Abbiamo già ripetuto che quando il pensiero corre e poi si sofferma sulla Milano d’una volta, spesso ci appaiono agli occhi della mente le porte, i bastioni e la cerchia dei navigli che cingeva tale sistema difensivo.
Ma prima di procedere mi fa piacere soffermarmi sull’etimologia della parola “bastione” che spesso è sconosciuta a molte persone, anche cittadini milanesi…
Bastione deriva da un termine utilizzato per indicare una fortificazione campale, di terra o in muratura che poteva essere a carattere provvisorio o permanente: bastia (con l’accento tonico sulla “i”, come la città corsa).
In questo senso “bastione” è un accrescitivo di bastìa (o anche bastita) ed è sufficiente pensare proprio alla città della Corsica e alla sua fortezza che risale al 1378 o anche alla celeberrima Bastiglia di Parigi edificata negli stessi anni, per ritrovare delle evidenti affinità nel nome.
Il tratto della ottocentesca strada di Circonvallazione sul quale ci soffermiamo oggi è quello attualmente compreso tra piazza Oberdan e piazza della Rupubblica, sebbene anche in questo caso molte caratteristiche siano mutate rispetto alla configurazione iniziale.
In primis il nome, ovviamente. Prima del 1859, infatti, il nome stesso della Porta non era Venezia, bensì Orientale come abbiamo avuto già modo di vedere in precedenti articoli. Nel 1859 si volle infatti onorare la città veneta ancora sotto il dominio austriaco ed entrata a far parte del Regno d’Italia nel 1866.
Di conseguenza anche la fortificazione si chiamava, prima del 1859, Bastioni di Porta Orientale. Ma quello che forse è meno risaputo è che il nome originale, cioè assegnato all’epoca in cui gli spagnoli li costruirono nel XVI secolo, era Bastione di San Dionigi.
Questo nome derivava dalla basilica omonima che fu demolita per fare spazio ai giardini pubblici, realizzati – come abbiamo visto in un precedente articolo – tra il 1783 e il 1786. In effetti, però, la basilica di San Dionigi demolita non era nemmeno quella originale la cui fondazione risaliva addirittura al IV secolo ad opera di Sant’Ambrogio e demolita anch’essa, nel 1549, per permettere l’innalzamento delle mura spagnole.
La posizione della basilica ricostruita era indicativamente in prossimità del palazzo Batthyany, palazzo non più esistente, situato all’angolo dei bastioni con il corso di Porta Orientale; anche il corso – come la porta – ha quindi modificato il suo toponimo in “Venezia” negli anni dell’unità di Italia.
In tempi successivi sono stati eretti sia il Planetario (donato nel 1930 da Ulrico Hoepli alla città di Milano) che la torre Rasini, opera di Emilio Lancia e Gio Ponti, quest’ultima innalzata nel 1933-34.
Oltre alle variazioni di nomi, i nostri bastioni hanno anche subìto un “troncamento” nel loro sviluppo; difatti inizialmente con il toponimo Bastioni di Porta Venezia (e precedenti nomi) si indicava tutto il tratto compreso fra Porta Venezia e Porta Nuova.
Come regola generale i bastioni che circondavano la città prendevano normalmente il loro nome da quello della porta da cui partivano e procedendo in senso antiorario: i bastioni di Porta Nuova, per esempio, iniziavano quindi in Porta Nuova e terminavano in corrispondenza di Porta Comasina (poi Garibaldi), da cui iniziavano i Bastioni di Porta Garibaldi e così via.
A complicare un po’ il tutto è intervenuta anche l’apertura del tunnel sotto i bastioni in corrispondenza della via Principe Umberto, oggi Filippo Turati.
Il passaggio sotto i bastioni si era reso necessario a seguito dell’entrata in servizio della vecchia Stazione Centrale nel 1864, che come sappiamo era in piazza della Repubblica; questo passaggio (che non era una vera porta, nel senso che non disponeva di un arco) fu comunque battezzato con il nome di “Porta Principe Umberto”.
In ogni caso si decise di non cambiare il nome ai bastioni, ma solo al viale esterno (la vecchia strada di Circonvallazione) che diventò viale Principe Umberto.
Attenzione a non confondere la via Principe Umberto (oggi via Filippo Turati) e il viale Principe Umberto (oggi viale Monte Santo).
Ma a Milano, si sa, il cambiamento è all’ordine del giorno e con la demolizione della vecchia Stazione Centrale (1931) vennero smantellati, demoliti, spianati i bastioni che per quasi 400 anni avevano caratterizzato la città, lasciandoci solo qualche piccolo residuo (come per esempio a Porta Romana tra viale Filippetti e viale Sabotino).
I Bastioni di Porta Venezia, unici sopravvissuti a questa barbarie, hanno subito soltanto – come si diceva prima – un troncamento terminando non più a Porta Nuova bensì in piazza della Repubblica, anche se comunque il progresso ha sostanzialmente cambiato anche (in peggio, ovviamente) l’impatto visivo che la “passeggiata” sui bastioni regalava ai cittadini.
E’ sufficiente fare un piccolo confronto tra la situazione attuale, che penso tutti conoscano, e le immagini di un secolo fa circa che testimoniano un traffico completamente differente.
Infine va ricordato che esiste ancora, per fortuna, la scalinata costruita nel 1787 quasi a metà del bastione che consentiva, nel suo scopo originale, di interrompere le passeggiate per dirigersi verso il Lazzaretto, sul viale che oggi si chiama Vittorio Veneto, ma che si chiamava in precedenza viale Venezia.
In prossimità dei bastioni, dal lato dei giardini, è stato eretto nel 1894 un monumento dedicato a Luciano Manara (patriota, 1825 – 1849) morto a Roma a soli 24 anni nello scontro di Villa Spada avvenuto il 30 giugno; l’opera è di Francesco Barzaghi, scultore molto attivo sia a Milano che in altre importanti città (a Milano sono sue, solo per citarne alcune, le statue di Francesco Hayez in piazzetta Brera e quella di Alessandro Manzoni in piazza San Fedele).
Nota: Francesco Barzaghi morì nel 1892 e non fece quindi in tempo a vedere realizzata la sua opera di cui però aveva già realizzato tutte le forme in gesso; l’opera venne perciò terminata da un suo allievo e collaboratore, Enrico Cassi.
E per il momento concludiamo qui, non prima di regalarci una affascinante vista del lato esterno dei bastioni (ciò che un tempo era “fuori” Milano) ancora percorso parallelamente da un vecchio tram Edison (sempre bellissimo) e dal canale Redefossi, che oggi scorre interrato.
A presto.
Cercando le Varesine ed il film di Celentano in cui appaiono, mi sono imbattuta nel tuo sito. Non sono milanese, ma considero Milano la mia città di adozione, e la amo tantissimo. Mi propongo di leggere con calma i tuoi post, curati ed interessanti. A proposito…mio marito è di Porta Venezia (via Casati per essere precisi) e quella zona la conosciamo molto bene.
Un caro saluto
Loredana
benvenuta!
Grazie 🙂
Dalle foto rimaste di quell’epoca…grazie Flickr…grazie Skyscrapercity … il giro dei Bastioni doveva proprio creare una situazione idilliaca di verde tranquillità e panorama esterno ormai perduto
…se non consideriamo i miasmi dei navigli…e delle rogge… le nebbie, lo smog per l’uso del carbone…la tisi…il krup… insetti e parassiti vari …la breve aspettativa di vita …. il sovraffollamento nelle case di ringhiera dove il massimo comfort alla privacy era “el tramezz”…i lavori più che precari della gran parte della popolazione…dove la bassa forza (a buon mercato…[ma no!!]) fra orari e fatica stentavano a campare….e per tornare a Porta Venezia la speculazione edilizia che liberatasi del brutto spettacolo del Lazzaretto (basso e vasto) ne aveva creato un altro fra case alte ad alta densità architettonica (che si può notare ancora oggi)….per non parlare del Sindaco Beretta e della Galleria…
… aggiungiamo lo sferragliare dei tram…(pur con la notevole densità di linee, nonostante i tempi)…il passaggio accerchiante della ferrovia (fumosa), miope pianificazione per il futuro…. la “pollina” dei cavalli…e per fortuna le varie opere pie quali il Pane Quotidiano o le Cucine Economiche e i dormitori dei vari benefattori visto che le varie giunte post-unificazione erano ben lungi da pensare ad un ben che minimo welfare…..
Sono forse stato troppo disfattista?
Pensare che…comunque… amo quella Milano lì….dove probabilmente c’era più comunicativa fra la gente (inevitabile visti gli spazi ristretti) e mi fa piacere che qualcuno “arios” o “vintun” (come venivano chiamati i foresti) condivida questa passione per la mia città
Letture consigliate:
– Cletto Arrighi:
Il Ventre di Milano – Longanesi e C., Milano, 1977 (1887).
– M. Boneschi:
Milano, l’avventura di una città – Mondatori, Milano, 2007.
– C. Bertolazzi
El nost Milan, Einaudi, Torino, 1976.
Saluti
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sto’ facendo una ricerca sulla vita di una ragazza bellunese che faceva la cameriera nella casa di una famiglia borghese,all’inizio degli anni venti. Durante la libera uscita si recava spesso in compagnia delle sue amiche bellunesi(anche loro cameriere o bambinaie) sui bastioni, mi saprebbe dire che tipo di persone si recavano sui bastioni e di quale tratto secondo lei si riferisce?