Esiste una quantità di letteratura notevole che testimonia come le vie d’acqua a Milano abbiano determinato e regolato per molti anni (sarebbe meglio dire secoli) la vita cittadina.
Tra fiumi, canali e torrenti, Milano aveva costruito un sistema di navigazione non indifferente, tanto è vero che esistono addirittura zone che hanno nei loro nomi riferimenti espliciti alla nostra ex-condizione acquatica: tra Corvetto e Rogoredo non esiste per caso la fermata della metropolitana che si chiama Porto di Mare? Ne parleremo…
Le conche, in questo contesto idraulico, sono delle opere di ingegneria atte a consentire il superamento di dislivelli che la conformazione del terreno impone. Un sinonimo ampiamente usato al posto di conca è chiusa.
In particolare, per arrivare al tema dell’articolo odierno, dobbiamo fare un salto indietro nel tempo, addirittura nel XIII secolo. Esattamente nel momento in cui dal Ticino, all’altezza di Tornavento di Lonate Pozzolo, venne derivato un canale di nome Ticinello che sfociava nel Lambro Meridionale. Successivamente questo canale venne allargato allo scopo di renderlo navigabile e inoltre fu “dirottato” verso Milano, assumendo in quel momento (e solo per il tratto fino a Milano) il nome di Naviglio Grande, tuttora in uso.
Quel tratto di Ticinello sarebbe servito di lì a poco per trasportare gli enormi blocchi di marmo di Candoglia che vennero utilizzati per la costruzione del Duomo di Milano iniziata nel 1386. Le cave di Candoglia sono nel comune di Mergozzo in Val d’Ossola, comune che si affaccia sul lago Maggiore (o Verbano). Il trasporto quindi iniziava dal lago, proseguiva sul Ticino per arrivare alla Darsena seguendo il Naviglio Grande. E da lì al Duomo?
Dapprima i blocchi di marmo terminavano il loro viaggio sull’acqua al laghetto di Sant’Eustorgio. Per avvicinarsi di più al “cantiere”, si pensò giustamente di sfruttare la cerchia interna dei naviglio (la Fossa Interna) ed arrivare così in prossimità del Duomo, più precisamente in quella che oggi è via Laghetto e piazza Santo Stefano, dove appunto era stato ricavato un apposito slargo, una specie di… laghetto.
Rimaneva solo da risolvere un problema, e cioè come mettere in comunicazione la Darsena con la Fossa Interna, scavo che originariamente circondava le mura Romane al fine di proteggere la città.
Nota storica: Le mura spagnole, quelle dei bastioni, arrivarono secoli dopo (furono completate nel 1560) ed erano – evidentemente – ben oltre il limite segnato dalla Fossa Interna, fossa che assunse in seguito il nome di Cerchia dei Navigli e che venne chiusa definitivamente in pochi anni a partire dal 1926.
Dopo questa lunga premessa, peraltro necessaria, lo scopo della Conca di Viarenna (o di via Arena) e quindi del tratto di naviglio che scorreva lungo l’attuale via Conca del Naviglio, risulterà certamente molto più chiaro: serviva a mettere in comunicazione i due sistemi d’acqua grazie alla conca (chiusa) che permetteva il superamento del dislivello.
Rimane solo un particolare da evidenziare: non si troveranno riferimenti del naviglio in via Conca del Naviglio, bensì in altri due toponimi: via Vallone e via Olocati, che rispettivamente erano la sponda sinistra e destra del corso d’acqua (con la Darsena alle spalle).
Come abbiamo anticipato, la conca di Viarenna venne realizzata a costruzione del Duomo già iniziata, in quanto i primi materiali da costruzione arrivarono al laghetto di Sant’Eustorgio (in prossimità dell’omonima basilica) ma evidentemente si trattava di una posizione alquanto scomoda rispetto all’ubicazione del cantiere. E presumibilmente il trasporto su strada non doveva essere molto pratico e conveniente.
Proprio tali considerazioni fecero inizare i lavori di costruzione della nuova conca, che a partire dal 1439, che avrebbe permesso di arrivare a soli 500 metri dal Duomo con i blocchi di marmo di Candoglia.
Col passare dei secoli e col “progredire” della tecnologia soprattutto nei trasporti, il sistema fluviale perse man mano la sua importanza, al punto da far decidere già alla fine del 1800 che Milano avrebbe dovuto rinunciare ai navigli, sia per motivi igienici (soprattutto) che di viabilità. La ricopertura avverrà però solo a partire dalla fine degli anni ’20 per concludersi negli anni ’60 (la Cerchia Interna, la Vettabbia, la Martesana fino a Greco e il Redefossi, oltre all’interramento del Seveso e dell’Olona nel loro tratto cittadino).
Nella prima foto è inquadrato l’albergo popolare di via Vallone, indicato anche nella cartina pubblicata, precisamente nel tratto centrale della via, quello obliquo. Nel 1968 l’albergo fu demolito.
L’area in esame è anche sede di reperti che si fanno risalire all’epoca della Milano “romana”: a circa 50 metri dalla ex-sede della conca, si possono ammirare i (pochi) resti dell’Anfiteatro di Milano, che abbiamo pubblicato in una immagine parlando delle Colonne di San Lorenzo e del Parco delle Basiliche.
L’anfiteatro (o Arena) era compreso fra le attuali vie Conca del Naviglio, De Amicis e Viarenna (via Arena, appunto) e misurava ben 155 per 125 metri, coprendo un’rea di poco inferiore a quella dell’Arena di Verona. La tradizione vuole che il materiale ricavato dalla distruzione dell’Anfiteatro (che ricordiamo fu anche sede di crudeltà nei confronti dei primi Cristiani) venne impiegato per la costruzione della basilica di San Lorenzo, basilica paleocristiana edificata in età romana, tra il 372 e il 402.
Ringrazio Roberto per aver recuperato l’immagine che rappresenta una ricostruzione dell’arena.
E per finire una curiosità relativa alla paternità della Conca di Viarenna, spesso attribuita erroneamente a Leonardo da Vinci, il quale ha certamente avuto il merito di studiarla e perfezionarla.
La conca di Viarenna è stata realizzata ben 14 anni prima della nascita del nostro illustre personaggio, che quindi non ne può essere il progettista. Gli ingegneri viscontei che oggi risultano accreditati come titolari dell’impresa sono Filippino degli Organi da Modena e Aristotile Fioravanti da Bologna.
Vi ringrazio dell’attenzione e alla prossima.
Post interessantissimo, come sempre.
Non capisco una frase però:
“Rimane solo un particolare da evidenziare: non si troveranno riferimenti del naviglio in via Conca del Naviglio, bensì in altri due toponimi: via Vallone e via Olocati, che rispettivamente erano la sponda sinistra e destra del corso d’acqua (con la Darsena alle spalle).”
Grazie.
Anche se dalla cartina non si vede benissimo, la via dove scorreva il naviglio aveva due toponimi, uno per la sponda sinistra e uno per la destra.
La via non si chiamava “Conca del Naviglio” ma via Vallone la via alla sx e via Olocati alla dx del corso d’acqua, avendo sempre come riferimento la darsena alle spalle.
L’albergo popolare era infatti in via Vallone. Grazie e ciao.
Molto interessante. Erano esattamente le informazioni che cercavo. Ho visto un quadro della fine dell’800 ed una foto dello stesso soggetto, ma non riuscivo a capire a quale parte di naviglio si riferisse.
Grazie e complimenti per l’accuratezza.
Paolo, mi potresti dire qualcosa di più su quel quadro di cui parli?
Vorrei contattare Paolo per sapere a quale quadro fa riferimento.
..il tratto di Naviglio che correva parallelo alla attuale via Conca del Naviglio non è più visibile?
Molto interessante, però non trovo da nessuna parte foto di via Arena anni 30, 40 e 50. Mia madre è nata lì negli anni 40 e mi dice tutt’oggi che, ai tempi, non entrava nessuno, forse per questo non si trovano testimonianze… Tralaltro l’edificio dove è nata, un ex convento adibito a stabile, è stato demolito negli anni 50. Non trovo foto ne del suddetto stabile (ad angolo coi giardini ne portavano in conca del naviglio) ne dell’osteria accanto, ma solo di quella al 36 mi pare, quasi sulla darsena.
Se qualcuno avesse foto, o fosse cortese ad indirizzarmi, vorrei fare questo regalo a mia mamma.