E’ curioso notare quante nuove nozioni si acquisiscono semplicemente approfondendo un po’ cosa si cela dietro i nomi delle vie e delle piazze…
Con oltre 4200 toponomi, Milano ci può raccontare moltissima storia semplicemente camminandoci; e se poi si considerasse anche la quantità di sostituzioni, di aggiunte, di cancellazioni di nomi non so a quale strabiliante numero si arriverebbe. Lo sapete, per esempio che a Milano da pochissimi mesi esiste anche il viale Città di Fiume?
Personalmente l’ho scoperto casualmente, e solo perché questa mia passione mi porta a curiosare ovunque alla ricerca di notizie storiche o semplicemente aneddotiche e quindi ho letto questa pagina del sito del Comune di Milano…
Ma la via oggetto di questo post è intitolata a Melchiorre Gioia. Un nome che da sempre mi ha incuriosito perché nessuno l’ha mai chiamata solo con il cognome del personaggio a differenza della quasi totalità delle altre vie. Nessuno dice “via Gioia”, ma quasi tutti dicono via Farini e via Galvani…
Melchiorre Gioia era un sacerdote, ma era anche uno studioso ed esperto di scienze economiche. Nacque a Piacenza nel 1767 e morì a Milano nel 1829. Fece in tempo quindi a vedere gli austriaci al governo, i francesi e poi ancora gli austriaci…
In questi cambi di governo fu arrestato dagli austriaci con l’accusa di essere un “carbonaro” e poi fu arrestato anche dai francesi per sospetto “giacobinismo”.
Gioia non viene ricordato certamente per motivi legati alla sua attività sacerdotale, bensì per l’impegno sociale profuso principalmente attraverso i suoi libri. Furono proprio alcuni suoi scritti a costargli l’arresto (“Del Merito e delle Ricompense”, “L’ideologia” e altri).
Non va dimenticato infine il “Nuovo Galateo”, un libro ancora molto attuale nelle sue linee guida principali e che, a mio avviso, andrebbe un po’ rivalutato. E’ innegabile che ovunque (al lavoro, in mensa, al supermercato) l’educazione civica e comportamentele è, senza generalizzare, un po’ carente.
Per chi volesse approndire il tema e leggere il libro, consiglio di seguire questo link che porta a Google Books.
La lunga via che si estende per quasi due chilometri e mezzo dai Bastioni di Porta Nuova fino alla Cascina de’ Pomm era fino ai primi anni ’60 tutta percorsa dal naviglio della Martesana, corso d’acqua artificiale che permette alle acque dell’Adda di arrivare fino alla Cerchia Interna. Il canale inizia a Concesa, una frazione di Trazzo sull’Adda.
La Martesana, i cui lavori iniziarono nel 1460 sotto il governo degli Sforza, percorre ancora oggi gran parte dei suoi 38 chilometri ancora all’aperto e solo l’ultimo tratto (tutta la via Melchiorre Gioia) scorre sotto il manto stradale.
Le sue acque, alimentate in parte anche dal Seveso, confluiscono nel Cavo Redefossi (anch’esso interrato) che sfocia poi (all’aperto) nel Cavo Vettabbia. Il Cavo Vettabbia riversa le sue acque nel Lambro (Settentrionale) il quale, finalmente giunge nel Po.
Oggi, cinquant’anni dopo la chiusura del naviglio, si chiacchiera ancora – spesso e volentieri – di come era più bella la via con il canale aperto. I ponti sul viale Lunigiana, in viale Nazario Sauro, in via Galvani fino ad arrivare al ponte delle Gabelle, dell’Incoronata e dei Medici. Fino a San Marco.
Ma oltre l’aspetto “nostalgico” è bene ricordare anche che la quasi totalità dei navigli sono stati coperti non solo per motivi di viabilità, ma anche di igiene. Nel tratto ancora scoperto dei navigli, purtroppo, si può notare come l’incuria e l’inciviltà riescano a deturpare l’ambiente. Proprio pochi giorni fa, percorrendo la via Tofane, ho visto con i miei occhi un carrello del supermercato in acqua oltre a sacchi di plastica e altri rifiuti.
Vorrei anche ricordare come, con i navigli scoperti, fosse sensibile il fenomeno delle zanzare e – fenomeno non trascurabile – quello dell’odore “particolare” che spesso Martesana, Seveso e Olona diffondevano nell’aria…
Certo che sarebbe bello vedere Milano come Amsterdam, ma dovremmo accettare una riduzione sensibile alla circolazione delle autovetture, impegnarci ad avere più rispetto per la natura e magari abituarci anche a ritmi più umani… non so se siamo veramente disposti a fare tutto questo!
La verità è che molti si lamentano del traffico intenso – particolarmente quando piove – ma pochi sono disposti a lasciare l’auto e servirsi dei mezzi pubblici o della bicicletta. Milano viene sempre presa “a campione” dai giornali fra le città fortemente inquinate (anche se i livelli attuali sono inferiori al passato), ma il responsabile è il “riscaldamento”…
Chiudo la parentesi ecologista, solo con una considerazione: come sono riusciti i cittadini di altre città (e prendo sempre Amsterdam come riferimento) a coniugare così bene le proprie esigenze quotidiane con il rispetto per l’ambiente?
In questa fotografia si vede la Fabbrica Elvetica con il muro posteriore che si affaccia sulla Martesana; va precisato che all’epoca della fotografia la via Pirelli non arrivava fino a via Melchiorre Gioia, ma terminata in via Fara (che in quel tratto si chiamava ancora via Galilei).
Questa fabbrica viene rilevata nel 1886 da Ernesto Breda che inizia così un’avventura che dura ormai da 125 anni.
Ma anche l’area dei Salesiani ha l’ingresso in via Copernico semplicemente perché non si poteva accedere sul lato opposto. La foto seguente mostra proprio il lato verso la via Gioia.
Terminiamo qui, per il momento, la presentazione di questa via così importante da molti punti di vista, ripromettendoci di tornare presto a parlarne, proponendo “nuove” immagini.
io sarei sempre e comunque a favore dei navigli scoperti…
ogni volta che passo in via molino delle armi infatti mi prende male.
(comunque esiste anche via flavio gioia, in zona fiera)
Anch’io sarei a favore di una riapertura “totale”, ma si dovrebbero considerare aspetti come la manutenzione, la pulizia delle acque, la viabilità, i trasporti e altro ancora.
Saremmo disposti a rinunciare all’automobile per spostamenti intra-città e usare bicicletta o mezzi pubblici? Io sì, ma quanti non lo sarebbero? Penso moltissimi, soprattutto chi giunge a Milano per lavoro da fuori.
Poi, però, penso anche alle città del Nord Europa – Amsterdam per prima – dove la gente VIVE con la bicicletta, viaggia su corsie dedicate, la città ha una rete di canali d’acqua infinita… e nessuno sente il bisogno di chiudere i canali e di scendere dalla bicicletta… e anche i mezzi pubblici funzionano benissimo.
E allora? La risposta penso che sia – forse semplificando un po’ – nella cultura, nel senso civico e anche un po’ in quell’egoismo che c’è in ognuno di noi. Ci sono i parcheggi selvaggi oggi, figuriamoci con lo spazio dimezzato dalla presenza dei navigli. Si dovrebbe vietare la circolazione alle auto, ma poi tutti cercherebbero il modo di trovare la scappatoia, di essere esonerati.
Se avverrà la riapertura si tratterà di un processo che si evolverà parallelamente al nostro rispetto per gli altri e per noi stessi.
Penso che una città diventi una città a misura d’uomo solo se ha l’acqua vicino, fiume, mare, lago (o naviglio…) che sia. Ho già espresso questa mia visione altre volte. Detto questo, fosse per me, li riaprirei oggi stesso.
Magari si riaprissero i Navigli!
e allora facciamolo!
Concordo completamente con “vecchiamilano” sulla necessità della cura dei corsi d’acqua scoperti: l’anno scorso vidi come era vergognosamente ridotta la Darsena per la mancata realizzazione di un mega parcheggio che, personalmente, avrebbe potuto avere forti infiltrazioni d’acqua.
Senza andare nel Nord Europa, io vivo a Ferrara, ove la bicicletta fa parte del DNA e le auto schivano le bici che, pericolosamente, sbucano da ogni dove. In effetti si tratta di un mezzo di trasporto efficacissimo che si può usare seguendo percorsi privi delle rotaie tranviarie, dandoci una libertà di movimento assoluta!
ma per favore, non dite eresie, sul lasciare navigli o addirittura scoprirli, sono odorosi e sporchi e difficilmente si può fare una manutenzione periodica. Milano è la città del futuro, sarà quella dei grattacieli che la faranno somigliare alle città europee. Lasciamo le antichità che abbiamo, sono belle e uniche ma in più diciamo che Milano è l’unica in Italia che può diventare grande e con delle prospettive diverse. Tanto se vogliamo vedere piazze e borghi antichi abbiamo quintalate di medioevo e barocco (che io amo profondamente) da tutte le parti d’Italia ma stanno bene dove stanno perchè sono inserite nell’atmosfera giusta.
Una cosa che voglio precisare è che ho 55 anni e sono nato sulla Martesana… quindi chi più di me… saluti a tutti
ti “vedo” dopo 5 anni e ti dico che gia’negli anni ’20 un presidente del consiglio che poi ha fatto una brutta fine voleva la GRANDE MILANO tutta razionalita’ed efficenza. la modernita’dei grattacieli si puo’ ben sposare con il ripristino delle opere idrauliche leonardesche e non che sono dei monumenti e delle opere d’arte. milano per troppi decenni e’ stata una baldracca che ha sacrificato la sua essenza dandosi al mercimonio.
ridiamo al “me milan”quel che le spetta.
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Grazie per l articolo: sono una milanese che vive in Argentina de sessanta anni
Continuo con il commento: prima vivevo in via Melchiorre Gioia ed il tuo articolo mi ha fatto ricordare i miei anni giovanili. Grazie
si anch’io li sogno di nuovo aperti.
personalmente penso che la modernità non si misuri in grattacieli ma nella capacità di progredire. se sappiamo solo seppellire la nostra storia per fare speculazioni edilizie non progrediamo ma perdiamo la nostra identità.
Milano ci ha lavorato per secoli sui navigli. erano le sua autostrade e la sua modernità.
la martesana è coperta solo da cascina del pomm, sai che valore aggiunto quei pochi chilometri di melchiore gioia.
Il motivo per il quale via Melchiorre Gioia viene sempre nominata per intero e non solo usando il cognome, è per evitare di confonderla con via Flavio Gioia, situata in prossimità della vecchia Fiera, oggi sede del centro congressi di Milano (MICO). Per la cronaca, Flavio Gioia è stato un presunto navigatore e inventore italiano nato ad Amalfi e vissuto tra il XIII e il XIV secolo, che secondo la leggenda avrebbe inventato la bussola magnetica.
piacerebbe a tutti vedere la Milano di un tempo con molti più navigli di oggi, ma come hai sottolineato tu sarebbe un’occasione sprecata. i milanesi li trasformerebbero in discariche a cielo aperto. problema peraltro già noto nella Milano degli anni 30…..