie.
Buongiorno a tutti. Purtroppo signor Codazzi non posso aderire al suo invito. Sono di turno come nonna….grazie lo stesso e a risentirci.
Annamaria
Buongiorno a tutti. Chi mi sa dire cos’e’ o meglio cos’era, perché i milanesi sono spariti, il ” nundeche’ ” ? Grazie.
Gent. Annamaria, non conosco la parola “nundeche” ma mondeghiglie che si pronuncia “mundeghili cioè polpetta. Non ti hanno per caso commesso un errore nel riportarti la parola nundeche? Salutoni Paolo
Ciao, magari è fundeghè che se non sbaglio è il droghiere
Grazia Gandelli
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Non sbagli,non sbagli il Fondeghee che si pronuncia fundeghe è proprio il droghiere.
Grazie Paolo, in effetti c’è un errore di trascrizione: “nundeghe'” con la “g”. Non riesco a collegarlo a niente…un caro saluto. Annamaria
Buona sera a tutti. Sto guardando la trasmissione “sota el ciel de Lumbardia” ospite Sergio Codazzi che illustra molto bene il nostro vecchio quartiere. Ho solo una perplessità riguardo al vecchio n. 9 di via De Castilia. Secondo me al suo posto non c’è l’attuale grattacielo Unicredit ma il bosco verticale. Unicredit non è in p.zza Game Aulenti?
Buona sera a tutti !
Rispondo ad Annamaria , si c’è uno dei due palazzi del bosco verticale . Il grattacielo Unicredit è nell’attuale Piazza Gae Aulenti.
Claudia
Hai ragione cara Annamaria al posto del n 9 c’è il bosco verticale mi ricordo molto bene perché al n 9 c’era una panetteria dove ho conosciuto mio marito .Cara Annamaria colgo l’occasione per salutarti e spero tu stia bene .adesso io sono su Istangram ma ogni tanto mi viene la nostalgia di risentire i vostri racconti .un saluto a tutti gli isolani un bacio A TE GIOVANNA😊😊😊❤
Ciao Giovanna, è un piacere risentirti, contraccambio i saluti di cuore e un forte abbraccio. Annamaria
Buonasera isolani, qualcuno mi sa dire perché la “cassoeula”, stupendo piatto della cucina lombarda, di chiama così? Grazie
Buonasera,Annamaria. Se può essere utile ti dico la mia versione:
Abbiamo avuto 172 anni di dominio spagnolo…..Cassoeula deriva dal recipiente
grande casseruola. Però questo piatto esisteva già ai tempi di Belloveso Condottiero Celtico ed era chiamata Pusciandra. Distinti saluti. Sergio
Grazie mille Sergio e ….sempre sulla breccia!
Grazie mille Sergio e….sempre sulla breccia!
Buonasera, “vecchi isolani”, qualcuno di voi ha conosciuto una famiglia/ coppia di cognome Tunisi che viveva in piazza Minniti 6 circa 30/40 anni fa? La vorrei rintracciare. Grazie a chi mi fornirà notizie utili.
Auguri di Buon Natale a tutti gli Isolani!
Annamaria.
Cara Annamaria anche se in ritardo ti faccio tanti auguri di Buon Anno a te e alla tua famiglia con tutto il cuore 😋😋😍😍
Giovanna
Bizzarro! Io milanese dell’Isola, ma di origini pugliesi e marchigiane,ho sempre accolto con il cuore in mano le famiglie meridionali immigrate al nord in cerca di lavoro. Oggi però non posso andare a trascorrere le vacanze al sud, dove porto soldi e non cerco lavoro,perché mi rifiutano. Bizzarro, non mi sono mai chiesta se chi arrivava era sano o meno….ma Milan l’e propri la barca dei coglioni….
Ciao a tutti, il ponticello pedonale che da C.so Como, passando sopra i binari ferroviari, portava in Via Borsieri,
è stato demolito in due tempi, la prima parte all’ inizio del 1958 per fare spazio al sottopasso provvisorio, con relativa costruzione di una scala laterale per accedere al troncone rimasto.
Io stesso troncone, che scendeva in Via Borsieri, fu invece demolito nel 1962 per permettere la costruzione della Stazione Porta Garibaldi
Rispondo a Giorgio Ferrari.
Spero questo blog sia ancora vivo. Ho tentato più volte di tenerlo acceso….ma pare nessuno abbia più niente da dire. Io comunque sono disponibile. Un caro saluto a tutti gli amici isolani.
Annamaria Laronga
Ed eccoci a NATALE !! Voglio, per questa via, fare giungere a tutti gli Isolani i migliori AUGURI di Natale e di ANNO NUOVO !!!
Mi unisco a Giovanni Tedeschi e invio a tutti gli Isolani tantissimi auguri di buon Natale e soprattutto di un nuovo anno ricco di salute.
Annamaria Laronga
Mi unisco a Giovanni Tedeschi e invio a tutti gli amici Isolani i più cari auguri di buon Natale e di un nuovo anno ricco di salute.
Annamaria Laronga
Saluto volentieri Tutti i conoscenti Isolani di questa pagina che malgrado i miei appelli di rimpatriata per tenere viva la fiammella di appartenere alla Generazione più bella mai esistita nei secoli passati come quella degli ISOLANI DOC come Giovanni Tedeschi, Annamaria Laronga e tutti gli altri partecipanti di questo Blog come i papiri egizi la nostra Storia di quartiere non morirà mai.
IN QUESTO MOMENTO TRAGICO di COVID è ANCORA PIU DIFFICILE COMUNICARE SENZA AVERE CONTATTI UMANI..
Un Abraccio a Tutti Voi, Grazie.
Rispondo a Codazzi anche se non sono stata citata nel tuo discorso mi ritengo anch’io un isolana doc .ti mando tanti saluti e un abbraccio a tutti gli isolani .ciao 😊
Buonasera signor Codazzi, ha ragione, siamo una parte fondamentale della nostra Isola, e sarebbe bello non essere dimenticati dalle nuove generazioni.
Speriamo finisca presto questa terribile situazione, potremo così incontrarci nuovamente da Tomaso.
Un abbraccio a tutti gli amici isolani.
Annamaria Laronga
Cara Giovanna nel mio film virtuale nel soffitto della mia camera ci sei soprattutto tu come ti ho conosciuta e mi piace ricordarti perche non posso fare altro. Se avessi un altra vita forse cambierei qualcosa . grazie per il ricordo ,Ciao e buon proseguimento.
UN SALUTO A TUTTI DA GIORGIO UGGERI
Caro Sergio Codazzi ti ringrazio per le belle parole che hai scritto e mi fa molto piacere parlare con te con Annamaria Laronga e tutti voi con affetto Giovanna 😊
Cara Giovanna è un piacere sentire tutti voi isolani. Purtroppo questo blog agonizza, speriamo non abbia preso il Covid! Non appena finirà questo incubo organizzeremo qualcosa per incontrarci. Un abbraccio a tutti e a te in particolare.
Annamaria
Grazie Annamaria dei saluti speriamo che questo incubo del virus sparisca al più presto possibile cari saluti Giovanna 😊😘
Cari isolani spero che stiate tutti bene e vorrei salutare Sergio Codazzi e Annamaria Laronga sperando di rivedervi presto tutti assieme .con affetto Giovanna
Ciao Giorgio Uggeri , ti ritrovo questa sera dopo tanto tempo. non sono un telematico ,forse è per questo che non ti ho mai trovato.
Se ritieni che possiamo scambiarci un saluto telefonico,” Prima che vegna nòt ”
questo è il mio N° 338 12 73742. CIAO. Grazie.
Una notizia triste. Mi spiace dover dire che il signor Giovanni Tedeschi ci ha lasciato il 18 marzo. Per molto tempo è stato attivo nel forum dell’Isola dove era nato e cresciuto.
È veramente una triste notizia. Ricordo i racconti di Gianni legati all’Isola, spiegati con precisione e piacevoli da leggere. Resterà nei ricordi di noi isolani con affetto e rimpianto.
Annamaria Laronga
Ho saputo della triste notizia della morte di Giovanni Tedeschi mi dispiace moltissimo lui è stato testimone di tanti racconti interessanti che riguardavano la nostra cara Isola il nostro quartiere mando le condoglianze a tutti i suoi parenti Da parte mia Giovanna ♥️♥️♥️♥️
Mi dispiace davvero tanto ! Era sempre gradevole leggere i suoi aneddoti legati all’Isola,sono certa che Gianni rimarrà nel cuore di noi tutti. Un sincero abbraccio a tutti i suoi cari . Claudia.
Caro Tedeschi,tiho sempre chiamato con il cognome, era una consuetudine di Noi dell’Isola,ho con un soppranome. Pochi lo sanno ma per Noi intimi eri:
” El NARCS de l’isola ( Il narciso dell’Isola ). Hai saputo raccontare la tua esistenza senza raccontare frottole perchè io ti sono testimone per una vita parallela. da Don Eugenio BUSSA a Ezio Barbieri,a Giovanni Borghi a tutta la meravigliosa nostra generazione.
la più bella che sia mai esistita nei secoli passati ( Forse anche futuri).cercherò anche a tuo nome di tenere alto l’amicizia il valore degli Isolani.
E’ TUTTO SCRITTO IN UN ARD DISCK PER I POSTERI.
CIAO TEDESCHI, SE VEDOMM.
Buonasera a tutti, qualcuno sà dirmi quando la Piazza Minniti ha preso quel nome? Grazie. Massimo
No mi dispiace – Ho sempre sentito questa denominazione. Un caro saluto a tutti ! Claudia
Tito Minniti morì nel 1935, quindi la intitolazione sarà successiva. E come si chiamava prima la piazza? Grazie, Massimo.
Non so esattamente in che anno ma suppongo sia stata intitolata a Minniti tra il 1935 e il 1940. Prima credo proprio che lo slargo non avesse nessun nome.
rispondo un po’in ritardo poichè vedo solo ora la discussione su piazza Minniti.Prima della guerra tutte le case di Minniti erano classificate come via Borsieri,infatti io che abitavo in Minniti al 6 ricordo che sia mio papà che mia Nonna dicevano che era ex Borsieri 20
Prima della guerra tutte le case di Piazza Minniti erano classificate come via Borsieri,infatti ricordo che io che abitavo in Minniti al 6 era ex Borsieri 20.Scusate il ritardo nella risposta ma mi sono accorto solo ora della discussione poichè è da tempo che non guardavo.
Sono nato il 18 agosto 1938 e dopo aver perso la casa bombardata dagli inglesi, fui sfollato a Robecco d’Oglio fino al 1946. Tornai a Milano in via Confalonieri 36 e, grazie a Don Eugenio andai in colonia, prima alla Montanina di Branzi, poi al Gavia. Don Eugenio è stato un amico, un padre e un grandissimo sacerdote.