Solo una piccola via che congiunge piazzale Martini con viale Molise: ecco ciò che rimane a ricordo di Calvairate, “casale del comune dei Corpi Santi di Porta Orientale, distretto primo e provincia di Milano”.
Infatti, a differenza di molte altre aree periferiche di Milano, Calvairate – ossia l’area che oggi ruota intorno a piazzale Ferdinando Martini (scrittore e uomo politico, 1841-1928) – fu annessa a Milano poco dopo l’unione dell’Italia, nel 1873, insieme a tutta quella fascia di casali, cascine e piccoli borghi che circondavano la città, a partire da “fuori le mura” per una profondità variabile da tre a circa sette chilometri: i Corpi Santi di Milano.
Il comune dei Corpi Santi di Milano è stato un’entità autonoma dal 1782 (anche se il decreto che lo istituì era di 25 anni prima) che subì gli stessi processi di annessione e separazione che coinvolsero molti dei comuni limitrofi alla città e che poi furono inglobati definitivamente tra il 1917 e il 1923.
Negli anni del Regno d’Italia (nei primi dell’800) Napoleone rese Milano una città molto più estesa, rispetto a come l’avevano lasciata gli austriaci: era diventata indicativamente grande quanto lo è oggigiorno, mentre gli austriaci avevano voluto mantenere i confini delimitati delle mura costruite a suo tempo dagli spagnoli nel 1560.
Anzi, furono proprio gli austriaci a istituire il comune dei Corpi Santi di Milano, che in precedenza erano casali e cascine isolati, praticamente indipendenti gli uni dalle altre e che – dopo il loro ritorno avvenuto nel 1814 – pensarono bene di ripristinare, separando nuovamente ciò che Napoleone aveva unito…
Calvairate faceva parte dei Corpi Santi di Porta Orientale e come si vede nella parte di cartina riportata, che risale al 1924, erano già state disegnate (cioè non ancora realizzate completamente) le modifiche apportate dal piano Beruto alla topografia cittadina.
Proprio a metà dei giardini che oggi arredano piazzale Martini, transitava una strada che era il proseguimento naturale della direttrice che da piazza Beccaria si dirigeva verso Monluè e Ponte Lambro passando per le vie Cavallotti, Battisti, Fontana, Anfossi, Arconati e Sanfelice che – se si presta un po’ di attenzione, lo si nota benissimo – sono praticamente tutte allineate.
La costruzione dei giardini di piazzale Martini ha cancellato qualsiasi traccia del vecchio Calvairate, compresa la chiesa di Santa Maria Nascente in Calvairate e la “ghiacciaia” di cui rimane memoria solo in alcuni testi dell’epoca.
La chiesa di Santa Maria Nascente di Calvairate costituiva il centro della parrocchia fin dal 1576, anno della sua erezione decisa con un decreto arcivescovile datato 27 ottobre e siglato addirittura da San Carlo Borromeo.
E’ incredibile vedere come l’espansione urbanistica abbia cancellato in modo irreversibile luoghi che esistevano da secoli… ma ormai le sorti della chiesa erano segnate e il piano Beruto doveva avanzare, così all’inizio del 1900 venne demolita, insieme alle altre costruzioni adiacenti per far posto al nuovo piazzale e ai suoi giardini.
Nel 1927 venne però decisa la costruzione della nuova chiesa, completata nel 1929, che sorse sull’isolato compreso fra le vie Ennio (poeta romano, 239-169 a.C.) e Lattanzio (scrittore latino, III-IV sec. d.C.) e che prese il nome della demolita Santa Maria Nascente con l’aggiunta della dedica a San Pio V.
La nuova chiesa nacque per poter accogliere un numero di fedeli che andava man mano crescendo con l’espansione della città, e che la vecchia chiesa – che negli ultimi periodi era già in stato di semi abbandono – non poteva certamente accogliere; ecco una delle rare immagini degli interni.
Il decadimento di questa chiesa, insieme ad altri fattori, aveva però già fatto decidere pochi decenni prima un declassamento della stessa, con il trasporto della parrocchia alla nuova chiesa di Santa Maria del Suffragio di via Bonvesin de la Riva, consacrata nel 1896.
Calvairate era famosa anche per una particolare caratteristica: disponeva della “giazzera” più grande della città, che dava lavoro a ben 150 persone, come documentava il Secolo Illustrato della Domenica nel 1893.
La “giazzera” era un deposito di ghiaccio (il “giass”) in questo caso specifico lungo 80 metri, largo 8 e alto addirittura ben 15 metri, di proprietà dei conti Annoni che erano proprietari anche dei terreni attigui.
Riuscite a immaginare piazzale Martini senza i giardini e le case di oggi, ma con una chiesa, una ghiacciaia e qualche cascina qua e là? Io francamente faccio un po’ di fatica…
L’accumulo del ghiaccio era un’operazione particolarmente importante, tanto che gli ospedali avevano le proprie ghiacciaie, e se non fosse stato per i bombardamenti del ’43 avremmo ancora potuto osservare integra quella in uno dei quattro piccoli cortili dell’ala destra dell’ospedale maggiore, detto appunto cortile della ghiacciaia o della “nevèra”, costruita nel 1636.
Ma della Ca’ Granda ne parleremo un’altra volta…
Eccezionale la cartolina della raccolta del ghiaccio a Calvairate!
Notate la strana forma delle costruzioni, delle ghiacciaie penso.
Un’altra chicca che Fabio ci regala. Grazie.
Walter
Una curiosità. C’entra niente il fatto che il Palazzo del ghiaccio sia in via Piranesi a un passo da Calvairate?
@kalz: Il Palazzo del Ghiaccio di via Piranesi fu costruito nel 1923, ma personalmente ritengo che nè la breve distanza di percorso, nè la ravvicinata cronologia degli avvenimenti (demolizione ghiacciaia, costruzione palaghiaccio) abbiano attinenza.
Farò comunque delle ricerche in proposito e aggiornerò di conseguenza – in caso di ulteriori notizie – questi commenti. Ovviamente se qualcuno ha già delle risposte, è invitato a esporle qui di seguito.
@walter: esistevano delle specifiche tecniche per la conservazione del ghiaccio: oltre alla forma delle ghiacciaie era importante sia la “compattazione” del ghiaccio/neve che l’isolamento termico, affidato anche a spessi strati di paglia; inoltre apposite squadre di lavoratori si preoccupavano di chiudere tute le fessure: erano i “montagneè”…
Veramente interessente la storia della ghiaciaia. Volevo appunto chiedere, in merito alle tecniche per la conservazione del ghiaccio, ma riuscivano a mantenerlo anche in piena estate? Oppure le ghiacciaie funzionavano solo da autunno a primavera?
Posso contribuire citando da:
Luca sarzi Amadè – “Milano in periferia”- MursIA 1991, mia “bibbia” personale sulle usanze milanesi e busine:
…Si empiva una vasta buca con l’acqua di una roggia, cosicché si formavano alcuni laghetti che, durante le notti invernali, ghiacciavano; questi venivano allora ricoperti con uno strato di terra e paglia, su cui si spandeva un’altra spanna d’acqua che, una volta che fosse anch’essa ghiacciata, veniva parimenti ricoperta di terra e paglia. Il ghiaccio così formato si conservava integro nel sottosuolo fino all’estate, quando finalmente veniva estratto per l’uso. Per l’estrazione si utilizzavano “i gucc” (gli aghi) una sorta di scalpelli, aventi entrambi le estremità accuminate, una delle quali ricurva serviva a far leva. In un primo momento si incidevano sulla superficie del ghiaccio i blocchi da tagliare, quindi si batteva qualche colpo con un martello, staccando a pezzi la materia bianca sporca di terra…la si caricava su un carro e si provvedeva a distribuirla per la città….
Il passo si riferisce ad una “giazzera” dell’Ortica, ma penso che la lavorazione sarà stato simile; la roggia, nel caso di Calvairate, sarà stata la Geranzana…
In un’altra parte del libro si racconta poi che in seguito si trovò il modo di produrre il ghiaccio artificialmente e che a questo compito lavoravano i carcerati…e finalmente si ebbe del ghiaccio veramente pulito, ma sto andando fuori tema….
Saluti e ancora grazie per i vs. articoli e grazie ai vari interventi che li arricchiscono…. da quando vi conosco e vi leggo difficilmente mi è venuto da dire:”Oh Signor el savevi giamò” ….
A proposito di ghiaccio nella mia memoria di banbino ricordo che a Bruzzano un tempo fu comune e ancorprima capo Pieve di una vasta zona comprendente alcuni borghi ne cito alcuni CapoCentenario,Niguarda Bresso ecc(vedi libro di Mons:Canziani)in piazza Bruzzano c’era la casa del Giazz.in quanto producevano ghiaccio per i negozi di Milano.
A porta Volta d’estate alla sera si andava a Mangiare l’anguria e la mettevano in bella Presenza su quei bei Parallelepipedi di ghiaccio.
Aggiungo le ghiacciaie esistevano in lombardia lungo vie di percorrenzza per esempio in zona archeologica di Golasecca Varese c’è ne ancora degli esempi.
Giuseppe Verdi nella sua casa aveva un ricovero interrato in giardino dove d’inverno si accumulava della neve che ghiacciando il locale fungeva da frigorivero.
Nel film novecento di Bertolucci se ne vede un esempio perchè c’è una scena straziante dove viene ritrovato il banbino ucciso da Attila interpretato da donald Sutterland.
Devo essere sincero a parte le foto la toponomastica ma questo blob riserva sempre cose interessantissime per un curioso come me un saluto a tutti e grazie .
Prima di tutto in grazie all’autore dell’articolo e di questo blog che ho trovato per caso proprio perchè stavo facendo delle ricerche sulla mia zona natia e di attuale abitazione che è quella in oggetto dell’articolo.
Ovviamente è tutto assolutamente esaudiente e precisissimo, ma volevo aggiungere un piccolo dettaglio che ho riesumato dai miei ricordi di bambino “Calvairatese”.
Io sono nato nel 1968 e mi ricordo che negli anni ’70 accompagnavo mia nonna al mercato settimanale del mercoledi che si svolge tuttora di mercoledi.
Arrivando da Piazzale Cuoco mi ricordo che attraversavamo Piazzale Insubria e i suoi giardini piuttosto “piatti”.
Viceversa mi ricordo che i giardini di Piazza Martini erano più mossi, avevano avvallamenti e piccole collinette che avevano l’aria di non essere naturali e mi sono sempre chiesto questa differenza ambientale (a me sembravano persino “selvaggi”).
Con il senno di poi, leggendo questo articolo, mi è venuto in mente questo particolare e forse, anche se non sono più passato, quelle piccolissime differenze altimetriche erano dovute alla terra riportata a coprire i resti delle abitazioni già presenti.
Non so neppure se si possano notare ancora come 40 anni fa perchè recentemente tutto il piazzale e i suoi giardini sono stati ristrutturati
Grazie ancora!
Certo che la chiesa la potevano salvare, di poco valore, ma un po’ di storia era meglio preservarla. Peccato.
Reblogged this on Videoenciclopedia dell'Architettura, dell'Urbanistica e del Territorio and commented:
Se questo post ti è piaciuto perché non lo condividi su facebook o twitter con i tasti qua sotto o magari mi dici cosa ne pensi mettendo un commento?
Complimenti anche da parte mia all’autore di questo blog….tra l’altro guardando la cartina sopra riportata, si evince che la vecchia strada statale paullese (magari stravolta in seguito alla costruzione dell’aeroporto di linate ?) è il proseguimento di via Spartaco…. ma questa è un’altra storia (magari già trattata in questo blog)……
Tutto fatto molto bene ed emozionante per me che sono nato e vissuto in piazza Martini nato nel 40 tanto tempo fa al numero 11
sono nato e vissuto in zona calvairate,i miei genitori anno abitato : mia mamma dagli anni trenta in via del turchino, e mio papà dagli anni venti in via tommei. emozionante vedere , dopo alcune ricerche le foto della chiesa. mio papà, mi raccontava che da bambino in piazza martini, vennero disoterrate delle ossa umane. qualcuno ha notizie inerenti a questa storia? c’era forse un cimitero in zona?
Ciao,i miei genitori sono andati ad abitare in piazzale Martini nel 1936 dove io sono nato e mio nonno ha lavorato nella costruzione del giardino ma non ho sentito delle ossa per cui non ti posso essere utile.Sono stato qualche giorno fa ed è diventato un grande parcheggio,le macchine sono parcheggiate su 4 file mentre ho una foto fatta dalla mia finestra al N° 11 nel 1956 e si vede solo 1 macchina parcheggiata,giocavamo al pallone sulla strada e alla sera diventava una pista per corse in bicicletta,altri tempi.
Ciao ciao
Albert
Anch’io sono nato e cresciuto in Piazza Martini e tutt’ora abito in Via Cervignano.
Ovviamente la zona è molto cambiata ,una nota curiosa:
Quando ero bambino mentre giocavo sono caduto in un fosso che scorreva in zona, oggi parcheggo l’auto dove prima esisteva il fosso.
Un caro saluto a tt quelli che leggeranno queste due righe.
Toio 1949
Buon giorno Vittorio,
io ho abitato dal 1940 in Ple Martini ma non mi ricordo del fosso io ne ricordo uno in Ple Insubria,mi dici per favore in che zona si trovava?sono curioso.
Grazie
Alberto
Caro Alberto,
in realtà hai ragione il fosso a cui mi riferisco scorreva in Via Oltrocchi angolo Piazza Imperatore Tito ,ora c’è una casa con una marea di box interrati(non mi ricordo in numero civico ma credo tu abbia capito quale è la casa)
Probabilmente attraversava anche la Piazza Insubria ed andava verso l’Ortomencato.
Ho alcune vecchie cartoline della piazza Martini scannarizzate e se ti interessano te le invio via Mail, il mio inirizzo è Toio49@libero.it, fammi sapere.
Un affettuoso saluto da un “Vecchietto della Piazza”
Ciao Vittorio,
ho ben presente il fosso di cui parli per cui tutto ok,sono sicuramente interessato alle cartoline di Ple Martini ho passato li una buona parte della mia vita e ogni tanto ritorno a vederla anche se è cambiata mi emoziona sempre.
Il mio indirizzo di posta elettronica è albertoga@libero.it
Tanti saluti e buon tutto
Alberto
Probabilmente, se non smentito da qualcuno più conoscitore di Milano di me, si tratta della Roggia Gerenzana, che superata P.zza Salgari va verso quella cascina così ridotta male oggi in fondo a Via Venosa….
Forse la Cascina Boffalora, aspetto conferme…..
è esattamente la roggia gerenzana ma non so come si chiama la cascina
Ciaoooo
Sì è la Cascina Boffalora ho visto delle foto di Via Tertulliano in cui si citava appunto quella Cascina…te saludi
io sono nata in piazza Insubria .mi ricordo che cerano le montagnette ,e credo siano state le macerie della guerra ,noi bambini andavamo li a giocare ,e mi ricordo che avevamo trovato una rivoltella, Nel piazzale passavo un fosso che veniva dal viale Umbria d ove cera il mercato ,detto il verziere .a mezzogiorno aprivano lechiuse del fosso buttavano tutta la frutta un po toccata ,e noi bambini aspettavamo che arrivassero li nel fosso in piazzale .purtroppo con la fame che avevamo ,la prendavamo e la mangiavamo ,,ad ogni modo erano momenti non belli ,però noi eravamo felici ,,,,,CIAO A TUTTI
Ciao Fernanda,confermo in pieno tutto quello che hai descritto e che mi hai fatto ricordare essendo io nato nel 1940 e vissuto in piazzale Martin.Guarda caso che sopra me abitava una bambina di nome Fernanda per cui doppio ricordo ed emozione.Nel fosso ci ho fatto anche il bagno.Ciao ciao un abbraccio
i
Io sono nata in questa zona nel 1960, ricirdo con piacere quegli anni, i giardini di Piazza Martini, i suoi prati in cui non si poteva entrare a giocare perché se passava il vigile ti dava la multa…. Bei ricordi….