La peste è stata nei secoli scorsi un flagello non indifferente, e Milano purtroppo ne fu colpita più volte, come del resto moltissime altre città di tutta Europa.
Anche se quella maggiormente ricordata come evento fu quella del 1630 in quanto Alessandro Manzoni la richiamò sia nel romanzo “I promessi sposi” che nel saggio “La colonna infame”, Milano né subì una altrettanto violenta pochi anni prima, nel 1576/77.
La storia della Colonna Infame tratta del processo sommario e della condanna di morte inflitta al barbiere Gian Giacomo Mora in quanto accusato di aver diffuso con sostanze “misteriose” il contagio della peste. Questo episodio, reale, doveva far parte del romanzo “I promessi sposi”, ma Manzoni preferì isolarlo dal contesto del romanzo e pubblicarlo separatamente come saggio.
L’uso delle colonne, soprattutto quelle votive, era molto diffuso a Milano e se ne contavano decine; non molte sono giunte fino a noi, ma quelle rimaste sono una testimonianza di un passato molto ricco di storia. Le colonne votive sono colonne sulla cui sommità è posta la statua generalmente di un santo, e la funzione è quella di esprimere un voto, cioè una promessa a Dio (“ex voto suscepto”, cioè per voto fatto).
La colonna del Verziere fu eretta nel 1580 affinché cessasse l’epidemia di peste e la sua base venne usata anche come altare per la celebrazione delle messe, a beneficio anche degli ammalati che potevano così assistere alle funzioni religiose.
La statua del Cristo Redentore posta alla sommità della colonna venne però collocata quasi un secolo dopo, nel 1673. L’opera, realizzata da Giuseppe e Gian Battista Vismara, fu disegnata da Francesco Maria Richini, architetto al quale Milano deve molta gratitudine sia per il numero di opere lasciate ma soprattutto per il loro valore; ne ricordiamo qui solo un paio tra le più significative: il palazzo Litta in corso Magenta e il Collegio dei Gesuiti, oggi Pinacoteca di Brera.
Passa la peste e passano anche gli anni, anzi i secoli: nel 1860, all’alba del Regno d’Italia, alla colonna viene affidato il compito di ricordare i caduti durante le cinque giornate del 1848 (18 -22 marzo). I loro nomi sono difatti incisi sui lati del basamento della colonna e tuttora visibili, nonostante nel 1895 venne inaugurato il monumento alle Cinque Giornate di Giuseppe Grandi a Porta Vittoria.
Inutile sottolineare come largo Augusto, area che ospita la colonna del Verziere, abbia subito nel corso degli ultimi decenni un ammodernamento (!!!) mirato ad ottimizzare spazi e viabilità… anche se personalmente preverivo di gran lunga la sistemazione precedente.
E’ sufficiente dare uno sguardo alle numerose (fortunatamente) immagini che sono ancora reperibili per notare la differenza con l’attuale: largo Augusto ha sicuramente perso quell’equilibrio e quell’eleganza che traspare anche dall’immagine di apertura.
Certo, probabilmente quando c’era il mercato della frutta e della verdura (da cui deriva il nome verziere) ci sarà stata maggior confusione e minor eleganza, ma a giudicare da quanto si può osservare in questa fotografia del 1911, sarei ancora disposto a “fare il cambio”…
Notate, nel caso fossero passati inosservati, gli alberi collocati lungo il Verziere.
Infine, per gli appassionati delle piantine stradali (e so che ce ne sono parecchi…) pubblico il solito dettaglio della zona, che oggi è ricco di particolarità.
Solo per dare quache indicazione su cui “investigare”, notate che la via Cesare Battisti si chiamava ancora via San Pietro in Gessate, come l’omonima chiesa tuttora presente mentre alla via San Bernardino è stato “leggermente” modificato il percorso (difatti oggi “sbuca” quasi a metà di via della Signora). Infine anche corso Europa non era ancora stato realizzato.
Alla prossima.
Mi piace quello che dici e come lo dici!
Clap clap!!!
🙂
Che bella era la nostra Milano.