Il 1906 è stato per Milano un anno importante. E’ stato l’anno della famosa Esposizione Internazionale di Milano e fu anche l’anno dell’inaugurazione del Traforo del Sempione, nome che deriva dal piccolo paese svizzero vicino al passo, Simplon.
Fu anche l’anno in cui corso Loreto modificò il suo toponimo in corso Buenos Aires, una scelta difficile, ma quasi obbligata e certamente malvista dai cittadini. Ma il sindaco Ettore Ponti doveva promuovere Milano come città internazionale, capitale economica e industriale di un’Italia pronta ad affrontare le sfide del secolo appena iniziato.
Ma perché intitolare alla capitale argentina un corso così importante per Milano e la sua gente, sopprimendo un toponimo così caro a tutti? Non solo il corso, ma anche piazzale Lima e piazzale Argentina, insomma quasi un monopolio sudamericano…
Fu una scelta molto diplomatica. All’esposizione internazionale aderirono ovviamente sia il Perù che l’Argentina (anzi, furono tra le prime), molto legate all’Italia sicuramente a seguito della massiccia emigrazione che nei 25 anni precedenti aveva “spostato” oltre cinque milioni di italiani nei paesi sudamericani.
Quale era invece l’origine del nome “Loreto”? Perché quel corso di un chilometro e mezzo si chiamava così?
Porta Venezia, che in precedenza aveva il nome di Porta Orientale, ha rappresentato per parecchio tempo il limite cittadino, tanto è vero che il Lazzaretto fu costruito fuori dalle mura per evidenti motivi igienici e di decoro.
Proseguendo verso l’estrema periferia (via Vallazze…) sullo stradone per Venezia, si incontrava una chiesetta con annesso un monastero; era intitolata a Santa Maria di Loreto, protettrice degli aviatori, e fu eretta nella prima metà del XVI secolo al posto di una più antica cappella dedicata a Sant’Ambrogino.
Le ridotte dimensioni ne richiesero l’ampliamento che fu commissionato al già conosciuto Francesco Maria Richini (la colonna del Verziere…) da parte dell’allora cardinale Federico Borromeo. Anche il monastero fu ampliato due volte nel XVII secolo.
Purtroppo, come spesso accade, chiesa e monastero furono soppressi e trasformati in abitazioni civili (alla fine del XVIII secolo) per poi sparire completamente a seguito di demolizioni, che all’inizio del secolo scorso cancellarono anche le ultime tracce della chiesa (1914).
Un celebre dipinto di Giuseppe Canella raffigura lo stradone di Loreto nel 1835, dove si notano chiaramente elementi che ne permettono la corretta collocazione, e cioè proprio all’inizio del corso, nell’attuale piazzale Guglielmo Oberdan.
Si identifica infatti chiaramente il Lazzaretto sulla sinistra e la via Lazzaro Spallanzani con abbastanza visibile la chiesa di Santa Francesca Romana, tuttora presente. Certo che poter ammirare corso Buenos Aires (pardon, corso Loreto) con quegli alberi dal fusto così alto rappresenta veramente uno spettacolo unico.
Ma anche piazza Lima era molto diversa “qualche” anno fa. Giudicate voi.
Si fa quasi fatica a riconoscere il luogo, vero? Eppure è lo stesso tratto dove oggi – e in particolar modo sotto le feste di Natale… – si riversano decine di migliaia di persone che camminano frettolosamente sui marciapiedi con borse e pacchetti… per non parlare ovviamente della sede stradale, impraticabile soprattutto in caso di pioggia.
Ovviamente anche piazzale Loreto (che è riuscito a mantenere il toponimo, nonostante abbia “rischiato” per ben due volte…) ha subìto trasformazioni, oserei dire, radicali che l’hanno “promosso” (si fa per dire!!!) da piazzetta periferica a centro nodale della viabilità della Milano Nord-Est, trovandosi oltretutto proprio sui viali della circonvallazione delle Regioni.
Il viale che si apre oltre piazzale Loreto è viale Monza, per chi non l’avesse riconosciuto…
Subito dopo la fucilazione dei quindici ostaggi da parte dei nazisti in piazzale Loreto, il toponimo fu cambiato – ma ebbe vita breve – in piazzale Quindici Martiri ma il volere popolare fece ripristinare il nome originale.
Successivamente, e si tratta di pochissimi anni fa, si tentò nuovamente di modificare il toponimo questa volta in piazza Concordia (mi pare che fosse una proposta di Stefano Zecchi, assessore alla cultura durante il mandato di Gabriele Albertini) ma anche questa volta il nome “Loreto” rimane a memoria dei due brutali episodi legati alla guerra: quello appena ricordato delle quindici vittime del nazisti e quello, non meno barbaro, dell’esposizione dei corpi – già senza vita da oltre un giorno – di Benito Mussolini, Claretta Petacci e altri gerarchi fascisti, appesi per i piedi presso l’ormai famoso distributore.
Per chi volesse vedere la fotografia dell’episodio – che ricordo essere molto “forte” e quindi non pubblico su questo blog – riporto il link dove può essere osservata in tutta la sua crudezza.
Corso Loreto è legato inoltre ad un altro simbolo della Milano che non esiste più: il Lazzaretto. Un luogo nato per la cura degli appestati e diventato col tempo una maglia di fitte abitazioni e di piccole strade a separarle, tanto è vero che oggi la maggior parte di esse sono a senso unico.
Nel 1881 l’area del Lazzaretto venne venduta ad una banca per una somma di poco inferiore ai due milioni di lire. In quegli anni il complesso era già attraversato a metà, e per tutta la sua lunghezza, dal viadotto ferroviario (oggi viale Tunisia) che – già si sapeva – avrebbe avuto vita breve.
Nel 1906 (ancora il 1906…) avvenne la posa della prima pietra della nuova Stazione Centrale che, sebbene fu terminata solo 25 anni dopo, ebbe l’effetto di far apprezzare notevolmente l’area che sarebbe stata “liberata” dal rilevato ferroviario presente fino a piazzale Susa.
Demolito il Lazzaretto (la foto qui sopra è del 1906) e smantellato viadotto, ponti e rilevati ferroviari, l’area di corso Buenos Aires iniziò una metamorfosi – che l’ha portata alla configurazione attuale – che ha raggiunto il suo culmine quando all’inizio degli anni ’60 (storia recente, quindi) la metropolitana ha sostituito tutte le linee tranviarie che affollavano il corso.
Ma gli alberi in Buenos Aires erano proprio belli…
Sì gli alberi in Buenos Aires erano proprio molto belli!
Ciao
Caspita ragazzi le foto che riuscite a trovare, ed alcune per me totalmente inedite, meritano davvero!! Mi è capitato di recente di passare nei paraggi e di vedere i resti del lazzaretto occupati dalla chiesa russo ortodossa di Milano… la tentazione di entrare a visitare il luogo di culto è forte anche per la curiosità di vedere gli interni, sicuramente riportanti le tracce delle cellette in cui si divideva l’interno del quadrilatero…..
Colgo l’occasione per apprezzare anche la vostra citazione al paese di Simplon sull’omonimo passo, luogo da cui ho il piacere di passare spesso per visitare il bel cantone svizzero del vallese (visitate il passo e se avete tempo fermatevi nell’ospizio nuovo, d’epoca napoleonica, gestito da un ordine religioso…vale la pena)… Mi piace pensare che se ci si posiziona al di sotto dell’arco della pace dando lo sguardo verso il passo del Sempione, idealmente si diparte dagli occhi una linea che giunge sino all’arc du triomphe nella place de l’etoile di Parigi…..
Tra l’altro – sempre a proposito del Simplon Pass – va ricordata l’enorme statua dell’Aquila della Libertà, opera dello scultore Erwin Baumann che risale al 1944. Da vedere, anzi se ci passate la vedrete sicuramente… perché è alta circa 10 metri (35 piedi).
salve vecchiamilano! che articolo meraviglioso! io stavo cercando di ricordarmi il nome di una drogheria sul corso vicina a via piccinni e piazzale argentina. avra’ chiuso negli anni 80
Un articolo davvero interessante che aiuta a comprendere meglio la nostra città negli ultimi 100 anni. Il mio primo ricordo risale al 1959 in occasione della prima comunione e al relativo abito per la cerimonia acquistato in uno dei primi “store” all’Onestà. Per me che arrivavo dalla periferia (Carugate) già di per sé era una avventura. Negli anni poi ho avuto la possibilità di vivere questa arteria, specie le decine di librerie, e l’infinita di negozi tra i quali ricordi Ingegnoli per l’ortofrutticoltura, Viel per i suoi frullati, ma soprattutto le innumerevoli librerie dove potevi acquistare libri a poco prezzo. Amo questa città