Superata villa Albrighi, si incontrano tre ville costruite probabilmente agli inizi del’900. il Il 19 settembre 1988, una di queste ville fu il teatro di uno dei più efferati sequestri a scopo di estorsione della storia, la vicenda occupò per settimane le prime pagine dei giornali sino alla sua tragica conclusione.
Tutte le ville sulla Martesana avevano una entrata pedonale in via Amalfi lungo la Martesana ed un passo carrabile sulla retrostante via S. Mamete.
Gianfranco Trezzi fu rapito in via S.Mamete; la sua macchina, una Golf bianca, fu bloccata sul passo carraio mentre usciva dalla villa per raggiungere la sua fabbrica di prodotti siderurgici, a Vimodrone.
L’industriale fu ucciso quasi subito dopo il rapimento, il suo corpo fu tagliato in 72 pezzi e sepolto nel giardino di una villa in provincia di Pavia. I sequestratori che furono in seguito catturati e condannati, anche dopo l’omicidio, continuarono a chiedere il riscatto di 5 miliardi alla famiglia.
Villa Petrovic
Subito dopo, al civico 27 di via Amalfi si incontra villa Petrovic che si presenta come una villa neoclassica di notevoli dimensioni, ha una pianta quadrata con un cortile interno ed una facciata ottocentesca lungo la Martesana.
Una caratteristica di villa Petrovic è la torretta in stile neogotico che la sormonta. La torretta è stata sicuramente aggiunta in una fase successiva alla costruzione, infatti nel quadro dell’Aspari (1790) non è presente ed è stata in seguito rimaneggiata, nelle immagini di inizio ‘900 risulta essere ben più alta di come la possiamo osservare oggi.
La villa viene spesso chiamata dai vecchi crescenzaghesi anche “collegio Tronconi” perché per un certo periodo e sino ai primi anni del dopoguerra era stata la sede di un collegio per ragazze destinate a diventare maestre d’asilo.
Villa De Ponti
Villa De Ponti, in via San Mamete 42, è una tra le ville più antiche della riviera di Crescenzago, anche lei immortalata nel quadro dell’Aspari, rimane tuttora un buon esempio di architettura barocca, con pianta ad U e due ingressi simmetrici.
Inizialmente fu di proprietà della chiesa e fu utilizzata come luogo di villeggiatura dalla curia ambrosiana.
Nel corso dei secoli furono parecchie le famiglie che si avvicendarono nella proprietà della villa. Alla fine del XVII secolo fu acquistata dalla famiglia Monti, verso la fine del XVIII secolo passò al conte Sormani, nella prima metà del XIX si avvicendarono la famiglia Pavia e la famiglia Valerio, quindi nel 1865 fu acquistata dalla famiglia De Ponti, negli anni ’80 la proprietà è stata frazionata.
Il complesso subì una profonda modifica quando Luigi De Ponti, industriale tessile, costruì una filanda sul lato ovest che fino ad allora era occupato da un bel giardino all’italiana. Lungo via Amalfi venne costruito un lungo caseggiato per le maestranze impiegate nella filanda.
Per un certo periodo, nella seconda metà dell’ottocento la filanda, attraverso una ruota, sfruttava la forza idraulica della corrente del Naviglio per muovere i macchinari.
Alcuni componenti della famiglia De Ponti furono figure di rilievo, molto conosciute a Crescenzago. Si potrebbe citare Luigi de Ponti, che nella seconda metà del XIX secolo fu sindaco di Crescenzago per parecchi anni o la figlia Luigina De Ponti, morta nella villa sulla Martesana nel 1982 a 101 anni che fu la prima donna della provincia a conseguire la patente di guida.
Villa Pino
Villa Pino (chiamata anche villa Brasca) è la villa più a monte della riviera ed il suo grande parco un tempo occupava tutti i terreni dove la Martesana curva, di fronte alla frazione “Tre Case”.
E’ una villa in stile neoclassico che prende il nome dal generale napoleonico Domenico Pino che la edificò nel XVIII secolo, nel 1958 fu acquistata dalla famiglia Brasca che provvide al restauro della facciata.
La villa in origine era dotata di un approdo per le imbarcazioni, la facciata è caratterizzata da un corpo semicilindrico centrale sporgente, con 2 rampe di scale simmetriche.
Domenico Pino, milanese, fu un personaggio eclettico e dalla vita avventurosa. Tra i militari italiani che combatterono con Napoleone fu quello che raggiunse le massime onorificenze, nel 1804 coronò la sua scalata politico-militare diventando ministro della guerra del Regno d’Italia e ricoprì questo incarico sino al 1806, Napoleone lo nominò conte del Regno d’Italia nel 1809, grand’ufficiale della Legion d’Onore e conte dell’impero francese nel 1810.
Il generale Pino possedeva un palazzo a Milano in via Piatti 49 ed oltre alla villa di Crescenzago, furono numerose le dimore a lui riconducibili in Lombardia e quella più prestigiosa fu sicuramente villa d’Este a Cernobbio, si fece costruire una villa anche a Cimiano, tra le vie Monteggia e Pusiano.
Le ville, frequentate da persone altolocate, molto diverse dalla gente del borgo e circondate da giardini con impenetrabili siepi generarono inevitabilmente qualche chiacchera maligna tra i crescenzaghesi.
In passato in paese si mormoravava di un piccolo commerciante che era entrato in possesso di una villa sulla Martesana come risarcimento in quanto figlio illegittimo, mai riconosciuto, di un nobile della zona e si favoleggiava addirittura di una villa che sarebbe stata data in regalo da Vittorio Emanuele ad una sua amante.
Naturalmente è ormai impossibile sapere la verità, quello che è certo è che passeggiando sulla ciclabile della Martesana possiamo ancora osservare queste belle dimore del passato ricche di storia.
Dettagli sulla vita di alcuni personaggi che hanno abitato queste ville (Enrico Mangili, Luigi e Gina De Ponti, il gen. Pino) possono essere consultati nel capitolo “Crescenzaghesi illustri” del mio sito www.lagobba.it
Pare che in epoca medievale sul sedime della villa vi fosse una casa maschile di laici dell‘Ordine dei Frati Umiliati che vivevano in comunità dedicandosi alle preghiere e alla lavorazione della lana, di cui erano specialisti. Studi condotti su documenti dell‘età sforzesca hanno stabilito che già a quel tempo non vi era più la presenza dell‘ordine religioso sopra ricordato e che l‘edificio apparteneva alla famiglia Seregni, che ne rimase proprietaria fino al 1635, quando Isabella Seregni, l‘ultima erede, sposata ma senza figli, trasmise la proprietà al cugino Ludovico Moneta che, a sua volta, restato celibe, lasciò in eredità un terzo dei suoi beni (i suoi possedimenti inzaghesi) al nipote Gerolamo Vitali. Alla fine del XVII secolo i Vitali intrapresero imponenti lavori di ristrutturazione prolungando l‘edificio originario lungo la strada con un nuovo corpo parallelo al naviglio; fu costruito un oratorio dove furono conservate le reliquie di San Carlo tra cui la Sindone di Inzago. La villa originaria aveva un piccolo giardino in fregio al naviglio la cui espansione avvenne a ponente della strada, ora via Marchesi, collegando i due giardini mediante una galleria sotto il ponte del naviglio. La villa è stata di proprietà della famiglia Vitali e della sua discendenza per via femminile (Savoldini e Aitelli) fino al 2006.